Buddhismo Italia Forum

Posts written by Yudo‚ Kamesennin

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    CITAZIONE (Lama Yogi @ 12/11/2019, 19:40) 
    Grazie mille Yudo‚ Maestro Zen sei stato esaustivo e molto d'aiuto, non ti dispiacerà se ti terrò come un punto di riferimento nel Forum?

    Macché, scherzi? Figurati!
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    Per conto mio, l'ho detto più volte, questa palla della "lotta all'ego" mi piacerebbe sepellire un buona volta per tutte.
    E' una di quelle cose intese male, e che, di solito, vengono usate essenzialemente per far tacere gli altri. "Zitto, tu hai un ego troppo forte!" Tipo, è sempre l'ALTRO che ha l'ego troppo forte. A buon intenditore...

    La gente che riesce a progredire sulla Via è SEMPRE gente dall'ego fortissimo. Ci vuole, per poter ammettere che questi è solo una finzione grammaticale! Mi spiego : ego e la forma latina di io; e lo sapete bene, c'è io soltanto perché c'è anche tu, egli, essa, e via dicendo. Cioè che esistiamo solo perché anche gli altri esistono. Il cosidetto egoismo è la pretesa che soltanto io sia importante. Un minimo di riflessione ti dimostra che è una fesseria. "Tutto ciò che non viene dato è perso"
    Allora, in effetti, bisogna lasciar perdere con la "lotta all'ego". Nei fatti, si tratta soltanto di avere un ego così al sicuro che non abbia più paura di ammettere di aver bisogno degli altri.

    Per il resto, vorrei soltanto menzionare la mia esperienza personale quando decisi che la rigidità dei miei arti era proprio una rottura di palle quando dovevo fare delle lunghe sedute di zazen. Mi sono dunque messo in questua di ciò che, a cinquant'anni ben compiuti, di ammorbidire i miei arti in modo di poter sedere confortevolmente. Ma, anche grazie alla mia esperienza di smettere di fumare, anni prima, ho capito che non bisognava mirare ai risultati. Questo è un atteggiamento che ti fa perdere corraggio. Mentre, fare ciò che c'è da fare solo perché è la cosa giusta da fare e non si preoccupare dei risultati, un giorno ti accorgi di essere più sciolto di quando lo eri a 20. E' come, quando viaggi in treno e che vieni distratto da una conversazione appassionata o di un libro accativante. Arrivi e non hai visto passare il tempo.
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    Nondimeno, Nichiren ce l'aveva contro i zenisti, ma bisogna anche dire che quei zenisti contro chi ce l'aveva, ce l'aveva anche il maestro Dogen, che sparava cose che lo farebbero censurare forte sui fora (come dicono gli anglosassoni) oggi.
    Io non sono molto fan di Nichiren, eppure, quando lessi nello Shobogenzo di Dogen che "il Sutra del Loto è il più grande, tutti gli altri sono inferiori rispetto a lui, e merita di metterselo in testa [il modo più onorifico per loro] e rendergli omaggio" sono rimasto un po' stupito. Perché rendere omaggio al sutra del Loto, in giapponese, ed anche per maestro Dogen, si diceva "Namu Myou Hou Renge Kyou"... :D

    Dunque, per rispondere alle domande di Lama Yogi,
    CITAZIONE
    Secondo voi è possibile iniziare un percorso di Buddhismo Zen da soli e portarlo avanti senza centri o altro?

    Si e no. Il più delle volte, non c'è comunque altro modo. Il mio percorso è stato, per più di vent'anni, studiare, leggere libri, lasciar perdere a volte, poi ritornarci. Acquisire conoscenza, imparare la dottrina fondamentale. A volte non capire. O fraintendere. Poi, un giorno, ho capito (ma proprio capito non solo in modo intellettuale, ma con tutto l'essere) che ci voleva cominciare la pratica; e attraverso tutto 'sto tempo, prendere appunti, i maestri ci circondano sempre, ed a volte sono stronzi, sono incompetenti e interessati, ma sempre hanno qualcosa da insegnare: sta a noi di cogliere la palla. E cosi', un giorno, sono stato pronto, ed ho incontrato il maestro.
    CITAZIONE
    E se si, quali studi/libri/pratiche mi affibiereste?

    A dir il vero, in Italiano non saprei troppo. So che il libro Mente zen, mente di principiante rimane pur sempre un valore sicuro. Il Genjo Kôan commentato da Shohaku Okumura anche. C'è questo che puoi legere gratuitamente:
    www.zen-occidental.net/textesmeditation/fujimoto3.html
    Puoi anche cercare i libri di Ryunosuke Koike.
    Ma sempre capire che il libro possono fare fino un certo punto. Per andare oltre, ci vuole la pratica. Ma pardossalmente, direi che forse, questa è un po' come l'acqua fredda. Bisogna entrare a poco a poco.
    CITAZIONE
    E' possibile essere buddhisti zen in solitaria?

    Beh, si. Ma il bello è che, al contrario delle religioni monoteistiche, che richiedono un'adesione assoluta e incondizionale, il Buddhismo è un apprendistato. Bisogna documentarsi, e farsi insegnare da tutte le parti. I maestri sono pochi, e parecchi di loro sono fasulli, o deficienti (non nel senso dell'intelligenza pero). E tra i maestri leggittimi, non saranno tutti che ti convengono. Bisogna provarli finché incontri quello che farà ai tuoi bisogni. E uno degli indizi della sua autenticità sarà che non avrà paura di lasciarti vedere i suoi difetti. Per un maestro autentico è un essere umano e, in quanto tale, non corrisponde mai ai fantasmi che ci facciamo di un maestro. Chi corrisponde a questi fantasmi è un truffatore.

    Vedi tu. Io, come dice Eizo, sono disponibile per rispondere alle domande.
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    Lo sai che, negli USA, ci sono delle sette cristiane che predicano manipolando serpenti velenosi, ed ogni tanto uno si fa pungere e persino ne muore? Dove nei Vangeli ci sarà una stupidaggine simile?
    Nel nome del Buddhismo si puo' fare altrettante cavolate. Sempre, attraverso tutta la plurimillenaria storia del Buddhismo, ci sono stati movimenti di riforma per riportare l'insegnamento alle basi insegnate dallo stesso Buddha. Lo Zen è uno di questi.
    Le Quattro Nobili Verità (che anch'esse devono ogni tanto venir ripristinate)
    I tre veleni
    "Evitare il male, Praticare tutte le sorte di bene per gli esseri viventi, Chiarificarsi la mente, Tal'è l'insegnamento del Buddha"
    E sedere.
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    Ciao a tutti

    Ho appena ricevuto i miei esemplari della nuovissima versione francese dello Shobogenzo di maestro Dogen, tradotta da Erick Albouy a partire della celebre versione Nishijima-Cross. Erick Albouy è un discepolo di maestro Nishijima cehvive a Tokyo. Ha per anni lavorato su di questa versione sotto la direzione di maestro Nishijima, e disperava di poterla pubblicare quando ne seppi da parte del maestro inglese Michael Luetchford, uno dei primi discepoli occidentali di maestro Nishijima. Sono stato fortunato di avere l'orecchio attento di Didier Airvault, un insegnante francese che, dopo esser stato studente di maestro Deshimaru, è stato, dopo la morte di questi, parecchi anni a praticare e studiare con il maestro Ryotan Tokuda, prima di ricevere la trasmissione di Nicole de Merkline, nel lignaggio di maestro Nishijima.
    Per più di un anno, Didier ed io abbiamo riletto la versione di Erick e proposto correzioni. Io stesso, davanti a punti oscuri ho verificato dal testo giapponese originale e/o chiesto chiarimenti a Michael Luetchford e Brad Warner, per arrivare in un caso a scovare un errore nel testo inglese!
    Il che mi consente di sostenere che tale versione sia ancora superiore, semmai, alla versione inglese.

    Sono felicissimo (non lo potrò mai ribadire abbastanza) di poter condividere le mie prime impressioni con sotto gli occhi la versione finalmente stampata di questo testo.
    Didier ha scleto una presentazione particolarmente sobria ed elegante, su di una carta stupenda e una tipografia leggibilissima.

    So che pochi tra di voi leggete il francese. Semmai fosse il caso posso soltanto raccomendare questa versione, non solo piacevole da leggere, ma che è notevolmente chiara e limpida, pur essendo il testo difficile. Con un minimo delll'ermeneutica a quattro parti riscoperta da Nishijima (ma che già conoscono gli insegnanti nelle scuole Montessori), tale lettura diventa estremamente ispirante. E mi da la speranza che, qualche giorno, se ne potrà fare anche una versione italiana.

    Per ordinare il libro:
    daisen-editions.eu

    Mxl
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    Ecco cosa dice Brad Warner in un suo video


    CITAZIONE
    Hello Folks
    Ecco un'altra domanda per la sezione FAQ.
    Ho ricevuto una mail che diceva:
    "Ho passato un po' di tempo a praticare con un sangha in un tempio zen importante assai, ma ho dovuto traslocare in una zona rurale a parecchie ore di distanza, per aiutare la mia famiglia sulla loro fattoria. Cosa mi consiglia per una pratica con sostegno minimalem oppure impiantare un sangha laddove non ce n'è uno?"
    Io ho praticato molto senza sostegno minimale, il che ho menzionato in un altro video, ma quando ho iniziato la pratica di zazen, abitavo con una cristiana "born-again" -- non mi fare domande, era un periodo vergognoso e non ci voglio soffermarmi -- ma il risultato e che non era un gran sostegno per me che praticavo questa specie di vodu demoniaco di Buddhismo e quindi, non è tanto che dovessi praticare in segreto ma, bisognava farlo quando ella non c'era o prima che si svegliasse e, guarda caso, riusciva sempre ad interrompere la pratica in modo 'accidentale' ma ho lo stesso perseverato.
    A volte mi chiedo come mai, visto che non c'è nulla nel mio passato per particolarmente predispormi a praticare zazen. Mi sono detto sì che fosse perché ne vedevo l'efficacia nella mia vita e non volevo lasciar perdere e sono andato avanti.
    Quando ho traslocato a Chicago, e ciò che voi altri senz'altro non potete indovinare visto quel che faccio oggi, cioè che sono insanamente timido e sono colpito di ansietà sociale; quindi, andavo in quei sangha che c'erano in Chicago, ma non riuscivo a trovare il corraggio di parlare a nessuno, e se mi si parlava, emettevo una specie di vibrazione spinosa che allontanava la gente, e se lo stesso mi si parlasse, rispondevo con dei grugniti e scappavo. Per cui, non ci andavo spesso e praticavo il più delle volte solo.
    Non c'era internet all'epoca. , non potevo quindi neanche guardare un video come questo, oppure le dozzine di altri che stanno lì all'estremità delle vostre dita, per trovare un sostegno. Dimodoché niente di tutto ciò esisteva, tranne i maggazzini buddhisti, che neanche conoscevo perché non stavano in edicola accanto ai magazzini porno o sportivi.
    Dunque, praticavo da solo e leggevo libri quando li potevo trovare, come Mente zen, mente di principianteletto probabilmente una dozzina di volte, oppure Buddha è il centro di gravità. I rari libri che fossero disponibili, li leggevo finché caddero a pezzi e facevo così. E mi pare che se lo potessi fare io, lo potrebbe fare chiunque. Poi ho lasciato Chicago e sono finito nel tristemente celebre Clubhousem e nessuno lì non si opponeva davvero alla mia pratica, ma sai, era un posto in cui un sacco di gente al verde metteva le poche risorse in comune per vivere in una casa dove nessun altro voleva abitare, e si poteva quindi fare rumore, perché nessuno si preoccupa della casa e dela vicinanza, ed è un po' triste, ma provate a fare zazen con il complesso a suonare o c'è una festa in corso, e, sai, gente che passa il tempo, che si droga, che guarda vecchie serie tipo gli Eroi di Hogan o Fattoria dei giorni felici e cosa ancora; cioè quelle tentazioni sono ancora lì, ma bisogna in qualche modo mantenere un minimo di contrazione e soltanto volerlo fare. Mi pare che bisogna soltanto farlo, sai.
    Lo fai persino quando non ne hai voglia, è importante.
    Nei momenti in cui non hai voglia di fare zazen, falo lo stesso, pure quando non ne hai voglia, è importante.
    In quei momenti in cui non ne hai voglia, fa lo perché sai che starai meglio dopo. Quanto ad impiantare un sangha, non vedo un problema reale nell'appendere un cartello, distribuire volanti, ed aprire una pagina su Fessobuco, poiché siamo moderni, nel secolo 21°m per dire "faccio zazen nel mio garage ogni sera alle 7:30, se avete voglia, venite a trovarmi."
    Se vuoi fare questo, finché non ti presenti quanto gran maestro zen risvegliato, o non pretendi far parte di un lignaggio, cose che ho incontrate tutt'e due nel corso dei miei viaggi, gente che pretende essere ciò che non è e che guida piccoli sangha, ma il più delle volte incontro stupendi piccoli sangha di gente che sono proprio come te, che si radunano e lo fanno senza preoccuparsi di aver un maestro o un lider approvato. L'unica precauzione che consiglio nel riguardo è di stare attenti ai segni che mostrano che apprezzi un po' troppo il prestigio di essere a capo. Ovviamente, dirò, bisogna che ci sia qualcuno in capo all'organizzazione, per coordinare, fornire lo spazio, e perciò non c'è niente di intrinsecamente male ad essere a capo di un gruppo.
    Ma c'è un sacco di cose che vengono proiettate dalla gente su di chiunque percepisce quanto figura di autorità spirituale, in qualsiasi modo. Poco importa l'umiltà reale tua, la prima cosa che ti succederà sarà di diventare di botto attraente, pur non essendolo mai stato prima. Di botto, diventi attraente in quanto capo del tuo gruppetto. Stai dunque attento a ciò che ne fai e stai attento alle altre tentazioni che lo accompagnano.
    Sai, ciò che può succedere in modo ovvio, è che diventi piacevole ed è lì che dico: "Non farlo!" E questo "non farlo!", lo do più come ammonimento che come divieto, perché accade a volte che si possa sviluppare una relazione in tali circostanze, ma bisogna essere estremamente attenti perché lì si possono infiltrare tante projezioni e bizarrrerie, proiezioni e bizarrerie che possono per inciso svilupparsi in ambe due le direzioni. I media ci dicono delle volte in cui è il "maestro spirituale" che plagia lo studente (studentessa) ma può andare nell'altro verso e non se ne sente mai parlare perché la gente non vuole parlarne: ma lasciami dirti che succede, e l'ho visto succedere.
    Dunque si tratta tanto di proteggersi sé stessi che di non recare danni, ed ambedue sono importanti. Dunque, assicurati di equilibrare ambedue, ma finché non ti presenti presuntuosamente per ciò che non sei, utilizzando la tua situazione di autorità in modo nocivo, dai, fallo!
    Col tuo gruppo, incontratevi nel tuo garage o salotto o in qualsiasi posto e tutto andrà bene.
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    Il mio maestro, Nishijima roshi, raccomendava di praticare tutti i giorni, fosse soltanto 10 minuti.
    Il groviglio della mente è proprio cio' che deve, a poco a poco diminuire con gli anni di pratica. Siccome siamo del tutto disabituati al silenzio ed alla tranquillità, dal momento che sediamo e stiamo li' a non fare altro che sedere ("a 'ffa gniente), la mente inizia ad impazzire. Bisogna imparare a lasciar perdere, a non agganciarsi alle idee ed immagini che ci vengono in mente, ma lasciarle andare. Niente facile!

    Capisco che chi sta in luoghi scentrati non ha molte possibilità nel riguardo. La corrispondenza non basta, ma direi che sta meglio di niente. Io, per conto mio, sono sempre disponibile.
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    Guarda che ci vuole anche vivere; E vivere nella vita quotidiana vuol anche dire fare scelte, eventualmente sbagliare e comunque stare nel dualismo. Nella vacuità non c'è karma, questo è certo. Ma lo sai cosa c'è da pensare a proposito della vacuità...
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    Non mi pare abbia senso preferire Sofocle alla dottrina del karma. Negare che le cose abbiano conseguenze, che ci piaccia o meno, mi pare un po infantile. Tipo posso fare della cagate, ma con la speranza di scappare alle conseguenze. Boh... Sopratutto che Sofocle, nelle sue opere, certo non parla mai di scappare alle conseguenze...
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/9/2019, 14:58) 
    (...) tornando alle cose serie, la trasmissione diretta, per quello che vogliono dire queste parole è una cosa veramente di nicchia; il Theravada non ce l'ha e nelle quattro scuole canoniche tibetane ce n'è al massimo una sorta di abbozzo. Esiste in tradizioni sinogiapponesi (...)

    No. Dissido. Certo, in ambiente Sino-giapponese, c'è una trasmissione formale di tipo "genealogico". Ma questo perché ai Cinesi la famiglia è così importante.
    Ma il Buddhismo è una pratica/studio. Non si possono separare. Finché non hai iniziato a praticare, lo studio è quasi inutile (non è inutile, ma inizia ad essere utile soltanto con la pratica). Ed il Buddha è stato molto chiaro su di tale pratica: si tratta di sedere a gambe incrociate e a "purificare" la mente. Lui, persino, lo ha praticato fino alla morte.
    E' solo (esperienza vissuta personale) con la pratica che lo studio finisce per aver senso.
    Ma tutto ciò è una trasmissione da un individuo fisico, reale, ad un altro. Le parole, specie scritte in un libro, non sono affidabili. Guardate! Nella musica antica, ci sono voluti decenni di studio dei manoscritti e trattati ecc. per capire come facevano i musicisti all'epoca, e tentare di riprodurre le loro tecniche. Oggi, grazie a tutto 'sto studio, i musicisti di musica barroca o rinascimentale, e persino medievale riescono a far rivivere quelle musiche in un modo vivo, e non più "archeologico". E i violinisti barrocchi hanno sviluppato delle techniche incredibilmente più ricche ed efficienti che quelle dei musicisti "classici". Ma per arrivare a tale risultato, ci è voluta tanta sperimentazione, tanti tentennamenti ecc.

    L'aspetto del "maestro" nel Buddhismo porge essenzialmente sul fatto che, a volte, le parole non bastano, che ingannano e che sovente basta un gesto di chi ha già capito, per farti capire a tua volta.
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    CITAZIONE (Andres Marzio Meis. @ 27/9/2019, 12:27) 
    CITAZIONE (Yudo‚ Maestro Zen @ 9/27/2019, 08:42 AM)
    Per tornare al titolo di questo post, direi che c'è troppa gente che confonde indifferenza ed equanimità.
    Ma forse questo post del maestro Brad Warner potrà essere anche utile. Lo è per me. Anche se tutto non corrisponde a la situazione europea né è applicabile da noi.

    Molto molto interessante. Almeno per me che sto valutando l'idea di andare in quel centro di Manila...ma sara' considerabile un dojo zen? Secondo me Solaris avrebe da ridire su questo perche mi pare na specie de scuoletta...boh! Yudo dammi una tua opinione ecco il centro di cui sto parlando: http://oceanskyzen.org/wp/ Nelle Filippine poi vi sapro dire come funzioni la cosa, a questo punto ne sono incuriosito, nel senso che parliamo di un paese dell'Estremo Oriente e su questo non ve' dubbio ma fortemente americanizzato (le Filippine sono sotto la dominazione culturale a stelle e strisce da un 120 anni ormai). Ci sono numerose chiese protestanti dove ti accolgono con dolcini e sorrisi ed io conosco anche un po quel loro modo di fare perche appena vedono un bianco provano sempre a socializzare (a parte che ci sono pure i testimoni di geovino), dico anche per strada. Un modo di fare che trovo disgustoso, sopratutto perche evidentissimamente di plastica e per come sono io, una persona priva di maschera e con scarsa capacita' recitatoria, non e' confortevole. Vedro come sara in questo centro di cui vi ho messo il link ma non andro ' subito...a parte che fanno dei corsi e hanno delle date fisse poi voglio prima finire di leggere i libri che mi porto dall'Italia. In quella spiaggia fuori dallo spazio e dal tempo.

    Non ho esperienza personale dei buddhisti cinesi. Quello che mi è stato riferito è che loro hanno una tendenza a mischiare la Terra Pura (invocazione al Buddha Amithaba) e lo Zen. Ma fossi al tuo posto, ci andrei. Gl'insegnamenti devvono per forza essere giusti.

    Rispetto a cio' che dice Adelghi,

    CITAZIONE
    C'è sempre uno sbilanciamento da una delle due parti, uno dei due estremi filosofici mortali per il Buddhismo:
    un eccesso di vuoto (nichilismo), e questo lo vedi di brutto negli Zen che poi devono andare a umbriacarsi dopo aver meditato, o il terribile odore di fumo di sigaretta in certi Dojo (cazzo nemmeno a fumare fuori tanto il nervoso che fa salire la pratica)

    Di solito si tratta di Deshimaristi che si credeno che copiare l'ubriachezza del maestro (che essendo Giapponese non sapeva fare altro per rilassarsi socialmente), e alla morte di lui, non hanno voluto accettare la guida di chi gli era stato mandato dal maestro sul giaciglio poco prima di morire. Hanno pensato che era arrivato il loro momento, e si sono messi ad insegnare senza aver completato il cursus. La loro ignoranza ha fatto il resto.
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    Per tornare al titolo di questo post, direi che c'è troppa gente che confonde indifferenza ed equanimità.
    Ma forse questo post del maestro Brad Warner potrà essere anche utile. Lo è per me. Anche se tutto non corrisponde a la situazione europea né è applicabile da noi.

    CITAZIONE
    I dojo zen non sono chiese
    Published by Brad on September 26, 2019 http://hardcorezen.info/zen-dojos-are-not-churches/6543

    Col guardare talune delle risposte al mio ultimo blog post, mi pare di iniziare a capire perché mi trovo così spesso a divario col modo in cui tanta gente considera il problema dell'accoglienza e dell'inclusività nello Zen.
    In questo previo blog post, ho fatto un paragone tra i centri buddhisti e le chiese. L'inchiesta del Pew Research che ho utilizzata li ragruppava assieme e ho seguito. Ma negli effetti, non mi pare giusto di considerare un centro buddhista come una specie di chiesa.
    Sono dojo, proprio come nelle arti marziali.
    In Giappone si sente spesso riferire ad un posto in cui si pratica zazen come un “zazen dojo,” proprio come un posto in cui si pratica il karate sarà un “karate dojo” ed un posto in cui si pratica l'aikido “aikido dojo.” Mi sembra che valga meglio vedere un centro Zen come “zazen dojo” (oppure “zen dojo” se si vuole) piuttosto che come una chiesa. Ciò potrà essere di aiuto per capire perché i problemi di inclusività ecc., vengono trattati diversamente in un zen dojo da come lo sono nelle chiese.
    Un karate dojo o un aikido dojo che ammettessero soltanto gente di una razza particolare o rifiutassero gente in bas alle loro preferenze sessuali ci sembrarebbero molto sospetti. Forse esistono luoghi del generem ma per lo più di noi, sarebbe inaccettabile. Ed è lo stesso con un zen dojo.
    E' inaccettabile per un zen dojo di discriminare in basi alla razza, l'orientamento sessuale, genero, ed altre cose simili. Il Buddha accettava membri da ogni casta e gli richiedeva di andare d'accordo — col grande orrore dei suoi coevi. Dovremmo seguire il suo esempio.
    A causa della natura dello sport, il più delle arti marziali hanno dojo separati per maschi e femmine. Non perché creino che un sesso sia superiore all'altro, ma perché credono che i metodi di allenamento devvono essere diversi. Questo può aiutare a capire perché i zen dojo tradizionalmente separavano i sessi.
    Ma ci sono dei dojo di arte marziale in cui maschi e femmine si mischiano;. E, in Occidente oggi, è una pratica standard per i dojo il essere spazi misti per maschi e femmine. Mi pare anche giusto.

    Lo Zen è diverso dalle arti marziali per cui l'analogia non è perfetta, particolarmente quando si tratta di mescolare i sessi. Nondimeno, l'analogia è utile e la vado a sviluppare.
    Quindi, deve essere accogliente un dojo di arte marziale? Ciò dipende dal modo di definire “accogliente.” Un dojo di karate si deve di essere accogliente per chiunque voglia imparare e praticare il karate — senza considerazioni di razza, ecc. Ma non c'è bisogno alcuno di un dojo di karate che sia accogliente a gente che non ha questa voglia — nè voglia di praticare il karate nello stile in cui il dojo è stato stabilito.
    Se andasti dal capo di un dojo di karate e ti lamentasti che c'è troppo prendere a pugni e a calci e troppo gridare e che questo ti fa sentirti sgradito, è probabile che ti direbbe che stai nel posto sbagliato. O se dovesti dire al capo di un dojo di karate che non ti piace lo stile in cui lo insegna, è probabile che ti direbbe di andare a cercarti un altro insegnante.
    Tradizionalmente. è anche così che un dojo zen tratta quel genere di rammariche. In partenza, un dojo zen non lasciava entrare nessuno che non dimostrasse di essere all'altezza delle sfide che ciò implicava. C'è una tradizione zen chiamata tangaryo. Il che significa letteralmente "pernottare.” In pratica, significava spesso passare più notti davanti alla porta del dojo, esposti agli elementi ed in pericolo di essere mangiato dagli orsi, supplicando di essere lasciati entrare (si ricorda che in giapponese, non c'è un vero plurale, per cui non si tratta necessariamente di una notte sola). Oggidì, tangaryo è un pò più stilizzato e potrà comprendere, ad esempio, fare zazen non-stop per quattro o cinque giorni.
    Una volta ammessi dentro il dojo zen, c'era lavoro da fare. I nuovi arrivati si facevano dare il lavoro il più indesiderabile come modo di verificare se avessero la grinta sufficiente per fare il lavoro necessario. I nuovi arrivati erano i più bassi nella gerarchia del dojo zen e perciò, si potevano aspettare dover soffrire una certa quantità di maltrattamenti da parte degli altri monaci. Non doveva arrivare fino a crudeltà o vioenza — benché, purtroppo questo spesso succedesse. Ma ciò mirava ad essere un altro modo di verificare la sincerità dell'aspirante monaco.
    Questo tipo di cose è famigliare a chi si è allenato nelle arti marziali. Ma non a chi entra in un dojo zen aspettandosi di venir accolto come in una chiesa [protestante americana NdT], in cui ognuno accoglie i nuovi arrivati con sorrisi ed abbracci e piatti di cookies freschi dal forno. Non è neanche famigliare a chi si aspetta di un dojo zen di essere come un negozio in cui si aspettano di essere trattati da clienti.
    Purtroppo, tale aspettativa che un dojo zen sia come una chiesa o un negozio in cui “il cliente ha sempre ragione” ista diventando normativa in America. E peggio ancora, chi dirige dojo zen americani sta iniziando a credere che sia il loro compito di trattare chi entra nei loro spazi come nuovi membri di una chiesa o come clienti da servire. Per cui sentiamo ogni specie di rammarica sul come i nostri spazi devvono diventare più accoglienti e più inclusivi. E purtroppo, lo accettiamo.

    Per ribadire quanto già detto, un dojo zen dovrebbe lasciare provarci chiunque vuol praticare — senza considerazione di razza, orientamento sessuale, genero, (se si tratta di uno spazio misto, come lo è la maggioranza in Occidente), e così via. E' anche bene quando un dojo zen può dare facilità per le persone con disabilità fisiche. Zazen non è così esigente fisicamente quanto le arti marziali e quindi la gente con limiti fisici può quasi sempre trovare un modo di praticare che vada per loro.
    Ma il limite minimo è che lo Zen è una pratica e filosofia ben stabilita sin da migliaia di anni che ha già attraversato diverse culture. E' molto importante per noi ri rimanere fedeli alla pratica che ci è stata tramandata.
    Ciò significa che l'ambiente di un dojo in stile tradizionale potrà venir percepito come poco accogliente per chi si aspetta di venir trattato come se venisse in una chiesa oppure un negozio. Io sospetto che questo sia la fonte di tante rammariche che sentiamo da parte di Americani che vengono in dojo più tradizionali.
    Persino i nostri dojo zen americani i più tradizionali sono davvero calorosi e gentili rispetto a ciò che esiste in Estremo-Oriente. Chi ha come me visto ambedue viene spesso stupito dalla differenza. Forse un pò va bene. Ma se si inizia a piegarsi sempre e sempre più al desiderio di conforto e di agio, non siamo fedeli alla pratica dello Zen.
    Non è censato essere confortevole né facile. Niente che ne valga la pena lo è mai. Se diventa confortevole o facile, non è pratica zen. Se è come se avesti eliminato tutto quel prendere a pugni ed a calci e quel gridare nel karate, ciò che rimane non sarebbe karate. Se si lo chiamasse karate, sarebbe un tradimento per chi vuole praticarlo.
    Zen si è già dimostrato adattabile a culture altre da quella in cui aveva iniziato. Ma uno dei nostri problemi nel portare lo Zen nella cultura americana è che noi Americani siamo molto pronti a voler cambiare le cose. La mente innovativa è forte in questa nazione. E questa mentalità ci è stata utile nel passato.
    Ma lo Zen è una pratica conservativa. Ed è una pratica che si muove lentamente. Il pià del tempo non c'è movimento per niente. Il cambio, come tutto il resto nello Zen, succede ad un passo che, per noi Americani, può sembrare particolarmente frustrante.
    Vorrei suggerire che noi Americani la smettiamo di chiedere allo Zen di cambiare per adeguarsi a noi. Piuttosto dovremmo praticare la tradizione stabilita col meglio delle nostre capacità, solo così com'è. Quando noi da individui avremo praticato per qualche decine di anni, allora potremo chiederci se sono necessari qualche cambiamenti.

    Fin qua, dovremmo accontentarci di sedere e di stare zitti.


    Edited by Yudo‚ Maestro Zen - 27/9/2019, 10:15
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    In linea di massima, direi che approfondire una conoscenza del Buddhismo che non sia soltanto superficiale non può non recare benefici. Per cui sono del parere che i sutra più antichi (ad esempio quelli del canone pali) sono estremamente utili, perché sprovisti da quest'aspetto psichedelico dei sutra mahayana: questi sono stati, a mio parere, scritti così (in base al contenuto di quelli originali) per togliere l'aspetto "parola sacra" che non si deve più interpretare, che spesso si verifica presso i teravadini (tipo, "è scritto così, bisogna fare così. Punto e basta.")

    E, sopratutto, penso che ci voglia fare la propria pace con il cattolicesimo. Possiamo non crederci più, possiamo avere tante rammariche rispetto alla Chiesa, i dogmi ecc., possiamo avere tanto schifo rispetto a quel che ha potuto fare di male nel corso dei secoli la Chiesa ed i suoi dogmi, ma bisogna anche vedere quali sono stati gli aspetti positivi (ce ne sono tanti) perché, seno, tutto ciò che facciamo, viene fatto almeno in parte per dispetto, senza avere l'anima tranquilla. E sopratutto, la pratica buddhista ci farà risalire questi atteggiamenti inconsci perché non li abbiamo curati prima.
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    CITAZIONE (Andres Marzio Meis. @ 18/9/2019, 22:38) 
    Fatelo voi il mio post era PER VOI io me ne vado qui fuori tra gli olivi a finire il mio bicchiere di rosso ascoltando questo bel madrigale di Monteverdi (un altro che mi sono trovato dopo lo spunto datomi da Swami). Ciao

    Se non è quello, ti raccomando "Dolcissimo uscignolo" e "sfogava con le stelle"
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    CITAZIONE (Andres Marzio Meis. @ 17/9/2019, 18:06) 
    PUNTO 1 - IL MONACO EUNUCO

    Inizio con una domanda spiritosa e la piu inutile da capire, anche se puo ricollegare al punto 5 secondo me. Si legge nel Bodhicaryavatara il tentativo di insinuare un tale schifo per le "passioni" erotiche attraverso la descrizione della donna come un sacco di caccole e merda, di puzze e ammassi di grasso (detto in soldoni), alche' mi sono chiesto: ma se oggi (e anche ieri in teoria) si ricorre ai ferri per la bellezza estetica cosa vieta il fare altrettanto per quella dello spirito? E quindi perche i monaci, ma anche i nubili, non si facevano e fanno castrare? Anticamente lo si faceva anche solo per dare una bella vocina ai cantanti. Questo pero, che fa cosi ridere, resta un vero mistero ed in effetti poi la passione erotica e' secondo me anche molto negativa per il nostro ego, lo sappiamo. La risposta che potreste darmi e', il giusto e' nella via di mezzo (allora tagliatene uno solo).

    Già rispondo a questa. Agli inizî, il Buddha accettò gli eunuchi nel sangha. Purtroppo, sembra che questi (come dal resto gli eunuchi di India ancora oggi) avessero preso l'abitudine di guadagnarsi la vita con la prostituzionem e perciò, il Buddha gli cacciò via e vietò che si accettassero gli eunuchi in futuro.

    Questo combinato con la sventura dell'Origenem che proprio lui se le tagliò per sgomberarsi dalla sessualità mi fa pensare che l'idea del Buddha rispetto alla sessualità non fu mai, come nel caso della Chiesa cristiana un atteggiamento volto a considerarla come peccaminosa, brutta o sporca, ma solo dal punto di vista dell'attaccamento che distrae dalla Via. E diffatti, non ebbe problemi ad accettare doni e anche grandi doni da corteggiane cui non poteva non sapere donde veniva il loro danaro.
    Poi, nel monachismo buddhista, è prevista la possibilità di uscire dall'ordine nel caso la pressione diventasse troppa. Al dinanzi della pratica cattolica.

    Ci si capisce dunque che si tratta di un allenamento che punta a superare l'attrazione sessuale ma non a stroncarla; il Buddha sapeva il potere della mente, capace di emozioni fantasmatiche. cioè, i marroni non ce li hai più, ma continuano a starti in mente ed a turbarti. Mentre te li tieni, e provi a dimenticarteli. Eventualmente fallisci, ma non è grave, al meno ci hai provato.
    Io, settantenne, vedo bene com'è per me. Mi è relativamente facile lasciar perdere. non ho soldi per attrarre damigelle "interessate", l'operazione della prostata mi ha reso l'erezione un po' laboriosa, non ho voglia di essere ridicolo andando in luoghi di moda a rimorchiare ("Hai visto 'sto vecchietto che batte?") eppoi, la pigrizia fa il resto. Ma di sicuro questo a quarant'anni, non ce la facevo.
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