Buddhismo Italia Forum

Posts written by Yudo‚ Kamesennin

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    Intrinseco vorrebbe dire che una cosa esiste di per sé, senza connessione alcuna col suo ambiente, senza origini, senza posto.
    Nella realtà, non c'è niente che possa rispondere a tale definizione.
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    Forse si sceglie la propria famiglia

    Published by Brad on November 26, 2019 | Leave a response

    Sta per arrivare Thanksgiving, qui negli USA, e sto per un po' con mia famiglia; il che può rivelarsi pesantuccio a volte. Vediamo se vi posso dire un modo che mi si è dimostrato utile nel trattare con certe delle difficili faccende di famiglia che attraversiamo tutti.

    In quanto riguarda la reincarnazione, sono agnostico. Ho scritto parecchio la sopra nel mio libro Don't Be a Jerk, per cui non lo ridirò qui. La versione breve è che non direi di non credere nella reincarnazione, ma sono incline a pensare che, a volte, qualcosa che ci somiglia succede.

    Sia come sia, mi son accorto che le idee buddhiste rispetto alla credenza nella reincarnazione mi sono state estremamente utili in modi pratici.

    Una delle idee buddhiste utili nel riguardo è che scegliamo le nostre famiglie. Va così: si presume che ci sia uno stato intermediario tra la fine di una vita e l'inizio della seguente, in cui rimaniamo in ciò che i buddhisti chiamano il "Mondo del maggazzino della matrice". Mentre stiamo in questo mondo, il karma che abbiamo accumulato nelle vite precedenti ci spinge in direzione della gente che sarà i nostri genitori nella prossima vita.

    Siamo attratti verso questi genitori perché abbiamo qualche affinità con loro. Condividiamo karma. In qualche modo, siamo come loro in un modo profondissimo. E loro sono come noi. Le famiglie in cui capitiamo in questa vita, dicono i buddhisti, hanno viaggiato con noi da vita in vita per secoli, forse anche centinaie di secoli.

    Ora, non so se tutto ciò sia vero. Quindi, non sto qui a dirvi cosa dovreste credere. Ma, a titolo personale, mi sono accorto che mi è stato utilissimo far finta che tutto ciò a proposito di scegliere la propria famiglia sia vero. Ecco perché.

    Prima che venissi esposto a questa idea, pensavo che la famiglia in cui ero capitato era soltanto un affare di puro caso. Non sono mai stato religioso. E, persino lo fossi stato, la versione di cristianesimo nei dintorni di cui sono cresciuto non si preoccupava di queste cose. E' dunque probabile che avrei pensato piuttosto lo stesso rispetto a mia famiglia se fossi cresciuto cristiano.

    Se la famiglia in cui sono capitato fosse soltanto un mescolamento genetico casuale, oppure una decisione arbitraria d'Iddio, allora qualsiasi problema che avessi potuto avere con loro... beh, era anche questa casuale.

    Quando ero giovane, mi sentivo molto in contrasto con i miei. Non gli ho mai odiati o niente del genere. Ma avevo l'impressione di essere così diversi da loro che appena potevo sentirmi vicino ai loro valori. Come mai ero finito con questa gente?

    Oggidì, non mi sento più così. Come già detto, sono agnostico rispetto a questi affari di reincarnazione. Ma quando faccio finta di credere di aver scelto la mia famiglia, mi viene in mente che me la sono meritato. Infatti, la volevo. Ne avevo bisogno. Sono la famiglia che mi sono scelto. E sono la famiglia che mi ha scelto.

    Ho avuto le difficoltà usuali con mia famiglia, niente spettacolare. Meh, una volta c'è qualcosa che è andata davvero male, e ci lavoro ancora sopra. Checchenessia, conosco più gente che ha avuto momenti pessimi con loro famiglia. Di gran lunga peggiori di qualsiasi cosa ch'io abbia mai affrontata.

    Se è ciò che stai affrontando, ora, sarebbe molto difficile perfino far finta di accettare le idee buddhiste sul come scegliamo le nostre famiglie. Ma un modo di considerarlo se hai difficoltà terribili con la tua famiglia è che le difficoltà che stai affrontando ben potrebbero essere difficoltà che hai scelto di affrontare. Che forse ti eri prefisso una sfida. Forse ti sei prefisso una grande, estremamente dura sfida. Forse hai pensato che ti serviva una sfida che ti mettesse alla prova in modi che potessero sembrare insormontabili.

    Pur in un caso così, mi pare che sarebbe meglio pensare di avere qualche influenza sulla situazione. Se si crede che tutto sia soltanto casuale coincidenza, non è possibile non sentirsi vittimizzati da forze fuori controllo. Mi pare un orrendo modo di vivere.

    Ogni volta che mi sono sentito la vittima di una coincidenza casuale, ho fatto tutto dieci volte peggio che lo era già. Ma dal momento che mi metto a guardare a cattive situazioni facendo finta che le ho scelte io stesso, ha sempre risolto codette situazioni molto ma molto meglio. La sensazione di impotenza scompare. Ho finalmente l'impressione che c'è qualcosa ch'il possa fare.

    Non so se vi sarà di aiuto far finta di credere in queste cose, rispetto al scegliere le vostre famiglie, ma ben potrebbe valerne la pena di provarci.

    Happy Thanksgiving!
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    Infatti, l'ipotesi di un avvelenamento, sia volontario o involontario, è molto più romantica di una malattia dovuta alla degenerescenza della vecchiaia. (De Gaulle disse una volta, "La vecchiaia è un naufrago")
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    Se prendo l'esempio francese, perché è qui che vivo, sin dagli anni '60, il patronato francese ha SEMPRE richiesto dai vari governi un'immigrazione costante, specificamente a fini di fare pressione al ribasso sui stipendi ed i sindacati.
    Per canalizzare l'irritazione degli operai, a partire dagli anni '80 (con il 'socialista' Mitterrand) venne sollevato il Front National di Le Pen (perché il piano di Mitterrand di distruggere il PC francese era riuscito molto bene), dandogli l'accesso (che gli era stato dapprima negato) ai media.
    Il FN fungeva (e funge tuttora) di deterrente rispetto a codesti immigrati con la minaccia permanente del razzismo propinato da questo partito.

    Insomma, una stupenda combinazione che neutralizza i voti della classe operaia che non ha più fiducia alcuna nei partiti tradizionali e serve ad intimorire gli immigrati, e far eleggere chi hanno deciso i "Signori" con la reazione epidermica della brava gente disposta a tutto pur di lasciare Le Pen vincere.

    Mo', osservate come va in Italia. Partiti tradizionali sui quali la classe operaia non può più contare, e un partito che ha saputo sifonare l'irritazione della popolazione sclassata contro l'immigrazione selvaggia (che forse potrebbe venir integrata in tempi più prosperi, ma che ai tempi della fuga dei cervelli non passa), e che propone la frase meravigliosa "Aiutiamoli a casa loro" che è infatti giustissima, ma nella bocca loro del tutto falsa.

    Canfora, in Critica della retorica democratica (Laterza 2005), a pagina 28m scrive:
    CITAZIONE
    Ma se la sinistra perde, molto spesso, le elezioni, ciò significa che, per lo più, non piace a coloro di cui chiede il consenso. Perché accade ciò? Una ragione determinante è che, in condizioni di "normalità", nei paesi ricchi e decisivi, la "maggioranza"predilige, anzi adora, i valori, i comportamenti e di modelli rappresentati dai detentori della ricchezza.
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    Kôan è un' abbreviazione di kô-fu no an-toku, che era una tabella di affissione sulla quale venivano pubblicate le nuovi leggi, nella Cina antica. Per cui kôan esprime una legge oppure un principio universale.

    L'idea secondo la quale i koan sarebbero dei testi al di là della comprensione, dell'intelletto, cosi' assurdi da stravolgere la mente per portarla al risveglio, è antica assai. Ed è a nostro parere (nella scuola di Nishijima) una cavolata da gente che ha perso le chiavi. Nishijima insorgeva fortemente contro questa idea. I koan sono delle storielle in cui un o più maestri provano a riportare le cose all'equilibrio (sul filo del rasoio) tra idealismo e materialismo, e mirano a riportare l'attenzione verso la realtà in movimento della vita.

    Quando li si legge in questa prospettiva (ed è logico che intellettuali di ogni tipo si siano, nel corso dei secoli, imbrattati nelle loro proprie strologazioni), diventa chiaro che lo zen ha sempre provato a strappare la gente dalla stratosfera dei loro pensieri per riportari per terra, alla realtà. E, nel caso fossero troppo infangati nella materia, portarli un po' in su, perché la realtà è anche aerea...
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    CITAZIONE (eizo @ 21/11/2019, 21:19) 
    mah!, attendibilità dei testi o meno, c'è anche chi sostiene che il buddha morì per avvelenamento in seguito ad una cospirazione ai suoi danni già ordita da tempo da alcuni monaci al suo seguito.
    e che il "giuda" della situazione durante l'ultima cena del buddha fosse proprio il suo "amico" e ospite kunda.
    chissà...

    Grosso modo, è stato osservato che, per i grandi uomini, c'è sempre larghe possibilità di inventare robba interessante su di loro. Il principale discepolo di Ueshiba ne sfotteva un paio.
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    CITAZIONE (eizo @ 21/11/2019, 15:54) 
    beh, il fatto che sia morto a 80 anni dopo aver mangiato un piatto tipico indiano a base di carne di maiale che gli provocò dolorosissime dissenterie prima del decesso - o almeno così ci raccontano le antiche scritture -
    dovrebbe dirtela tutta.
    ciò a riprova che il Buddha era semplicemente un uomo e non un dio o qualcosa del genere come molti vorrebbero.
    mangiava, cagava, si ammalava e moriva proprio come ognuno di noi

    Ovviamente, secondo lo studio di medicina legale effettuato da un medico tai durante un suo periodo monastico, a partire dai testi, dimostra che non è stata la pietanza a farlo ammalare (ed infatti egli dice appunto ai discepoli di non biasimare l'ospite) ma bensi' un'affezione che sovente colpisce i vecchietti, cioè un infarto del mesentero.
    Comunque, si vede che era di costituzione robusta se non viene riferito altri momenti di disagio, tranne la volta che egli si era tagliato il piede su di un sasso.
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    C'è sempre questa pagina
    http://zenmontpellier.net/it/umor/umor.html
    e particolarmente
    http://zenmontpellier.net/it/umor/wumingluit.html
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    CITAZIONE (SilverDream @ 15/11/2019, 11:57) 
    Forse nel tradurre in italiano alcuni concetti buddhisti si è creata confusione. Azzardo un'ipotesi: il fine ultimo del Buddhismo è la calma e il superamento della sofferenza. Per quanto concerne la felicità, dalle Quattro Nobili Verità si evince che è illusione. Correggetemi se sbaglio.

    Bisogna essere cauti, sopratutto rispetto alla nostra cultura cattolica latente. Siamo stati cresciuti in questa, è abbastanza difficile evitare di ricaderci, sopratutto se non si ha fatto in conti con essa.
    Dhukha è la ruota mal aggiustata, che scricchiola, che ha un punto duro, che non gira tondo. In effetti, in francese diciamo "ça ne tourne pas rond" (non gira tondo) per dire che qualcosa non va. E' insoddisfaccente. Per cui mi pare più addatto parlare di insoddisfazione che di sofferenza, anche se l'insoddisfazione è una forma di sofferenza.

    Per conto mio, la pratica mi ha portato una certa felicità, per non dire una felicità certa. Ma non è quel tipo di euforia o di esultanza che sovente si associa con la felicità. E' soltanto uno stato in cui sto bene, niente più. Ma mica è male!
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    La cosa che mi risultò più interessante al leggere i sutta del Canone Pali fu l'osservazione che, attraverso gli inevitabili strati reverenziali, taluni probabilmente aggiunti appena il Vecchio morto ed cremato, quando il Buddha viene dipinto in chiave "cronicista," cioè resoconto freddo di quanto accaduto, risalta molto la sua umanità, la coscienza delusa che non tutti quelli che lo inseguivano facessero sul serio, e la dolorosa coscienza del passare degli anni [come nel Parinirvana sutta, in cui, tra due righe di aggiunte agiografiche e miracolose, lo si vede deplorare l'età, lo stato di fatica e di esaurimento in cui sta e la costatazione della sua impotenza di fronte al passare degli anni].
    Persino il modo in cui viene trattato l'episodio del Risveglio, in cui, una volta risvegliato, si dice, grosso modo, che è inutile tentare di fare condividere ciò che ha appena scoperto, perché nessuno lo crederebbe: allora compare il dio Brahma per convincerlo di provarci, almeno.
    Agli occhi di uno che non crede alla possibile comparsa di un dio, ma che sa come funzionano i sogni, è abbastanza ovvio che il Buddha ha avuto un sogno chiaro in cui le cose sono capitate esattamente come raccontato.

    Per cui non mi sorprende la possibilità del Buddha che dice che in quarantacinque anni, ha soltanto insegnato dukkha e come scapparci. Perché questo appunto è la linea centrale del Dharma.

    Una teoria che propongo a proposito del Mahayana, è che, davanti ad una tendenza a trasformare i sutta in "testi sacri" da seguire ciecamente e devozionalmente, una corrente sia insorta a proporrre questi capolavori di psichedelismo che sono in parte in sutra mahayana, in un modo che mirava, con l'esaggerazione assoluta a togliere portata al letteralismo. Ma boh, è una proposta, niente più...
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    CITAZIONE
    ma lo sapevi che c’è anche chi sostiene che il buddha non abbia mai proferito parola in vita sua?

    Questa anche è una di quelle affermazioni simboliche che bisogna valutare con lo stesso metro. La vera frase proferita dal Buddha è: "In quarantacinque anni, ho soltanto insegnato una cosa: dukkha."

    Il valore simbolico della prima affermazione sta a dire che le parole non valgono rispetto all'azione ed all'insegnamento in azione di cio' che bisogna fare nel riquadro dell'insegnamento.
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    Anche Dogen scriveva che la pratica dello Zen non è la meditazione seduta. E so dall'esperienza con Nishijima che non bisogna mai prendere troppo sul serio (cioè alla lettera) quanto dicono i maestri zen. Quel poeta scrive
    non so recitare le scritture
    e non pratico la meditazione seduta

    ma sono sicuro come la morte che sedeva in zazen tutti i giorni e che senz'altro recitava i sutra. Il suo dire questo accenna ad altro.

    Il Buddhismo delle origini non c'è più. Sì come è un insegnamento sul filo del rasoio, attraverso i 25 secoli della sua storia, ci sono sempre stati smarrimenti da un lato o l'altro. Chi si perdeva nella specolazione intellettuale, che si perdeva nella devozione, chi si perdeva nell'adesione cieca alla lettera delle scritture, chi si perdeva nel sedersi senza più studiare la dottrina.
    E sempre, attraverso i secoli, ci sono stati quelli che cercavano di riportare la pratica/studio sul filo del rasoio. Tutto lì. La devozione ci vuole per chi non è in grado di dedicarsi alla pratica. Lo studio ci vuole per nutrire codetta pratica. Sedersi ci vuole per attuare quanto studiato. E senza le scritture, la dottrina si sarebbe persa.
    Per cui, quando si parla di "Via di Mezzo" ci si allude anche all'equilibrio, al bilancio.
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    Le religioni monoteistiche sono naturalmente perverse in ciò che sostengono che la loro rappresentazione della divinità è l'unica valida. Ma talune lo sono più delle altre in ciò che propongono la spoliazione o persino l'assassinio (anche di massa) contro gli altri. E l'Islam è chiarissimo su questo punto. Ma è islamofobico dirlo...
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    Un maestro francese stava in televisione e la presentatrice gli chiese, "Quindi, bisogna aver fiducia in sé?" Ed il maestro (quarta generazione di Sawaki) rispose: "Ma no! No serve di niente aver fiducia in sé. Quel che ci vuole è aver fiducia in ciò che si fa!

    Io lo ribadisco spesso, l'ermeneutica a quattro parti insegnata dal mio maestro, e che corrisponde ai modi di insegnare ti insegna una cosa:
    Teoria, materiale, pratica, risultato. Un po' come le quattro parti dell'ermeneutica riportata da Dante Alighieri: letterale, allegorica, anagogica e tropologica.
    Ricetta dell'omeletta [da Giallo Zafferano]:
    CITAZIONE
    Per preparare le omelette come prima cosa rompete le uova in una ciotola. Aggiungete il latte e un pizzico di sale. Poi sbattete le uova utilizzando una frusta, in modo da amalgamarle insieme al latte. Saranno pronte quando sollevando la frusta il composto verrà giù a filo. Scaldate un tegame sul fuoco e aggiungete un filo d'olio extravergine d'oliva. Non appena sarà caldo versate il composto di uova all'interno; per capire se l'olio è sufficientemente caldo provate a versarne prima qualche goccia. Cuocete l'omelette a fiamma moderata: con una cottura lenta l'uovo resterà più morbido. La parte esterna dovrà risultare dorata ma non troppo, non appena inizierà a rapprendersi sui bordi coprite con un coperchio. Se la temperatura dovesse sembrarvi eccessiva spostate la padella dal fuoco per qualche secondo, mantenendo sempre il coperchio. Roteate la padella delicatamente per evitare che l'omelette resti sullo stesso punto per troppo tempo. Non appena l'omelette sarà morbida in superficie (ovvero bavosa).mentre sollevando il bordo con una spatola, il sotto risulterà ben dorato ripiegate l'omelette a mezzaluna, attendete pochi secondi ancora in padella e servite la vostra omelette ben calda. Semplice o accompagnata da verdure di stagione, sarà un ottimo secondo piatto. Con bacon croccante invece sarà perfetta per una colazione continentale!

    Questa è la teoria, l'idea, il concetto. Possiamo paragonarlo alle filosofie idealiste. Quanto detto sopra non ti farà mai mangiare. Poi, avrai (bisogna figurarseli) sul tavolo:
    CITAZIONE
    INGREDIENTI
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    CALORIE PER PORZIONE
    Uova grandi 2
    Latte intero 30 g
    Sale fino q.b.
    Olio extravergine d'oliva 15 g

    (Per conto mio, e pur cuocendo normalmente ad olio, io preferisco il burro).

    Questo è la materia. Da paragonare alle filosofie materialiste. Neanche questi, se li lasci tali quali, non ti faranno mangiare.

    Poi c'è l'azione. Questa fa sì che ti metti il grembiule, sgomberi i piani di lavoro, e ti metti al lavoro. Allora, in fine, avrai effettivamente un'omelette da mangiare.

    Ma, e tutti quanti cuciniamo lo sanno bene, con la medesima ricetta, ed i medesimi ingredienti, il risultato sarà sempre diverso, persino tra due bravissimi cuochi. Perché c'è sempre l'elemento pressoché magico della destrezza di mano; e questo si può esprimere solo in termini pressoché poetici.

    Perché il fare è la sola cosa proprio vera che ci sia.
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    Comunque, nello Zen si recita sovente la formula di Zhìyǐ (智顗) (538-597), detta "I quattro voti incommensurabili" (che dir si potrebbero "Quattro voti impossibili")
    Shujo muhen seigando Pur numerosi gli esseri sensibili, voto di salvarli
    Bonno mujin seigandan Pur forti gli attaccamenti, voto di mollarli
    Homon muryo seigangaku Pur innumerevoli le porte del Dharma, voto di studiarle
    Butsudo mujo seiganjo Pur impossibile la via del Buddha, voto di seguirla.

    Le Porte del Dharma sono innumerevole, e tutte hanno il loro modo, il loro scopo. Per cui è sempre un po' idiota l'atteggiamento di chi (tipo i nichirenisti o i neo-kadampisti) spara scommuniche a vanvera.
874 replies since 14/2/2015
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