SPERIAMO CHE IL GOVERNO CINESE CAMBI STRATEGIA E CHE RINUNCI ALLA VIOLENZA E ALLA OPPRESSIONE .COME TU DICI YESHE,E COME DICONO IN MOLTI ORMAI IN TUTTO IL MONDO POLITICO E NON , IL DIALOGO E SOLO QUESTO PUO' ESSERE FONTE CERTA DI RIAPPACIFICAZIONE E NON LA SOPPRESSIONE E L'IMPOSIZIONE SISTEMATICA DI UN MODO DI VIVERE CHE NON APPARTIENE AL POPOLO TIBETANO .
da www.dossiertibet.it/ Tibet : Another self-immolation at Lab monastery Redazione - Ven, 10/02/2012 - 05:57 Sources said an unidentified monk set himself ablaze at Lab monastery in Tridu county, the scene of protests against Chinese rule by about 1,000 Tibetans on Wednesday.The county is in Yulshul prefecture.The name and other details of the monk protester were not immediately available.After that incident, the Chinese authorities took away the Khenpo and other high lamas of the monastery to the prefecture headquarters in Yushu.The monks of Lab monastery and other Tibetans in the area are waiting for the Khenpo and lamas to return.If they do not return by today, they are determined to start protests against the Chinese authorities. Lab monastery is located on the other side of the mountain where 1,400 Tibetans had protested against Chinese rule a day earlier.
Tibet : Chinese security personnel killed two Tibetans
Redazione - Gio, 09/02/2012 - 19:52 Chinese security personnel hunted down and killed two Tibetans who suffered bullet wounds in the January 23 protests in Drango.The two have been identified as Yeshi Rigsel, 40 and Yeshi Samdup, 38.Yeshi Rigsel had suffered bullet injuries to his arm on January 23 in Drango when Chinese security personnel opened fire on unarmed Tibetans.At least five Tibetans are dead and over 30 seriously injured in the police firings.The two brothers, Yeshi Rigsel and Yeshi Samdup had fled Drango town after the protests and were hiding in the mountains.The police had been on the look out for all the protesters in the near by areas, knowing that the ones nursing bullet injuries won’t be able to run for long. After days of manhunt, the Chinese police tracked down the two brothers in the near by mountains and killed both of them at around 9.30 am local time. The two deceased brothers belonged to a nomadic family from Norpa, near Drango. Protests in Drango flared up the first day of Chinese new year, after local Chinese Public Security Bureau officials began to arbitrarily arrest Tibetans on suspicion of their involvement in the appearance of leaflets and posters around the town warning of more Tibetan self-immolations if the Chinese government did not listen to Tibetan concerns. The unarmed protesters, many of whom were farmers and nomads raised slogans calling for freedom in Tibet and the return of the Dalai Lama. As the protests grew stronger, the Public Security Bureau and People's Armed Police intervened by using guns to rein in the protesters. Earlier information had confirmed the death of Norpa Yonten and another unnamed Tibetan. Following the protest, the entire region was placed under an undeclared martial law with police arresting 100 Tibetans from Drango on suspicion of their participation in the mass protests
Tibet: nuova immolazione Autorita' hanno arrestato monaci di Lab 10 febbraio, 08:26
(ANSA) - SHANGHAI, 10 FEB - Un monaco di circa 30 anni si sarebbe dato fuoco sulla strada principale che porta al monastero di Lab, nella provincia del Qinghai (il nome cinese della provincia autonoma del Tibet) nella contea di Tridu (Chenduo per i cinesi). Le autorita' hanno arrestato alcuni dei monaci piu' alti in grado nel monastero. E altri due tibetani di cui uno monaco, sarebbero stati uccisi dalla polizia cinese che li ricercava per aver partecipato alle proteste a Draggo, nella prefettura di Kardze.(ANSA).
“Riconoscete la grave situazione e preparatevi alla guerra contro il sabotaggio secessionista”. Lo scrive oggi riferendosi al Tibet il Global Times, citando un discorso di Chen Quanguo, il capo del partito comunista cinese in Tibet. Chen ha ricordato che la battaglia contro ‘la cricca del Dalai Lama’ è “lunga, complicata e anche acuta”, minacciando i funzionari che non seguiranno queste indicazioni, di cacciarli se incapaci di mantenere la stabilità. “Dobbiamo fare di tutto per vincere la battaglia contro i separatisti” scrive il Global Times citando Chen, le cui parole son state avallate, come riporta il quotidiano, anche da Xu Zhitao, membro del dipartimento del fronte unito del lavoro del comitato centrale del partito, secondo il quale “i secessionisti guidati da Dalai Lama appaiono più determinati a organizzare complotti quest’anno”. Anche altri giornali tibetani, come il Ganzi Daily, hanno scritto di “battaglie decisive” contro la cricca del Dalai Lama che pone una grossa sfida alla stabilità dell’area.
Nuova immolazione in Tibet e polizia uccide due manifestanti
Nuova immolazione di tibetani. Secondo informazioni di organizzazioni che si battono per i diritti civili, un monaco di circa 30 anni si sarebbe dato fuoco sulla strada principale che porta al monastero di Lab, nella provincia del Qinghai (il nome cinese della provincia autonoma del Tibet) nella contea di Tridu (Chenduo per i cinesi). Dopo l’incidente le autorita’ cinesi hanno arrestato alcuni dei monaci piu’ alti in grado nel monastero portandoli nel loro quartier generale a Yushu. L’immolazione del monaco e’ giunta poche ore dopo di quella di un ex monaco di diciannove anni ad Aba, nel Sichuan. Al momento, sono 22 o 23 (se venisse confermata una di ottobre della quale non si hanno molte notizie) le immolazioni, comprese quelle di due donne, dal febbraio del 2009, di cui 20 solo dal marzo del 2011. Dall’inizio di febbraio con quest’ultima sono 5 le immolazioni. E altri due tibetani di cui uno monaco, due fratelli, sarebbero stati uccisi dalla polizia cinese che li ricercava da oltre due settimane per aver partecipato alle proteste lo scorso 23 gennaio a Draggo, nella prefettura di Kardze (Ganzi in cinese) della prefettura autonoma tibetana. In quella occasione in migliaia hanno protestato contro l’occupazione cinese del Tibet chiedendo il ritorno del Dalai Lama. La polizia fece fuoco sulla folla, uccidendo almeno 7 manifestanti e ferendone diversi. Il monaco, Yeshe Rigsal, era rimasto ferito ad un braccio ed insieme a suo fratello, Yeshe Samdrub, era scappato in una zona remota. Dopo giorni di ricerche, la polizia, secondo quanto raccontano Ong, li avrebbero trovati e uccisi sul colpo.
TIBET IN FIAMME: ALTRI DUE CASI DI AUTO IMMOLAZIONE
Dharamsala, 12 febbraio 2012. Tutto il Tibet orientale è infiammato da un’ondata di manifestazioni e proteste spontanee che ormai si succedono quotidianamente. In questo clima di crescente e ormai irrefrenabile tensione dobbiamo purtroppo dare notizia di altri due casi di auto immolazione: una giovanissima monaca si è data fuoco ieri, 11 febbraio, a Ngaba, a pochi giorni di distanza dall’immolazione di un monaco che ha cercato di darsi la morte il giorno 9 febbraio nella prefettura di Keygudo, contea di Tridu, nella regione del Qinghai. La monaca, Tenzin Choedron (nella foto), di soli diciotto anni, appartiene al monastero di Mamae Dechen Choekhorling, di Ngaba, lo stesso al quale apparteneva Tenzin Wangmo, la religiosa ventenne che si era data fuoco lo scorso 17 ottobre. Alle ore 18.00, ora locale, Tenzin, gridando frasi di protesta contro il governo cinese, si è cosparsa di benzina ed è stata avvolta dalle fiamme. Testimoni oculari hanno riferito che non è immediatamente morta sul luogo dell’immolazione. Il personale di sicurezza cinese ha caricato la giovane su un furgone che si è diretto, presumibilmente, verso Barkham. Le forze armate cinesi hanno circondato il monastero, situato a circa tre chilometri da Ngaba, e ne hanno impedito l’accesso. Il giorno 8 febbraio, Sonam Rabyang, un monaco non ancora quarantenne, si è dato fuoco nel primo pomeriggio a La, una cittadina della contea di Tridu, nella prefettura autonoma di Keygudo, Yulshul in lingua mandarina, teatro lo stesso giorno di un’imponente manifestazione di protesta. Le sue condizioni sono gravi. Come precedentemente riportato, quattrocento monaci del monastero Dzil Kar hanno dato inizio alla protesta subito affiancati da migliaia di tibetani laici non appena il personale di sicurezza cinese ha tentato di fermarli. Le proteste sono continuate per tre ore. I monaci reggevano striscioni in cui si chiedeva il ritorno del Dalai Lama e la liberazione dei prigionieri politici, compreso l'XI Panchen Lama. Il giorno 8 febbraio la protesta è esplosa anche nella vicina Nangchen. Circa cinquecento di tibetani, seduti per terra, hanno dato inizio alla recitazione di un’antica preghiera tibetana, il “Ghangri Rawae”, che rende omaggio all’identità nazionale tibetana e auspica lunga vita al “regno del Dalai Lama”. Un breve video diffuso da Voice of America, mostra i tibetani che, vestiti in abiti tradizionali, cantano, mangiano la tsampa e augurano lunga vita al leader spirituale tibetano. Nella seconda parte del video, i tibetani lanciano in aria la tsampa in segno di offerta e gridano “Ki hi hi”, il tradizionale incitamento alla guerra. Alcuni chiedono il ritorno dall’esilio del Dalai Lama, altri gridano “vittoria al Tibet”. Sale a tre il numero dei tibetani che si sono dati fuoco tra l’8 e l’11 di questo mese, ventitré dal marzo 2011. Nel paese vige una legge marziale di fatto. Si contano almeno una dozzina di morti caduti sotto i colpi d’arma da fuoco della polizia intervenuta con la forza per sedare le recenti manifestazioni di massa. Si temono purtroppo nuovi spargimenti di sangue e nuove violenze.
13/02/2012 10:52 TIBET - CINA Ngaba, muore con il fuoco una monaca buddista di 18 anni Tenzin Choedron proveniva dal monastero di Mamae Dechen Choekhorling: è la 23esima vittima di questa forma di protesta contro il dominio comunista. Il governo, invece di cercare il dialogo, continua a preferire il pugno di ferro contro la popolazione.
Dharamsala (AsiaNews) – Tenzin Choedron, una monaca buddista tibetana che si è data fuoco per protestare contro il dominio cinese in Tibet, è morta durante la corsa verso l’ospedale di Ngaba, nel Sichuan. A riferirlo sono oggi i media cinesi, che puntano di nuovo il dito contro “la cricca del Dalai Lama, colpevole di fomentare questi atti”. Dal febbraio del 2009, sono oramai 23 i religiosi che si sono dati fuoco per chiedere libertà religiosa e il ritorno del loro leader spirituale in patria. Secondo quanto riferito ieri dal governo tibetano in esilio, la giovane 18enne - che proveniva dal monastero di Mamae Dechen Choekhorling - si è data fuoco ad un incrocio stradale pronunciando slogan contro il governo cinese. Le forze di sicurezza l’hanno immediatamente portata via e hanno chiuso il monastero: la monaca non è morta sul colpo, ma è stata portata via in luogo sconosciuto dagli agenti della polizia cinese. Ngaba si conferma l’epicentro di questa forma di protesta: qui si sono verificate 14 auto-immolazioni, delle quali cinque dall’inizio di febbraio. Il Dalai Lama e tutte le altre personalità spirituali del buddismo hanno più volte chiesto ai loro fedeli di non compiere questi atti e di pensare sul lungo periodo, ma hanno ammesso che le privazioni a cui sono costretti i tibetani in Tibet sono terribili e aumentano di anno in anno. La polizia, su ordine del governo centrale comunista, invece di cercare il dialogo e frenare le morti, continua a tenere sotto strettissimo controllo le regioni dove vivono i tibetani, bloccando le strade e impedendo i collegamenti anche telefonici. Il segretario regionale tibetano del Partito comunista cinese ha invitato i suoi funzionari alla “guerra contro i secessionisti del Dalai Lama”, minacciando i funzionari che non si adoperano di cacciarli. Tibetan acts of self-immolation rise amid the battle for hearts and minds
Special report: in Aba, a remote town on the Tibetan plateau, the Guardian witnesses how Chinese authorities are trying to quell dissent through security, propaganda and 're-education' http://www.guardian.co.uk/world/video/2012...t-protest-video
On the roof of the world, Chinese paramilitaries are trying to snuff out Tibetan resistance to Beijing's rule with spiked batons, semi-automatic weapons and fire extinguishers. Every 20 metres along the main road of Aba, the remote town on the Tibetan plateau that is at the heart of the current wave of protests, police officers and communist officials wearing red armbands look out for potential protesters. Dozens more paramilitaries sit in ranks outside shops and restaurants in an intimidating show of force. At the nearby Kirti monastery, Chinese officers in fire trucks keep a close eye on pilgrims prostrating themselves, in case their devotion turns to immolation. Outsiders are not supposed to see this. The Chinese authorities have gone to great lengths to block access to Aba, in north-western Sichuan, which is home to more than half the 23 monks, nuns and lay Buddhists who have set fire to themselves in acts of defiance aimed at the Chinese Communist party in the past two years. The authorities have blocked internet and mobile phone signals. Checkpoints have been set up on surrounding roads to keep outside observers, particularly foreign journalists, away. But after a 10-hour drive through mountain valleys and snow-covered plains, the Guardian was able to get into Aba and witness how the authorities are trying to quell dissent with security, propaganda and "re-education" campaigns. These tactics have had little success. Despite flooding Aba with security personnel, the protests continue. The latest occurred on Saturday. Tenzin Choedron, an 18-year-old nun, shouted anti-Chinese protests as she ignited her petrol-soaked body in Aba, exile groups said. Her whereabouts and condition are now unknown. Three days earlier, a former Kirti monk sacrificed himself in similarly horrific fashion. Rinzin Dorje, was taken to a hospital but his whereabouts and wellbeing are also unclear. Such acts of suicide and self-mutilation are escalating and widening. According to exile groups, there have been 23 self-immolations in the past two years, including six in the past eight days. The Chinese government disputes the number but acknowledges more than a dozen cases, and has warned of further unrest. The tension is rippling outwards. Last week, in the provincial capital Chengdu, armed riot police with fire extinguishers to hand watched the crowds in the main Chunxi shopping district. Out of their sight, a Tibetan monk from Qinghai said the situation had worsened. "Now is difficult for Tibetans. The controls are very strict. There are many more police." In the city's Tibetan quarter, police patrol cars were parked every few dozen metres. Many locals felt intimidated. "It's difficult to talk. It's very sensitive. They say people have died," said one shopkeeper from Aba. Others in the area were desperate for information from locked-down areas on the Tibetan plateau. "My mother, father and husband are still there. It's a worry. I haven't been able to call for more than a week," said a restaurant owner from Seda, where protests and self-immolations have also been reported. "The government says only one person was killed, but we heard dozens were taken away and we don't know what has happened to them." With more demonstrations expected before the Tibetan new year next week, Chen Quanguo, the communist party chief of Tibet, told security personnel to ready themselves for "a war against secessionist sabotage," according to a recent article in the Tibet Daily. The countermeasures appear to include the use of lethal force. Security forces shot and killed a Tibetan monk and his brother on Thursday, according to Free Tibet. Yeshe Rigsal and Yeshe Samdrub had reportedly been on the run for more than two weeks after participating in a protest in Draggo, in Ganzi (known in Tibetan as Kardze), calling for the return of the Dalai Lama. Protests have broken out in several areas, but the most intense have been in Aba, known in Tibetan as Ngaba – a mountainous area of north-west Sichuan that has been resisting Chinese Communist party rule for decades. In the 1930s, Mao Zedong encountered opposition here during his Long March. In 2008, it was the scene of some of the bloodiest clashes with security personnel. And 13 of the current 23 self-immolations have occurred here. Today, Aba has road blocks, spot checks and a security presence reminiscent of conflict zones in the Middle East or Northern Ireland. But the violence here is, for the most part, self-inflicted. And the battle is not for territory, but for hearts and minds and beliefs. Locals are under pressure to show loyalty to the authorities. Chinese flags fly on every building. Posters emphasise the need for stability and harmony to achieve economic development. The Tibetan community is divided. "We are all Buddhists, but I don't agree with the self-immolations. That is the act of extremists," said one monk on the road near Aba. "We need peace." But others are frustrated as restrictions have tightened and the prospects of a negotiated settlement diminish. There has been no dialogue between the Chinese government and emissaries of the Dalai Lama since 2010. Meanwhile, the authorities have stepped up security and controls on monasteries. A major source of discontent has been the lengthy "re-education campaigns" imposed on monks, who are forced to publicly renounce the Dalai Lama as a reactionary traitor and profess their patriotism and loyalty to China. "They call it re-education, but in reality it means threats and intimidation. Monks would rather die than accept this," said Kanyag Tsering, a monk who has been in exile for 13 years. "I am very concerned that if current policies continue unchanged, there will be a rise in self-immolation protest and even more terrifying forms of protest." Aba has long had one of the densest concentrations of monks and monasteries on the Tibetan plateau. Because of its importance, it's been subject to a stranglehold, said Kate Saunders of the International Campaign for Tibet. "In Tibet, the monasteries serve the function of universities. What is happening now is like a military blockade of Oxford and Cambridge. It's as if the UK tried to prevent students from studying anything except what the government wanted them to study. There is no breathing space." China says its measures are necessary because the unrest has been plotted by the Dalai Lama and his followers. "Because of the violent incidents of mobbing and smashing, the Chinese government has taken appropriate measures to meet the desire of Tibetan communities for stability," said foreign ministry spokesperson Liu Weimin. "The incidents in some areas do not affect the harmony and stability of ethnic groups in China." The prospects for calm appear remote. A professor at the Minorities University – who asked to remain anonymous – said the security presence was greater this year than it was during the deadly uprisings of 2008. "There are serious problems in the relationship between Han and Tibetans. It has got worse these past four years," the professor said.
da: http://partecinesepartenopeo.wordpress.com...e-o-munaciello/ 11 febbraio 2012 Uighuri e tibetani metà dei giornalisti arrestati in Cina Oltre la metà dei 27 giornalisti incarcerati in Cina sono di etnia tibetana e uigura. Lo sostiene il (CPJ), Committee to Protect Journalist, in un rapporto pubblicato sul suo sito web. In aggiunta il CPJ ha denunciato che due giornalisti uiguri risultano scomparsi sin dalla sera di una loro programmata apparizione in televisione nel 2011. “Questi due casi – spiega Madeline Earp, ricercatore per il programma Asia di CPJ – sono la prova che sono stati arrestati per privare le comunità di una voce. Si tratta di una tendenza che risale ai disordini etnici in Tibet e nello Xinjiang nel 2008 e 2009″. I reporter Abdulghani Memetemin (condannata a nove anni nel 2002 per aver rivelato segreti di stato), e Mehbube Ablesh (condannato a tre anni con l’accusa di separatismo nel 2008) avrebbero dovuto essere entrambi rilasciati nel 2011 ma finora rimangono irreperibili e non ci sono ulteriori informazioni sui loro casi. Altri casi citati dalla Earp comprendono Dhondup Wangchen che ha inviato la sua famiglia dal Tibet a Dharamsala, nel nord dell’India, poco prima di essere arrestato nel 2008 (per aver realizzato un documentario sulla vita tibetana sotto il dominio cinese), Gheyret Niyaz, responsabile di un sito internet uiguro, imprigionato per aver accettato un colloquio con i media di Hong Kong, e Dilixiati Paerhati, la cui scomparsa fu denunciata dal fratello che vive nel Regno Unito. L’unica notizia positiva del rapporto del CPJ, relativamente alla Cina, riguarda il fatto che il paese non più il peggior carceriere per il mondo della stampa. La Cina, secondo le ultime statistiche, èinfatti finita al terzo posto dopo Iran e Eritrea, che hanno al momento rispettivamente 42 e 28 giornalisti dietro le sbarre.
11 febbraio 2012 Per la Cina il Panchen Lama non è agli arresti domiciliari. E dove sta dal 1995? La Cina continua ad affermare, quasi 17 anni dopo la sua sparizione forzata, che Gedhun Choekyi Nyima, l’11mo Panchen Lama del Tibet, non è agli arresti domiciliari. Le autorità cinesi hanno riferito che il ragazzo sta “ricevendo una buona educazione e che la sua famiglia è contenta della vita che ha adesso”. Lo rende noto un rapporto del gruppo di lavoro dell’ONU sulle sparizioni forzate o involontarie (WGEID) sottoposto alla 19ma sessione del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu. Il Panchen Lama non è stato visto da quando, a sei anni, è stato prelevato dalla sua abitazione nel maggio 1995 insieme alla sua famiglia, e nessuno degli appelli della comunità internazionale per avere informazioni sulla sua sorte è stato mai soddisfatto. Per Amnesty International Gedhun Choekyi Nyima, questo il nome del Panchen Lama, è il più giovane prigioniero politico al mondo. Al suo posto, Pechino ne ha istallato uno vicino al suo governo. Il gruppo di lavoro WGEID aveva nei mesi scorsi manifestato preoccupazione per le sparizioni di 54 tibetani che sono stati arrestati a seguito delle proteste a Kardze, nella regione del Tibet orientale, nel giugno e luglio del 2011, come pure per le sparizioni dei “circa 300 monaci” dal monastero di Kirti a Ngaba la notte del 21 aprile 2011, che “sarebbero stati arrestati e portati verso destinazioni sconosciute in dieci camion militari dagli agenti della polizia”.
» 10/02/2012 12:15 TIBET - CINA Tibet, la polizia cinese uccide un monaco buddista e suo fratello I due non stavano manifestando, ma erano nascosti in un luogo protetto: avevano partecipato alle proteste del 23 gennaio contro la dominazione cinese. Premier tibetano ad AsiaNews: “Siamo sconvolti da tanta violenza. La comunità internazionale mandi degli ispettori per scoprire la verità sul Tibet”. Dharamsala (AsiaNews) - Le autorità cinesi che occupano il Tibet hanno ucciso questa mattina un monaco buddista tibetano e suo fratello, colpevoli di aver partecipato a una manifestazione contro il dominio comunista, che si era conclusa con la morte di circa 6 manifestanti. Mentre arrivano le conferme di una nuova auto-immolazione (la 22esima), il premier tibetano in esilio dice ad AsiaNews: “Siamo sconvolti da tanta violenza”. Le autorità cinesi hanno inseguito per più di due settimane Yeshe Rigal, monaco 40enne, e il fratello 38enne Yeshe Samdrub: entrambi avevano partecipato alle manifestazioni della contea di Draggo, convocate per chiedere il ritorno del Dalai Lama e concluse con una sparatoria e con centinaia di arresti. Da allora i due si erano rifugiati in un luogo ritenuto sicuro. Kalsang, monaco del monastero di Drepung, racconta: “Era in fuga, ma i cinesi hanno circondato il posto dove si trovava insieme al fratello. Dopo averli fatti uscire, gli hanno sparato”. Nel frattempo, arrivano le prime conferme di una nuova auto-immolazione, questa volta da parte di un monaco del monastero di Lab. Anche questo monastero è noto per il sostegno al Dalai Lama, e nel mirino delle autorità. Lobsang Sangay, primo ministro del governo tibetano in esilio, dice ad AsiaNews: “Siamo addolorati e increduli per il continuo aumento delle auto-immolazioni. Inoltre siamo molto preoccupati per l’invio di migliaia di soldati in Tibet e dal bando imposto da Pechino ai media stranieri nella provincia. Apprezziamo le dichiarazioni di molte nazioni, ma chiediamo alla comunità internazionale di fare un’azione concreta: mandate le vostre delegazioni in Tibet a investigare sulla verità”. (NC)
Tibet/ premier in esilio, pronti al piu' alto sacrificio
«Tutto il mondo sa che la tragedia dei tibetani che si danno fuoco non è terrorismo, come dicono i cinesi. Sono atti di resistenza. Ma ai cinesi non importa nulla di cosa il mondo pensi davvero del Tibet e delle violazioni dei diritti umani. E proprio questa tracotanza a preoccupare la comunità internazionale quando osserva l'ascesa della Cina sulla scena globale». Lo dice in un'intervista al Corriere della Sera Lobsang Sangay, giurista di Harvard ma anche il «primo ministro» del governo tibetano in esilio. «Noi - prosegue -, governo in esilio, non abbiamo mai incoraggiato questi sacrifici e abbiamo chiesto di astenersi da misure estreme. Detto questo, l'essenza delle proteste resta il fatto che i tibetani non accetteranno mai l'occupazione militare del Tibet e lo status di cittadini di seconda classe». «Chi si arde - sottolinea - vuole attrarre l'attenzione del mondo sul Tibet. Atti di altruismo, il più alto sacrificio possibile». «L'obiettivo del mio governo - prosegue - è garantire, attraverso il dialogo pacifico con i rappresentanti di Pechino, una genuina autonomia nella cornice della Costituzione cinese». La soluzione pacifica della questione, conclude, non dipende solo dai tibetani e dall'atteggiamento dei cinesi, ma anche «dal sostegno al dialogo da parte della comunità internazionale».
UNA NUOVA IMMOLAZIONE A NGABA. MORTA TENZIN CHOEDRON. NUOVE MANIFESTAZONI. LO SGOMENTO DEI TIBETANI IN ESILIO.
13 febbraio 2012. Mentre stavamo per dare notizia della morte di Tenzin Choedron, la diciottenne monaca immolatasi a Ngaba il giorno 11 febbraio, abbiamo appreso dal gruppo londinese Free Tibet dell’auto immolazione di un altro giovanissimo monaco, Lobsang Gyatso, di soli diciannove anni. Lobsang, che apparteneva al monastero di Kirti, si è dato fuoco a Ngaba alle ore 14.00, ora locale. Le forze di sicurezza cinesi hanno spento le fiamme e, mentre lo trascinavano via, lo hanno picchiato. Non si conoscono ancora le sue condizioni né dove sia stato portato.
Lobsang, è il secondo teenager a darsi fuoco nell’arco di tre giorni. Originario della città di Cha, era uno degli studenti più brillanti del suo corso. Due giovani tibetani, presenti sulla scena dell’immolazione, sono stati picchiati dalla polizia. Uno è riuscito a fuggire grazie all’aiuto di alcuni passanti ma il secondo è stato fermato. Testimoni oculari riferiscono che sanguinava copiosamente. Attorno a Ngaba sono stati rafforzati i posti di blocco e in tutta l’area è in atto una vera e propria caccia all’uomo. Secondo notizie filtrate dal Tibet, il numero delle immolazioni è destinato ad aumentare: sono infatti in molti, laici e monaci, i tibetani pronti a morire per la libertà del Tibet. È quanto ha affermato Lobsang Yeshe, un monaco del monastero di Kirti in esilio, che in un’intervista rilasciata al sito tibetano Phayul ha parlato di “un punto di non ritorno”. “Sono molti i tibetani pronti a darsi fuoco nelle prossime settimane”, ha dichiarato Lobsang Yeshe. “Anche i genitori e i parenti di quanti si sono auto immolati non si dicono rattristati o dispiaciuti, al contrario affermano di essere fieri del coraggio che i loro congiunti hanno mostrato nello sfidare il governo cinese e le sue politiche repressive”. Sabato 11 febbraio, circa duecento persone hanno dato vita a una manifestazione di protesta nella piazza del mercato di Jyekundo, nell’omonima prefettura autonoma. Le forze di sicurezza hanno circondato e chiuso la piazza e alcuni dimostranti sono stati arrestati. Ma il giorno seguente, 12 febbraio, un numero ancora maggiore di tibetani si è riunito in un diverso punto della città, piazza Gesar. La situazione a Jyekundo è molto tesa e alla gente è vietato lasciare la città. Ad alcuni è impossibile perfino girare per le strade. A Lhasa, molti tibetani tornati dall’India dopo aver preso parte all’iniziazione di Kalachakra sono trattenuti in locande ed alberghi. Non è loro consentito alcun contatto con l’esterno ed è stato loro comunicato che lo stato di isolamento si protrarrà almeno fino al mese di aprile. Il 9 febbraio, Chen Quanguo, capo del Partito della Regione Autonoma, ha ordinato a tutti i responsabili della sicurezza di “riconoscere la gravità della situazione” e di essere pronti “a una guerra contro il sabotaggio secessionista”. “La battaglia contro la cricca del Dalai Lama sarà lunga, complicata e talvolta anche violenta”.
Lo sgomento dei tibetani in esilio
Con il perdurare dell’ondata di auto immolazioni, i tibetani in esilio dichiarano di sentirsi scioccati e di nessun aiuto per non essere in grado di alleviare le sofferenze dei compatrioti all’interno del Tibet. “Non ho mai pianto in vita mia, nemmeno quando sono mancati i miei genitori, ma in questi ultimi mesi ho pianto molto”, ha dichiarato un giovane tibetano nel corso di un convegno organizzato dal Tibetan Youth Congress. “Le mie lacrime non sono solo dettate dal dolore ma anche dallo sconforto per non poter far nulla per i miei fratelli e sorelle in Tibet”, ha aggiunto. Lo stesso senso di impotenza ha accomunato molti dei presenti. Altri hanno criticato l’Amministrazione Centrale Tibetana, colpevole di aver deluso le aspettative dei tibetani all’interno del Tibet. “Sono stanco delle fiaccolate su e giù per McLeod Ganj”, ha detto un altro tibetano. “È ora di organizzare campagne più forti e decise in grandi città oppure di riproporre la Marcia per il Tibet, come nel 2008”. È stato chiesto alla gente di dare suggerimenti e mettere per iscritto le proprie idee. “Dove siete voi del Tibetan Youth Congress e di Students for a Free Tibet? Per favore, mettetevi alla testa dei tibetani” – si leggeva in un messaggio. Soepa, un attivista del movimento, ha dichiarato che è in preparazione qualcosa di veramente importante e significativo. “Ancora non conosco il dettagli” – ha affermato – ma stiamo organizzando qualcosa di concreto, forse entro questo stesso mese”.
Fonti: Free Tibet – Phayul - ITN
14/02/2012 TIBET - CINA Tibet: giovane monaco 19enne si dà fuoco. La polizia cinese arresta un attivista
Lobsang Gyatso, del monastero di di Kirti, a Ngaba, si è auto-immolato per protesta contro l'occupazione di Pechino. Le forze di sicurezza lo hanno picchiato in modo selvaggio mentre spegnevano le fiamme. Non vi sono conferme ufficiali del decesso. Le autorità hanno fermato Dawa Dorje, avvocato e difensore dei diritti dei tibetani.
Dharamsala (AsiaNews) - Un giovane monaco di appena 19 anni si è dato fuoco ieri pomeriggio nella provincia cinese del Sichuan, in un'escalation di protesta contro la repressione imposta da Pechino. Si tratta del secondo gesto estremo in due giorni di ragazzi tibetani (cfr. AsiaNews 13/02/2012 Ngaba, muore con il fuoco una monaca buddista di 18 anni) e porterebbe a 24 il numero delle vittime - anche se non vi sono conferme ufficiali sul decesso - dal febbraio 2009. Intanto, le autorità cinesi hanno fermato un famoso avvocato che difende i diritti e la cultura delle popolazioni tibetane. Lo riferiscono fonti locali, che denunciano la scomparsa di Dawa Dorje - ricercatore governativo a Nagchu, nella Regione autonoma del Tibet (Tar) - dalla scorsa settimana nelle mani dei funzionari di Pechino per aver espresso preoccupazione per "la chiusura dei monasteri". Nel pomeriggio di ieri Lobsang Gyatso, del monastero di Kirti, nella città di Ngaba, provincia del Sichuan, si è dato fuoco in pieno centro. Fonti locali, citate da International Campaign for Tibet (Ict) e Free Tibet, raccontano che è intervenuta la polizia, lo ha picchiato in modo selvaggio mentre spegneva le fiamme e lo ha portato via. Intanto le forze di sicurezza cinesi hanno allestito dei punti di controllo in tutta la città e hanno avviato irruzioni nelle case e perquisizioni a tappeto fra gli abitanti. Fonti anonime confermano inoltre il fermo dell'avvocato Dawa Dorje, arrestato all'aeroporto di Gonggar, a Lhasa, capitale del Tibet. Al momento "non si hanno ulteriori informazioni" sulla vicenda, raccontano le fonti, e la famiglia "sta cercando disperatamente di rintracciare il luogo in cui egli è detenuto". Un amico di Dorje che vive in India, identificato con il solo nome di Rabgye, ha spiegato a Radio Free Asia (Rfa) che l'avvocato di recente aveva visitato il Sichuan, teatro da settimane di una violenta protesta anticinese. "Mi ha riferito - racconta l'amico - che la fonte maggiore di preoccupazione è la continua chiusura di monasteri a Driru". Lo scorso fine settimana oltre 200 tibetani hanno manifestato nella città di Kyegudo, nella prefettura di Yulshul, mentre nella città di Kardze gli attivisti hanno innalzato dei cartelloni in cui chiedono l'indipendenza del Tibet. Nelle strade di McLeodganj, sobborgo di Dharamsala, i tibetani hanno brandito le foto di 22 persone della comunità che si sono date fuoco negli ultimi anni, mentre sarebbe in preparazione un video di denuncia che ritrae immagini di roghi e auto-immolazioni avvenute dal 2008 a oggi. Il Dalai Lama e molte personalità del buddismo hanno più volte chiesto ai loro fedeli di non compiere questi atti e di pensare sul lungo periodo, ma hanno ammesso che le privazioni di libertà a cui sono costretti i tibetani aumentano di anno in anno. La polizia, su ordine del governo centrale comunista, invece di cercare il dialogo e frenare le morti, continua a mantenere sotto strettissimo controllo le regioni dove vivono i tibetani. Il segretario regionale tibetano del Partito comunista cinese ha invitato i suoi funzionari alla "guerra contro i secessionisti del Dalai Lama", minacciando i funzionari che non si adoperano di cacciarli.
13 febbraio 2012 da: (http://partecinesepartenopeo.wordpress.com...e-o-munaciello/ Nuova immolazione, la 24ma, per il Tibet, stavolta è un monaco 19nne Non si arrestano le immolazioni con il fuoco di giovani monaci e monache tibetani come forma di protesta estrema contro l’occupazione cinese del Tibet, che dura dal 1959. Secondo il sito della dissidenza ‘Free Tibet’, un giovane monaco, Lobsang Gyatso, 19 anni, si e’ dato fuoco oggi nella prefettura di Aba, conosciuta come Ngaba in tibetano, nella provincia di Sichuan, a forte presenza tibetana. ”Personale della sicurezza nazionale cinese ha estinto le fiamme e lo ha trascinato via con la forza: non conosciamo le sue condizioni ne’ dove sia stato portato”, informa il sito. Il monaco e’ il 24mo tibetano che si immola col fuoco dal marzo del 2011 come forma estrema di protesta contro l’occupazione cinese del Tibet. Questa mattina e’ morta in ospedale per le ustioni riportate una monaca diciottenne che si era data fuoco sabato urlando slogan contro l’occupazione cinese. La maggior parte delle immolazioni sono avvenute nelle zone della Cina a forte presenza tibetana, come la prefettura di Ngaba, dove 14 persone, in maggioranza giovani monaci e monache, si sono suicidati con il fuoco. La regione e’ teatro di proteste anti-cinesi dal 2008 e da allora e’ isolata dal resto della Cina ed e’ irraggiungibile per giornalisti, diplomatici e attivisti dei gruppi umanitari internazionali. Secondo le Organizzazioni non governative per i diritti umani, questi gesti evidenziano la disperazione suscitata dalla repressione religiosa e culturale che le autorità di Pechino hanno messo in atto contro la popolazione tibetana. Il governo cinese ha condannato tale forma di protesta, affermando che i casi di ”auto immolazione” dei tibetani sono manovrati dall’estero e precisamente dalla ”cricca” che vuole riportare al potere il Dalai Lama, tuttora in esilio. La comunità internazionale ha più volte accusato il governo di Pechino per la repressione dei tibetani, ma senza grande fermezza.
Tibet: Wen, "protesta di pochi monaci" "Senza sostegno popolare", dice, non menziona autoimmolazioni 14 febbraio, 12:35
(ANSA) - PECHINO, 14 FEB - Per il premier cinese, Wen Jiabao, sono solo "pochi monaci, che non hanno il sostegno popolare", a portare avanti le proteste anticinesi in Tibet. Rispondendo oggi a una domanda nella conferenza stampa tenuta a conclusione del vertice Cina-Ue a Pechino, Wen non ha fatto riferimento diretto alle "autoimmolazioni" - le 24 persone, in gran parte monaci, che si sono dati fuoco per protesta nelle zone a popolazione tibetana della Cina - né alla manifestazioni popolari dei giorni scorsi.
14/02/2012
"Autoimmolazioni, lo zenit della resistenza nonviolenta". Parla il "premier" tibetano
Scritto da: Marco Del Corona alle 05:54 del 14/02/2012
“Tutto il mondo sa che la tragedia dei tibetani che si danno fuoco non è terrorismo, come dicono i cinesi. Sono atti di resistenza. Ma ai cinesi non importa nulla di cosa il mondo pensi davvero del Tibet e delle violazioni dei diritti umani. E’ proprio questa tracotanza a preoccupare la comunità internazionale quando osserva l’ascesa della Cina sulla scena globale. Se alla Cina serve davvero il rispetto del mondo, deve capire cosa sta dietro le autoimmolazioni. Se non affronta le sofferenze autentiche dei tibetani, la loro resistenza nel prossimo futuro continuerà”. Lobsang Sangay, giurista di Harvard, è il Kalon Tripa, il “primo ministro” del cosiddetto governo tibetano in esilio. Ha assunto la piena leadership politica ereditata dal Dalai Lama, che resta la guida spirituale dei buddhisti tibetani. “L’avversario è potente, le sfide pazzesche…”, confida in quest'intervista al Corriere della Sera. GIUSTIFICAZIONE FILOSOFICA Gli atti di protesta nelle aree tibetane continuano, ultima vittima una monaca diciottenne. Incombe l’anniversario dei moti del 2008. Rispondendo da Dharamsala, in India, Sangay definisce le autoimmolazioni “lo zenit della resistenza nonviolenta, perché darsi fuoco distrugge il proprio corpo ma non tocca l’avversario, cioè i cinesi. Noi, governo in esilio, non abbiamo mai incoraggiato questi sacrifici e abbiamo chiesto di astenersi da misure estreme. Detto questo, l’essenza delle proteste resta il fatto che i tibetani non accetteranno mai l’occupazione militare del Tibet e lo status di cittadini di seconda classe. E dunque è una reazione naturale: dove c’è oppressione, c’è resistenza”. Ma per un buddhista il suicidio è filosoficamente giustificabile? “E’ un tema molto complesso. Ma chi si arde vuole attrarre l’attenzione del mondo sul Tibet. Atti di altruismo, il più alto sacrificio possibile”. AVVERSARI, NON NEMICI Nato nel 1968 da una famiglia povera scappata dal Tibet nel ’59, dottorato in legge ad Harvard, Sangay dice “avversario”, non “nemico”. E “governo” cinese, non “regime”. E’ una sfida politica: “L’obiettivo del mio governo è garantire, attraverso il dialogo pacifico con i rappresentanti di Pechino, una genuina autonomia nella cornice della Costituzione cinese. E’ la ‘via di mezzo’ formulata dal Dalai Lama cui ho il dovere costituzionale di attenermi”. Ha mai incontrato inviati di Pechino? “Finora no”. Quando le trattative? “Risolvere pacificamente la questione del Tibet non dipende solo da noi. Dipende anche dall’atteggiamento dei cinesi, se sono davvero interessati a una soluzione amichevole alla crisi tibetana, e dal sostegno al dialogo da parte della comunità internazionale. Tuttavia, come dimostrano le autoimmolazioni, i cinesi stanno adottando una repressione estremamente dura e sono lontanissimi dall’idea di un tavolo negoziale. Ma noi siamo pronti a trattare. In ogni momento e ovunque”. DIALOGO Per Sangay esistono “alcune cose che Pechino potrebbe fare per mostrare buona volontà”. Eccole: “Via il controllo militare intorno ai monasteri. Basta con la demonizzazione del Dalai Lama e col divieto di mostrare le sue immagini. Quindi la Cina potrebbe rilasciare i prigionieri di coscienza in cella e dare una buona volta dettagli precisi sul Panchen Lama riconosciuto dal Dalai Lama”, arrestato bambino e sostituito nel ’95 con un Panchen Lama organico a Pechino. Tuttavia tra i cinesi, riconosce, “c’è un numero sempre maggiore di intellettuali e giuristi che esprimono preoccupazione per come il governo cinese tratta i tibetani. Un centinaio di loro firmò una petizione nel 2008. Correndo rischi personali, avvocati cinesi si sono esposti per difendere dei manifestanti tibetani arrestati. Mettono in discussione le politiche sbagliate del governo in Tibet. Segni di come cresca la consapevolezza dei cinesi han circa la reale situazione in Tibet”. FANTOCCI La propaganda cinese insiste sul miglioramento delle condizioni di vita, il piano quinquennale ha stanziato per il Tibet 212 miliardi di renminbi (25 miliardi di euro). “Ma esperti indipendenti hanno mostrato chiaramente che a godere dei principali benefici economici in Tibet sono i cinesi han. I leader comunisti di etnia tibetana non hanno potere reale: sono fantocci e non hanno il potere di tenere alcun canale di comunicazione con noi. Comandano i quadri han. Anche il Panchen Lama di Pechino è un fantoccio”. Mentre “i cinesi provano a dividere i tibetani senza riuscirci”, la comunità internazionale non sembra invece avere intenzione di infastidire più di tanto Pechino. “Ma l’Occidente sa bene che nella vita umana l’economia non è tutto. Esistono valori non spendibili, come i diritti umani e altre libertà civili. La repressione di intellettuali e avvocati in Cina e l’occupazione del Tibet macchiano l’ascesa di Pechino. Se Pechino e la comunità internazionale vogliono che cessino le autoimmolazioni, allora le legittime richieste dei tibetani vanno prese in considerazione, se non accolte immediatamente. Il gioco delle accuse non serve a nulla”.
Tibet : Tibetan Culture Advocate Detained da: (www.dossiertibet.it/) Redazione - Mar, 14/02/2012 - 14:33
A popular advocate of Tibet’s traditional culture and language is believed to have been detained by Chinese authorities, as another Tibetan self-immolated in protest against Chinese rule.One source, calling from inside Tibet, told that Dawa Dorje, who works as a government researcher in Nagchu prefecture in the Tibet Autonomous Region (TAR), was detained last week after expressing concern over the closure of Tibetan monasteries.He was picked up at Tibet's capital Lhasa's Gonggar Airport, the source said, speaking on condition of anonymity."There is hardly anyone in Nagchu who doesn't know about this young Tibetan Dawa Dorje," the source said. Dorje's age is not known."He was detained at Gonggar Airport. He was arrested and taken away but details are not known. His family members could not locate him and are desperately trying to find out where he has been detained," the source said.
Ten of Twenty Seven Journalists Jailed in China Are Tibetans Tuesday, 14 February 2012 12:03 The Tibet Post International
Dharamshala: - As the Chinese authorities continue to ban access to journalists attempting to report on the situation inside Tibet, a global annual census on imprisoned journalists conducted by a leading international NGO promoting press freedom reveals that 10 out of 27 known journalists imprisoned in China are Tibetans. Six are Uyghurs. The Committee to Protect Journalists (CPJ) in its December 2011 Prison Census on China said that Tibetans and Uyghurs form the bulk of journalists jailed in China, adding this unfortunate trend dates back to the widespread 2008 and 2009 protests in Tibet and East Turkestan (Chinese: Xinjiang) respectively. (Please click here for the CPJ Survey: www.cpj.org/imprisoned/2011.php#china)
The ten imprisoned Tibetan journalists are documentary filmmaker Dhondup Wangchen (sentenced to 6 years since December 28, 2009, detained in March 26, 2008); Kunchok Tsephel Gopey Tsang, online writer for Tibetan cultural issues website, Chomei (15 years since November 2009, detained in February 26, 2009); Kunga Tsayang aka Gangyi, political essayist, photographer and environmental activist (5 years since November 2010, detained in March 17, 2009); Tashi Rabten, writer /publisher of Shar Dungri magazine (4 years since 2 June 2011, detained since April 6, 2010); Dokru Tsultrim, the twice-detained monk writer for Khawai Tsesok journal (formal charges undisclosed); Jolep Dawa, writer and editor of Durab Kyi Nga magazine (3 years since October 2011, detained in October 1, 2010); Choepa Lugyal aka Meycheh, freelance writer for Shar Dungri magazine (formal charges and wherabouts are unknown, detained in October 19, 2011). The writer and editor Jangtse Donkho aka Nyen and his fellow writer for Shar Dungri magazine Buddha were detained since June-July 2010. Both were sentenced to 4 years imprisonment subjected to hard labor since October 2010 while another writer for Shar Dungri, Kalsang Jinpa aka Garmi who was arrested along with Nyen and Buddha was sentenced to 3 years in October 2010. In January 2011, the three were imprisoned subjected to hard labor in Mianyang jail near Chengdu, capital of Sichuan Province. In light of extreme restrictions and censorship laws placed on any information related to Tibet as ''state secrets'', the number that this survey throws up may not be the complete picture. There might be more unknown and unreported cases of rights violations and power abuses on the part of the Chinese government. John Kamm of Dui Hua Foundation had said the current number could be inconclusive. Dechen Pemba, editor of High Peaks Pure Earth reported on 1 February 2012 that some very popular privately-run Tibetan language blogs had gone offline. According to Pemba, the offline message on 1 February on the blog site Rangdrol.net said, “For the sake of life, we are mourning and crying.†But attempts by TCHRD to access the site on 10 February met with a warning/error message. Likewise on 10 February, when TCHRD tried to reach the blog section of website AmdoTibet, a curt offline notice in Tibetan said the blog was unavailable from 1 February to end of March 2012. But the 1 February notice on the blog, according to Pemba said, ''Due to some of the blog users not publishing in accordance with the goal of this site, the blog has temporarily been shut down, we hope that blog users will have understanding!'' These are just few of the examples of many other Tibetan websites that are shut down frequently by the Chinese authorities to block information and opinions inconvenient to the Chinese government. This state-supported practice to gag Tibetan voice, by arresting and imprisoning their collective spokespersons, steadily contribute toward silencing the conscience of a people.
Quanta violenza. Ho un dubbio (se qualcuno ha già porto una domanda simile, scusate la distrazione): forse il mio è un pensiero sciocco, ma mi chiedo cosa pensino di questi fatti i praticanti e i monaci cinesi, anche di altre tradizioni. Qualche maestro buddhista cinese ha mai espresso un parere in merito?
Non è possibile esprimere pareri sulle azioni del governo cinese ,mi sembra . Pena il taglio della lingua ,o giù di lì . Monasteri e praticanti in Cina fanno fatica per esistere ,ma chi vuole sa ,quel che si pensa a riguardo . Il silenzio (degli innocenti nel caso) può essere una utile e assordante espressione ,in merito ,contro la ferocia dei governanti che reprimono sempre chi è d'idea contrapposta alla loro . Ma credo che il pensiero di un praticante cinese non sia dissimile da quello di tutti gli altri praticanti ,parlando di buddhismo,nel mondo .
Monaci continuano a darsi fuoco ma Cina minimizza. Premier di Pechino Wen: “Sono solo pochi esagitati in Sichuan”. (da http://notizie.radicali.it/) 15-02-2012
Il Tibet brucia, e non solo per le autoimmolazioni dei monaci e dei civili che si danno fuoco per protestare contro la ''repressione'' cinese. Con quella di ieri del monaco Lobsang Gyatso, del monastero di Kirti situato ad Aba (Ngaba in tibetano), nella provincia sud occidentale del Sichuan, le autoimmolazioni hanno raggiunto quota 24, di cui ben sette in febbraio. Oltre ai gruppi di tibetani in esilio, anche la stampa cinese diffonde notizie che danno l'idea di un territorio in permanente stato di rivolta. Vaste aree delle zone tibetane delle province del Sichuan, Gansu e Qinghai, oltre che della Regione autonoma del Tibet, sono chiuse a tutti gli osservatori esterni dal 2008 e verificare le notizie in modo indipendente è impossibile. Secondo il quotidiano governativo “Global Times”, ''violente proteste sono scoppiate in gennaio'' nella contea di Luhuo, nella prefettura autonoma tibetana di Ganzi (Garze o Kardze in tibetano), sempre nel Sichuan. ''Gruppi di manifestanti, soprattutto secessionisti tibetani tra cui alcuni monaci, hanno lanciato slogan sull'indipendenza del Tibet, hanno sfasciato edifici del governo e hanno assaltato una stazione di polizia'', scrive il giornale. Il “Global Times” aggiunge che ''il giorno seguente i contestatori hanno colpito Seda (Serthar in tibetano, nella stessa zona)'' dove ''hanno lanciato bombe molotov e pietre, ferendo 14 funzionari di polizia''. ''Da allora, le aree a popolazione tibetana del Sichuan hanno conosciuto una serie di incidenti che, secondo le autorità locali, sono opera delle forze secessioniste tibetane'', prosegue il giornale. Il sito di esuli tibetani in India 'Phayul' sostiene dal canto suo che manifestazioni di protesta sono state ''represse violentemente'' dalle forze di sicurezza cinesi in almeno altre due località del Sichuan, l'8 e l'11 febbraio scorsi. Il premier cinese Wen Jiabao, rispondendo a una domanda in conferenza stampa a Pechino in occasione del vertice Cina-Unione Europea, ha sostenuto che a protestare ''in forme estreme'' sono solo ''pochi monaci che non hanno il sostegno della popolazione''. Wen ha ricordato i massicci investimenti che sono stati fatti negli anni scorsi per ''migliorare le condizioni di vita della popolazione''. Che però, secondo fonti tibetane, vanno a beneficio soprattutto degli immigrati cinesi nella regione. Secondo le autorità di Pechino, tutto ciò che avviene in Tibet e' frutto di ''complotti'' della ''cricca del Dalai Lama'', il leader tibetano e premio Nobel per la Pace che dal 1959 vive in esilio ma che ha mantenuto una forte influenza sulla popolazione tibetana. Il Dalai Lama afferma di chiedere per il Tibet quella che chiama ''una vera autonomia'' e ha dichiarato più volte, negli ultimi 20 anni, di non ritenere praticabile l'opzione dell'indipendenza del territorio. Ma Pechino continua ad accusarlo di perseguire segretamente la secessione. Secondo il gruppo umanitario Campagna internazionale per il Tibet, le autoimmolazioni col fuoco sono state fino ad oggi 24 delle quali tre - che sarebbero avvenute il 3 febbraio a Ganzi e a Seda - non sono state confermate. La prima, quella di un giovane monaco chiamato Tapey, risale al febbraio del 2009, anche lui di Aba. Tutte le altre si sono verificate a partire dal marzo del 2011.
Cina: Wen Jiabao, rispetto e tutela della libertà religiosa della popolazione dell'etnia tibetana 2012-02-15 10:42:39 cri ( Radio Cina Internazionale)
Il 14 febbraio a Beijing il premier cinese Wen Jiabao ha dichiarato che la Regione Autonoma del Tibet attua l'autonomia regionale etnica e presta particolare attenzione alla tutela dell'ambiente e della cultura tradizionale tibetana, tutelando, al contempo, la libertà religiosa della popolazione tibetana. Wen Jiabao ha affermato che, incitare i monaci tibetani a compiere azioni estreme per minare alla stabilità della regione, danneggia lo sviluppo regionale dell'etnia tibetana e gli interessi della popolazione tibetana, quindi è impopolare. Wen Jiabao ha rilasciato la suddetta dichiarazione durante l'incontro tenuto assieme al presidente del Consiglio europeo, Hernan Van Rompuy, e il presidente della Commissione europea, Manuel Durão Barroso, con i giornalisti cinesi e stranieri, a seguito del 14° colloquio dei leader Cina-Europa.
L’Europa chiama, la Cina risponde ma a metà Scritto da: Marco Del Corona alle 08:22 del 15/02/2012 (Corriere della sera)
Certo, la Cina “è pronta a partecipare a una soluzione alla crisi del debito”. Certo, “vogliamo comunicare e cooperare”. Ma quello che i leader europei volevano da Wen Jiabao, il premier non lo ha detto. Pechino non si espone e continua a non far sapere se davvero investirà nel fondo salva-Stati Efsf o nel suo successore (da luglio) Esm, e se sì con quale porzione dei 3.200 miliardi di dollari delle sue riserve valutarie, con quali modalità, in che data, con quali garanzie. I due presidenti Herman Van Rompuy (del Consiglio europeo) e José Manuel Barroso (della Commissione) non sono riusciti a inchiodare i loro interlocutori al termine del 14° vertice sino-europeo. Hanno elencato le materie trattate, enfatizzato i punti di contatto, hanno preso atto che molto funziona, a cominciare dal fatto che la Ue è la principale destinazione dell’export cinese e che gli scambi bilaterali hanno superato i 460 miliardi di euro nel 2011.
ECONOMIA DI MERCATO E’ Van Rompuy ad aver allungato alla Cina una specie di carezza, sottolineando come per la prima volta sia stata messa nero su bianco la “volontà politica” di discutere il riconoscimento della Cina come economia di mercato (Mes). Si tratta di un obiettivo politico primario di Pechino e Van Rompuy ha indicato il punto 10 del comunicato congiunto in 31 paragrafi, due righe scarse nelle quali “i leader hanno rimarcato che particolare importanza dev’essere data al lavoro per la soluzione” della questione “in modo rapido e onnicomprensivo”. Obiettivo non visto con simpatia dall’attuale commissario al Commercio, Karel De Gucht, il Mes dovrebbe comunque passare al vaglio dei singoli Stati.
IMPRESE Sullo sfondo dei fragori greci, Barroso ha rivendicato “alcune parti del successo della Cina” perché questa “ha beneficiato grandemente delle politiche d’apertura e dei mercati dell’Europa”. Avanti così, dunque. Qualche cautela in più dalle imprese, che in un summit parallelo hanno fatto notare il +94% degli investimenti diretti cinesi nella Ue dal gennaio al novembre 2011, anche se – come ha tra l’altro ammesso il presidente della Camera di commercio europea Davide Cucino – per gli imprenditori “l’ambiente normativo per il business in Cina non è che stia diventando più facile”.
TIBET, SIRIA, IRAN Il sorriso di Wen si è indurito non quando si è accennato ai diritti umani (“servono rispetto e oggettività”) ma per rispondere sul Tibet. “E’ parte inalienabile della Cina” così come “i fratelli tibetani” appartengono “alla famiglia dei suoi popoli”. Il premier ne ha rilanciato la crescita “sociale ed economica”, le libertà religiose e ha stigmatizzato “i pochi monaci che compiono atti radicali che non aiutano lo sviluppo e non hanno il sostegno della popolazione”. Tutto sommato più facile l’accordo su Iran e Siria, o quasi. Wen ha assicurato che nel Paese arabo desidera evitare “guerra e caos” ma la Cina “non vuole assolutamente proteggere alcuna parte, tantomeno il governo” di Damasco: “Decida il popolo”. Sull’Iran, van Rompuy ha chiesto a un Wen preoccupato di aiutare la comunità internazionale a “far tornare Teheran al negoziato”. Ai cinesi fanno impressione anche i disordini di Atene. Ma nuovamente – replicando a una giornalista della Xinhua - scatto di orgoglio di Barroso: “Scioperi e manifestazioni sono normali in società aperte dove la gente ha il diritto di protestare”.
Tibet : Chinese have expelled monks from monastery for defying orders to fly the Chinese flag Redazione - Mer, 15/02/2012 - 07:37
Chinese officials have expelled four Tibetan monks from a monastery in Tibet for defying orders to fly the Chinese flag.The expulsion comes as Chinese authorities press a campaign of interference in monastic life in Tibet, leading to monks and nuns abandoning their establishments.On Feb.7, Chinese officials from Pashoe county arrived at the Rawu Shulten monastery in Pashoe and ordered monks to hoist the Chinese national flag and display photos of Chinese leaders inside the monastery.The monks strongly objected to the government’s order, and as a result of this defiance, four monks were expelled from the monastery.A source named two of those expelled as Jampa Dondrub and Jampa Thogme, both from Lhago village in Pashoe county. The names of the other two monks are still unknown. Tension has risen at the monastery in the wake of this incident.Chinese authorities have already forbidden monks under the age of 18 to remain in monasteries.The monasteries hide young monks by locking them up in a room when Chinese officials visit. The Chinese officials have warned that the monastery could be closed if it does not obey the government decree” ordering the display of the flag and photos. The monks are now closely watched by the officials, who are restricting their movements. In Driru county monks and nuns have abandoned many of their monasteries, citing intolerable interference in their daily activities by Chinese authorities. All who were not willing to live under the strict restrictions imposed by Chinese chose to leave.
Xi Jinping è in visita ufficiale negli Stati Uniti.Domani si recherà in un allevamento di maiali nel quale era stato ospite in passato.Le agenzie di stampa però non chiariscono in quale veste avesse soggiornato nella pittoresca fattoria degli animali. Un biografo del futuro despota ha subito chiarito che in passato Xi "si occupava di maiali".Sono confortato dal chiarimento e credo che questa esperienza gli sarà sicuramente utile per gestire al meglio il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese.
Tibet, Occidente e soldi cinesi: un copione già visto
14 febbraio 2012
Gabriele Battaglia
Mentre monaci tibetani continuano a darsi fuoco, il futuro leader cinese Xi Jinping incontra Barack Obama a Washington e il premier Wen Jiabao, a Pechino, fa una conferenza stampa congiunta con la delegazione Ue capitanata da Barroso e VanRompuy. Tutto in contemporanea o a distanza di poche ore.
Grazie a Twitter (vietato in Cina, ma si sa…), seguiamo in diretta la conferenza stampa di Pechino. A una domanda di qualche giornalista occidentale sul Tibet, Wen Jiabao risponde: “Il Tibet è parte inseparabile della Cina, i tibetani sono fratelli e sono parte della famiglia del nostro Paese. Il governo ha investito per lo sviluppo del Tibet, e noi rispettiamo le tradizioni tibetane. Qualsiasi tentativo di strumentalizzare le iniziative di piccoli gruppi di monaci non fa l’interesse del Tibet”. Poco prima, a un’altra domanda il premier aveva risposto: “La Cina vuole portare dialogo anche sulle questioni di sicurezza internazionale. Questo dialogo deve essere basato sul rispetto reciproco in tutti i campi, inclusi i diritti umani”. Tradotto: noi non prendiamo lezioni da nessuno. Nulla di nuovo. Risposte scontate a domande scontate. L’impressione, ancora una volta, è che l’Europa agiti a comando la questione tibetana – e più in generale quella dei diritti umani – per puntare altrove, al portafoglio cinese, in una strategia del resto condivisa con l’alleato statunitense.
E loro, i cinesi? Loro, semplicemente, parlano d’altro. Le domande della stampa locale a Wen e Barroso riguardano l’economia e indagano la solidità del sistema Europa dove la Cina, bontà sua, si riserva di decidere se intende investire. E così, sia Barroso sia VanRompuy fanno gli equilibristi sul filo, perché è difficile presentarsi in casa d’altri con il cestino delle offerte e poi far loro la lezioncina sui diritti umani. Ammirevole comunque l’arte retorica esibita dal presidente della Commissione europea: “È vero che ci sono proteste in molti Stati europei. È normale negli Stati in cui la gente ha il diritto di protestare. Le proteste accadono a causa della situazione economica: i cittadini sentono il peso di quella che è stata una politica finanziaria irresponsabile”.
Nel frattempo ad Aba, un’area tibetana del Sichuan, il monaco diciannovenne Lobsang Gyatso si è dato fuoco ieri. È stato prima salvato e poi percosso dalle forze di sicurezza, così almeno recitano le agenzie. Due giorni prima ci aveva provato Tenzin Choedron, una monaca diciottenne del convento di Mamae, sempre in Sichuan: anche lei è stata “salvata” in tempo. Siamo ormai a 23 tentativi di autoimmolazione nell’ultimo anno – dicono fonti tibetane all’estero – di cui 7 negli ultimi dieci giorni e 13 andati a buon fine. Secondo un reportage del Guardian la stessa comunità tibetana sarebbe divisa sul tema delle immolazioni e più che l’”indipendenza” o il ritorno del Dalai Lama, la violenza autoinflitta sarebbe una protesta contro i percorsi di rieducazione – a cui i monaci più riottosi sono sottoposti – e la “sinizzazione forzata”: quel “genocidio culturale” a cui fece riferimento lo stesso Dalai Lama qualche anno fa.
Oggi non ci attendiamo grandi novità dal “San Valentino” tra Obama e Xi, che al suo arrivo a Washington è stato accolto da uno striscione esibito dagli esuli tibetani: “Xi Jinping, il Tibet sarà libero”. Tutto come da copione.
Breaking: Fire rages on in Tibet – Another Tibetan burns to death Phayul[Friday, February 17, 2012 18:51] DHARAMSHALA, February 17: Yet another Tibetan has died in the continuing wave of self-immolation in Tibet.
Dhamchoe Sangpo, a monk from Bongthak Ewam Tare Shedrup Dhargey Ling monastery in the Tsongon region of Amdo, eastern Tibet set his body on fire at around 6 am local time in an apparent protest against the Chinese government. The Dharamshala based Tibetan Parliament-in-Exile, in a release today said that Dhamchoe Sangpo, 38, passed away soon after his self-immolation protest. Dhamchoe Sangpo was the youngest of ten siblings. Following earlier protest by a monk identified as Kalsang from the Bongthak monastery against a planned silver mining project in the region, the monastery had been facing severe repression from local Chinese government authorities.“Off late, Chinese armed forces had surrounded the monastery with military vehicles, hindering the monastery’s prayer ceremonies and warning the monks of sealing the monastery if they failed to behave,” the release said. Although there are no further details available on Dhamchoe Sangpo’s self-immolation, Chinese government officials and armed forces are currently carrying out door to door searches at the monastery.“The monastery is under a military lockdown and the situation there is very tense,” the Tibetan Parliament said.
17/02/2012 CINA – TIBET Al ritorno in Cina, centinaia di arresti fra chi ha pregato con il Dalai Lama A fine dicembre, con il permesso delle autorità, circa 7mila tibetani sono andati in India per la festa religiosa della Bhodigaya, guidata dal Dalai Lama. Oggi, senza alcuna accusa formale, gli agenti stanno rastrellando e arrestando i partecipanti. Una fonte di AsiaNews: "Non vogliono più capire, cercano di trasformare il popolo in uno zombie".
Lhasa (AsiaNews) - Il governo centrale cinese ha ordinato un raid in Tibet per cercare di fermare le proteste anti-comuniste: in questi giorni si sono verificate centinaia di arresti e condanne alla rieducazione tramite il lavoro. Lo denuncia Human Rights Watch. La repressione è nata dopo che 7mila fedeli buddisti si sono recati dal Tibet in India per seguire gli insegnamenti del Dalai Lama. La repressione cinese a questo gesto di sfida - compiuto comunque con il permesso delle autorità locali - era stata anticipata da AsiaNews che, in un articolo dello scorso gennaio [v. www.asianews.it/notizie-it/Pechino-...ione-23817.html] aveva intervistato un lama presente agli insegnamenti del leader buddista. Secondo la fonte, Pechino non aveva compreso la portata dell'evento: «L'aumento della violenza anti-tibetana nasce dalla paura di Pechino, che vede nei tibetani un popolo che non si china più senza reagire ai loro soprusi. Alla fine di dicembre, sfidando la repressione e senza paura delle conseguenze, un gruppo di 6mila fedeli buddisti ha lasciato il Tibet ed è andato in India a seguire la Bhodigaya, una grande festa religiosa guidata dal Dalai Lama. In questo modo hanno dimostrato il loro amore per la libertà religiosa e hanno detto che non hanno paura della Cina". Nel corso di questo incontro, "il Dalai Lama si è rivolto a loro e ha chiesto la fine di tutte le violenze, che non giovano alla causa tibetana e mettono a rischio vite umane preziose. Sono stati dei momenti molto toccanti: buona parte dei presenti non aveva mai visto il proprio leader religioso se non in foto, e diverse centinaia di persone si sono messe a piangere. Chiedono soltanto che possa tornare a casa". Tuttavia, dopo la Bhodigaya, la Cina ha cambiato idea. Senza accuse precise, ha ordinato centinaia di arresti e lavaggi del cervello ai danni di coloro che avevano superato il confine: «Una violenza inaudita - commenta ancora la fonte di AsiaNews - che si spiega soltanto con la schizofrenia di un regime che non cerca più di capire o di confrontarsi. Vogliono un popolo composto da zombi».
A New Chinese Boss Appointed to Run Tibetan Areas in Sichuan
Thursday, 16 February 2012 15:06 The Tibet Post International
Dharamshala - The Chinese government has appointed a so called law enforcement official to run Ngaba of eastern Tibet ( Ch: Aba prefecture in Sichuan province), amid increasing protests in the area. Liu Zuoming, a Han Chinese was appointed as Communist Party secretary of Sichuan province's Aba region over the weekend. It is not clear whether his transfer was prompted by the latest unrest or part of a regular rotation of officials. His predecessor in Aba, Shi Jun, was promoted to police chief for Sichuan.
In a speech posted on the Aba government website, Liu told local officials Saturday that they "must correctly handle the relationship between stability and development. There can be not the slightest relaxation on stability, nor the slightest paralysis or laxity." The 54-year-old has a track record of almost 30 years in law enforcement. The area has seen increased protests and a spate of self-immolations, according to media reports. Aba, a sprawling region that rises from the Sichuan plain up steep valleys to the Tibetan plateau, saw some of the most biggest protests in a rebellion against Chinese rule in 2008. Since then the government has poured in investment to boost the region's economy and heavy security to prevent unrest, though protests - and self-immolations by monks and nuns - have ticked up over the past few years."We must strictly prevent and severely strike at the activities of domestic and foreign hostile forces seeking to split, infiltrate and sabotage," Liu Zuoming was quoted as saying by AFP in a speech he gave to local officials Saturday. "We must thoroughly smash any plot seeking to sabotage the stability of Aba and endanger the unity of the motherland," Liu was further quoted as saying.International media are denied access to the area, making it difficult to verify conflict accounts. Officials in the restive area are under increasing pressure from the government to contain the protests. Last week, the Chinese Communist Party chief in so called Tibet Automonus Region sacked four officials for ''endangering stability'' in the region, Chinese state controlled media, Xinhua reported. The officials were alleged to have left their posts in the Chamdho region during the Lunar New Year. The regional government had issued a warning to officials to maintain stability or face dismissal or criminal charges. In a recent press conference with Chinese Prime Minister Wen Jiabao on the 14 February, Jiabo claimed that, "What is happening in Tibet is being caused by a few monks encouraged by external forces. "A good example exists in 2008, when Jiabao claimed that the Chinese were not shooting at the Tibetan people, despite graphic, photographic evidence of dead Tibetans," Penpa Tsering, the speaker of Tibetan parliament said in a statement. The situation in eastern Tibet has remained consistently grim since the March 2011 self-immolation of a Tibetan named Phuntsok. 23 more Tibetans have self-immolated in protest of the Chinese rule in Tibet since then. Lobsang is the 24th Tibetan since 2009 and the seventh in the past 8 days to self-immolate. As many as 19 monks, nuns and ordinary Tibetans have set themselves on fire over the past year.
New York - An audio recording with the final words of a Tibetan lama who set himself on fire in Tibet on January 8, 2012, in protest of Chinese rule has surfaced from sources in Tibet. Lama Soepa, a spiritual teacher and community leader from Golok in the Kham region of eastern Tibet (Ch: Guoluo Tibetan Autonomous Prefecture, Qinghai Province), urges Tibetans to "unite and work together to build a strong and prosperous Tibetan nation…" in an audio message recorded before his final act of protest. His message addresses Tibetans living inside Tibet and in exile, calling for unity and strength amongst all Tibetans and the preservation of language and culture.
"Lama Soepa's deeply moving message is the most definitive and eloquent articulation of the demands of the 17 Tibetans who have self-immolated for the cause of the Tibetan nation," said Tenzin Dorjee, Executive Director of Students for a Free Tibet. "Lama Soepa clearly explains that his motivation in carrying out this act is to ease the suffering of his fellow Tibetans. His words communicate strength, determination, and a sense of hope for a future in which Tibetans will live free from Chinese rule."
"Contrary to Chinese government claims, Tibetans who have set themselves on fire in protest were exemplary community members and even widely respected Tibetan leaders who displayed courage and integrity in their final acts of defiance -- qualities of character far beyond the reach of the Chinese bureaucrats and officials who attempt to demonize them from Beijing," he added.
The complete translation of Lama Soepa's message is included below. Listen to the audio recording of Lama Soepa's message.
TRANSLATION OF LAMA SOEPA’S AUDIO STATEMENT RECORDED BEFORE HIS SELF-IMMOLATION
To all the six million Tibetans, including those living exile -- I am grateful to Pawo Thupten Ngodup and all other Tibetan heroes, who have sacrificed their lives for Tibet and for the reunification of the Tibetan people; though I am in my forties, until now I have not had the courage like them. But I have tried my best to teach all traditional fields of knowledge to others, including Buddhism.
This is the twenty-first century, and this is the year in which so many Tibetan heroes have died. I am sacrificing my body both to stand in solidarity with them in flesh and blood, and to seek repentance through this highest tantric honor of offering one’s body. This is not to seek personal fame or glory.
I am giving away my body as an offering of light to chase away the darkness, to free all beings from suffering, and to lead them – each of whom has been our mother in the past and yet has been led by ignorance to commit immoral acts – to the Amitabha, the Buddha of infinite light. My offering of light is for all living beings, even as insignificant as lice and nits, to dispel their pain and to guide them to the state of enlightenment. I offer this sacrifice as a token of long-life offering to our root guru His Holiness the Dalai Lama and all other spiritual teachers and lamas.
[Lama Soepa recites the prayer of the Mandala Offering]
/The universal ground purified with blessed water spread, / This magnificent continent adorned with the sun and moon. / I offer them with pure realm of the enlightened in mind, / May all sentient beings enjoy this pure land! / My mind, body, speech, all my possessions and merits, / And this precious Mandala and all other offerings, / I offer all these to the Three Jewels with my fervent prayers, / Compassionately accept these and bless me and all other sentient beings. / I send forth this bejeweled Mandala to you, precious teacher!/
I am taking this action neither for myself nor to fulfill a personal desire nor to earn an honor. I am sacrificing my body with the firm conviction and a pure heart just as the Buddha bravely gave his body to a hungry tigress (to stop her from eating her cubs). All the Tibetan heroes too have sacrificed their lives with similar principles. But in practical terms, their lives may have ended with some sort of anger. Therefore, to guide their souls on the path to enlightenment, I offer prayers that may lead all of them to Buddhahood.
May all spiritual teachers and lamas inside Tibet and in exile live long. Especially, I pray that His Holiness the Dalai Lama will return to Tibet and remain as Tibet’s temporal and spiritual leader.
[Lama Soepa recites the Long-life Prayer for the Dalai Lama.] /Circled by ramparts of snow-mountains, this sacred realm, / This wellspring of all sustenance and happiness. / Tenzin Gyatso, bodhisattva of compassion. / May his reign endure till the end of existence. / May his great deeds spread across the space. All those who have forms and are formless, / Those who bear hostility towards the Buddha dharma, / May all of them be found and defeated, / By the Three Jewels and the power of truth./
[Lama Soepa recites additional prayers.]
To all my spiritual brothers and sisters, and the faithful ones living elsewhere: You must unite and work together to build a strong and prosperous Tibetan nation in the future. This is the sole wish of all the Tibetan heroes. Therefore, you must avoid any quarreling amongst yourselves whether it is land disputes or water disputes. You must maintain unity and strength. Give love and education to the children, who should study hard to master all the traditional fields of studies. The elders should carry out spiritual practice as well as maintain and protect Tibetan language and culture by using all your resources and by involving your body, speech and mind. It is extremely important to genuinely practice Buddhist principles in order to benefit the Tibetan cause and also to lead all sentient beings towards the path of enlightenment. Tashi Delek.
To all my close friends, relatives, students, everyone from my native home and especially xx [name not clear in the audio]; I have not accumulated any wealth in my life. Whatever I had, I spent it on teaching and in pursuit of spiritual matters. This will leave no doubt or talks about having left behind huge sums of money. Thus, my siblings, relatives and patrons from different places should bear this in mind. As for my personal belongings and other items, I hope they will be given away to needy people or offered to spiritual teachers and lamas.
May all the merits that I have accumulated benefit all sentient beings, especially those who are suffering in lower realms such as hell. I offer these prayers for them to attain higher rebirth. [Lama Soepa recites additional prayers.]
Il viaggio americano di Xi Jinping Sonia Montrella per AgiCHINA24 | 17-02-2012 - 05:52:08
(In collaborazione con AGICHINA24) Apertura su sicurezza e commercio in cambio di una maggiore cautela su questioni d’interesse cinese. Questi i risultati della visita in Usa del vice presidente della Cina. Sullo sfondo le presidenziali: Obama non vuole offrire il fianco ai repubblicani, mentre Xi deve tutelare la sua ascesa.
Pechino collaborerà sul dossier sul programma nucleare iraniano e sul regime nordcoreano, Washington, dal canto suo, dovrà tenersi fuori da argomenti sensibili come Tibet e Taiwan. Questa la proposta lanciata agli Stati Uniti da Xi Jinping: vice presidente della Cina impegnato in una visita di stato di 5 giorni negli Usa e destinato, secondo le previsioni, ad assumere la guida del Paese nel marzo del 2013. “Il mondo è scosso da profondi cambiamenti e in questo contesto Cina e Stati Uniti devono raccogliere le sfide e dividersi le responsabilità sul piano internazionale” ha osservato il vice presidente cinese durante il suo intervento all’hotel Marriott Wardman Park di Washington. Incontro, organizzato dal Consiglio per gli affari sino-statunitensi e dal Comitato nazionale per le relazioni Usa-Cina, cui hanno preso parte più di 600 persone tra economisti, accademici e legislatori. Per Xi, è in corso “una nuova fase delle relazioni tra le prime due potenze economiche” soprattutto nel settore commerciale: “l’anno scorso il commercio bilaterale ha raggiunto i 446 miliardi di dollari e ci aspettiamo che superi nel 2012 i 500 miliardi di dollari” grazie a una cooperazione che il vice presidente definisce “un fiume in piena che non può essere arginato”. Tuttavia, ha sottolineato Xi, esistono ancora alcuni ostacoli rappresentati ad esempio dalle barriere sull’export di prodotti high-tech imposto dagli Usa. “Dobbiamo mettere in moto un meccanismo per accrescere la cooperazione bilaterale sopratutto su quelli che sono gli interessi chiave dei due Paesi, quali ad esempio l’Iran e la penisola coreana” ha dichiarato Xi con un messaggio che punta a placare il malcontento sulla posizione, ritenuta dagli americani fin troppo prudente, assunta dal Dragone nei confronti di Teheran e Pyongyang. Ma se sul piano internazionale, Pechino sembra disposto ad aperture, su quello interno esiste una linea di confine che nessuna potenza estera può superare. Un confine che Xi chiama “core interest”: il concetto ha assunto nel corso degli anni diverse denominazioni e sfumature fino ad arrivare a quella attuale con cui il Gigante asiatico indica la sovranità territoriale, rimarcata ormai in tutti i colloqui diplomatici tra il governo cinese e l’estero. “Ci auguriamo che gli Stati Uniti riconoscano quanto prima il Tibet come parte del territorio cinese e si oppongano alla sua indipendenza mostrando cautela in tutte le questioni relative al popolo tibetano”. Nell’ultimo mese la tensione tra tibetani e cinesi è tornata a salire: migliaia di persone sono scese in strada in una prefettura del Sichuan per protestare contro il controllo esercitato dal governo cinese, mentre dallo scorso marzo più di ventina di monaci si sono dati alle fiamme immolandosi per la causa tibetana. Da parte sua Washington ha ripetutamente chiesto a Pechino di riconoscere l’indipendenza della regione autonoma e ricevuto il Dalai Lama alla Casa Bianca – l’ultimo incontro tra Obama e il leader spirituale del governo in esilio a Dharamsala risale al 2010 -. Una posizione che ha più volte incrinato i rapporti tra le due superpotenze. Così come è accaduto con l’appoggio degli Stati Uniti a Taiwan: isola che si è resa indipendente, ma che Pechino considera come parte integrante del suo territorio. Nel 2010 la vendita di un pacchetto armi da 6,4 miliardi di dollari, autorizzata da Bush e approvata da Obama alla “provincia ribelle” ha creato un vero e proprio strappo nei rapporti militari sino-statunitensi ricucito solo alla fine dell’anno. E nella capitale statunitense Xi Jinping è tornato a battere sul tasto: “gli Stati Uniti devono opporsi con azioni concrete all’indipendenza di Taiwan”. Poi il numero due di Pechino ha ‘invitato’ gli Usa ad astenersi da commenti sulla politica del figlio unico che i repubblicani hanno definito una “barbarie”. Se la lunga lista di richieste di apertura su protezionismo, diritti umani e apprezzamento della valuta cinese presentata martedì da Biden e Obama al vice presidente cinese puntava più a mettere a tacere le critiche dei repubblicani che a ottenere risultati, allo stesso modo il monito di Xi Jinping su Tibet e Taiwan – che non costituiscono certo una novità - ha rappresentato sopratutto un messaggio destinato ai cinesi. Xi, che con ogni probabilità è destinato a prendere in mano le redini del governo cinese, ha dovuto mostrare intransigenza sulle questioni care a Pechino per difendere la sua ascesa politica: qualsiasi segnale di indebolimento potrebbe infatti compromettere il cambio di vertice che si terrà il prossimo autunno. Concluso il soggiorno nella capitale con l’incontro alla Camera dei Rappresentanti dove legislatori e politici hanno espresso nuove rimostranze per l’apprezzamento dello yuan e per il veto alla risoluzione sulla Siria, Xi Jinping è volato nell’Iowa. Destinazione DesMoines e Muscatine, città di circa 23mila abitanti dove in veste di funzionario provinciale soggiornò nel 1985 per studiare tecniche agricole. Lì il leader della Cina ha incontrato qualche ‘vecchia conoscenza’: contadini, amici e la coppia che lo ospitò per due notti nella stanza del figlio tappezzata di poster di Star Trek. E sempre lì la delegazione cinese ha firmato un accordo per il commercio di 8,62 milioni di tonnellate di germogli di soia americani. E dopo Muscatine, il vice presidente si è trasferito in California, ultima tappa della visita di stato venerdì e dove secondo il Financial Times verrà siglato un grosso accordo tra la DreamWorks Animation, Shanghai Media Group, China Media Capital. Accordi commerciali a parte, il ‘viaggio a Occidente’ di Xi Jinping si concluderà senza grossi cambiamenti. Restano le frizioni, ma d’altronde quella di Xi, ancora numero due di Pechino, non è stata tanto una visita una visita politica, quanto ‘conoscitiva’. “Sono qui per impegnarmi con la società americana a rafforzare l’amicizia tra il popolo cinese e quello statunitense” ha detto in Iowa Xi Jinping.
Vietnamese Buddhist leader sends Message of Solidarity
DHARAMSHALA: The Most Venerable Thich Quang Do, Patriarch of the Unified Buddhist Church of Vietnam (UBCV), sent his message of solidarity to His Holiness the Dalai Lama and the Tibetan people over the recent crackdown on Tibetans inside Tibet, following the series of self immolations. He has written to His Holiness the Dalai Lama to express the UBCV’s support of the Tibetan people’s struggle for freedom.
The letter, dated 11 February 2012, was sent clandestinely to the International Buddhist Information Bureau (IBIB) from the Thanh Minh Zen Monastery in Saigon, where Thich Quang Do is under house arrest. Two years ago, on 15 March 2008, the most Venerable Thich Quang Do sent his message of Solidarity to His Holiness the Dalai Lama and the Tibetan people, when the mass protests erupted inside Tibet. In his latest letter, which IBIB forwarded to His Holiness the Dalai Lama in Dharamsala, Thich Quang Do wrote: “I am writing to express the profound grief of the Unified Buddhist Church of Vietnam on the recent wave of immolations of Buddhist monks, nuns and lay-followers calling for religious freedom and the return of Your Holiness to the sacred land of Tibet. I am informed that 21 people have self immolated over the past year, with five immolations in the past week alone. These tragic acts have not only taken place in the region of Tibet proper, but also in counties in the Chinese provinces of Qinghai and Sichuan, where many Tibetans live. “Instead of investigating the cause of these acts of protest, the Chinese government has cracked down with intolerable brutality. Vast regions have been sealed off, media black-outs imposed, and Police have shot dead at least six Tibetans in Kham county in Sichuan. Despite this merciless repression, thousands of Tibetans continue to challenge the authorities by organizing candle-light vigils, hunger strikes, marches, and peaceful demonstrations with banners calling for a “free Tibet” and the release of all Tibetan political prisoners. “I was especially moved by the words of Lama Sobha, who self-immolated on January 8th 2012 at his monastery in Golog in the Tibetan area of Amdo, Qinghai. In a moving tape recording made prior to his immolation, he called on Tibetans to unite to protect Tibetan culture, religion and language, and explained the reasons for his immolation: “I am giving away my body as an offering to chase away the darkness, to free all beings from suffering”. “We Buddhists in Vietnam share this vision with Buddhists in Tibet. Self-immolation is indeed a tragic and extreme act, one that should be avoided at all costs. But there are moments when this ultimate gesture, that of offering one’s body as a torch of Compassion to dissipate darkness and ignorance is the only possible recourse. “At the height of the Vietnam War in 1963, Bodhisattva Thich Quang Duc self-immolated in Saigon to call for reconciliation and peace. His act, filmed by the international media, shook the conscience of the world. Since Vietnam fell under Communist rule in 1975, 22 monks, nuns and lay-Buddhists have self-immolated to appeal for religious freedom in Vietnam, including twelve monks and nuns at the Duoc Su Pagoda in Can Tho on 2 November 1975. Under the fierce censorship of the Communist regime, not one foreign journalist was present to record these events. Their sacrifice was stifled in silence. “It is therefore with a deep sense of communion and understanding, but also with infinite pain and grief, that I learn of the immolation of such young Buddhist monks and nuns in Tibet, and the escalation of violence by China’s communist regime to prevent the world from hearing their tragic cry. This situation is a challenge to all humanity. I call upon world leaders to take urgent action, demand an end to the violence and press for an independent international investigation into these cases of self-immolation. “On behalf of the Unified Buddhist Church of Vietnam (UBCV), I pray for all those who have sacrificed their lives, and all those who have suffered repression in these peaceful protests. I wholly support the Tibetan people’s courageous struggle for survival, and share your aspirations for the right to freedom and life. Your suffering is our suffering. Your struggle is our struggle. The Buddhists of Vietnam stand beside you in this non-violent movement for religious freedom and human rights. For without human rights, human beings can never fully and freely exist. “The UBCV will never forget the numerous appeals made by Your Holiness throughout the 1990s to obtain our release from the communist jails. During these dark days, we did not know of your efforts. Only when I was amnestied from prison in 1998 did I learn from the UBCV’s spokesman in Paris, Vo Van Ai, about your humane and crucial interventions. Today, I am still under house arrest at the Thanh Minh Zen Monastery, after almost three decades under different forms of detention. Yet I am always with you in spirit. You are always in my prayers, and I hope with all my heart and strength that you will succeed in guiding the Tibetan people through these difficult times”.
Yours in the Dharma,
Fifth Supreme Patriarch Unified Buddhist Church of Vietnam (signature and seal) Sramana THICH QUANG DO
17 febbraio, 2012
Cina e Tibet, autoimmolazioni e propaganda
Enrica Garzilli su Il Fatto Quotidiano sulle nuove autoimmolazioni di monaci tibetani teenager (3 in 6 giorni!) e sul video con la canzone patriottica d’amore per l’esercito fatto girare dalla Cina quando il vicepresidente Xi Jinping è andato in visita in Usa. Dal che si deduce che le donne tibetane che vivono a Lhasa sono felici di avere le truppe cinesi di occupazione in casa e sono addirittura radiose mentre lavano le divise dei soldati. Enjoy!
[...] A tutti quelli che, commentando sulle atroci auto immolazioni dei monaci tibetani hanno affermato che per il Tibet meglio il governo della Cina della teocrazia del Dalai Lama: non sapete che il governo tibetano ha un Parlamento con un primo ministro eletto, Lobsang Sangay, e che l’anno scorso il Dalai Lama ha rinunciato al suo ruolo di capo di governo? Lobsang è un laico, non un monaco, e parla di democrazia come dell’unico mezzo per risolvere la questione fra Cina e Tibet. Prima di parlare a vanvera ci si deve informare. E se proprio uno vuole fare il rivoluzionario, magari anche un po’ di amore verso questa gente non guasterebbe. Perché, per dirla con il Che: …lasciatemi dire che il vero rivoluzionario è guidato da un grande sentimento di amore. È impossibile pensare a una vera rivoluzione che manca di questa qualità. Dobbiamo lottare ogni giorno in modo che questo amore per l’umanità sia trasformato in azione, in atti che servano da esempio, come una forza che smuove. http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/17...mo-cina/191925/
Tibet : Chinese authorities have demolished retreat structures at Lhalung and Gonpasar Redazione (dossier tibet) - Sab, 18/02/2012 - 07:40 Chinese authorities have evicted Buddhist retreatants from two hermitages and ramped up security around a restive county in Tibet where monks and nuns are protesting Chinese state intrusion into monastery affairs, according to Tibetan sources.More than 20 retreatants were expelled from two traditional hermitage sites outside the Tibetan capital Lhasa on Feb. 12.The retreat structures at Lhalung and Gonpasar were then demolished.The move came as a source reported a buildup of security forces in Tibet’s Driru county, the scene of recent monastery closures as monks and nuns abandoned their establishments to protest Chinese state intrusion into monastery affairs.
Tibet : Another Self immolation in Ngaba Redazione (dossier tibet)- Dom, 19/02/2012 - 15:21 Nya Drul (18 year old) from Zamthang in Amdo Ngaba self immolated near Jonang Monastery this noon in protest against Chinese Government.Despite Chinese security forces attempt to forcibly confiscate his dead body, the monks of Jonang Monastery successfully retrieve the body in the Monastery and the ritual prayers are being conducted.Nya Drul set himself on fire and died on the spot.Nya Drul has also left his testament.Tibetans in exile fear that there will be more loss of Tibetan lives and bloodshed in the coming days coinciding with the Tibetan New Year which falls on 22nd February and on the Anniversary of the Tibetan National Uprising in March.
.................. The Great 13th Dalai-Lama, in the conclusion of his Political Testament, gave this advice on defending Tibetan sovereignty against Chinese aggression, in 1932 Gyatso left a “Political Last Testament,” predicting:
“In the future, this system [Communism] will certainly be forced either from within or without on this land…If, in such an event, we fail to defend our land, the holy lamas…will be eliminated without a trace of their names remaining;…our political system…will be reduced to an empty name; my officials…will be subjugated like slaves to the enemy; and my people, subjected to fear and miseries, will be unable to endure day or night.” “.…we should make every effort to safeguard ourselves against this impending disaster. Use peaceful means where they are appropriate; but where they are not appropriate, do not hesitate to resort to more forceful means” (emphasis added).
Dossier Tibet. Tibet : The Chinese authorities have labeled the self-immolators as terrorists.
25° IMMOLAZIONE IN TIBET: MORTO A NGABA UN ALTRO DICIOTENNE Dharamsala, 19 febbraio 2012. Un ragazzo tibetano di diciotto anni, Nya Drul, si è dato fuoco oggi pomeriggio a Ngaba, la città dell’Amdo teatro del maggior numero delle auto immolazioni che dal marzo 2011 si stanno drammaticamente succedendo in Tibet. Il giovane è morto all’istante. Il suo corpo si trova ora all’interno del monastero Dzomthum di Ngaba dove i monaci stanno officiando le rituali cerimonie funebri.
Tsayang Gyaltso, un monaco del monastero di Kirti a Dharamsala, ha fatto sapere che anche Nya Drul, come Sonam Wangyal – conosciuto come Sopa Tulku - immolatosi a Golok Darlak il giorno 8 gennaio, prima di darsi la morte ha lasciato un testamento spirituale. Il numero dei tibetani disposti ad auto immolarsi come estremo atto di resistenza contro l’oppressione cinese in Tibet continua a crescere e i tibetani in esilio, come tutti noi, temono che nei prossimi giorni, in coincidenza con il Capodanno tibetano - che cadrà il 22 febbraio – e in occasione del 10 marzo – anniversario dell’insurrezione di Lhasa - ci saranno altre perdite di vite umane e nuovi spargimenti di sangue. In tutto il Tibet orientale si susseguono le manifestazioni di protesta, nonostante il massiccio dispiegamento di forze di polizia e dell’esercito. Il 18 febbraio tre monaci del monastero di Zilkar, nella regione di Tridu, sono stati arrestati. Facevano parte del gruppo di quattrocento monaci dello stesso monastero che il giorno 8 febbraio avevano inscenato una pacifica dimostrazione di protesta chiedendo il ritorno dall’esilio del Dalai Lama e la liberazione dei prigionieri politici, incluso il Panchen Lama. Quattro monaci sono stati allontanati dal monastero di Rawu Shulten, nella regione di Pakshoe, per essersi rifiutati di esporre la bandiera rossa e i ritratti dei leader cinesi all’interno dell’istituto monastico. I funzionari governativi cinesi hanno in un secondo tempo ordinato la chiusura del monastero. Fonte: Phayul
The Dalai Lama to preside over official ceremony prior to Losar hunger fast Phayul[Monday, February 20, 2012 13:15] By Tendar Tsering
DHARAMSHALA, February 20: Tibetan spiritual leader His Holiness the Dalai Lama will preside over the early morning Losar, Tibetan New Year official ceremony on February 22 at Tsug-la Khang, at the main temple in Mcleod Ganj, Dharamshala.
According to the Dalai Lama’s private office, some of the local Indian senior citizens will also attend the official ceremony. Following the ceremony, which includes prayer sessions and traditional rituals, Tibetans, led by the members of the Tibetan Parliament-in-Exile will begin a day long campaign in solidarity with Tibetans inside Tibet. The day long hunger strike will begin at 10 am IST with the rendition of the Tibetan National anthem and a minute’s mourning for the victims of police firings and self-immolations in Tibet. According to the Central Tibetan Administration, 23 Tibetans have set their bodies on fire demanding the return of the Dalai Lama from exile and freedom in Tibet. Last week alone, three Tibetans torched their bodies protesting China’s continued occupation of Tibet. Nangdrol, an 18 year-old monk from the Jonang Dzamthang Gonchen monastery in Dzamthang, Ngaba, eastern Tibet died immediately after torching his body yesterday. The parliamentarians will observe a prayer session followed by the screening of video clips depicting the critical situation inside Tibet throughout the day. The day long hunger strike will end with a candle light vigil in the evening. The Tibetan Parliament had earlier urged Tibetans all over the globe to observe fasting on February 22 to show solidarity and support with Tibetans inside Tibet. The Tibetan leadership in exile and rights groups have expressed fear of more self-immolations and bloodshed as many parts of Tibet continue to remain under an undeclared martial law with Chinese security personnel gunning down unarmed Tibetan protesters in recent weeks.
Scrittore tibetano arrestato dai cinesi (La Repubblica. esteri)
Repressione delle proteste antigovernative nel Tibet. Venti agenti per prelevare il dissidente, di cui non si hanno più notizie. Silenzio delle autorità locali
SERTHAR - Uno scrittore tibetano, Gangkye Drubpa Kyab, è stato arrestato dalla polizia cinese nell'ambito della repressione delle proteste antigovernative nella contea occidentale di Serthar. Lo rende noto il sito d'informazione Voice of Tibet, con sede in Norvegia, precisando che l'autore è stato prelevato nella sua casa da oltre 20 agenti mercoledì sera e non è stato ancora rilasciato. Le autorità locali sostengono di non sapere nulla del caso. Secondo Voice of Tibet, che cita come fonte un politico tibetano in esilio, quando la moglie dello scrittore ha chiesto di esibire un mandato d'arresto, gli agenti hanno risposto che volevano semplicemente parlare con il marito. A Serthar, che è anche conosciuta come Seda, il mese scorso si sono verificati scontri tra manifestanti tibetani e forze di sicurezza e almeno due tibetani sono rimasti uccisi. Stando alla versione fornita dal governo, i dimostranti avrebbero attaccato una stazione di polizia, ma non è chiaro se Drubpa Kyab fosse coinvolto nelle proteste. Lo scrittore, 33 anni, è nato a Serthar e fa l'insegnante da oltre 10 anni. Nell'ultimo anno oltre 20 tibetani, perlopiù monaci ed ex monaci, si sono dati fuoco in segno di protesta contro i metodi repressivi adottati dal governo di Pechino e le forze di sicurezza hanno risposto intensificando i controlli.
Kalon Tripa’s Losar Statement
Tashi Delek to Tibetans and friends around the world! Warm Losar greetings from Dharamsala, which falls on February 22.
As requested, please do not celebrate Losar this year, but do observe traditional and spiritual rituals by going to the monastery, making offerings, and lighting butter lamps for all those Tibetans inside Tibet who have sacrificed and suffered under the repressive policies of the Chinese government. News from Tibet continues to be grim. Tibet is virtually sealed off with foreigners not allowed to enter. Even Chinese tourists are prevented from visiting Tibet, and the military buildup is very heavy. [The Chinese government has launched a massive crackdown on Tibetans who visited India for the Kalachakra Teachings. Several hundred Tibetans have been detained and are being forced to undergo political re-education. Please see the news release from Human Rights Watch] . We are extremely worried over what is happening and what might happen inside Tibet. Under such circumstances, please do pray for all Tibetans inside Tibet especially on the third, eight, tenth and fifteenth day of Losar, as these are auspicious days. March 10, our National Uprising Day, is coming up soon. There will be many other activities as well where Tibetans and our friends will be requested to participate. Please remember and observe the guidelines issued by CTA, which is to organize and participate in events peacefully, legally and with dignity. Peacefully because non-violence is our core principle. Legally as we are in a democratic country and have to follow the law of the land, and with dignity because we are seeking our freedom and dignity Tibet Lobby Day is also coming up when Tibetans and friends lobby parliaments or the congress and share with members our concern over Tibet and the continuing repressive policies of the Chinese government. This year is especially important given the unfolding tragedy inside Tibet. It is important that we do the best we can to approach as many Congressional members and Parliamentarians as possible so as to make them aware. If possible, please try to have a resolution passed in the parliament or have a good debate on the situation inside Tibet. This way the suffering of Tibetans inside Tibet and their voices will be heard loud and clear around the world, particularly by the leaders in Beijing. I would like to thank all those Tibetans and friends who participated in the global vigil on February 8. According to various accounts, hundreds of activities were organized around the world, thousands participated, and the day was very successful. In conclusion, I want to say to our dear brothers and sisters inside Tibet that you are in our hearts and prayers every day.
Tibetan Parliament to Observe Hunger Strike on Tibetan Losar
DHARAMSHALA: Tibetan Parliament in Exile will observe A Day long Solidarity Hunger Strike for the victims of Chinese police firing and Self Immolations in Tibet on the first day of the Tibetan New Year on 22 February 2012. After the completion of the official ceremony, presides over by His Holiness the Dalai Lama at Tsuglha Khang, Dharamsala, the solidarity hunger strike will begin at 10.00am (IST).
Aftermath the series of self immolations inside Tibet, the Tibetan Parliament in Exile has made several press statements and sent an Open Letter to China’s President, Hu Jintao. In the letter, the Tibetan Parliament expressed deep anguish and concern at the prevailing critical situation inside Tibet. The program of the Solidarity Fast for the victims of Police firings and Self Immolation in Tibet, which is to be held on the first day of Tibet New Year is given below: PROGRAM
Venue: Theckchen Choeling Tsuglakhang Main temple
Date: 22nd February 2012, the first day of Tibetan Losar, Water- Dragon Year 10.00 am On completion of the official ceremonies presided over by His Holiness the Dalai Lama, solidarity hunger strike will begin. 10.05 am Tibetan National Anthem: Tibetan Institute of Performing Arts (TIPA). 10.10 am A minute’s mourning for the Victims of Police firings and Self immolations in Tibet. 10.15 am Speech by Speaker Penpa Tsering. 10.30 am Prayer session and screening of the critical situation inside Tibet will be held in rotation throughout the day. 5.00 pm A candlelight vigil led by members of the Tibetan Parliament-in-Exile will pass through Mcleod Ganj town and back to Theckchen Choeling temple. 5.40 pm Closing remarks by Deputy speaker Khenpo Sonam Tenphel. 6.00 pm ’Prayer of Word of Truth’ led by Tibetan Institute of Performing Arts (TIPA) .
An eyewitness report from Tibet says monks planning hunger strike Phayul[Tuesday, February 21, 2012 11:17] DHARAMSHALA, February 21: “Tibetans are disappearing,” “Tibetan living areas have been enclosed with walls and barbed wires,” “Military drill songs can be heard throughout the day,” “Armored vehicles have machine guns aimed at Tibetans,” “All Tibetans are required to carry identification at all times,” “7000 Tibetans pilgrims sent to three months of reeducation camps, lose their jobs and pension,” “Soldiers living in the rooms at the Potala Palace,” “Monks planning hunger strike.” These are some of the startling revelations that a foreigner who recently visited Tibet has made in a report sent to Phayul. This eyewitness account could be the last unbiased report by a foreigner on Tibet for the next couple of months, as Tibet will remain cut off from the outside world following a government decree. The duration of the ban encompasses two important national events: the Tibetan new year on February 22 and the anniversary of the Tibetan National Uprising Day on March 10. In order to protect the identity of the friends of the writer in Tibet, the name of the author is not revealed. Below is a slightly edited version of the report. Report from Lhasa: February 18, 2012 I have just returned from Lhasa. Tibetans are disappearing; everyone is terrified about the bloodshed which seems inevitable. Lhasa consists of approximately 1.2 million Han Chinese and approximately 200,000 Tibetans. The majority of these Tibetans live in an area which is now almost entirely enclosed by military compounds with walls between 10-16 feet; some with barbed wire. This isolation gives the impression of what the Warsaw Ghetto was like. Inside the "enclosed" area groups of armed soldiers, S.W.A.T. teams, and police patrol the streets 24 hours a day. Military drill songs can be heard throughout the day. S.W.A.T trucks and rows of 6 to 15 armored vehicles (tanks?) come through the area on a daily basis. Each vehicle has 3 to 4 soldiers at the opening turret, armed with assault rifles or machine guns aimed at the Tibetans. All Tibetans must carry identification at all times. Tibetans residing in Lhasa are required to register with the police. There are approximately 134 new Police station checkpoints in Lhasa for random searches of pedestrians and vehicles. In addition to the military compounds in and around Lhasa, permanent military posts holding 1-10 armed soldiers have been established throughout the city. The Kalachakra Ceremony in January 2012, held in Bodh Gaya, India by His Holiness the Dalai Lama, was attended by approximately 10,000 Tibetans from Tibet. Among these were reportedly 3000 Government informants. The remaining 7000 Tibetans, on returning to Tibet via India, Nepal, Hong Kong, etc. were ALL brought to reeducation camps for a minimum of three months. Elderly people begged to go home in the evenings due to the cold, but they were not allowed. In many instances when family members brought blankets for their elderly family, they were told they were no longer there and the authorities didn't know where they were. Among the 7000 Tibetans in reeducation camps, interrogation from the Chinese police was common practice. Tibetans are made to disclose their jobs (from which they are fired), lose pensions or other such benefits, disclose names of relatives and their contact information, including addresses and professions. Random identification checks and House searches are done; family members are brought in for "questioning". Approximately 50 nuns going to a retreat on a bus, were detained and held for questioning after an informant accused them of speaking against the government. Their whereabouts are presently unknown. A Tibetan artist who painted a Tibetan looking upwards towards a clock above their head, titled "Waiting" was arrested for the symbolism used in the painting. I was told that many people were taken away by the State Security and don’t come back. They just disappear. Roadside checkpoints in the Tibetan Autonomous Region are used to keep Tibetans that are not residents of Lhasa, away from the city. In addition, if a monk or nun is in a vehicle the police/soldiers will make them return to their monasteries on foot. All Tibetans riding in such vehicles will have their full identification listed. The Potala Palace is a place of pilgrimage for Tibetans, especially during Losar (Tibetan New Year) but the roadside checkpoints prevent this and limit the number of Tibetans in Lhasa. Approximately 300-400 monks previously resided at the Potala Palace; today the number is around 36. Soldiers and other military personnel now live in the rooms where the monks used to reside. Although it is listed as a World Heritage site, the Chinese government now uses the Potala as a military post. A large Military complex is situated within several blocks. The nunnery, located across from grounds before the Potala Palace, now has Military bunkers. Jokhang Monastery has such a large military presence in and around the area that you have to be careful not to bump into soldiers and police as they crowd the streets of the surrounding market when they go on patrol. Drepung Monastery was home to 7 to 10,000 monks now has only between 500-700. Sera Monastery once had approximately 6,000 monks now has 200-300 monks. Sera Monastery is surrounded by police stations and military compounds. Soldiers and police constantly patrol the grounds of the monastery, including where the monks debate. Norbulingka Palace has between 6-10 monks from almost 300 in the past. The Dalai Lama’s small personal menagerie has been sold to a Chinese businessman and a separate admission is charged to see the animals, although the entire Norbulingka park is listed as a World Heritage site. A hunger strike of 100 monks is said to be underway. Please send this report to anyone who can help, especially US government officials, newspapers, humanitarian organisations, etc. Thank you for your help!
20/02/2012 11:42 TIBET - CINA Un'altra immolazione a Aba. Arrestato uno scrittore tibetano Un monaco 18enne si dà fuoco contro le politiche repressive di Pechino, mentre un insegnante viene portato via senza neanche il mandato di arresto. Wen Jiabao attacca: "Suicidi tesi a minare la stabilità della regione, non hanno l'appoggio popolare". Ma i monaci celebrano veglie funebri per i morti.
Dharamsala (AsiaNews) - Un monaco buddista 18enne si è auto-immolato ieri con il fuoco nella prefettura tibetana di Aba per protestare contro le politiche cinesi in Tibet e chiedere il ritorno in patria del Dalai Lama. Il suo suicidio porta il numero totale dei religiosi morti a 24. La conferma viene dall'International Campaign for Tibet, una Ong con base a Londra che verifica la situazione dei diritti umani in Tibet. Il monaco, noto come Nangdrol, ha ricevuto gli onori religiosi dalla sua comunità. Dopo il suicidio, infatti, i monaci della sua lamaseria si sono rifiutati di dare il corpo alle autorità e hanno invece convocato una veglia funebre per il defunto, a cui hanno partecipato più di mille persone. Nonostante il Dalai Lama si sia più volte appellato ai suoi fedeli per evitare questi suicidi, essi sembrano inarrestabili. Per la prima volta, anche il premier cinese Wen Jiabao si è espresso sull'argomento: "Queste auto-immolazioni sono atti estremi, tesi a minare la stabilità della regione. Non hanno alcun sostegno da parte della popolazione". I fatti però lo smentiscono: se è vero che nessuno osa intervenire durante i suicidi, i defunti sono molto onorati da tutta la popolazione tibetana. Pechino teme la situazione che sta montando in Tibet, ma sembra aver deciso a favore del pugno duro. Lo scorso 15 febbraio, infatti, uno scrittore tibetano è stato arrestato dalla polizia cinese nell'ambito della repressione delle proteste antigovernative nella contea occidentale di Serthar. Oltre 20 agenti hanno circondato la casa di Gangkye Drubpa Kyat e lo hanno portato via. Quando la moglie dello scrittore ha chiesto di esibire un mandato di arresto, gli agenti hanno risposto che volevano semplicemente parlare con il marito. A Serthar, che è anche conosciuta come Seda, il mese scorso si sono verificati scontri tra manifestanti tibetani e forze di sicurezza e almeno due tibetani sono rimasti uccisi. Stando alla versione fornita dal governo, i dimostranti avrebbero attaccato una stazione di polizia, ma non è chiaro se Drubpa Kyab fosse coinvolto nelle proteste. Lo scrittore, 33 anni, è nato a Serthar e fa l'insegnante da oltre 10 anni. In Tibet è proibito insegnare la lingua o la cultura tibetane, che devono essere rimpiazzate dal mandarino e dalla cultura han.
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Dossier Tibet Tibet : Tibetans forced to sign document promising no protest Tibet : Theatre artist arrested from Lithang