Avere e Essere tra Occidente e Oriente

la poesia in occidente e l'Haiku in oriente

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    Brutto

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    traggo questo testo dal sito http://pesanervi.diodati.org/pn/?a=124
    quello che voglio farvi rendere partecipe è la differenza (espressa magnificamente da Fromm) tra la visione occidentale rispetto all'essere e o all'avere e quella orientale..


    "Quando ero un ragazzino, mi pare che avessi intorno ai quindici anni, lessi, come tanti altri adolescenti in tutto il mondo, Avere o essere? di Erich Fromm. Del libro mi rimase impresso in particolare un paragone dell'autore tra il modo di rapportarsi a un fiore durante una passeggiata da parte di due poeti, il giapponese Basho e l'inglese Tennyson. Era un esempio che spiegava perfettamente la differenza tra le due mentalità - quella dell'essere e quella dell'avere - su cui era imperniato il libro. Sono riuscito a recuperare quel brano, che riporto qui di seguito dopo averlo ritrovato in una copia recente del libro (Erich Fromm, Avere o essere?, Mondadori, collana "I miti", Milano 1996, pagg. 32-34 e 36-37).
    image

    Per introdurre il lettore alla comprensione della differenza tra le modalità esistenziali dell'avere e dell'essere, mi sia lecito servirmi, a mo' di illustrazione, di due composizioni poetiche di contenuto affine, citate dal defunto D.T. Suzuki in Lectures on Zen Buddhism. Una è un haiku o haikai di un poeta giapponese, Basho, vissuto tra il 1644 e il 1694; l'altra composizione è di un poeta inglese del XIX secolo, Tennyson. Ognuno dei due autori descrive un'esperienza affine: la sua reazione alla vista di un fiore in cui si imbatte durante una passeggiata. I versi di Tennyson suonano:

    Flower in a crannied wall,

    Fiore in una fessura di un muro,


    I pluck you out of the crannies,

    ti strappo dalle fessure,


    I hold you here, root and all, in my hand,

    ti tengo qui, radici e tutto, nella mano,


    Little flower - but if I could understand

    piccolo fiore - ma se potessi capire


    What you are, root and all, and all in all

    che cosa sei, radici e tutto, e tutto in tutto,


    I should know what God and man is.

    saprei che cosa è Dio e cosa è l'uomo.





    Tradotto in inglese, lo haiku di Basho suona all'incirca così:

    When I look carefully

    Se guardo attentamente


    I see the nazuna blooming

    vedo il nazuna che fiorisce


    By the hedge! *

    accanto alla siepe!.



    La differenza è enorme. La reazione di Tennyson alla vista del fiore consiste nel desiderio di averlo, e infatti lo strappa e lo tiene in mano radici e tutto. E, se è vero che Tennyson conclude i suoi versi con la riflessione intellettualistica sulla possibile funzione del fiore al servizio della sua comprensione della natura di Dio e dell'uomo, per quanto riguarda il fiore questo resta ucciso in conseguenza dell'interesse che per esso nutre il poeta. Come risulta dalla sua composizione, Tennyson può venire paragonato allo scienziato occidentale che cerca la verità col metodo consistente nel disgregare la vita.

    Di tutt'altro genere è la reazione di Basho al fiore. Egli non desidera coglierlo, anzi neppure lo tocca. Si limita a guardarlo attentamente per vederlo. Ecco ora le spiegazioni fornite da Suzuki:

    E probabile che Basho stesse passeggiando lungo una strada di campagna quando scorse, accanto a una siepe, qualcosa di poco appariscente. Avvicinatosi, osservò attentamente quel che aveva scorto e constatò che si trattava di una pianticella selvatica, alquanto insignificante e di norma neppure notata dai passanti. Quello descritto nella composizione poetica, è dunque un banale evento, e un sentimento poetico specifico trova espressione forse soltanto nelle ultime due sillabe, che in giapponese si dicono kana. Si tratta di una particella, che spesso si trova connessa a un sostantivo, aggettivo o avverbio, e che designa un certo sentimento di ammirazione, approvazione, dolore o gioia, e che a volte può essere appropriatamente tradotto in inglese con un punto esclamativo, che nello haiku in questione costituisce appunto il culmine dell'intero ultimo verso.

    A quanto sembra, Tennyson ha bisogno di possedere il fiore per comprendere i suoi simili e la natura, ma il fatto di averlo comporta, come s'è detto, la distruzione del fiore stesso. Ciò cui Basho aspira, è vedere e non soltanto guardare il fiore: essere tutt'uno con esso, «identificarsi» col fiore e lasciarlo vivere.

    [...]

    Il rapporto che Tennyson istituisce con il fiore rientra nella modalità dell'avere ovvero del possesso, sia pure non materiale, trattandosi in questo caso del possesso della conoscenza. Il rapporto con il fiore di Basho e Goethe, è invece tale per cui entrambi lo vedono secondo la modalità dell'essere. Con «essere» intendo quell'atteggiamento esistenziale in cui non si ha nulla né si aspira ad avere alcunché, ma si è in una condizione di gioia, si usano le proprie facoltà in maniera creativa, si è tutt'uno con il mondo.

    Goethe, il grande innamorato della vita, uno di coloro che con più vigore hanno lottato contro la disgregazione e la meccanizzazione dell'uomo, ha espresso la condizione dell'essere contrapposta a quella dell'avere in molte sue opere. Il Faust è una descrizione, in termini drammatici, del conflitto appunto tra essere e avere (quest'ultimo rappresentato da Mefistofele), e nella breve composizione seguente Goethe esprime con la massima semplicità la qualità dell'essere:
    Eigentum Possesso

    Ich weiß, daß mir nichts angehört

    Io so che nulla mi appartiene al mondo


    Als der Gedanke, der ungestört

    fuorché il pensiero,l'imperturbato


    Aus meiner Seele will fließen,

    (che) dalla mia anima vuole fluttuare,


    Und jeder günstige Augenblick,

    e ogni istante auspicioso


    Den mich ein liebendes Geschick

    in cui un caro fato


    Von Grund aus läßt genießen.

    in essenza mi concede: gioire.



    La differenza tra essere e avere non è essenzialmente quella tra Oriente e Occidente, ma piuttosto tra una società imperniata sulle persone e una società imperniata sulle cose. L'atteggiamento dell'avere è caratteristico della società industriale occidentale, in cui la sete di denaro, fama e potere, è divenuta la tematica dominante della vita. Società meno alienate, come a esempio la medioevale, quelle degli Zuñis dell'America Centrale e le tribali africane non impregnate delle idee del moderno «progresso», hanno tutti i loro Basho. Non è escluso che, tra qualche altra generazione industrializzata, anche i giapponesi abbiano i loro Tennyson. E non è che l'Uomo Occidentale non sia in grado di comprendere appieno i sistemi orientali, ad esempio il Buddhismo Zen (contrariamente a quello che riteneva Jung): accade invece che l'uomo moderno non riesca ad afferrare lo spirito di una società che non si accentri sulla proprietà e la brama di possesso. In effetti, gli scritti di Maestro Eckhart (di altrettanto ardua comprensione di Basho o dello Zen) e gli scritti del Buddha non sono che due dialetti della stessa lingua.


    [*] Letteralmente: Si ricordi che lo haiku consta di soli tre versi di cinque, sette e cinque sillabe rispettivamente (modulo derivato da un antico passatempo poetico, le cosiddette renga o poesie a catena). La sua traduzione è pressoché impossibile, ma imitazioni se ne possono trovare nella poesia europea contemporanea, specie nella poesia «pura» francese e nell'italiana tra impressionistica ed ermetica, ad esempio nell'essenzialità quasi epigrammatica di Ungaretti in L'Allegria, 1919. [N.d.T.]
     
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  2. Nato_Dal_Loto
     
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    Complimenti per la ricerca. Molto molto bello il confrontot. La riflessione sull' Essere o Avere è sempre attualissima.
     
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    Già ... bellizzimi versi
     
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  4. Josaphat
     
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    Quoto Nato dal Loto ^_^
     
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  5. Tanya_
     
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    Io semplicemente credo che se ci si voglia davvero distaccare di una cosa o della materialità in genere, allora prima bisogna altrettanto saldamente attaccarvicisi.

    Se mai si possiede una cosa (ci si illude di possederla) mai si potrà comprendere quanto si sta male poi senza di essa, ed è da qui che nasce il distacco.

    E' per questo che è molto più facile vivere in isolamento senza beni materiali di alcun tipo che vivere in una società come la nostra dove si desidera costantemente qualsiasi cosa, ci sono tentazioni dietro ogni angolo ecc. Un ricco soffre di più di un povero, perchè ha più desideri da soddisfare ecc.

    Io credo che la differenza stia a priori nel "tipo umano", ed ovviamente attorno all'uomo si sviluppa la società.
    Il tipo umano occidentale ha sviluppato un ego grandissimo in confronto a questi altri monaci che vivono in isolamento, oppure gli aborigeni, le tribù indigene africane ecc

    Un ego non fiorito è come un fiore in boccio: non è completamente cresciuto.
     
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    intendo comunque far notare che non è nel posto dove sei o nella posizione sociale che hai la felicità..la felicità sta negli occhi di chi guarda...sta nella mente e nel cuore.. quindi uno può essere ricco ed avere una mente disciplinata
     
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5 replies since 23/3/2008, 18:14   1153 views
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