Cosa succede in Tibet?

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    vi riinoltro questo comunicato a nome di tutti i Centri della Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana (FPMT) in Italia.


    Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (PI)
    Centro Cenresig di Bologna
    Centro Lama Tzong Khapa di Villorba (Treviso)
    Centro Muni Ghiana di Palermo
    Centro Tara Cittamani di Padova
    Centro Terra di Unificazione EWAM di Firenze
    Centro Sangye Choling di Sondrio

    Gli eventi in Tibet di questi giorni riportano alla luce una
    tragedia che si consuma da quasi 50 anni sotto gli occhi indifferenti e
    talora complici della comunità internazionale. I centri Fpmt italiani,
    congiuntamente, esprimono solidarietà al Dalai Lama e al popolo tibetano
    e condanna del regime totalitario cinese che alla forza della ragione e
    del dialogo antepone gli strumenti della violenza, dell’intimidazione e
    della menzogna. Si esprime piena condanna di un potere corrotto e
    antidemocratico che ricorre alla forza militare nell’incapacità di
    giustificare la violazione dei più elementari diritti dell’uomo anche
    all’interno del suo stesso territorio. In questo contesto non si può
    tacere la complicità di stati e organismi internazionali che al rispetto
    delle fondamentali regole di convivenza tra i popoli antepongono logiche
    commerciali barattando valori e principi in cambio di ritorni economici.
    I centri FPMT si appellano alla responsabilità della
    comunità internazionale e in particolare al governo italiano, a tutti i
    partiti politici con i loro leader affinché, superando il velo
    diplomatico:

    - Si faccia pressione per l'avvio di una inchiesta internazionale così
    come suggerito da Sua Santità il Dalai Lama
    - Si chieda con fermezza alla Cina la cessazione immediata della
    sanguinosa repressione in atto in questi giorni in Tibet.
    - Si chieda con estrema decisione alla Cina l’avvio di trattative
    con il Governo tibetano per la soluzione pacifica della questione sino
    tibetana.

    Di seguito alcune note che in estrema sintesi riassumano la
    questione tibetana:
    La cultura del Tibet, con i suoi valori di tolleranza e non
    violenza profondamente radicati nella popolazione, è un patrimonio
    dell'intera umanità che rischia di scomparire per sempre.
    Tra l'indifferenza della comunità internazionale, nel 1959
    l'Esercito Popolare Cinese completò l'occupazione del Tibet iniziata nel
    1950, annettendo un territorio vasto come la metà dell'Europa e aprendosi
    la strada in direzione dell'Asia meridionale. Nell’arco di un
    cinquantennio, per vincere il radicato spirito di indipendenza dei
    tibetani, il governocinese ha messo in atto un programma sistematico di
    eliminazione di tutti i punti di riferimento culturale e religioso che ha
    portato alla distruzione quasi totale di scuole, biblioteche, luoghi di
    culto e opere d'arte sacra risalenti spesso a più di mille anni or sono.
    Si calcola che in questi quattro decenni circa 1.200.000
    tibetani siano morti a causa della repressione e degli sconvolgimenti
    sociali ed economici che ne sono derivati. In questa tragedia non c'è
    solo la sofferenza umana, ma anche il rischio della scomparsa di una
    autentica cultura di pace basata sugli insegnamenti buddhisti di non
    violenza e di rispetto degli altri, l'esempio concreto che un popolo
    oppresso può lottare per i propri diritti senza perdere la propria
    umanità.
    Oltre al Dalai Lama, premio Nobel per la pace 1989, più di
    135.000 dei sei milioni di tibetani si sono rifugiati in India e Nepal
    per sfuggire alla persecuzione religiosa e cercare di preservare le basi
    della loro cultura, e ancora oggi continuano ad arrivare numerosi nei
    campi profughi. Tra queste persone ci sono uomini e donne di ogni età e
    molti bambini, e in questi quattro decenni ne sono nati molti altri,
    spesso in condizioni proibitive. Nell'aria tersa dell'altipiano Tibetano
    le malattie infettive erano praticamente sconosciute, ma nei campi
    profughi tubercolosi, malaria e denutrizione hanno imperversato per
    lunghi anni, prima che alcune organizzazioni umanitarie riuscissero a
    mitigare la situazione.
    In Tibet vi era una antica civiltà non tecnologica, ma
    estremamente progredita nella conoscenza dell'uomo: infatti il Buddhismo
    è più una scienza della mente e una filosofia di vita che una religione.
    Nel mondo sta crescendo una spirale di odio, violenza e ritorsione,
    insieme alla terribile convinzione che non ci siano alternative. Il Tibet
    ha donato al mondo la prova che esiste una via diversa, dimostrando che
    un popolo perseguitato può lottare per la propria libertà attraverso
    verità, fermezza e non violenza.

    MESSAGGIO DALL'ADMIN: HO SPOSTATO QUESTO COMUNICATO IN QUESTA DISCUSSIONE

    Edited by AuspiciousMerit - 18/3/2008, 12:13
     
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  2. Lapsus_Weinstein
     
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    Dalai Lama pronto a dimettersi da leader tibetano se situzione fuori controllo in Tibet

    Dalai Lama to Resign if Violence Worsens

    By GAVIN RABINOWITZ – 37 minutes ago

    DHARMSALA, India (AP) — The Dalai Lama threatened Tuesday to step down as leader of Tibet’s government-in-exile if violence committed by Tibetans in his homeland spirals out of control.

    http://ap.google.com/article/ALeqM5h5Z6bJw...f2NkhgD8VFOV3O0

    Chinese Premier Wen Jiabao has said he “appreciated” the steps taken by Indian authorities in handling protests by Tibetan refugees in the country.

    More than 100 refugees were detained in India while attempting to march to the Chinese border last week.

    They were marching as part of the global pro-independence protest.

    India has in the past been sympathetic to the Tibetan cause but in recent years Delhi’s relations with Beijing have improved.

    India has not allowed large-scale public protests for fear of embarrassing Beijing.

    http://news.bbc.co.uk/2/hi/south_asia/7302062.stm

    Tibet, Dalai Lama pronto a dimettersi se violenza degenererà

    martedì, 18 marzo 2008 10.29 147

    DHARAMSALA, India (Reuters) - Il Dalai Lama ha detto oggi di essere pronto a dimettersi da leader tibetano se la situzione andrà fuori controllo in Tibet e ha negato le accuse delle Cina, secondo cui starebbe incitando la violenza.

    “Se le cose andranno fuori controllo la mia sola opzione è dimettermi completamente”, ha detto il Dalai Lama, leader spirituale in esilio del Tibet, durante una conferenza stampa nella sua base Dharamsala, nell’India settentrionale.

    Oggi, il premier cinese Wen Jiabao ha accusato il Dalai Lama di orchestrare la rivolta in cui dozzine di persone potrebbero essere morte, aggiungendo che i suoi seguaci stanno tentando di “incitare il boicottaggio” dei Giochi olimpici di Pechino del prossimo agosto.

    Reuters Italia

    http://www.borsaitaliana.reuters.it/news/N...-DIMISSIONI.XML

    L’attore Richard Gere, presidente della International Campaign for Tibet, ha detto che secondo lui sarebbe “irragionevole” partecipare ai Giochi di Pechino se la Cina non trovasse una soluzione pacifica ai disordini in Tibet.

    Reporters sans frontières appelle au boycott de la cérémonie d’ouverture des Jeux olympiques de Pékin 2008
    18.03.2008 - Face aux violations grandissantes des droits de l’homme en Chine et au manque criant de liberté dans le pays, Reporters sans frontières appelle les chefs d’Etat, les chefs de gouvernement et les membres de familles royales à boycotter la cérémonie d’ouverture de Pékin 2008, le 8 août prochain.

    Reporters sans Frontières

    “Nous appelons également tous ceux pour qui les Jeux olympiques vont de pair avec le respect des droits de l’homme à exiger du Comité international olympique qu’il se mobilise à son tour. Cette instance, garante de l’esprit olympique, n’est certes pas un instrument politique, mais face à de telles violations caractérisées des droits fondamentaux d’un peuple, elle ne peut pas faire preuve d’une telle passivité. Continuer dans cette voie finirait par signifier une certaine complicité avec le gouvernement chinois”, a conclu l’organisation de défense de la liberté d’expression.

    Reporters sans frontières rappelle qu’une centaine de journalistes, internautes et cyberdissidents sont emprisonnés en Chine simplement pour s’être exprimés pacifiquement. Depuis le 12 mars 2008, les journalistes sont interdits de séjour au Tibet et chassés des provinces voisines. La répression des manifestations des Tibétains se déroule à huis clos.

    Les journalistes chinois continuent de travailler sous les diktats du Département de la publicité (ex-Département de la propagande) qui impose la censure sur de très nombreux sujets. L’Etat garde un contrôle général sur l’information et dispose de lois autoritaires pour punir les contrevenants. Les accusations de “subversion”, de “diffusion de secrets d’Etat” ou d’”espionnage” sont utilisées contre les journalistes et les cyberdissidents. L’autocensure règne dans les rédactions. Les médias indépendants en chinois, basés à l’étranger, sont bloqués, harcelés ou brouillés, interdisant l’émergence d’un pluralisme de l’information.

    La répression au Tibet se déroule à huis clos

    http://www.rsf.org/article.php3?id_article=26249
     
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  3. encovata
     
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    Gentili Centri Associati,
    in allegato una riflessione del ven. Lama Paljin Tulku Rinpoce nei confronti della attuale situazione tibetana, che rispecchia "in toto" anche la posizione del Centro Mandala .


    Cordialmente
    La segreteria UBI


    BEATO COLUI CHE PUO’ DIRE “NON VIOLENTO E’ IL MIO NOME”
    Note del Ven. Lama Paljin Tulku Rinpoce in margine ai recenti fatti del Tibet

    Il Buddhismo insegna che nulla succede per caso ma che tutto dipende da cause e condizioni. Le cause e condizioni che hanno ancora una volta spinto i tibetani a manifestare, in Tibet e fuori, il loro dissenso con il governo cinese sono ben note a tutti. Ad esse va aggiunta l’imminenza dei Giochi Olimpici che dovrebbero consentire l’omologazione della Cina come paese degno della considerazione mondiale.
    Questi sono gli ingredienti che recentemente hanno fatto esplodere la situazione a Lhasa e colpito emotivamente il mondo libero.
    Ma dobbiamo chiederci a chi serve la violenza espressa da entrambe le parti, poiché la violenza, da qualunque parte arrivi, è sempre un male.
    L’informazione televisiva ha riportato in evidenza problemi che il sangue versato in anni di impari antagonismo non ha ancora potuto risolvere.
    Fin dal momento dell’invasione, e sono trascorsi più di cinquant’anni, nessun paese e nessuna Autorità internazionale ha concretamente cercato di modificare la posizione della Cina verso il popolo tibetano. Gli interventi a favore di una tradizione che scompare con grave danno morale e culturale per l’umanità, si sono sempre rivelati espedienti di facciata e sarebbe ingenuo credere che i moti e la repressione in corso possano cambiare l’ordine delle cose.
    Siamo nuovamente di fronte ad un fatto mediatico che strumentalizza il dramma di un popolo a fini sensazionalistici.
    E’ successo alcuni mesi fa in Cambogia: il mondo ha seguito con il fiato sospeso la marcia silenziosa dei monaci buddhisti e si è riempito di nastrini rossi portati al polso o al collo in segno di solidarietà. Poi c’è stata la prevedibile repressione, e oggi è tutto dimenticato.
    Sarà così anche per il Tibet: la gente resta colpita dal numero dei morti ma dimentica presto i motivi per cui le vittime si sono immolate.
    Nel gioco del “chi ha ragione e chi ha torto” si perde di vista il problema, e le possibili soluzioni diventano oggetto di fantapolitica.
    Dobbiamo aver ben presente che il Tibet è troppo piccolo e poco importante per influenzare lo scenario politico mondiale. Per anni è stato usato come prova della crudeltà comunista, e quindi non conveniva cercare di modificare la sua condizione di minoranza oppressa. Ora la Cina è troppo influente sul piano finanziario, e quindi non conviene irritarla affrontando la questione tibetana.
    Intanto la realtà socio-economica del Tibet, dove vivono sette milioni di cinesi contro quattro milioni di tibetani, è già cambiata in maniera irreversibile. I progetti di urbanizzazione hanno creato vere e proprie città, con relativi palazzi in cemento, là dove prima si trovavano piccoli villaggi con le tipiche casette tibetane. L’energia elettrica ha sostituito le lampade a burro ed ha permesso l’insediamento di attività industriali e commerciali su larga scala. Una ferrovia di oltre mille chilometri collega Lhasa con l’entroterra cinese. Il Tibet può essere attraversato in auto da oriente ad occidente e tra breve un autostrada arriverà all’Everest.
    E’ uno scempio? Allora non andiamoci.
    Era inevitabile, perché questi sono i segni del progresso? Allora cerchiamo di fare in modo che di questo progresso i tibetani siano i beneficiari anziché le vittime.
    E lo potranno essere soltanto quando il rapporto con la loro terra sarà nuovamente vissuto con serenità.
    Oggi i tibetani si sentono colonizzati e temono di perdere la loro identità etnica, ma questo è già successo. In tibet i giovani hanno il cellulare, usano il computer, studiano il cinese e si devono confrontare con gli usi e i costumi cinesi. Di quale cultura saranno portatori?
    Forse un giorno la storia dirà che, oltre il confine, ad insidiare i tibetani privati della propria autonomia, c’era una sconosciuta divinità terrifica: la modernità. E che nel “paese delle nevi” ad aspettare i cinesi, che stanno riscoprendo a migliaia il buddhismo, c’era una rinnegata qualità pacifica: la buddhità.
    Allora, come è già avvenuto in altri paesi, che dopo averli distrutti nel nome della rivoluzione si sono poi impegnati a recuperare i valori del passato, saranno gli stessi cinesi a voler preservare la tradizione tibetana. Sempre che non sia troppo tardi.
    E’ da sprovveduti pretendere una ormai impossibile indipendenza del Tibet (cosa che Sua Santità il Dalai Lama ha già rinunciato a chiedere da tempo), ma è giusto rivendicare una reale autonomia religiosa ed il riconoscimento di una tradizione che si è formata in secoli di storia.
    Ciò può avvenire soltanto attraverso un negoziato. Non con la violenza ma con l’accordo, con la pazienza e la perseveranza.
    Il mondo non deve abbandonare i tibetani. Ma non è certo con i cortei, con i sit-in e con gli scontri davanti alle ambasciate cinesi che si deve affrontare questa situazione.
    Se veramente si vuole dare un segnale forte, dimostrare una vera volontà di cooperazione, aiutare a mediare, questo è il momento: le Nazioni Unite si mobilitino per una pacifica soluzione della vertenza. L’Europa dia il suo appoggio.
    Da più parti si chiede di fare pressione sulla Cina perché siano rispettati i diritti umani. Nessuno è in grado di fare concrete pressioni su questo colosso economico, destinato a diventare in pochi anni la maggiore potenza mondiale, ma la politica del dialogo ed il solerte monitoraggio nei confronti di una nazione che si risveglia alla civiltà, può dare positivi risultati per il futuro non solo del Tibet ma dell’intero pianeta. E’ in questa prospettiva che i Governi dei Paesi democratici devono aiutare la Cina ad affrontare nel modo più consono il suo inarrestabile processo di democratizzazione.

    NON BOICOTTARE LE OLIMPIADI

    La realtà della situazione tibetana doveva essere ben presente ai membri del Comitato Olimpico Internazionale che anni fa hanno assegnato alla Cina l’organizzazione dei Giochi Olimpici 2008.
    Dire che ci si aspettava che questa concessione modificasse in un colpo solo la politica cinese sui diritti umani, vuol dire non tenere conto della gradualità con cui sono sempre avvenute nel mondo le trasformazioni sociali.
    Per comprendere le ragioni che porteranno allo svolgimento delle Olimpiadi, indipendentemente da ciò che oggi avviene in Tibet, basta pensare ai trentotto miliardi di dollari spesi per l’organizzazione, alle cifre da capogiro versate dagli sponsor internazionali (quasi tutti occidentali), agli impegni presi dalle maggiori emittenti televisive del globo, e soprattutto agli enormi interessi economici che gravitano intorno ad un paese con centinaia di migliaia di individui che si stanno aprendo ai consumi di massa e al capitalismo.
    Fermare le Olimpiadi è dunque impossibile, boicottarle sarebbe un grave errore.
    Non dobbiamo dimenticare che 10.000 atleti di 202 paesi hanno speso per anni denaro, tempo ed energie in vista di questo avvenimento che rappresenta per tutti il coronamento di un sogno.
    Ma soprattutto dobbiamo considerare le Olimpiadi come una grande festa dello sport e dell’amicizia fra i popoli, che può aprire la mente e il cuore del popolo cinese e dei suoi reggenti.
    Nate come semplice confronto sportivo, le Olimpiadi, con il loro forte peso mediatico, sono oggi diventate il termometro dello stato politico, economico e atletico della società umana e c’è da augurarsi che i princìpi di giustizia, lealtà ed eguaglianza espressi nei giochi, vengano recepiti dalla Cina non soltanto per ragioni di immagine ma anche come esempio da seguire sulla via della civiltà.
    La fiaccola olimpica attraverserà prossimamente un Tibet sconvolto dai recenti avvenimenti: speriamo che la sua luce possa portare a Pechino un messaggio di fratellanza e di rispetto per l’altro che anche i cinesi sappiano fare proprio.
    La storia delle Olimpiadi è costellata di iniziative prese da singoli atleti contro la violazione dei diritti umani in certi paesi oppressi.
    Non sarebbe male se, anziché boicottare le Olimpiadi o manifestare contro la Cina, gli atleti presenti trovassero, tutti insieme, il modo di testimoniare con un gesto comune, nella giornata di chiusura, quella convinta adesione ai valori di libertà e di pace di cui i Giochi Olimpici sono portatori sin dalle origini.
     
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  4. Lapsus_Weinstein
     
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    Tibetan spiritual leader the Dalai Lama speaks to the media in Dharmsala, India, Tuesday, March 18, 2008.

    (kcby.com)
     
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    Shankar Kulanath

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    Il Dalai Lama ha detto che forse si dimetterà.
     
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    Brutto

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    CITAZIONE (AuspiciousMerit @ 19/3/2008, 12:08)
    Il Dalai Lama ha detto che forse si dimetterà.

    beh ma questa notizia è vecchia...è da un pezzo che cerca un successore..l'avrà già trovato?
     
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  7. maris81
     
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    cmq io sono allibita dalle notizie diffuse dai cinesi :o: :(
     
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  8. Lapsus_Weinstein
     
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    Sì, infatti...

    Ieri sera ero su Second Life, dove c'è gente di tutto il mondo in apprensione per quel che sta succedendo in Tibet, e in Cina, e dove è stato allestito uno spazio dove chi lo desidera puo' mettere un proprio segno, un'immagine, un oggetto ecc.

    http://slurl.com/secondlife/Chapala/218/221/63

    Qualcuno mi ha segnalato questo video



    https://www.youtube.com/v/zqEmHSAVbHo

    che non è recente, ma i commenti sì, sono di questi giorni.

    Sono rimasto sconcertato leggendo quello che scrivono i Cinesi, che, mentre è in atto una censura totale su quel che accade in Tibet (sto raccogliendo tutto quel che trovo sul mio blog http://www.centromimir.it/ ) continuano a sostenere che il lavaggio del cervello sarebbe operato dal Dalai lama e dalla sua cricca

    Mi hanno anche detto che la tensione è destinata ad aumentare, perchè tra un paio di settimane la fiaccola olimpica, nel passaggio sull'Himalaya, transiterà dal Tibet.

    Di seguito l'intervista di oggi al Dalai Lama, su Repubblica.it

    Da Dharamsala parla la Guida spirituale
    “Agenti cinesi hanno provocato gli scontri”
    Il Dalai Lama: “Pronto a dimettermi
    se il mio popolo diventa violento”
    Appello ai “duri”: “La gazzella non batte la tigre, scegliete il dialogo”
    di RAIMONDO BULTRINI

    Il Dalai Lama: Il Dalai Lama

    DHARAMSALA - Il Dalai Lama dice senza mezzi termini che è pronto a “dimettersi” se la situazione in Tibet dovesse finire “fuori controllo”. Lo fa davanti a una piccolo gruppo di giornalisti internazionali venuti qui con noi nella sua residenza circondata da una folla di fedeli in preghiera. Una frase ad effetto che ha fatto presto il giro del mondo, anche se il suo significato è stato da molti interpretato come una rinuncia al ruolo “divino” di Dalai Lama, una carica - almeno finora - non certo elettiva. Da almeno sei secoli infatti, per i buddisti tibetani la sua mente è capace di tornare nella forma umana del leader spirituale dopo ogni morte fisica. Per chiarire meglio questo e altri aspetti emersi nella conferenza stampa, il Dalai Lama ci ha concesso un colloquio esclusivo nel suo ufficio privato.

    In che senso ha parlato di dimissioni, Santità?
    “A quanti mi hanno accusato di non volere fermare le proteste in corso, ho semplicemente spiegato che io non sono un dittatore, che dice alla sua gente: fai questo, non fare quello. Ho precisato che sono semmai un portavoce del mio popolo. Ma se la maggioranza dei tibetani dovesse prendere la strada della violenza, allora la mia risposta sarebbe quella che ho già dato dopo gli incidenti dell’88: complete dimissioni dal mio ruolo di loro rappresentante”.

    I cinesi continuano però ad accusare lei di aver istigato le rivolte.
    “Sì, dicono che i miei seguaci bruciano i negozi, uccidono innocenti… Ho già detto molte volte: non usate violenza. Bruciare è violenza, uccidere è violenza. Per esempio, in tv ho visto la foto di un khampa (etnia tibetana dell’est, ndr) con una spada. Non è buono, come non è buono l’uso della violenza da parte di chiunque, siano Usa, Cina o Tibet”.


    Ma i tibetani sembrano stanchi di aspettare e molti dicono di non vedere altre vie d’uscita.
    “Certe volte alcuni di questi giovani che vogliono l’indipendenza, esasperati per le ingiustizie, vengono da me con le lacrime agli occhi, vogliono combattere. Allora gli dico: ok, servono un fucile, dieci fucili, un sacco di munizioni. Dove li prendete? Mi rispondono: in Pakistan, Afghanistan. E allora come li spedite? Dal Nepal, impossibile, dall’India, impossibile, dal Pakistan, impossibile. Esprimere le proprie emozioni è facile, ma dobbiamo essere pratici. Può la gazzella lottare con la tigre? L’unica arma, l’unica forza è la giustizia, la Verità. Le spiego con un esempio perché la violenza, oltre che sbagliata, diventa controproducente. Anche durante le proteste degli anni ‘80 furono accusati i tibetani di certe stragi che - solo dopo - si è scoperto vennero messe in atto da agenti cinesi mandati a provocare tra i rivoltosi. Impossibile fare un controllo indipendente. Altro esempio, nei giorni scorsi a Katmandu ci sono state vetrine rotte e violenze: abbiamo avuto prove che di nuovo sono stati agenti cinesi per creare tensioni tra comunità locale e tibetani. Lo stesso era successo qui a Dharamsala due anni fa, quando fu bruciato il negozio di un indiano”.

    Anche la sua richiesta di autonomia è rimasta però inascoltata.
    “Tra i cinesi più educati grazie all’approccio non violento e non separatista raccogliamo un genuino supporto. Se poi cerchiamo l’aiuto del mondo esterno, dell’India, degli Stati Uniti, dell’Europa, è molto difficile ottenere qualcosa con una richiesta di indipendenza. Certo ci vuole tempo. Con le armi forse si risolvono le cose più rapidamente, ma i problemi si ripresenteranno sempre più gravi. Con la collaborazione e la comprensione si eliminano alla radice. Anche nei regimi totalitari le cose cambiano, la leadership cambia, la politica cambia. La situazione cinese di oggi è diversa da quella passata. Se i cinesi diventassero realistici, in poche ore si risolverebbe ogni controversia. So che diffidano di me, ma potrebbero venire qui a Dharamsala, non c’è niente da nascondere, non potranno vedere i miei polmoni, ma possono vedere il mio portafoglio, le mie urine, le mie feci”.

    Le sembra realistica un’indagine indipendente?
    “Ho scritto una lettera ai nostri amici indiani, americani: per favore, ho detto, aiutateci a raffreddare questo clima terribile. Qualcuno vada a indagare, presto, sul posto, per capire i veri motivi delle tensioni ed evitare che si ripresentino. Per esempio, riceviamo continue informazioni secondo le quali molti tibetani feriti non ricevono assistenza negli ospedali cinesi. Era già successo dopo le manifestazioni dell’87 e dell’88. Ecco come il risentimento riaffiora anche a distanza di venti anni. Certi comportamenti contro la nostra gente hanno segnato le generazioni che oggi hanno 40, 50, 60 anni, ora è una nuova leva a essere trattata allo stesso modo e a ribellarsi: come si pensa di interrompere questo ciclo?”.

    Domani (oggi ndr) lei incontra i gruppi che hanno organizzato qui in India la marcia verso il Tibet. Che cosa gli dirà?
    “Gli chiederò: che cosa andate a fare al confine? Otterrete così l’indipendenza? Come primo risultato mettete il governo indiano in grande difficoltà. L’India ha davvero fatto cose meravigliose per noi, ci ospita da sessant’anni, ha finanziato scuole, assistenza per la comunità tibetana. Al confine inoltre si scontreranno con i soldati cinesi: a quale fine? Il caso Tibet è difficile, delicato, irrisolvibile con decisioni emotive. E in questo clima di tensione è difficile prendere decisioni razionali”.

    Secondo i cinesi il suo popolo è felice sotto il governo comunista, e che è solo lei a creare problemi.
    “Certo, dicono che l’unico problema è il Dalai Lama. Ma vede, io qui sono molto felice, non mi manca niente. In realtà il problema è il Tibet: ogni tibetano che vive all’estero, se viaggia nella nostra terra esce con l’impressione di una situazione terribile, quasi ogni famiglia dagli anni ‘50, ‘60, ha subito un lutto, trentamila tibetani sono venuti qui negli ultimi anni. E poi ci sono diverse opinioni tra gli stessi cinesi: alcuni pensano che se il Dalai non ci fosse più le cose sarebbero più facili, altri ritengono che sarebbero invece più difficili. Qual è la verità? In ogni caso non ho intenzione di morire presto…”.
    Guarda in alto e ride.

    (19 marzo 2008)

    http://www.repubblica.it/2008/03/

    Aggiungo una precisazione in merito alle date del viaggio della torcia olimpica

    Tibet to stay on Olympic torch route despite riots

    Wed Mar 19, 2008 9:46am EDT

    By Nick Mulvenney and Lindsay Beck

    BEIJING (Reuters) - China vowed on Wednesday to take the Olympic torch to Tibet despite deadly riots there and said it was in a “life or death struggle” over the Himalayan region with “the Dalai Lama clique”…

    Jiang Xiaoyu, executive vice president of the Beijing Organizing Committee for the Olympic Games, told a news conference the relay would proceed as scheduled because the situation in Tibet has stabilized. …

    The torch relay, which starts when it is lit in Ancient Olympia, Greece, next Monday, is scheduled to visit Tibet twice…

    When the flame arrives in Beijing on March 31 before embarking on its journey around the world, a second torch will be lit and taken to Tibet, where Chinese climbers will attempt to take it to the top of Mount Everest. The attempt will take place in early May whenever the weather conditions on the world’s tallest mountain are most suitable.

    Tibet is also on the domestic leg of the relay in June.

    (Additional reporting by Chris Buckley and Benjamin Kang Lim in Beijing, John Ruwitch in Sichuan province and by Tan Ee Lyn in Hong Kong; Editing by Bill Tarrant and Alex Richardson)

    http://www.reuters.com/article/topNews/idU...eedName=topNews

    Dunque:

    parte da Atene lunedì prossimo
    arriva a Pechino il 31 marzo
    attraversa due volte il Tibet
    i Cinesi tenteranno di portarla sulla vetta del monte Everest

    Edited by Lapsus_Weinstein - 19/3/2008, 15:51
     
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  9. encovata
     
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    Baddal, Punjab, 19 marzo 2008 (ore 16,30)
    La "Marcia Verso il Tibet" ha raggiunto il villaggio di Baddal senza trovare alcun ostacolo da parte della polizia. Anzi, un sub ispettore e quattro agenti scortano i marciatori con il compito di proteggerli se si presentasse l'eventualità di contestazioni. Hanno detto che, a causa della incredibile copertura mediatica internazionale, il Governo indiano non vuole che si verifichino incidenti di sorta. Quindi rinnovo l'appello a tutti i sostenitori del Tibet a tenere più che mai desta l'attenzione su questa "Marcia" e su quello che significa per la causa tibetana. Siamo a circa una trentina di chilometri dopo il confine e tutto sta procedendo bene, passeremo qui la notte.


    Karma C.
    (corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet" per: Il Blog di Piero Verni (www.olistica.tv); Dossier Tibet (www.dossiertibet.it); Associazione Italia-Tibet (www.italiatibet.org); Il Sentiero del Tibet (www.ilsentierodeltibet.it); Giotibet (www.giotibet.com)


    --
    ---------------------------------------------------------
    *S I D D H I *
    periodico di buddhismo e altre scienze della mente
    Publisher: Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia
    56040 Pomaia (PI) - ITALIA
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    Shankar Kulanath

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    Il Pontefice: ''Il mio cuore di padre sente
    tristezza e dolore di fronte alle sofferenze di
    tante persone''. Un giorno di sciopero della fame
    per tutti i 42 membri del Parlamento tibetano che
    chiedono all'Onu di inviare una missione
    d'inchiesta. Dalai Lama: "Pronto a lasciare"

    Città del Vaticano, 19 mar. - (Adnkronos) - No
    alla violenza. Si scelga la strada del dialogo e
    della tolleranza. E' questo l'appello lanciato
    quest'oggi al termine dell'udienza generale da
    Benedetto XVI (nella foto) in merito ala crisi
    apertasi in questi giorni in Tibet. ''Seguo con
    grande trepidazione - ha detto Ratzinger - le
    notizie che in questi giorni giungono dal Tibet.
    Il mio cuore di padre sente tristezza e dolore di
    fronte alle sofferenze di tante persone. Il
    mistero della passione e morte di Gesù, che
    riviviamo in questa settimana santa, ci aiuta a
    essere particolarmente sensibili alla loro
    situazione'' . ''Con la violenza - ha proseguito
    il Pontefice - non si risolvono i problemi ma si
    aggravano. Vi invito a unirvi a me nella
    preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di
    luce, che illumini le menti di tutti e dia a
    ciascuno il coraggio di scegliere la via del
    dialogo e della tolleranza'' .

    Intanto tutti i 42 membri del Parlamento tibetano
    in esilio hanno partecipato a un giorno di
    sciopero della fame in solidarietà con i
    manifestanti in Tibet, molti dei quali si teme
    possano essere rimasti uccisi negli scontri con
    le forze dell'ordine cinesi. "La Cina e le sue
    politiche stanno massacrando il movimento
    tibetano, tutti i 42 membri del Parlamento
    tibetano stanno partecipando a un giorno di
    sciopero della fame" ha dichiarato Karma Chope,
    portavoce del Parlamento, che ha rinnovato
    l'appello alla comunità internazionale affinché
    affronti la crisi in Tibet. Il governo in esilio
    chiede che l'Onu possa inviare al più presto una
    missione d'inchiesta per verificare e monitorare
    la situazione in Tibet. E membri del Parlamento
    hanno chiesto che si facciano pressioni sulla
    Cina per ottenere il rilascio dei tibetani
    arrestati durante le manifestazioni di protesta e
    assicurare adeguate cure mediche ai manifestanti
    rimasti feriti negli scontri.

    Il Parlamento in esilio tibetato ha inoltre
    formato il Comitato di crisi per il Tibet con lo
    scopo di coordinare il movimento della comunità
    in esilio in tutto il mondo. "Il comitato
    centralizzerà il movimento in modo che i tibetani
    fuori dall'India possano lavorare in modo unito"
    ha detto ancora il portavoce che ha il suo
    quartier generale nella città settentrionale
    indiana di Dharamsala.

    Sul fronte degli scontri, le forze di sicurezza
    cinesi hanno aperto il fuoco su manifestanti a
    favore del Tibet e ucciso almeno tre persone
    nella provincia del Sichuan, secondo quanto
    denuncia oggi da Dharamsala, in India, il Tibetan
    Centre for Human Rights and Democracy (Tchrd). Il
    centro afferma di aver ricevuto conferma da
    diverse fonti dell'uccisione di tre persone
    durante una manifestazione pacifica avvenuta ieri
    a Kardze, nella provincia cinese del Sichuan che
    confina con il Tibet. Ieri il centro aveva
    denunciato l'uccisione di almeno 39 persone da
    parte delle truppe cinesi ad Aba, nel Sichuan, e
    a Machu, nella provincia settentrionale di Gansu.

    Intanto la Free Tibet Campaign ha diffuso foto
    scattate nel monastero di Kirti ad Aba, che
    mostrano corpi con ferite da arma da fuoco.
    Secondo il Tchrd, nella provincia di Gansu vi
    sono state ieri manifestaizoni di protesta anche
    a Gannan e Sangchu.
     
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  11. Josaphat
     
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    Volevo condividere con voi le riflessioni del Maestro Sufi Gabriele Mandel khân sui recenti accadimenti in Tibet.

    L'ho postato sul mio blog ecco il link:

    http://vidarraess.spaces.live.com/Blog/cns...!1443.entry

    Uff sta diventando difficile seguire tutte le discussioni, ci stiamo allargando troppo! :beer:
     
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  12.  
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    Brutto

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    CITAZIONE (Josaphat @ 21/3/2008, 14:57)
    Uff sta diventando difficile seguire tutte le discussioni, ci stiamo allargando troppo! :beer:

    vero.. ^^''
     
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  13. PJohnny
     
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    http://www.gazzetta.it/Speciali/Olimpiadi/.../liello26.shtml

     
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  14. Lapsus_Weinstein
     
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    Tibet monks disrupt tour by journalists to complain about lack of religious freedom

    image

    A Tibetan Buddhist monk, center, cries while he saw foreign journalists visit to the Jokhang Temple, one of Tibet’s holiest shrines in Lhasa, capital of China’s Tibet Autonomous Region Thursday, March 27, 2008. (AP)

    ( http://www.chinapost.com.tw )

    ( questo e altro, tra cui una lettera di AVAAZ.org in cui comunicano di aver raccolto, in 7 giorni, 1 milione di firme, qui: http://www.centromimir.it/2008/03/27/tibet...ls-by-surprise/ )
     
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  15. ebbubba
     
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    il Lama Ghesce Lobsang Sherab ieri era presente, ed ha fatto recitare per i Tibetani, per tutti gli esseri senzienti e per i Cinesi la seconda parte della dedica
    cian ciub sem ciog rin po ce (Questa preziosa Bodhicitta,)
    ma che pa nam che ghiur cig (Possa nascere quella non ancora nata)
    che pa gnam pa me pa iang (E non degenerare quella già nata)
    gon ne gon du pel par sciog (Possa incrementare sempre di più)

    poi , aiutato dalla traduttrice, ha parlato delle notizie che lui ha dal Tibet e dall' India, ha detto che ci sono almeno 130 morti e 400 ( quattrocento) feriti fra più e meno gravi, questi sono nascosti nelle case e nei monasteri, poichè in caso andassero negli ospedali le autorità cinesi li arresterebbero dato che erano presenti alle manifestazioni.
    Ha ribadito che il Dalai Lama non ha mai auspicato ne disordini ne altro, non ha organizzato nulla in Tibet, ha detto che i disordini sono ioniziati quando, dopo tre giorni che i monaci uscivano o tentavano di uscire dai monasteri per sfilare in una protesta pacifica e non violenta nelle strade, i Tibetani di Lhasa vedendo che i monaci venivano malmenati violentemente dai soldati Cinesi, sono scesi in strada per difendere i monaci inermi, esasperati da anni di soprusi e violenze razzistiche ,c ha ribadito, che l'esercito cinese nell'89 a Tienanmen ha sparato sui ragazzini cinesi, quindi nulla gli costa sparare su un altro popolo, poi ha chiesto al presidente del centro se può fare qualcosa per contattare la Croce Rossa, poichè i cinesi nulla potrebbero con questa organizzazione internazionale, dato che non potrebbero sparare addosso o bloccare i loro mezzi, e che l'aiuto pruincipale che serve adesso è prorpio quello medico, poichè chi cura i feriti non ha tanti mezzi e deve farlo di nascosto, con il poco che ha.
    Ha ribadito che ringrazia gli Italiani per la solidarietà e le iniziative come manifestazioni e lettere ai politici perchè chiedano il rispetto dei diritti umani alla Cina, e non SOLO per i Tibetani, ma per tutti, e ci ha invitato a ripetere questa parte della Dedica :
    cian ciub sem ciog rin po ce (Questa preziosa Bodhicitta,)
    ma che pa nam che ghiur cig (Possa nascere quella non ancora nata)
    che pa gnam pa me pa iang (E non degenerare quella già nata)
    gon ne gon du pel par sciog (Possa incrementare sempre di più)

    a casa con una candela accesa in mano, pensando a Tutti Gli Esseri Senzienti.
    Se vengo a sapere di qualche altra cosa sarà mia premura postarla qui .
     
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103 replies since 12/3/2008, 19:27   4218 views
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