Una discussione su Chogyam Trungpa Rinpoche

Maestro Realizzato o Controverso?

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    piccolo haijin

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    CITAZIONE (Dalai Baba @ 2/3/2015, 13:53) 
    :blink:

    :lol: :lol: :lol:

    baba, lascia un po' scorrere il tuo latente il condizionamento cristaino, dài... :lol: :lol: :lol:
     
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  2. Dalai Baba
     
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    CITAZIONE (Dafne87 @ 2/3/2015, 13:55)
    CITAZIONE (Dalai Baba @ 2/3/2015, 13:53) 
    :blink:

    Non capisco questa espressione,a chi è riferita?

    Fingevo di stupirmi per come certi personaggi ricevano amore e ammirazione quasi esclusivamente (a parer mio) per il fatto di essere maestri tibetani reincarnati.
     
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  3. Rinchen Dorje
     
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    d

    CITAZIONE (Dalai Baba @ 2/3/2015, 16:25) 
    CITAZIONE (Dafne87 @ 2/3/2015, 13:55)
    Non capisco questa espressione,a chi è riferita?

    Fingevo di stupirmi per come certi personaggi ricevano amore e ammirazione quasi esclusivamente (a parer mio) per il fatto di essere maestri tibetani reincarnati.

    Concordo in toto con te che alcuni Tulku ( soprattutto quelli piu giovani tornati recentemente con energie deboli) ricevono ammirazione in quanto reincarnati e sono degli emeriti zucconi o volponi... ma su Trungpa personalmente non la vedo cosi
     
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    Shankar Kulanath

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    Riguardo Trungpa bisognerebbe aprire un topic apposta mi sa :lol:
     
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  5. Rinchen Dorje
     
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    La spiritualità non esiste su un altro livello, su un piano 'più alto ', totalmente diverso dalla vita ordinaria, come spesso si crede. È inutile cercare di essere diversi da ciò che si è. La spiritualità non ha nulla a che fare con il cercare di essere qualcosa di più di ciò che si è, o qualcosa di meglio. Ciò che è definito verità relativa, la verità che esiste proprio qui, ora, nella vita di tutti i giorni, va accettato come la base fondamentale, ed è anche la verità assoluta. Chogyàm Trungpa
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    Shankar Kulanath

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    Allora, dico la mia.
    Chogyam Trungpa è per me un grande mistero.
    Era sicuramente un tulku mediamente importante che ha avuto una formazione tradizionale. Molto devoto del 16esimo Karmapa. I suoi insegnamenti credo fossero abbastanza validi e profondi, per di più presentati in maniera straordinariamente originale e adatta alla mentalità occidentale. Molti americani che si sono formati inizialmente da lui poi hanno preso strade di tutto rispetto: Jayanti ha citato Pema Chondron, ma ce ne sono davvero tanti. Sono tantissimi ad essere stati introdotti al Dharma da lui.
    Però, aveva un comportamento eccentrico, era alcolizzato come pochi (più di Rinchen Dorje :lol:), un incidente stradale lo ha mezzo paralizzato. Il peggio del peggio è stato il suo reggente "Vajra", diventato famoso per aver infettato di HIV diverse persone in rituali tantrici assolutamente controiniziatici. Ai tempi, dato che puntava molto sulla "via del guerriero", faceva vestire i suoi discepoli con strane uniformi militari. La sua organizzazione però ora con suo figlio a capo sembra essere estremamente valida: trasmettono un Dharma molto genuino, trasmettendo sia il lignaggio Nyingma che quello Kagyu. Penso che abbiano virato molto sul lignaggio Nyingma forse anche a causa del conflitto del lignaggio Karma Kagyu.
    Per di più Trungpa Rinpoche era un Terton: ha rivelato dei terma che sono praticati oggigiorno nell'organizzazione Shambala.
    Di Trungpa, Lama Ole Nydahl ne ha sempre parlato molto male, mentre lo Shamarpa lo ha sempre lodato.
    Personalità molto difficile da decifrare.
     
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    Shankar Kulanath

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    Qualche info (in inglese) sui Terma di Trungpa Rinpoche:

    http://nalandatranslation.org/projects/art...ys-as-a-terton/

    www.chronicleproject.com/stories_81.html

    www.chronicleproject.com/stories_110.html
     
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  8. Rinchen Dorje
     
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    Chiunque sia interessato ad ascoltare il Dharma, chiunque sia interessato a fare delle scoperte su se stesso, e chiunque sia interessato a praticare la meditazione è fondamentalmente un guerriero. L'approccio bastato sulla vigliaccheria è cercare un qualche aiuto esterno straordinario, che venga dal cielo o dalla terra. Hai paura di vedere davvero te stesso; perciò usi la spiritualità o la religione come una via apparente per vedere te stesso senza guardarti affatto fino in modo diretto. Fondamentalmente, quando le persone sono imbarazzate a causa di se stesse, non vi è alcuna impavidità. Perciò, chiunque sia interessato a vedere se stesso, a fare delle scoperte su se stesso e a praticare qui e ora può essere considerato un guerriero.
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    Chogyam Trungpa
     
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    piccolo haijin

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    a me basta sapere che fu amico di quel matto di allen ginsberg...

    AG-and-CTR

    :notworthy:

    che coppia, ragazzi! :lol:
     
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  10. Jayanti
     
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    In questo Forum anni fa... (tempus fugit!)... si tenne una notevole discussione su vari Maestri, dharmicamente famosi e degni di nota, e su tutti gli scandali di vario genere ad essi collegati.
    Tutti noi che pratichiamo da qualche annetto... (ehm)... ne abbiamo viste, sentite e lette di ogni genere.
    A questo punto o dovremmo rigettare in toto svariate figure ed i loro insegnamenti, il che secondo me equivarrebbe a "buttare il bambino con l'acqua sporca" per usare un detto popolare, oppure dobbiamo per forza di cose cercare di scindere quello che è un insegnamento valido, prodotto da un lignaggio attendibile, da quelli che sono i comportamenti umani del detentore di tale lignaggio.
    Personalmente non sono particolarmente incline a venerare qualcuno solo per i titoli che possiede o che gli vengono attribuiti; neppure però, nel momento in cui vedo quelli che possono essere dei "bug" tollerabili nel sistema di vita di un Maestro o di un individuo qualsiasi del quale ho stima, lo declasso ad essere abietto. Mi è ben chiaro che:
    1) siamo tutti esseri umani, Realizzati in giro ne vedo pochissimi...;
    2) persone dotate di particolari qualità e capacità in determinati settori possono essere alquanto discutibili in altri;
    3) non tutti gli insegnamenti sono del tutto compatibili con la cosiddetta morale comune;
    3) esistono anche la calunnia, i mitomani, i moralisti bigotti e gli stupidi.

    L'incontro letterario (non l'ho conosciuto dal vivo, ovviamente) con Chögyam Trungpa Rinpoche è stato per me assolutamente fondamentale. La sua visione, proprio perchè particolare, ed il suo approccio passionale, mi hanno aiutata e non poco a procedere sulla via del Dharma. I suoi libri, quando ero più giovane, mi hanno aperto lo sguardo su di una prospettiva che mi era e mi è affine e che finalmente mi parve compatibile anche con degli aspetti un po' più "feroci" del mio modo di essere e di pensare.
    Come ha detto Rinchen Dorje con altre parole, non tutto è per tutti e questo non perchè io voglia fare una graduatoria di capacità di comprensione o di evoluzione o simili sciocchezze, ma perchè ognuno di noi ha il suo specifico e personale sentire.
    Che poi Chögyam Trungpa Rinpoche abbia prodotto anche dei frutti assai discutibili è cosa nota. Tuttavia non posso fare a meno di pensare che questi eventi siano stati la conseguenza di una serie di circostanze, prima tra tutte il fatto che questo personaggio così particolare si sia trovato a dover vivere la sua realtà "speciale" in un contesto occidentale.
    Ovviamente questa non vuole essere una giustificazione di comportamenti discutibili ma semmai un tentativo di ricostruire possibili cause di questi ultimi.
    Comunque sia, resta il fatto che il materiale rintracciabile in giro, libri, video, ecc. di Chögyam Trungpa Rinpoche, è secondo me pregevole o quanto meno molto interessante.
     
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  11. Rinchen Dorje
     
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    ..come quel famoso racconto/mito in cui il discepolo lasciò il monastero nel momento in cui vide il maestro cagare… Poverino, non aveva proprio capito nulla- (lo credeva un dio e che certi aspetti umani non lo riguardassero :lol: )

    Concordo con Jay in tutto: è uno di quei maestri la cui personalità particolare, forte, fuori dagli schemi mi ha colpito sin da subito segnando il mio percorso all'interno del Dharma- Trungpa, così come Sogyal, il vecchio Kalu e altri maestri (nonché in modo diverso Norbu, Gomo quando ha deciso di fare il rapper, ecc ecc) sono stati spesso oggetto di critiche dure, forti a volte frutto di invenzioni di pazzi mitomani (che nel mondo buddista pullulano più che in altre religioni), altre volte purtroppo frutto dei propri comportamenti da esseri umani- Ma siamo uomini, non dei e gli insegnamenti vanno presi per la loro genuinità e non giudicati da una sbronza di Pinco Pallino Rinpoche o da certi matrimoni..-

    Chogyam-ragout-001
     
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    Shankar Kulanath

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    Il messaggio di Jay andrebbe incorniciato! Grazie zia! :lol:
     
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  13. Rinchen Dorje
     
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    La dakini, o il principio femminile dell'energia, è l'energia onnipervadente che si trova nei nostri stati mentali. Questa energia si manifesta nel suo aspetto sia distruttivo sia positivo. Sembra descrivere l'origine di ogni forma di caos nel mondo, sia esso guerra, , carestia, o la confusione nella mente delle persone. Ogni cosa è causata da questo principio energico della dakini, compresi gli aspetti positivi delle situazioni. Perciò, avere a che fare con questa energia è molto importante sia nella pratica della meditazione, sia nella vita nel suo complesso. Possiamo considerarci persone perbene e ragionevoli, ma ugualmente, sotto tutto questo serpeggiano altri aspetti dell'energia. Non possiamo semplicemente cercare di essere consapevoli e badare a noi stessi, fare i bravi ed essere ragionevoli, ovvero cercare di essere buoni. Dobbiamo anche relazionarci con il flusso potente della nostra energia, che può manifestarsi come amore, odio, gelosia, orgoglio e in molti altri modi. Tutte queste manifestazioni non vanno necessariamente condannate
    chogyam-trungpa-and-gesar-008
    Chogyam Trungpa
     
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  14. apo
     
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    Lui era un detentore di un lignaggio vero. I suoi libri vanno letti. Onestamente li ritengo un poco più profondi di certe sviolinate da Baci Perugina del Dalai Lama editi Mondadori. Ma anche facilmente equivocabili in alcune parti, come faceva notare Rinchen.

    Poi, lui era una persona con serissimi problemi, questo va detto. E questo a mio avviso lo invalidava come timoniere della nave del Dharma qui in occidente. La vicenda del suo reggente che contagiò decine di persone di HIV è di una gravità assoluta! Come uome e Maestro fece dunque anche molto male a se stesso e agli altri.

    Metaforicamente: lui guidava precocemente un Lamborghini Murcielago che non riusciva a condurre bene... il precipizio dietro la curva era già lì pronto accoglierlo...
     
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  15. Rinchen Dorje
     
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    non potevo non riportarlo ;)
    [ questo articolo NON E' UN INCORAGGIAMENTO A BERE; l'alcol può creare dipendenza e danni seri]

    L'ALCOL COME VELENO O MEDICINA
    Composto durante il ritiro di Charlemont, Vermont, 1972


    “Nel Guhyasamaja Tantra, il Buddha dice : ‘Ciò che inebria la mente dualistica è in verità il naturale filtro che si oppone alla morte’. Nel tantra buddhista, l’alcool è usato per catalizzare l’energia fondamentale dell’ebbrezza ; questa è l’energia che trasforma il dualismo del mondo apparente in advaya, ‘non-due’. In questo modo, la forma, l’odore ed il suono possono venir percepiti integralmente, così come sono, all’interno del reame di mahasukha, la grande gioia”.
    La naturale ricerca dell’uomo è di cercare di confortare e intrattenere se stesso con ogni tipo di piaceri sensuali. Egli desidera una casa sicura, un matrimonio felice, amici stimolanti, cibi deliziosi, bei vestiti e buon vino. Ma la moralità generalmente insegna che questo tipo di piaceri non sono una cosa buona ; dovremmo avere della nostra vita un’idea più vasta. Dovremmo pensare ai nostri fratelli e sorelle che non possiedono quelle cose, anziché indulgere su noi stessi, dovremmo condividere tutto con essi generosamente.
    Il giudizio moralistico pone l’alcool tra le eccessive indulgenze verso se stessi ; il bere potrebbe essere visto come una attività borghese. D’altro canto coloro a cui piace bere ne traggono un senso di benessere e sentono che li rende capaci di essere più calorosi e aperti verso i loro amici e colleghi. Ma anch’essi spesso covano un senso di colpa sul bere ; temono di fare del male al loro corpo con l’abuso e provano una sorta di mancanza di rispetto verso se stessi.
    Alcuni bevitori lavorano duramente durante il giorno, facendo lavori fisicamente pesanti . Essi amano, tornando a casa, bere dopo il lavoro oppure scolarsi qualche bicchierino con gli amici al bar. Vi sono poi dei bevitori più distinti - dirigenti di azienda e simili - che hanno spesso l’abitudine di creare un’atmosfera di convivialità nelle loro relazioni d’affari stappando una bottiglia. Quest’ultimo tipo è più soggetto ad avere un nascosto senso di colpa sull’alcool che non i loro fratelli proletari che bevono per celebrare la fine di una giornata di lavoro. Tuttavia, malgrado i molti dubbi, sembra che invitare qualcuno ad una bevuta sia più vitale che non invitarlo a bere una tazza di tè.
    Altre persone bevono per cercare di uccidere la noia, proprio come con il fumo. Una casalinga che ha appena finito di spolverare o di fare il bucato si potrebbe sedere e farsi un goccetto per godersi il lavoro fatto oppure sfogliando dei giornali sull’ultima moda o sull’arredamento domestico. Allorché il piccolo piange oppure quando suona il campanello della porta, manderà giù un robusto sorso prima di affrontare la situazione. L’annoiato impiegato d’ufficio terrà nel cassetto della sua scrivania una fiaschetta in modo da poter prendere un sorso ogni tanto tra una visita del suo capufficio o quella della sua maldestra compagna di lavoro. Si consolerà dalla noia quotidiana anche con una visita al bar nella pausa pranzo.
    Chi prende il bere seriamente lo usa come un rifugio dalla fretta e dalla frenesia della vita ; può altresì temere di diventare alcoolizzato. In entrambe le situazioni psicologiche vi è un rapporto amore-odio nel bere, insieme ad un senso di andare verso l’ignoto. In alcuni casi, questo viaggio verso l’ignoto può produrre una chiarezza che, in quella situazione, si può avere solo con il bere. Quella chiarezza sarebbe altrimenti troppo dolorosa.
    Uno dei problemi dei convinti bevitori è il sentirsi perseguitati da un approccio moralistico al bere, il che pone il finto problema : si dovrebbe bere o no ? Alle prese con questa domanda, si chiede aiuto al proprio amico. Qualcuno berrà tranquillamente in compagnia. Altri avranno specifiche riserve sul quando e come bere. Il vero bevitore prende queste persone per dilettanti, perché pensa che non si sono mai rapportate completamente con l’alcool. Spesso le loro riserve sono soltanto un problema di forme sociali : proprio come uno sa che il posto per parcheggiare la propria macchina è nel parcheggio, così si conosce il punto oltre il quale non si dovrebbe bere. Possiamo bere nei ricevimenti e ai pranzi di rappresentanza, purché ci sia la sicurezza che il proprio marito o la propria moglie ci riportino a casa senza incidenti.
    C’è qualcosa di sbagliato in un approccio all’alcol totalmente basato sul concetto di moralità o di opportunità sociale. Ci si preoccupa esclusivamente degli effetti esterni del proprio bere. Non si considera il vero effetto dell’alcool, ma solo il suo impatto sociale. D’altra parte, un bevitore sente che, oltre al piacere che ne ricava, c’è è qualcosa di buono nel suo bere. Vi è un calore ed una apertura che sembrano derivare dal rilassamento del suo normale stile di autocontrollo. Vi è anche fiducia di poter comunicare accuratamente le sue proprie percezioni e di perdere il suo solito senso di inadeguatezza. Gli scienziati ritengono di poter risolvere i propri problemi ; i filosofi hanno nuove intuizioni e gli artisti una più chiara percezione. Il bevitore sperimenta una più ampia chiarezza perché percepisce più realmente il suo essere ; quindi i sogni ad occhi aperti e le fantasie possono essere temporaneamente messi da parte.
    Sembra che l’alcool sia un debole veleno capace di essere trasformato in medicina. Una vecchia favola popolare persiana narra di come il pavone prosperi sul veleno, che nutre il suo organismo rendendo luccicante il suo piumaggio.
    La parola whiskey deriva dal gaelico uisgebeatha, che significa ‘acqua della vita’. I danesi hanno la loro aquavit. Le patate russe producono la vodka, la ‘piccola acqua’. I nomi tradizionali suggeriscono che l’alcool è quantomeno innocuo e forse medicinale. Inoffensivo o medicinale che sia, il potere dell’alcool ha influenzato strutture sociali e psicologiche in molte parti del mondo nella storia. Nel misticismo indiano, sia hindù che buddhista, l’alcool è chiamato amrita, la pozione contro la morte. Birwapa, un siddha indiano, raggiunse l’illuminazione dopo aver bevuto sette galloni di liquore in un pomeriggio. Gurdjieff, un maestro spirituale che insegnò in Europa, parlò delle virtù del ‘bere consapevole’ e insistette che i suoi studenti facessero una bevuta consapevole insieme. Il bere consapevole è una concreta e semplice dimostrazione di come la mente sia al di sopra della materia : permette di metterci in rapporto con i vari livelli dell’ebbrezza ;sperimentiamo le nostre aspettative, il piacere quasi diabolico quando si comincia a sentire l’effetto e la caduta finale nella frivolezza quando cominciano a dissolversi le barriere abituali.
    Tuttavia l’alcool può essere tanto facilmente una pozione mortale quanto una medicina. Il senso di allegria e cordialità ci può far rinunciare alla nostra consapevolezza, ma fortunatamente vi è anche una depressione sottile che si associa al bere. Abbiamo una forte tendenza a fermarci alla cordialità e ad ignorare la depressione ; questo è l’istinto da scimmia. E un grosso errore. Diventa estremamente pericoloso se prendiamo l’alcool come una sostanza per farci coraggio o come un sedativo per rilassarci. Succede per l’alcool come con qualsiasi cosa della vita con cui ci rapportiamo solo in parte.
    Vi è una grande differenza tra l’alcool e altri inebrianti. In contrasto con l’alcool, alcune sostanze come LSD, marijuana, oppio, non producono una contemporanea depressione. La depressione se giunge, è di natura concettuale. Con l’alcool invece vi sono sempre sintomi fisici : aumento di peso, mancanza di appetito, crescente sensazione di pesantezza (inclusi gli strascichi della sbornia). Vi è sempre il senso di avere ancora un corpo. L’ebbrezza da alcool è psicologicamente un processo di caduta , anziché un salire in alto nello spazio, come con le altre sostanze.
    Se l’alcool è un veleno o una medicina dipende dalla propria consapevolezza nel bere. Il bere consapevole - consapevoli del proprio stato mentale - trasforma l’effetto dell’alcool. In questo caso la consapevolezza provoca un rafforzamento del proprio sistema come fosse un intelligente meccanismo di difesa. L’alcool diventa distruttivo quando cediamo alla giovialità : lasciandolo incontrollato si permette al veleno di penetrare nel proprio corpo. Quindi l’alcool può essere un terreno di sperimentazione. Porta alla superficie il comportamento latente delle nevrosi del bevitore, lo stile che egli abitualmente nasconde. Se le sue nevrosi sono radicate e nascoste in modo molto inconsapevole, egli più tardi dimenticherà ciò che è accaduto dopo aver bevuto. Oppure sarà estremamente imbarazzato nel ricordare ciò che avrà fatto.
    La creatività dell’alcool sorge quando sorge un senso di danza coi suoi effetti - quando uno prende gli effetti del bere con un senso di humor. Per il bevitore consapevole, oppure per lo yogi, la virtù dell’alcool sta nel fatto che esso lo riporta giù nella realtà ordinaria, così da non dissolversi nella meditazione sulla non-dualità. In questo caso l’alcool agisce come una pozione di lunga vita. Quelli che sono troppo presi dalla sensazione che il mondo sia un miraggio, una illusione, vengono trascinati fuori dalla loro meditazione in uno stato di non meditazione per mettersi in contatto con le persone. In questa condizione, le cose viste, i suoni e gli odori del mondo diventano intensamente sovrastanti nella loro essenza. Quando lo yogi beve, questo è il suo modo di accettare il mondo dualistico dell’apparenza ordinaria. Il mondo esige la sua attenzione - la sua relazione e compassione. Egli è felice e divertito per avere questo invito a comunicare.
    Per lo yogi, l’alcool è il carburante per rapportarsi coi suoi studenti e con il mondo in generale, così come la benzina permette ad una automobile di rapportarsi con la strada. Naturalmente, però, il bevitore ordinario che cerca di imitare o competere con questo stile trascendentale di bere, tramuterà il suo alcool in veleno. Negli insegnamenti hinayana del buddhismo, viene ricordato che il Buddha rimproverò un monaco che si deliziava di un filo d’erba inzuppato nell’alcool. E’ necessario comprendere che qui il Buddha non stava condannando gli effetti dell’alcool ; egli stava condannando l’attrazione verso di esso, l’esserne presi come tentazione.
    La concezione dell’alcool come una tentazione del demonio è una cosa assai discutibile. Disputare su questa questione crea dubbi se l’alcool sia alleato del bene o del male. Questa incertezza crea nel bevitore un senso di lucidità e di impavidità. Lo porta a calarsi nel momento presente così com’è. L’impavida volontà di essere lucido su ciò che sta accadendo di fronte all’ignoto è la vera energia di trasformazione che è stata descritta nella tradizione tantrica del buddhismo. Nel Guhyasamaja Tantra, il Buddha dice : ‘Ciò che inebria la mente dualistica è in verità il filtro naturale che si oppone alla morte’ Nel Tantra buddhista. L’alcool è usato per catalizzare l’energia fondamentale dell’ebbrezza ; questa è l’energia che trasforma il dualismo del mondo apparente in advaya ‘non-due’. In questo modo, la forma, l’odore ed il suono possono venir percepiti integralmente, così come sono, all’interno del reame di mahasukha, la grande gioia.
    Il Chakrasamvara Tantra dice : ‘Dal puro dolore senza piacere, non si può essere liberati. Il piacere risiede all’interno del calice del loto. Questo deve nutrire lo Yogi’. Tutto ciò mette una grande enfasi sul piacere. Ma la cognizione del piacere proviene da una aperta relazione con il dolore. L’alcool dà una esaltazione che sembra andare oltre ogni limite ; al tempo stesso esso porta la depressione che deriva dal sapere che abbiamo ancora un corpo e che le proprie nevrosi vi sono pesantemente sovrapposte . I bevitori consapevoli potrebbero avere una intuizione di queste due polarità.
    Nel misticismo tantrico, lo stato di ebbrezza è chiamato lo stato di non-dualità. Se non dovrebbe essere inteso come un invito a divertirsi è vero anche che è assai possibile per il bevitore consapevole, avere una intuizione del cosmico orgasmo di mahasukha. Essere abbastanza aperti da tralasciare la grettezza dell’attaccamento alla propria liberazione personale, accettando la nozione di libertà anziché dubitare di essa, fa ottenere abili mezzi e saggezza. Questa è considerata come l’ebbrezza più inebriante

    Dilgo+Khyentse+Rinpoche&Trungpa
     
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