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Claudio Tecchio Says:
October 7th, 2011 at 5:12 pm
Lettera aperta alla gioventù tibetana
…occorrerà fare ogni sforzo per salvaguardarci dal disastro che incombe. Usate mezzi pacifici quando siano efficaci, ma ove non lo fossero, non esitate a ricorrere alla forza.
13th Dalai Lama
La storia, anche recente, della nostra vecchia Europa ci insegna che non è immolandosi sull’altare dell’ideologia della nonviolenza che si possono abbattere i regimi totalitari.
La forza della ragione degli oppressi non ha mai , da sola , prevalso sulla ragione della forza degli oppressori.
Solo il coraggio e l’abnegazione dei patrioti in rivolta , decisi a battersi con ogni mezzo contro ogni forma di oppressione , ha portato la pace e la giustizia in un continente per secoli martoriato da spietate tirannie.
Il nazifascismo fu sconfitto soltanto dalle armate Alleate e dall’insurrezione popolare, dalla lotta partigiana e dallo sforzo bellico anglo-americano.
I popoli dei Balcani si sono liberati dell’eredità titina solo dopo aver drammaticamente riaffermato la propria identità nazionale in uno scontro doloroso.
Il già barcollante impero sovietico è crollato dopo un lungo , a tratti violento, conflitto iniziato nella lontana provincia polacca e poi estesosi a tutti i domini.
E i giovani berlinesi hanno potuto gioire danzando sui resti del muro solo grazie al sacrificio di quanti hanno saputo resistere , forti anche del sostegno dei paesi liberi, alla violenza degli apparati repressivi .
In Cina nessuno può quindi illudersi , come invece si illusero gli eroici studenti che assediarono la Città Proibita , che una dittatura possa autoriformarsi e tollerare una qualche forma di transizione verso la democrazia.
In Tibet nessuno si illuda che i teorici del “centralismo democratico” possano mai tollerare anche solo un simulacro di autonomia amministrativa .
La lotta di liberazione sarà di lunga durata in quanto gli autocrati di Pechino hanno fatto tesoro dell’esperienza sovietica e non ripeteranno certo gli “errori” commessi dal PCUS .
Una speciale commissione composta da brillanti ricercatori delle migliori università cinesi ha analizzato le ragioni del crollo sovietico e proposto ai gerarchi l’adozione di efficaci misure preventive ; misure rivelatesi poi tanto efficaci da prolungare l’agonia del regime e dare nuovo slancio allo” sviluppo “del paese.
Il controllo sociale si è esteso,la già flebile opposizione politica è stata annichilita, i lavoratori intimiditi dai licenziamenti di massa , i contadini deportati.
La Cina è così diventata una superpotenza destinata , con gli attuali ritmi di crescita economica e demografica , a dominare il mondo imponendo i suoi “valori orientali”di confuciana memoria.
E lo farà in ragione della sua forza economica , politica e finanziaria.
Già oggi i dirigenti di Pechino ,dosando sapientemente seduzione commerciale e minaccia militare , sono in grado di condizionare pesantemente le decisioni dei singoli Governi e degli Organismi Internazionali.
Persino gli Stati Uniti sembrano farsi più cauti nel contrastare la volontà egemonica di Pechino per non intaccare i profitti di quelle multinazionali che , operando da molti anni in Cina, finanziano la campagna elettorale del Presidente .
La Cina è la nuova e rampante potenza coloniale che ha già ripreso ( senza colpo ferire!) il controllo di Hong Kong e Macao e si appresta a riconquistare con la ragione della forza la “provincia ribelle” di Taiwan.
Mantiene artificiosamente in vita dispute territoriali con l’India ed il Bhutan , puntella il regime maoista in Nepal, fornisce ( via Pakistan ) tecnologia nucleare alla Corea del Nord , collabora con il regime laotiano , sostiene la dittatura birmana.
E in un mondo in cui non è più necessario occupare fisicamente un territorio per imporre il proprio dominio cerca , grazie anche alla sua ricca e potente diaspora , di diventare il motore dello sviluppo di tutti i paesi dell’area per renderli dipendenti dalle sue politiche economiche.
Di fronte a tutto questo il patetico appello al dialogo dei dirigenti tibetani e l’inutile sacrificio di tanti giovani tibetani rafforzano soltanto la volontà di potenza dei colonizzatori.
Alimentare la cultura della rassegnazione ,o praticare un insano autolesionismo ,porterà solo a futuri , ancor più sanguinosi, conflitti la cui responsabilità ricadrà su tutti noi.
Dobbiamo invece contribuire alla creazione di una grande alleanza tra tutti quelli che si battono contro il regime e dare speranza a quanti , umiliati e oppressi , non hanno ancora trovato il coraggio di ribellarsi.
Prima che sia troppo tardi !
Claudio Tecchio
Campagna di Solidarietà con il Popolo Tibetano
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