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«O venerando, immenso, etterno Lume,
el quale in te medesimo te vedi
e luce ciò che luce nel tuo Nume!
O infinita vista, che procedi
da te et per te luci et per te splende
ogni splendore pel lume che concedi!
O occhio spiritual, quale non comprende
se non la vista spiritale, pel quale
et quale solo et non altro vede et intende!
O vita d'ogni vivente immortale,
o di qualunque vive intero bene,
che adempi ogni disio, che di te cale!
Tu accendi il disio et da te viene
che la voglia è d'ogni bene ardentissima,
perché ogni bene se' tu, o sola spene.
O vera luce micante et purissima,
te per te priego che la vista obscura
di caligine purghi, et sia chiarissima,
acciò ch'io vegga la tua luce pura;
perché tu nel mio core la sete accendi,
tu fai che 'l ghiaccio suo s'infiammi et ura.
L'occhio mio parvo amplifica et distendi,
perché io ti vegga, e la pupilla bassa
innalza, acciò che sopra al cielo ascendi.
Nell'interiore mio penetra et passa
la tua profundità, profunda più
che altra profundità, qual più s'abbassa.
La tua sublimità mi lieva in su,
quella sublimità che è eminente
et alta più che alcun'altra virtù.
Lo splendor tuo mirando è rilucente
e di bontà mirabile et bellezza
penetra l'alme e' corpi et pria la mente.
Questa immensa bontà, questa vaghezza
m'aletta, scalda, incende et mi costrigne
sanza ch'io il sapia: oh singulare chiarezza!
Vola il disio, ma poi pigra s'infigne
l'alma, pensando che alla gloria etterna
finite passioni non sono condigne.
O unica fortezza, alta et superna,
porgi la mano al mio zoppo disio:
la tua pietà la sua miseria cerna.
Speranza intera, o solo refugio mio,
guida il core che tu chiami e in te ricetta
quel che costrigni a te venire, o Dio!
Quel che tormenti, contenta e dilecta,
refrigera quel che ardi, com'io spero,
perché tu se' la letitia perfecta.
Fonte d'ogni letitia, al gaudio intero
io so che tu se' solo, et in te giace
quel che appetisce il nostro desidèro.
Perché, se questo o vero quel ben ne piace,
non cerca il disio nostro o quello o questo,
ma il Bene in essi, dov'è la sua pace.
La qualità del Bene il core ha chiesto
in ogni cosa e 'l salutare liquore
che vive in sé et spargesi pel resto.
Al fonte di questa acqua corre il core,
questo perenne fonte cerca et cole,
sparto in qualunque cosa inferiore.
Et come quello che vede l'occhio è sole,
che in quella et in questa cosa chiaro si mostra,
così è un solo ben, che 'l mondo vuole.
Però non manca mai la sete nostra
per questo o quello, o questo et quello insieme,
finch'altro maggior bene si li dimostra.
El fonte solo, che 'l sancto liquor geme,
spegne la sete nostra: o liquor sancto,
spegni la sete mia che troppo prieme!
Poi che ogni cosa apunto è buona quanto,
Bene d'ogni bene, la fai con la presentia,
non ne lasciar sanza te essere tanto.
O prima Mente, ch'è sanza dementia,
o prima Sapientia alta e profonda,
non maculata da insipienza,
alla quale pare che nulla si nasconda
di quel ch'ordina e crea il tuo intellecto
per providentia immensa, quale abonda.
Né una pure delle cose hai neglecto,
le quali produce tua carità immensa,
ma dal perfecto vedi lo imperfecto.
Et pur fa tucto tua carità accensa
et gran maraviglia ha la mente mia
che a chi non pensa a·llei provede e pensa.
O abondante Gratia, o Mente pia,
com'esser può ch'ogni minima cosa
da te pasciuta et adempiuta sia,
e l'uom, factura tua maravigliosa,
che 'l nome sancto tuo cole et adora,
lasciato in sete sia tanto bramosa?
L'uomo, dico, che per fede sol te honora
non patire che habbi sempre inquietudine,
che solo in te posarsi spera ancora.
Fugga da quella immensa multitudine
di tua beneficentia et tanta laude
la malefica et trista ingratitudine!
Da te, o verità, fugga la fraude,
perché certo fraudata saria l'alma,
se dopo tanta sete ancora non gaude.
Se per te porta qualche greve salma
e prende la sua croce et in odio ha il mondo,
retribuir li debbi etterna palma.
O sommo etterno Bene, amplo et fecondo,
misero è l'huomo più che una bestia sciocca,
se nella patria tua nol fai giocondo.
Ma d'ogni gratia il tuo vaso trabocca,
ond'io spero quel fine a' mia martìri,
qual più per gratia che per merto tocca.
Et benché un tempo il nostro core sospiri
a pene temporali, a questi affanni
retribuisci, et abrievi i desiri
felicità, qual non misuran gli anni.
Al poco molto bene, al brieve etterno
dài, et così non ne defraudi o inganni.
O Redentor del mondo inferno,
o ver reffugio, o unica salute,
che salvi tucto sotto el tuo governo.
O Ben de' beni, Virtù d'ogni virtute,
io so che dato m'hai l'eternitate,
perché peggio non sia che bestie brute;
perché la tua ardente caritate
amore nel vaso della mente infonde,
onde possiamo amar la tua bontate.
Così nostro intellecto al tuo risponde
et, se intendiamo, la intelligentia tua
ci allumina alle cose alte et profonde.
Come dalle tue due le nostra dua
vengon, tua vita in ordine primiera
in nostra vita vuol la parte sua.
Per te, Vita, viviamo: et se a noi vera
cognition dài d'alcune immortale cose,
e voluntà che alle mortali impera,
prima la vita desti, che rispose
etterna alla tua etterna e immutabile,
qual prima all'altre due in noi si pose.
Così di queste tre ciascuna è habile
nel modo suo l'etternità fruire,
facte immortale, in etterno durabile:
lo 'ntelletto intendendo, el buon disire
volendo, pria la vita che ne è data
vivendo sanza mai potere morire.
Sendosi agli altri due comunicata
l'etternità, alli posteriori,
prima nella vita è, che prima è nata.
Porrai dunque ancora fine a' miei dolori:
saran beati per heredità
et per gratia abundante e nostri cuori.
Almeno or qualche parte ce ne fa':
fa' che alquanto gustiamo speranza certa
in questa vita della tua bontà.
Se non ti piace ancora, perché nol merta
l'anima ancora, almeno, noi ti preghiamo,
mostra la via della salute aperta.
Concedi che ingannare non ne lasciamo
da mondane lusinghe corruptibile,
né 'l certo per l'incerto et vano perdiamo.
Fortificando il core contra il terribile
impero di Fortuna et sua minaccia,
a cui cede talor l'huom ch'è sensibile,
monstra benigna a noi la sancta faccia;
o Padre a' tua figli indulgentissimo
la tua misericordia apra le braccia.
Recrea quei che creasti, o Bene amplissimo,
aiuta noi, perché di te solo nati
siamo, Padre omnipotente et clementissimo.
Gl'intellecti et disiri nostri assetati
tua verità sol empie et bontà intègra,
né la cagione [pensiam] che n'ha creati.
Miserere alla figlia infecta e egra
alma, dalla celeste patria lunge,
ch'exula in questa selva obscura et negra.
Leva dal cuore quel che da te il disiunge;
miserere del pianto lachrimoso
pel disio della patria, che 'l cor punge.
Ov'è la patria, ivi è vero riposo;
ov'è il padre et la patria, posa il filio;
quivi è ben sommo, vero et copioso.
Inquietudine è dov'è l'exilio
et falso bene, anzi male vero et aperto:
però fa' noi del tuo divin concilio.
Allor al cuore s'è qualche bene oferto,
allor viviamo da' rei pensier' remoti
et l'alma gusta qualche ben ch'è certo,
quando li nostri cori prompti et devoti
pensano a te, et par che al suo ben giunga
l'alma, se drizza a te tucti i suoi voti.
Se adviene che teco il suo pensiero congiunga,
allor quiesce: adunque da noi fugga
quel che da tale pensiero l'alma dilunga.
Freddezza et diffidentia in noi si strugga,
et la disperatione, et l'alma poi
a fede et speme et carità rifugga,
sì che da te mai siamo divisi noi,
o Vita delle vite et vero Lume,
che ogni altro lume alluminar sol puoi!
Dalla via vera erriamo sanza il tuo nume
et presto nelle tenebre cadremo
exteriori, seguendo il propio acume.
Dunque fa' dal principio al fine suppremo
l'alma solo ad te viva e in tua luce
luca, quando è passato il punto extremo.
Teco arda et goda, poi che si conduce
ad te, infinito Fine, Verità, Vita,
per te, Via, che a tale bene se' nostro duce.
Fanne amar la bellezza tua infinita,
priva d'anxietà, che 'l core tormenti
e te, Bene sommo che ogni mente incìta,
fruir possiamo sempre avidi et contenti».
Lorenzo de' Medici, De summo Bono, VI (1473)
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