Free Tibet ?!?! Free violence !!!

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. 1Wakana
     
    .

    User deleted


    Rispondo a Dorje e Gabbana: trovo vergognoso che il popolo tibetano, grazie al quale migliaia di occidentali hanno potuto scoprire la gioia, la beatitudine e la pace del buddhismo, debba venire insultato proprio in un forum buddhista, il cui regolamento, tra l’altro, recita testualmente: “I membri di questo forum non possono utilizzare un linguaggio rozzo o irrispettoso, canzonatorio, ingannare, mentire, fare attacchi personali, insultare razze, nazionalità, culture, religioni, orientamenti sessuali e preferenze politiche.” Mi riferisco, ad esempio, al tuo aver affermato poc’anzi che l’autoimmolazione sarebbe una pratica stupida e sensa senso, all'aver paragonato ingiustamente i tibetani ai talebani nel tuo post del 10/12/2012 ed averli chiamati “pazzi fanatici”, al tuo sostenere che il Dalai Lama “li ha mollati per andare a farsi i cazzi suoi ed tirar su soldi in occidente”. Qui nessuno si sognerebbe di insultare il governo cinese ed i suoi rappresentanti, né tantomeno i cinesi, per cui è essenziale innanzitutto adottare un linguaggio rispettoso. Lo scambio di opinioni divergenti o differenti è una cosa sacrosanta, ma deve avvenire nel totale rispetto reciproco.
    Capire i tibetani è in realtà assai facile. Bisogna andare un po’ indietro nell’illustre storia del Tibet. Come ci sentiremmo noi se fossimo oppressi da un paese gigantesco come la Cina e fossimo costretti ad autoaccusarci dei crimini non commessi e ad autodegradarci? Infatti, a causa del "thamzing", i tibetani erano costretti, durante l’era di Mao Zedong, ad autoaccusarsi dei crimini non commessi e ad autodegradarsi. Cito dal sito: http://users.libero.it/aetos/tibet/quest_tibet.html
    “ I bambini erano sovente obbligati ad accusare i genitori di aver compiuto questo o quel crimine e a colpirli con sassi.
    Molti genitori, a loro volta, sono stati costretti a pagare i proiettili usati per ucciderli e a ringraziare i cinesi per aver eliminato "elementi antisociali".
    Le donne tibetane sono soggette tuttora a sterilizzazioni forzate e a procurati aborti: il potere cinese vuole che i cinesi in Tibet siano sempre più numerosi e i tibetani sempre di meno.
    Spesso vengono sterilizzate in condizioni spaventose, tutte le donne in età fertile di un paese: radunate a forza davanti a una tenda montata allo scopo, sono costrette ad attendere il loro turno ascoltando oltretutto le grida della donna operata all'interno. Non ci sono anestesie, altissima è la percentuale di donne morte per infezione, poiché vengono obbligate ad abortire anche donne in attesa da cinque o sei mesi. Le donne tibetane si rifiutano di partorire negli ospedali perché in molti casi il bimbo viene loro sottratto e considerato "morto durante il parto".”
    Purtroppo la campagna di sterilizzazione forzata delle donne tibetane continua ancora oggi senza tregua a traumatizzare innumerevoli vittime innocenti.
    A partire dal 1950, l’esercito tibetano fu sopraffatto numericamente da quello cinese, e così iniziò l’occupazione del paese del leone delle nevi. Come dimostra il documento chiamato comunemente “Dichiarazione d’Indipendenza Tibetana” (in realtà una riaffermazione dell’indipendenza tibetana, visto che il Tibet aveva comunque sempre mantenuto la sua indipendenza) redatta dal 13° Dalai Lama, il Tibet era uno stato sovrano e i suoi confini erano ben definiti. Tuttavia, a partire dal 1950, i leaders politici cinesi hanno classificato i tibetani come un “popolo barbarico e non civilizzato”, che doveva essere “assimilato o eliminato” (“Jampa, The story of racism in Tibet”, 2001, pagina 24). E’ questa la verità, e non è vero che “l'unica causa per cui i cinesi si sono infuriati distruggendo il popolo tibetano e le sue tradizioni religioni" sarebbe "il culto del Dalai Lama come dio vivente e supremo capo politico e spirituale del tibet.” E comunque, anche se così fosse, non avrebbero alcun diritto di fare ciò.

    La Cina trae enorme ricchezza economica dallo sfruttamento selvaggio delle risorse del Tibet, dall’accaparramento del suo patrimonio idrico e minerario, dalla deforestazione sistematica, dallo stoccaggio di scorie nucleari. La deforestazione inoltre provoca desertificazione, che sta facendo sciogliere velocemente i ghiacciai himalayani, aggravando ulteriormente il fenomeno del riscaldamento globale. Le terre in cui i nomadi avevano vissuto per secoli vengono loro strappate, ed essi sono costretti nel ghetto. La Cina, con la sua cupidigia ed il suo egoismo sadico sta compromettendo l’equilibrio climatico dell’intero pianeta: il Tibet, conosciuto anche come il terzo polo glaciale della terra, si sta riscaldando 2 volte più in fretta rispetto al resto del mondo. La soluzione del governo di Pechino è stata (almeno, fino ad ora) quella di costruire altre dighe, incluse almeno 5 lungo lo Yarlung Tsangpo, che fino a poco tempo fa era il più grande fiume privo di dighe al mondo. Gli ambientalisti sono molto preoccupati in merito al loro impatto ambientale: i nomadi, che per secoli hanno vissuto in maniera ecosostenibile, saranno privati dell’accesso a una riserva d’acqua stabile e sicura, le ripercussioni della costruzione di dette dighe si faranno sentire anche a livello sismico, l’equilibrio della biodiversità del paese più biodiverso del mondo sarà messo interamente a rischio. La politica “ambientale” fino ad ora messa in atto dal governo cinese ha portato carestie in tutto il Tibet, desertificazione delle praterie e dei pascoli, devastanti inondazioni causate dalla deforestazione, e distruzione dell’ambiente attraverso un’attività di estrazione mineraria non regolamentata e sfrenata. Nel frattempo, la Cina incolpa i poveri nomadi, e non la sua politica dissennata, di depauperare le risorse idriche “cinesi”.
    [Fonti: “Tracking the steal dragon”, 2008, p.231; The Guardian, 24 maggio 2010, Il Geologo Yang Yong citato dal South China Morning Post, 1 maggio 2010; Conservation International; il congresso del Consiglio di Stato presieduto da Wen Jiabao, 30 marzo 2011; l’ufficio informazioni per l’ambiente e lo sviluppo del Tibet, “Resource extraction and development”, 2012]
    La Cina, in tutta questa questione, secondo me assomiglia molto a un bambino che gioca con altri bambini, e a un certo punto si rende conto che uno di essi (il Tibet) ha un giocattolo favoloso: allora glielo strappa, e siccome il povero bambino derubato si mette a piangere, lo picchia e lo pugnala, e dice: “Se non la smetti, ti ammazzo definitivamente!”.
    Come si può affermare di non comprendere le autoimmolazioni tibetane? Come ci sentiremmo noi se fossimo oppressi, derubati, schiacciati ed umiliati da un gigante economico come la Cina, sapendo che il nostro popolo ha urlato disperatamente il suo dolore al mondo e lottato con tutte le sue forze, con tutta la sua vita fin dal 1950, e che nessuno lo ha mai aiutato perché ogni paese si cura massimamente soltanto dei propri interessi economici, ed i suoi industriali e politici non osano sfidare il governo di Pechino perché ne hanno una paura folle e perché tutto ciò che importa loro è soltanto continuare ad arricchirsi come hanno fatto fino ad ora? Come ci sentiremmo se, colti nell’atto di recitare una preghiera, per acquistare la forza mentale e fisica necessarie a superare la tortura, l’emarginazione, le innumerevoli onte subite dal governo cinese, ci venisse infilato un bastone elettrico tra i denti? I poveri tibetani non sono liberi nemmeno di pregare! Roberto Benigni, nella sua favolosa serata “La più bella del mondo” ha ricordato come quella della spiritualità costituisca la sfera più intima di un individuo, una sfera sacra e intoccabile. Non è giusto aver privato il popolo tibetano del diritto all’autodeterminazione, e un reato ancor più grave (in mezzo ai tanti innumerevoli di cui si è parlato in questa discussione) è l’aver negato loro il diritto di professare la propria religione, cosa che ha causato un dolore immenso ai tibetani ed ha contribuito ad aumentare il numero delle autoimmolazioni. Come ci sentiremmo se uno o alcuni dei nostri cari fossero ad un certo punto scomparsi senza lasciar traccia, e noi non sapessimo che cosa è accaduto loro, se sono già morti, se sono ancora vivi e stanno soffrendo atrocemente a causa della tortura in carcere? Come ci sentiremmo se fossimo sopravvissuti all’esperienza del carcere e stessimo ancora soffrendo a causa del trauma mentale e fisico di essere continuamente privati del sonno e torturati nei modi che ho descritto nel mio post precedente? Come ci sentiremmo se la nostra salute e quella delle persone che amiamo di più fosse stata danneggiata in modo irreversibile?
    Come si può non comprendere la disperazione del popolo tibetano? In circostanze del genere è assai difficile mantenersi positivi, fiduciosi e ottimisti. Esistono dei limiti umani di tollerazione del dolore. Viviamo in un paese in cui l’opinione pubblica dimostra giustamente solidarietà e comprensione per l’imprenditore edile di 58 anni che si è dato fuoco davanti all’agenzia delle entrate di Bologna, come si può non comprendere il popolo tibetano, che brucia di dolore e disperazione, tutto solo e senza che nessun paese lo difenda?
    Possiamo iniziare a guardare la questione dall’interno. La bellissima giornalista e blogger in esilio, nonché ex Miss Tibet Tsering Kyi ha scritto un articolo sull’autoimmolazione del suo nipote Tsering Tashi il 12 gennaio scorso. Quella mattina, egli disse a sua madre:
    - Oggi indosserò il mio chupa (soprabito tradizionale tibetano). Quale è meglio che indossi?
    - Fa proprio freddo. Metti quello pesante!
    Rispose sua madre.
    Tsering Tashi chiese poi ad alcuni amici pastori di badare ai suoi yak ed alle sue pecore: “Devo fare un lavoro importante in città, poi tornerò!”. Nella piega del suo soprabito di lana, gli altri non videro la bottiglia di benzina che si sarebbe versato addosso in seguito. Spense il cellulare. E poi accese un fiammifero.
    www.washingtonpost.com/blogs/guest-...510a8_blog.html
    Bisogna notare che nessuno era al corrente delle sue intenzioni: né sua moglie, né i suoi familiari, né i suoi amici.
    Come afferma Tsering Kyi alla fine dell’articolo, la sua auto immolazione non è priva di motivo o di senso: le fiamme che si sono levate dal suo corpo hanno sicuramente illuminato la lotta per l’indipendenza del popolo tibetano. Io sono totalmente d’accordo con lei: non dimentichiamo che c’è una forte censura sui notiziari ed i giornali di tutto il mondo per quel che concerne la situazione in Tibet. Se ogni giorno sentiamo parlare del conflitto in Siria, per quanto riguarda la questione tibetana, possiamo considerarci fortunati se ogni tanto Rai News 24 manda in onda un documentario sulle auto immolazioni (e solo per pochi giorni). Sono contraria alle autoimmolazioni, ma affermare che siano stupide e sensa senso è assai deplorevole. Inoltre, credo di comprendere chi si autoimmola.

    Io non sarei così sicura che, contro la Cina, “solo un folle puo' sperare di vincere con armi come la protesta e la pretesa di indipendenza.” Tanto per cominciare, ora come ora, la Cina spende più soldi nella “sicurezza pubblica” che nella difesa internazionale, e questo potrebbe rendere il maestoso gigante economico molto vulnerabile nell'attuale quadro mondiale. Inoltre, come ha ricordato Tendor (Tenzin Dorjee) di Students for a Free Tibet, le dittature invecchiano e muoiono, il totalitarismo è un vicolo cieco. Secondo lo studioso cinese Minxin Pei, le dittature hanno delle fenditure nelle loro stesse fondamenta, fenditure che limitano la loro esistenza al di là di un certo numero di decadi, perfino nei casi dei regimi più duraturi. L’unione Sovietica si sbriciolò al suo 74° anno, il regime messicano al suo 71°, il Kuomintang al suo 73°. Il Partito comunista Cinese ha 63 anni e, secondo Pei, gli rimangono poco più di 10 o 15 anni, se è abbastanza fortunato da sopravvivere così a lungo. (Potrei parlare dei numerosi motivi di malcontento anche tra la popolazione cinese, per esempio la politica del figlio unico, che ha portato alla morte di decine di milioni di bambine cinesi, abbandonate o eliminate per mezzo dell’aborto: il risultato è che ci sono 37 milioni di uomini in più rispetto al numero delle donne in Cina, e che sono aumentati il traffico sessuale, la prostituzione e il fenomeno delle spose bambine. Però andrei fuori tema.)
    Mi piacerebbe poter continuare a rispondere ogni volta che lo ritenessi opportuno, ma purtroppo sono a corto di tempo. Risponderò quando potrò. ^_^

    Nel frattempo, Pö Rangzen!

    Edited by 1Wakana - 16/2/2013, 20:40
     
    .
372 replies since 8/10/2011, 09:50   20535 views
  Share  
.