Free Tibet ?!?! Free violence !!!

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  1. Dafne87
     
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    CITAZIONE (1Wakana @ 2/5/2013, 23:04) 
    Ha ragione Anchal Ranaut: l’India deve agire immediatamente contro le truppe cinesi che sono penetrate nel territorio del Ladakh orientale dal 15 aprile scorso, instaurando in territorio indiano un presidio militare di cinque tende, nonostante l’esercito indiano abbia chiesto loro ripetutamente di ritirarsi. Per assicurare la stabilità nella regione del Ladakh, l’India deve parlare con la Cina della questione tibetana e riconoscere nell’indipendenza del Tibet la migliore sicurezza per il suo popolo. “Chiediamo al nostro governo di cancellare la visita in Cina del ministro degli esteri indiano e di non accogliere il premier cinese Le Keqiang in India, se questa spiacevole vicenda si protrarrà” - ha affermato Anchal Ranaut. Anche il presidente del BJP Rajnath Singh ha chiesto al ministro degli esteri indiano Shri Salman Khurshid di cancellare la sua visita in Cina a meno che Pechino non ritiri le sue truppe dalla valle di Depsang nel Ladakh orientale. Pure il Partito Samajwadi ha fatto una richiesta simile e si è opposto alla visita di Salman Khurshid a Pechino.
    Come ha dichiarato Dorjee Tseten, il direttore nazionale di Students for a Free Tibet - India, ”la recente incursione delle truppe cinesi in territorio indiano sottolinea ancora una volta l’espansione della repressione cinese, che ora sembra dirigersi oltre il Tibet, in cui si è assistito a 117 autoimmolazioni dal 2009. La situazione richiede un’immediata azione coraggiosa. L’occupazione illegale del Tibet da parte della Cina non è un errore, ma fa parte di un piano premeditato per avere il controllo di tutta l’Asia. Sosteniamo vigorosamente i nostri fratelli e le nostre sorelle dell'India nel condannare l’aggressione cinese nel territorio indiano".
    Questa è la petizione online lanciata da Students for a Free Tibet – India a proposito dell’incursione cinese.

    https://www.change.org/en-IN/petitions/shr...ith-china#share

    Assolutamente no! Se l'India rispondesse così peggiorerebbe solo la situazione,ci vuole calma e moderazione e non farsi prendere da turbinii emotivi del momento.....L'India andrebbe a impelagarsi in una situazione dalla quale ne uscirebbe molto mal concia,no no no no :eehh?*:
    Non aggiungiamo violenza ad altra violenza per favore :pray*:


    Ad ogni modo grazie Yeshe per queste preziose notizie,grazie davvero
     
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  2. dorje e gabbana
     
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    Quto Dafne ed invito altri utenti a considerare appunto di non aggiungere a violenza altra violenza
     
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  3. 1Wakana
     
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    Sono totalmente d’accordo con Tashi Rabten: i turisti cinesi che si recano in Tibet fanno fotografie ai tibetani, incluse le persone anziane, alle montagne e ai villaggi, nonostante sappiano bene che fare ciò è immorale, illegale e manca anche di ogni senso etico. Mi domando anch’io, una volta tornati a casa, che sorta di didascalie i turisti cinesi apporranno alle fotografie scattate in Tibet. Concordo con Tashi Rabten sul fatto che i turisti cinesi trattano i tibetani come se fossero privi della capacità di esprimersi, come fossero una razza di barbari ignoranti, come manovali le cui coscienze fossero manipolabili a proprio piacimento in cambio di contanti. Che cosa accadrebbe invece se noi visitassimo una città cinese e iniziassimo a fotografare i suoi abitanti? A quali conseguenze andremmo incontro se fotografassimo case, proprietà e oggetti preziosi di una città cinese? Non scatterebbero subito in azione tutte le leggi che tutelano la privacy, i diritti e la libertà dei cittadini cinesi? Perché, nelle praterie dei nomadi, i tibetani non possono affiggere cartelli come “Qui è severamente vietato scattare fotografie, fare la pipì e sputare” ?
    A me viene anche il dubbio che le fotografie che i turisti cinesi fanno in Tibet vengano anche utilizzate successivamente dalla propaganda comunista cinese per scrivere articoli che raccontino la solita versione falsificata della storia tibetana che tutti conosciamo. Già immagino la fotografia di un povero monaco innocente accompagnata da parole come: “Questo venerabile monaco tibetano sostiene che il suo popolo, a causa di cattivo karma accumulato in precedenza, ha meritato tutta questa violenza da parte della Cina, la distruzione della sua cultura, delle sue tradizioni, della sua religione, della sua identità nazionale, la proibizione della sua lingua, la perdita della sovranità territoriale, la schiavitù in cui ora è ridotto e le sterilizzazioni forzate”. Pur non usando esattamente le stesse parole, Michael Leube ha fatto questo a proposito di Lama Palden Gyatso (all'inizio, nell'articolo da lui scritto, c'era anche la foto di Lama Palden Gyatso, se non ricordo male). O ancora, immagino parole come: “Questo bambino tibetano dice che da grande vorrà studiare a Pechino, parlare solo il cinese e abbandonare le rozze usanze del suo popolo d'origine” accanto alla foto di un povero innocente bimbo orfano di entrambi i genitori…
    Che il Tibet diventi subito indipendente!kaos-pinkusagi43
     
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  4. Morgoth333
     
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    CITAZIONE (1Wakana @ 13/5/2013, 20:18) 
    i turisti cinesi che si recano in Tibet fanno fotografie ai tibetani, incluse le persone anziane, alle montagne e ai villaggi, nonostante sappiano bene che fare ciò è immorale, illegale e manca anche di ogni senso etico.

    Questa non è una perversione tipica dei cinesi ma di moltissimi turisti in tutti i luoghi della terra. Mi è capitato di visitare ad esempio l'India ed alcuni stati africani e c'era la fila di turisti occidentali (non cinesi, occidentali di tutti gli stati ed anche alcuni italiani) per fotografare le scene più macabre. Dal bambino che chiede l'elemosina, alla gente che vive per strada o in baracche nelle peggiori condizioni. File di obiettivi puntati su storpi, malati e addiritura su una persona deceduta.

    Quindi consolati Wakana, si tratta di un a tristissima pratica che detesto, ma che è diffusa in tutto il mondo e non solo in Cina.
     
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  5. lete
     
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    Africa, India? SE è per questo non c'è bisogno di andare cosi lontano, qualcuno si ricorda i pellegrinaggi di humanimali in Italia per fotografare i luoghi dei delitti?
     
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  6. Dafne87
     
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    CITAZIONE (lete @ 14/5/2013, 13:59) 
    Africa, India? SE è per questo non c'è bisogno di andare cosi lontano, qualcuno si ricorda i pellegrinaggi di humanimali in Italia per fotografare i luoghi dei delitti?

    Basti pensare alla Costa Concordia....mio padre per un attimo ci voleva pure andare m'incazzai tantissimo che solo "Dio" sa quello che ho detto,alla fine ha rinunciato e capito la lezione.

    Comunque mi ricordo di una foto fatta ad un povero bambino africano,denutrito ed emaciato che era ranicchiato e sullo sfondo c'era un avvoltoio che aspettava....ora mi chiedo quello che ha fatto la foto (presumo un occidentale <_< ) non poteva scacciare l'avvoltoio e portare via il bambino,che poteva avere si e no 5-6 anni,invece di fare quella foto schifosa,per carità forse lo ha anche aiutato,però....

    Si e quella foto di una persona caduta sui binari che cercava inutilmente di uscire,ma poi il trno l'ha travolta e intanto che fa l'idiota che l'ha fotografato?
    Niente si limitava solo a scattare le foto,poi si è giustificato dicendo che voleva fare dei lampi di luce col flash,ma per favore!!!!!

    Quando vado con l'ambulanza su il luogo di un incidente ci sono sempre i funghi,io li caccio a suon di RAUS urlati,non mi interessa a costo di essere anche scortese ma se devo aiutare un paziente questo ed altro.
     
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  7. Morgoth333
     
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    CITAZIONE (lete @ 14/5/2013, 13:59) 
    Africa, India? SE è per questo non c'è bisogno di andare cosi lontano, qualcuno si ricorda i pellegrinaggi di humanimali in Italia per fotografare i luoghi dei delitti?

    Corretto.

    Ma una volta in Africa c'è stata la rivincita. Eravamo in un villaggio sperduto, un luogo che per livello tecnologico e modi di vita era senza tempo e che poteva stare benissimo nel medio-evo o anche al tempo dei romani se non prima. Avevamo appena finito di cenare e discorrevo con i miei compagni di viaggio davanti ad alcune birre comprate giorni prima, e sempre immancabilmente calde causa assenza di frigoriferi. Era sera e si stava scatenando un temporale memorabile. I fulmini e le saette illuminavano con riflessi giallo, violacei le colline ed il sacro vulcano li vicino (io per colpa del temporale persi la tenda che si lacerò intorno alle 3 di notte...).

    Di fianco a noi c'erano degli abitanti del posto, uomini e donne, che stavano mangiando e bevendo degli alcoolici tra loro. All'improvviso una ragazza sui 25 anni si butta in terra proprio di fronte a noi ed inizia ad urlare contorcendosi. Per noi erano frasi senza senso, ma la ragazza sembrava proprio stare male. Continuava ad alzarsi, imprecare ed urlare e poi si ributtava a terra. Le persone che erano con lei erano stranamente calme, non le davano quasi retta. A quel punto un italiano al tavolo con noi, un medico, si alzò per cercare di soccorrere la ragazza ormai totalmente fuori di sé mentre altre persone (e ci tengo a dirlo, tutte laureate peraltro anche in discipline umanistiche come filosofia e psicologia) pensarono bene di tirare fuori le loro belle macchine fotografiche. Non fecero in tempo a scattare una foto che dall'oscurità uscì un energumeno alto circa 2 metri con un macete in mano che disse con molta calma di riporre le macchine fotografiche e che il medico non serviva in quanto sapevano benissimo cosa fare senza l'aiuto dei soliti occidentali.

    Di li a poco arrivò un signore di mezza età vestito con una tunica bianca. Prese la ragazza per il braccio e la trascinò in una strada che era più simile ad una palude di fango a causa della pioggia ed iniziò a salmodiare frasi incomprensibili. Lei in ginocchio sotto l'acqua battente urlò e pianse per circa dieci minuti, dopodiché si rialzò tranquilla.

    L'energumeno controllava la situazione girandosi spesso verso di noi con il machete in mano, così, giusto per sincerarsi che nessuno avesse ripensato di fare una bella foto. Alla fine la ragazza tornò al tavolo con le altre persone. Noi provammo a chiedere chiarimenti su cosa fosse successo ma il gigante, riposto il machete, ci disse che la ragazza aveva semplicemente bevuto troppi alcoolici e che non erano necessarie altre domande.
     
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  8. lete
     
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    morale della favola girare sempre con un macete affilato è cosa buona e giusta!
     
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  9. YESHE
     
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    “FERMIAMO LA DISTRUZIONE DI LHASA”: LA TESTIMONIANZA E L’APPELLO DELLA SCRITTRICE TIBETANA WOESER.
    Lhasa-Tibet-2013-323
    13 maggio 2013. Secondo quanto previsto da un nuovo piano regolatore approvato dalle autorità cinesi, quello che resta delle tradizionali abitazioni tibetane della città di Lhasa sarà demolito per fare posto a un grande centro commerciale destinato a trasformare l’antica capitale del Tibet in una città turistica simile a Lijiang, lo “Shangri-La” della provincia dello Yunnan. Il progetto, già in fase di realizzazione (nelle foto) prevede la distruzione dell’area attorno al tempio del Jokhang e a quello di Ramoche.
    Da Pechino, dove attualmente risiede, la scrittrice e blogger tibetana Woeser ha lanciato all’UNESCO e alle istituzioni di tutto il mondo un disperato appello affinché Lhasa sia risparmiata da una “spaventosa modernizzazione”, “un imperdonabile e incalcolabile crimine contro l’antica città, la cultura umana e l’ambiente”. In una petizione pubblicata su Wiebo, la rete cinese, all’inizio del corrente mese e prontamente censurata dalle autorità, la scrittrice ha denunciato il progetto della costruzione di un centro commerciale nel cuore della città vecchia, progetto che comporterebbe la totale distruzione dell’area del Barkhor, attorno al più sacro dei templi di Lhasa, il Jokhang. Una volta completato, il “Barkhor Shopping Mall” coprirà un’area di 150.000 metri quadrati e sarà in grado di ospitare, nel suo parcheggio sotterraneo, oltre 1000 automobili. I venditori ambulanti troveranno posto all’interno del centro commerciale e gli abitanti dei quartieri demoliti saranno trasferiti nella contea di Toluing Dechen, alla periferia occidentale di Lhasa. Se accetteranno la nuova sistemazione in tempi brevi, saranno risarciti con un compenso in danaro tra i 20.000 e 30.000 remibi.
    Nel suo appello, Woeser afferma che la distruzione di Lhasa, le cui parti più antiche risalgono al VII secolo, coinvolgerà anche altre zone della città vecchia, compresa l’area di fronte al tempio di Ramoche dove saranno aperte ampie piazze. “La Città Vecchia non sarà più la stessa”, dice Woeser, “le sue strade non vedranno più i pellegrini compiere le circumambulazioni, le prostrazioni e accendere le lampade a burro”. E tutto questo non solo per motivi puramente economici: considerando attentamente il progetto, si nota l’intenzione sia di distruggere ciò che resta della vecchia Lhasa sia di evacuare completamente i venditori ambulanti dalle strade del Barkhor. La scrittrice tibetana nota che uno sconvolgimento urbanistico del tutto simile è già stato attuato in due altre città: Lijiang, nello Yunnan e Hunan, trasformate dalle autorità cinesi in moderne città turistiche. Dopo la ricostruzione, Lijiang è stata ribattezzata “Shangri-La” allo scopo di attrarre il maggior numero di turisti in un’operazione che Woeser definisce di “turismo coloniale”.
    Nella lettera “La nostra Lhasa è sull’orlo della distruzione, salvate Lhasa!”indirizzata all’UNESCO e a tutte le maggiori organizzazioni mondiali a difesa dell’ambiente, Woeser chiede di fermare il disastroso progetto cinese e dalla minaccia senza precedenti che in questo momento grava sulla città. La traduzione in lingua inglese dell’appello al sito:
    http://highpeakspureearth.com/2013/our-lha...hasa-by-woeser/

    Fonti: Phayul – Tibet Post



    Aderendo alla petizione internazionale, lanciata da Londra, le cui firme saranno inviate a Kishore Rao, direttore dell’UNESCO, e a William Hague, segretario agli esteri britannico, l’Associazione Italia-Tibet invita i lettori e tutti i sostenitori della causa tibetana a firmare l’appello

    STOP ALLA DISTRUZIONE DI LHASA
    Al sito:
    http://www.change.org/it/petizioni/william...=share_petition




    People’s Armed Police Force : Guide on Psychiatric Wellbeing While Maintaining Stability in Tibet
    Redazione - Lun, 13/05/2013 - 17:13
    monks4_2
    TCHRD has received a Chinese language copy of a manual published by the Sichuan Provincial Political Department of the People’s Armed Police Force (PAPF, also called PAP), titled “Guide on Psychiatric Wellbeing While Maintaining Stability” that was circulated among different contingents, detachments and squadrons located at the province, prefecture, and county levels of Sichuan.The manual contains issues raised during a videoconference meeting held by Sichuan Province People’s Armed Police Force regarding the psychological and moral issues arising from stability maintenance work in Tibetan areas. Although the manual was drafted before Xi Jinping’s appointment earlier this year, there is no sign that he will change any of his predecessor’s policies regarding Tibet.
    Experts in psychiatric health departments of armed police hospitals and other relevant organs jointly drafted the 29 questions and answers on how to cope with the violent nature of the PAPF’s work in the Tibetan areas of Sichuan Province. The 29 questions and answers focus “on providing guidance to some PAP officers on effectively deal with the common psychological traumas” caused by the horrors of their job in Tibet, and to “further improve the quality of capability of stability-maintenance work in Tibetan areas, particularly the PAP officers and other armed forces who need thorough educational and ideological guidance on their work.”
    Edited and approved by Fu Wan Xuan, the director of the Sichuan Political Department of PAP and his deputy, Chen li Xue, the manual was drafted by Wang Jun Xiang, Cheng Jian Wei, Xie Lei, Wang Bin , and Zhang Wen Chun, all mental health experts working in military and armed hospitals.
    In a broader sense, the manual starkly exposes the falsity of the Chinese government’s claim that Chinese rule has ‘liberated’ and brought happiness to Tibet. Repression and violence not only take a toll on the lives of the repressed but also those who perpetrate it. The casualties of China’s “life and death struggle” in Tibet, as exposed by this manual, are the victims and perpetrators alike. Those assigned with stability maintenance work in Tibet struggle with psychological problems as their most fundamental beliefs in right and wrong are twisted, violated and made irrelevant. Scientific studies have pointed out that these psychological symptoms are not limited only to first time officers but also the veterans. In this manual, China speaks mainly of some officers who are psychologically traumatized by their experience of implementing repressive policies sanctioned and supported by the Chinese central government in Beijing.
    The manual provides guidance on maintaining the psychological health of PAP forces in Tibetan areas while simultaneously providing instructions for the same PAP forces on how to effectively maintain stability, utilizing the tactics that cause the psychological problems, such as police violence against protestors. Some PAP officers, unable to cope with changed conditions in Tibet, leave or become afflicted with psychological illnesses. The 25-page manual offers advices on the difficulties and doubts harbored by armed police officers in Tibet.
    Point 11 in the manual talks about the psychiatric issues faced by some PAP officers who find it impossible to block from their minds images of an armed crackdown. The manual mentioned the “3/16” incident in Ngaba when Phuntsok, a Tibetan monk, became the second Tibetan to self-immolate and the “3/18 incident of beating, smashing, burning and looting” in Serta and Kardze counties. In both these cases, PAP forces flagrantly abused their power and fired indiscriminately into huge crowds of peaceful protesters in Tibet. The level of repression in these areas has only increased since then as Tibetan areas in Sichuan Province remain under rigorous surveillance and blocked to outsiders. Not surprisingly, the manual states that PAP officers who had participated in the “3/16” and “3/18” incidents as well as the violent crackdowns may suffer from nightmares or insomnia as they are reminded of their involvement in such incidents. The small saving grace of the ongoing tragedy in Tibet in this context is that there are some armed Chinese officers whose conscience are pricked and morally outraged by the inhumane consequences of their actions.
    On the psychological crises suffered by some armed officers when faced with defiant Tibetan protesters, point 16 says:
    Some comrades when they see troublemakers challenging them with Tibetan swords and stones lose their composure and become confused and discouraged, while some, when they see [protesting] maroon-robed monks, become uncomfortable and confused. [Some comrades] even fear to react when faced with such situations. Such reactions diminish the strength of armed forces’ valour and resolve in punishing [the troublemakers]. This situation is taken very seriously by the armed forces and efforts are made to complete the work successfully.
    In this context, it is useful to remember that since 2008, the Chinese government has unleashed the scourge of domestic Chinese nationalism to justify its violent rule in Tibet and thus widening the ethnic hostility between Tibetans and Chinese. Official Chinese media has labeled Tibetans as ungrateful, uncivilized and wild people. Point 16 is an example of the Chinese attempts to instill enmity in the PAP so they will not hesitate to attack Tibetan protestors. This is in stark contrast to the Chinese singing paeans to ethnic unity.
    Rather than speaking of ethnic unity, the manual reinforces the myth of wild, fearful Tibetan barbarians in the eyes of the Chinese saying:
    No matter how [physically] strong or intimidating the Tibetan separatists may look, we [the armed forces] fulfill the needs of the masses. Under the leadership and support of the Chinese Communist Party, Central Military Commission, and president Hu Jintao, as well as support from the masses, we can fight the battle of maintaining long-term stability in Tibet.
    It should be noted that the increased security build-up and repressive measures in Tibet are implemented with active support from the central government authorities including the Chinese president.
    The manual describes the conflicts faced by some PAP officers about the choice of their career after experiencing the “dangerous and complex” work of stability maintenance in Tibet. It says:
    The duty of maintaining stability in Tibet is tough, ridden with dangers, full of conflicts, [daily struggle] between death and life in the hailstorm of swords and guns
    In the section dealing with the issue of emotional breakdowns and other psychological symptoms suffered by some first-time Chinese officers in Tibet, the manual says:
    Many armed officers and soldiers posted for the first time in Tibet to work in stability maintenance become indisposed with psychological problems, including difficulty managing tempers and becoming scared to the point of losing confidence. Particularly during tense standoffs and unexpected incidents, a handful of officers become frozen with fear and paranoia unable to respond in timely fashion.

    It further adds:
    By clearly recognizing the political strategy [and context] of the stability maintenance work in Tibetan areas, we must ensure the victory of Chinese government and the Chinese state by following the ‘three principles’, the ‘three principles of caution’, and the ‘six mindsets required during PAP actions’.
    However, this rallying call cannot hide the consequences of China’s Tibetan policy, which has not only damaged Tibetans but also caused a moral crisis among the very people China relies on to execute their inhumane strategy.
    Notes:

    1. ‘Weakness of the Oppressor’ From Jean-Paul Satre’s preface to Franz Fanon’s The Wretched of the Earth

    2. The People’s Armed Police Force, China Daily (US Edition), 2009 www.chinadaily.com.cn/60th/2009-08/26/content_8619526... From Chinese White Paper www.china.org.cn/english/features/book/194480.htm

    3. For a scanned copy of the manual in Chinese language, please contact [email protected]
    Source : TCHRD



    International Union of Socialist Youth blames China for self-immolations in occupied Tibet
    Redazione - Lun, 13/05/2013 - 09:38

    Around 130 delegates representing over 60 countries converged in Dortmund, Germany from May 8-9 at the World Council of the International Union of Socialist Youth (IUSY).Representing Tibet at the World Council, Tsewang Rigzin, President of Tibetan Youth Congress presented an in depth report on the unprecedented number of self-immolations inside Tibet.Addressing the World Council, he said “political repression, cultural assimilation, environmental destruction and economic marginalization of the Tibetan people by the illegal Communist Chinese regime has led the Tibetan people to resort to the only option left for them to defy the continuing occupation of Tibet and oppression of the Tibetan people”.He added, “we have delegates from world over here and I appeal you all to lobby your leaders to pressure the Chinese government to resolve the issue of Tibet”. The delegates then unanimously passed the following resolutions on Tibet.
    Resolution on Tibet:
    While reaffirming all resolutions adopted in the past IUSY Asia Pacific Committee Meetings, World Council and World Congress, and keeping in mind the unprecedented 117 self-immolations by Tibetans in occupied Tibet, the IUSY World Council 2013 in Dortmund condemns China’s continued occupation of Tibet and oppression of the Tibetan people and regards these as the root cause of all the self-immolations and further:
    Demands the People’s Republic of China to:
    - Immediately allow an international fact-finding delegation including UN officials, foreign diplomats and media to assess the ground reality in occupied Tibet.
    - Immediately stop harassment, arbitrary arrests and imprisonment of family members, relatives and friends of self-immolators.
    - Immediately release all political prisoners including 11th Panchen Lama, Gedun Choekyi Nyima.
    Representing the IUSY Asia Pacific Committee, TYC President introduced resolution, “Regional Cooperation against China’s “Bullying” of its Asian neighbors”. This resolution addressed the following territorial disputes, China, Indonesia and Taiwan over waters NE of Natuna Isslands; Philippines, Taiwan and China over Scarborough Shoal; Vietnam, Taiwan and China over waters west of Spratly islands; Vietnam, Taiwan and China over the Paracel Islands; China and Japan over Senkaku island etc. And the resolution was passed calling for regional cooperation among Asian nations as a sign of solidarity and to end all forms of colonial and imperial adventures by China.
    After the World Council, during the three days of Workers Youth Festival, the delegates will be screened a video presentation on self-immolations by TYC President followed with an in-depth question and answer session.
    IUSY World Council is held every two years to determine the policies and its implementations and controls the activities of the Presidium.
    IUSY was founded in 1907 and is the largest political youth organization in the world with about 150 member organizations from more than 100 countries fighting for change all over the world for over 100 years now.