Lorenzo de' Medici, De summo Bono, VI (1473)

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  1. pietrochag
     
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    «O venerando, immenso, etterno Lume,

    el quale in te medesimo te vedi

    e luce ciò che luce nel tuo Nume!

    O infinita vista, che procedi

    da te et per te luci et per te splende

    ogni splendore pel lume che concedi!

    O occhio spiritual, quale non comprende

    se non la vista spiritale, pel quale

    et quale solo et non altro vede et intende!

    O vita d'ogni vivente immortale,

    o di qualunque vive intero bene,

    che adempi ogni disio, che di te cale!

    Tu accendi il disio et da te viene

    che la voglia è d'ogni bene ardentissima,

    perché ogni bene se' tu, o sola spene.

    O vera luce micante et purissima,

    te per te priego che la vista obscura

    di caligine purghi, et sia chiarissima,

    acciò ch'io vegga la tua luce pura;

    perché tu nel mio core la sete accendi,

    tu fai che 'l ghiaccio suo s'infiammi et ura.

    L'occhio mio parvo amplifica et distendi,

    perché io ti vegga, e la pupilla bassa

    innalza, acciò che sopra al cielo ascendi.

    Nell'interiore mio penetra et passa

    la tua profundità, profunda più

    che altra profundità, qual più s'abbassa.

    La tua sublimità mi lieva in su,

    quella sublimità che è eminente

    et alta più che alcun'altra virtù.

    Lo splendor tuo mirando è rilucente

    e di bontà mirabile et bellezza

    penetra l'alme e' corpi et pria la mente.

    Questa immensa bontà, questa vaghezza

    m'aletta, scalda, incende et mi costrigne

    sanza ch'io il sapia: oh singulare chiarezza!

    Vola il disio, ma poi pigra s'infigne

    l'alma, pensando che alla gloria etterna

    finite passioni non sono condigne.

    O unica fortezza, alta et superna,

    porgi la mano al mio zoppo disio:

    la tua pietà la sua miseria cerna.

    Speranza intera, o solo refugio mio,

    guida il core che tu chiami e in te ricetta

    quel che costrigni a te venire, o Dio!

    Quel che tormenti, contenta e dilecta,

    refrigera quel che ardi, com'io spero,

    perché tu se' la letitia perfecta.

    Fonte d'ogni letitia, al gaudio intero

    io so che tu se' solo, et in te giace

    quel che appetisce il nostro desidèro.

    Perché, se questo o vero quel ben ne piace,

    non cerca il disio nostro o quello o questo,

    ma il Bene in essi, dov'è la sua pace.

    La qualità del Bene il core ha chiesto

    in ogni cosa e 'l salutare liquore

    che vive in sé et spargesi pel resto.

    Al fonte di questa acqua corre il core,

    questo perenne fonte cerca et cole,

    sparto in qualunque cosa inferiore.

    Et come quello che vede l'occhio è sole,

    che in quella et in questa cosa chiaro si mostra,

    così è un solo ben, che 'l mondo vuole.

    Però non manca mai la sete nostra

    per questo o quello, o questo et quello insieme,

    finch'altro maggior bene si li dimostra.

    El fonte solo, che 'l sancto liquor geme,

    spegne la sete nostra: o liquor sancto,

    spegni la sete mia che troppo prieme!

    Poi che ogni cosa apunto è buona quanto,

    Bene d'ogni bene, la fai con la presentia,

    non ne lasciar sanza te essere tanto.

    O prima Mente, ch'è sanza dementia,

    o prima Sapientia alta e profonda,

    non maculata da insipienza,

    alla quale pare che nulla si nasconda

    di quel ch'ordina e crea il tuo intellecto

    per providentia immensa, quale abonda.

    Né una pure delle cose hai neglecto,

    le quali produce tua carità immensa,

    ma dal perfecto vedi lo imperfecto.

    Et pur fa tucto tua carità accensa

    et gran maraviglia ha la mente mia

    che a chi non pensa a·llei provede e pensa.

    O abondante Gratia, o Mente pia,

    com'esser può ch'ogni minima cosa

    da te pasciuta et adempiuta sia,

    e l'uom, factura tua maravigliosa,

    che 'l nome sancto tuo cole et adora,

    lasciato in sete sia tanto bramosa?

    L'uomo, dico, che per fede sol te honora

    non patire che habbi sempre inquietudine,

    che solo in te posarsi spera ancora.

    Fugga da quella immensa multitudine

    di tua beneficentia et tanta laude

    la malefica et trista ingratitudine!

    Da te, o verità, fugga la fraude,

    perché certo fraudata saria l'alma,

    se dopo tanta sete ancora non gaude.

    Se per te porta qualche greve salma

    e prende la sua croce et in odio ha il mondo,

    retribuir li debbi etterna palma.

    O sommo etterno Bene, amplo et fecondo,

    misero è l'huomo più che una bestia sciocca,

    se nella patria tua nol fai giocondo.

    Ma d'ogni gratia il tuo vaso trabocca,

    ond'io spero quel fine a' mia martìri,

    qual più per gratia che per merto tocca.

    Et benché un tempo il nostro core sospiri

    a pene temporali, a questi affanni

    retribuisci, et abrievi i desiri

    felicità, qual non misuran gli anni.

    Al poco molto bene, al brieve etterno

    dài, et così non ne defraudi o inganni.

    O Redentor del mondo inferno,

    o ver reffugio, o unica salute,

    che salvi tucto sotto el tuo governo.

    O Ben de' beni, Virtù d'ogni virtute,

    io so che dato m'hai l'eternitate,

    perché peggio non sia che bestie brute;

    perché la tua ardente caritate

    amore nel vaso della mente infonde,

    onde possiamo amar la tua bontate.

    Così nostro intellecto al tuo risponde

    et, se intendiamo, la intelligentia tua

    ci allumina alle cose alte et profonde.

    Come dalle tue due le nostra dua

    vengon, tua vita in ordine primiera

    in nostra vita vuol la parte sua.

    Per te, Vita, viviamo: et se a noi vera

    cognition dài d'alcune immortale cose,

    e voluntà che alle mortali impera,

    prima la vita desti, che rispose

    etterna alla tua etterna e immutabile,

    qual prima all'altre due in noi si pose.

    Così di queste tre ciascuna è habile

    nel modo suo l'etternità fruire,

    facte immortale, in etterno durabile:

    lo 'ntelletto intendendo, el buon disire

    volendo, pria la vita che ne è data

    vivendo sanza mai potere morire.

    Sendosi agli altri due comunicata

    l'etternità, alli posteriori,

    prima nella vita è, che prima è nata.

    Porrai dunque ancora fine a' miei dolori:

    saran beati per heredità

    et per gratia abundante e nostri cuori.

    Almeno or qualche parte ce ne fa':

    fa' che alquanto gustiamo speranza certa

    in questa vita della tua bontà.

    Se non ti piace ancora, perché nol merta

    l'anima ancora, almeno, noi ti preghiamo,

    mostra la via della salute aperta.

    Concedi che ingannare non ne lasciamo

    da mondane lusinghe corruptibile,

    né 'l certo per l'incerto et vano perdiamo.

    Fortificando il core contra il terribile

    impero di Fortuna et sua minaccia,

    a cui cede talor l'huom ch'è sensibile,

    monstra benigna a noi la sancta faccia;

    o Padre a' tua figli indulgentissimo

    la tua misericordia apra le braccia.

    Recrea quei che creasti, o Bene amplissimo,

    aiuta noi, perché di te solo nati

    siamo, Padre omnipotente et clementissimo.

    Gl'intellecti et disiri nostri assetati

    tua verità sol empie et bontà intègra,

    né la cagione [pensiam] che n'ha creati.

    Miserere alla figlia infecta e egra

    alma, dalla celeste patria lunge,

    ch'exula in questa selva obscura et negra.

    Leva dal cuore quel che da te il disiunge;

    miserere del pianto lachrimoso

    pel disio della patria, che 'l cor punge.

    Ov'è la patria, ivi è vero riposo;

    ov'è il padre et la patria, posa il filio;

    quivi è ben sommo, vero et copioso.

    Inquietudine è dov'è l'exilio

    et falso bene, anzi male vero et aperto:

    però fa' noi del tuo divin concilio.

    Allor al cuore s'è qualche bene oferto,

    allor viviamo da' rei pensier' remoti

    et l'alma gusta qualche ben ch'è certo,

    quando li nostri cori prompti et devoti

    pensano a te, et par che al suo ben giunga

    l'alma, se drizza a te tucti i suoi voti.

    Se adviene che teco il suo pensiero congiunga,

    allor quiesce: adunque da noi fugga

    quel che da tale pensiero l'alma dilunga.

    Freddezza et diffidentia in noi si strugga,

    et la disperatione, et l'alma poi

    a fede et speme et carità rifugga,

    sì che da te mai siamo divisi noi,

    o Vita delle vite et vero Lume,

    che ogni altro lume alluminar sol puoi!

    Dalla via vera erriamo sanza il tuo nume

    et presto nelle tenebre cadremo

    exteriori, seguendo il propio acume.

    Dunque fa' dal principio al fine suppremo

    l'alma solo ad te viva e in tua luce

    luca, quando è passato il punto extremo.

    Teco arda et goda, poi che si conduce

    ad te, infinito Fine, Verità, Vita,

    per te, Via, che a tale bene se' nostro duce.

    Fanne amar la bellezza tua infinita,

    priva d'anxietà, che 'l core tormenti

    e te, Bene sommo che ogni mente incìta,

    fruir possiamo sempre avidi et contenti».





    Lorenzo de' Medici, De summo Bono, VI (1473)
     
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