Pio Filippani-Ronconi - Román Fiodórovic von Ungern-Sternberg

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  1. Fulgur
     
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    Riporto un articolo dell'illustre orientalista Pio Filippani Ronconi sulla figura del barone Roman von Ungern-Sternberg, appartenente ad una famiglia nobiliare praticante il buddhismo ed ufficiale della cavalleria russa divenuto condottiero dell'armata bianca durante la guerra civile russa, khan dei popoli delle steppe e difensore del Dharma. Il XIII Dalai Lama riconobbe in lui un'ipostasi di Mahakala. Personalmente sono profondamente affascinato dalla figura di questo nobile europeo che abbracciò il Dharma e pose la propria spada a sua difesa, e trovo che la sua vicenda porti a riflettere sul reale significato del precetto dell'ahimsa e sulla natura marziale che al mio sguardo da profano caratterizza la Dottrina del Risveglio, per usare la bellissima espressione con cui Evola definiva l'insegnamento del Buddha.



    QUOTE
    Román Fiodórovic von Ungern-Sternberg

    Sessantasei anni fa, all’alba del 17 settembre 1921, cadeva fucilato a Novonikolajevsk, secondo altri a Verkhne-Udinsk, presso il confine mongolo, il comandante della divisione asiatica di cavalleria, barone Román Fiodórovic von Ungern-Sternberg, ultimo difensore della Mongolia “esterna” indipendente e della Siberia “bianca”. Con la morte del “Barone pazzo” nulla piú si opponeva al dilagare dell’esercito bolscevico di Blücher nell’Estremo Oriente siberiano e la fase guerreggiata della Rivoluzione si concludeva.

    L’effimera meteora del Barone e le disperate imprese della sua divisione non ebbero, in fondo, un effetto determinante su quest’ultimo scorcio della Guerra Civile, specialmente dopo il crollo dell’esercito bianco di Kolcak che, battuto il 14 novembre 1919 ad Omsk, aveva praticamente cessato di esistere. Invece, l’importanza del barone Ungern e del suo variopinto esercito, formato da Cosacchi della Trans-baikalia, da Buriati, Mongoli, volontari Tibetani e Guardie Bianche di ogni provenienza, era soprattutto di natura spirituale. Il Barone, religiosamente affiliato ad una corrente tantrica facente capo allo Hutuktu di Ta-Kuré e suo braccio militare durante l’anno in cui fu padrone della Mongolia esterna, aveva sin dal principio, cioè sin dalla conferenza panmongola di Cita del 25 febbraio 1919, dichiarato la sua intenzione di ristabilire la teocrazia lamaista nel cuore dell’Asia, «affinché da lí partisse la vasta liberazione del mondo». La controrivoluzione era per lui solo un pretesto per evocare sul piano terreno una gerarchia già attuata su quello invisibile. Questa gerarchia doveva proiettarsi su un mandala, un mesocosmo simbolico, il cui centro sarebbe stata la “Grande Mongolia”, comprendente, oltre alle sue due parti geografiche, l’immenso spazio che dal Baikal giunge allo Hsin-Kiang e al Tibet. Ivi, pensava, si sarebbe attuata la rigenerazione del mondo sotto il segno del Sovrano dell’agarttha (“inafferrabile”) Shambala, la “Terra degli Iniziati”, ove Zla-ba Bzan-po e i suoi 24 successivi eredi perpetuavano il segreto insegnamento del Kalacakra, la “Ruota del Tempo”, loro impartito dal Risvegliato 2500 anni fa.

    2500 anni è esattamente la metà del ciclo di 5000 che, secondo la tradizione, separa l’apparizione dell’ultimo Buddha terrestre, Gautama Sakyamuni, dall’avvento del successivo Maitreya, figura probabilmente mutuata dallo zoroastriano Mithra Saosyant, “Mithra il Salvatore” (difatti l’iconografia buddhista lo rappresenta tradizionalmente come un principe “seduto al modo barbarico”, cioè assiso all’europea). Lo stesso Hutuktu di Urga, che Ungern, liberandolo dai Cinesi, aveva ristabilito sul trono, terza autorità nella gerarchia lamaista dopo il Dalai Lama di Lhasa e il Panc’en Lama di Tashi-lhumpo, era teologicamente considerato quale proiezione fisica (sprul-sku) di Maitreya, prefigurazione, quindi, del Buddha venturo. Ungern, consapevole nonostante questa vittoria della sua fine imminente, si rendeva conto di trovarsi in un istante “apicale” del divenire della storia, come se fosse nel cavo fra due onde, un attimo prima che rovinino in basso. Pertanto, nel suo breve periodo di governo ad Urga (dal 2 febbraio all’11 luglio 1921) cercò di tramutare questo istante in un “periodo senza tempo” che permettesse allo Hutuktu di compiere la sua opera spirituale, liberandolo dalla pressione esterna dei due poteri che incombevano: la Cina dei “Signori della Guerra” dal Sud, e la valanga bolscevica che muoveva inarrestabile dal Nord, dalla Siberia.

    Erano tempi terribili in cui, piú che dal potere delle armi, gli eventi sembravano determinati da forze promananti da una sorta di magia infera. Coloro che furono testimoni degli sconvolgimenti determinati dalla Rivoluzione di Ottobre ricordano la spaventevole automaticità medianica con cui le “forze rivoluzionarie” demolivano le strutture della vita civile cosiddetta “borghese” e le vestigia dell’ordine antico. Le masse si coagulavano in quegli strati della società in cui maggiormente era assente il principio dell’“Io” autocosciente, fra i miseri, i vagabondi, gli allucinati sopravvissuti dai Laghi Masuri e dalle battaglie della Galizia, i fanatici, i tarati e tutti coloro per i quali la ferocia belluina era alimento quotidiano dell’anima. Ai rivoluzionari non si scampava: mossa come da un’ispirazione demoniaca, la “giustizia del popolo” colpiva infallantemente i nemici della Rivoluzione un momento prima che si muovessero. Il Terrore era guidato da una occulta saggezza che nulla aveva a che fare con la brillante intelligenza di coloro (Trockij, Kamenev, Zinoviev ecc.) che lo avevano scatenato e pensavano di dirigerlo: una saggezza che realmente promanava dall’elemento preindividuale della “massa”, come le forze fisico-chimiche che provocano un terremoto o la fuoriuscita della lava da un vulcano.

    Ungern chiaramente si rendeva conto di tutto ciò e, dalle sue conversazioni con l’ingegnere Ossendowski, già ministro delle Finanze nel governo di Kolcak, risulta evidente come egli cercasse di evocare misticamente il principio opposto, quello solare, che segnava il suo stendardo, riferendosi ad una cultura, quella tantrico-buddhista, che da due millenni lo coltivava. Soltanto che la sua ascesi personale non poteva diventare il mezzo strategico di vittoria per i suoi cinquemila cosacchi, russi sí, mistici forse, ma fatalmente appartenenti ad un mondo orientato verso un’esperienza dello Spirito volta al mondo sensibile esteriore. Nel suo Uomini, Bestie e Dèi, che è la narrazione della sua fuga dalla Siberia alla Mongolia, Ossendowski ci ha lasciato un’impressionante descrizione degli eventi, ma, molto di piú, dell’allucinata atmosfera che regnava sulla ufficialità che attorniava il Barone e fra le sue truppe, sottomesse da anni a spaventose fatiche e ad una disciplina rigidissima e, per giunta, consapevoli del disastro imminente. La narrazione dell’Ossendowski verrà in seguito aspramente criticata (fra gli altri dallo stesso Sven Hedin) per la parte riguardante i suoi viaggi fra gli Altai e la Zungaria. Resta, però, intatta la sua testimonianza sulla figura e sulle avventure del Barone e, soprattutto, sul senso “magico” del destino che ivi si compiva.

    Ricordo perfettamente la straordinaria impressione che suscitò nell’Europa distratta e frenetica degli anni Venti, anche fra i lettori piú materialisti e intenti negli affari contingenti, la relazione sul collegamento mistico fra lo Hutuktu, il Bodhisattva incarnato, il Barone Ungern e il Re del Mondo, presenza invisibile ma concretamente percepibile che conferiva un significato trascendente al sacrificio a cui i Cosacchi, il fiore dei popoli russi, andavano incontro. Questo motivo del “Re del Mondo” dette fuoco alle polveri di innumerevoli discussioni, specialmente fra coloro che si accorgevano che non si trattava di una invenzione letteraria. Fra gli altri, lo stesso René Guénon lo sottopose ad una critica serrata nel suo Le Roi du Monde, dimostrandone la fondatezza, in un’epoca in cui la Scienza orientalistica praticamente nulla sapeva del mito di re Chandra-bhadra (tib. Zlâ-ba Bzan-po) depositario di una sentenza segreta comunicatagli dal Buddha, e soprattutto ignorava la saga del suo Regnum spirituale, una specie del Castello del Graal, che storici e geografi si sono in seguito affannati a ricercare in vari luoghi del Tibet e della valle del Tarim in Asia Centrale: regno visibile solo agli Eletti, che però si renderà manifesto a tutti sotto il ventiquattresimo erede di Chandra-bhadra, quando la sapienza del Kalacakra emergerà per illuminare gli uomini circa la coincidenza della loro interiorità purificata e l’Universo degli archetipi.

    La leggenda di questo Barone baltico, di stirpe germanico-magiara che, rivestito della tunica gialla del lama sotto il mantello di ufficiale imperiale, e spiegando davanti agli squadroni lo stendardo mongolo, procede “nella direzione sbagliata”, verso Ovest anziché verso Est, ove chiaramente si sarebbe salvato, è tipicamente russa, ricollegandosi al motivo sacrificale della zértvjennost’ (“l’offrirsi come vittima”) per l’istaurazione del Figlio della Benedizione sulla Terra Madre, che in veste poetica era stata enunciata dallo stesso Solovjèv.

    Nell’ultimo rapporto ufficiale, tenuto ai princípi di agosto 1921, quando la divisione asiatica di cavalleria si trovava sul fiume Selenga intenta ad interrompere la Transiberiana fra Cita e Kiakhta, egli impartí l’ordine apparentemente assurdo di compiere la conversione verso Ovest, indi verso Sud, avendo come meta gli Altai e la Zungaria. In quella occasione disse esplicitamente al generale Rjesusín che si proponeva di raggiungere, attraverso lo Hsin Kiang cinese, niente di meno che la “fortezza spirituale tibetana”, ove rigenerare se stesso e i laceri resti della sua divisione. Assassinato il suo amico Borís la sera stessa dagli ufficiali in rivolta e morti gli ultimi fedeli, egli mosse solitario verso una direzione che non aveva piú rapporto con la realtà geografica del luogo e militare della situazione, nel postremo tentativo, non di salvare la vita, bensí di ricollegarsi prima di morire con il proprio principio metafisico: il Re del Mondo.

    La sua disperata migrazione verso il Sole che tramonta era in realtà un ultimo atto di culto verso la Luce che aveva sorretto le sue imprese. Trascorse la sua ultima notte di libertà nella yurta del calmucco Ja lama. Il Barone si avvide, forse, del significato del nome del suo ospite: Ja, abbreviazione in dialetto khalka del mongolo Jayagha, “fato”, “esistenza”, “destino”, karma. E il “fato” lo consegnerà la mattina seguente alle Guardie Rosse di Shentikín, il fiduciario di Blücher. Era il 21 agosto. Regolarmente processato nel sovjet di Novonikolayevsk, senza che gli venissero toccate le spalline e la croce di San Giorgio, viene accusato di “complotto anti-sovietico per portare al trono Mikhail Romanov, efferatezze ed assassinio di masse di lavoratori russi e cinesi”. Condannato, viene fucilato due giorni piú tardi.

    Nello stesso tempo, in un angolo della lontanissima Europa, nella Germania sconquassata del primo dopoguerra, il mito del Re del Mondo giungeva per vie misteriose a gruppi di giovani intellettuali, corroborando con il suo simbolo solare i nuovi meditatori del “Vril” e le assisi della Thule-Gesellschaft.

    Pio Filippani-Ronconi

     
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  2. Kagyu Dorje
     
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    ...quasi quasi mi commuovo...

    Mi sei simpatico Fulgur!!!
     
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    Shankar Kulanath

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    Che strano personaggio questo Barone.
     
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  4. Satyricon_02
     
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    Se ne parla QUI

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    Edited by Satyricon_02 - 14/12/2009, 09:34
     
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  5. cristoforo andreoli
     
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    ciao Fulgur, avevo notato altrove il tuo avatar e mi ero chiesto se non fosse per caso il Barone...ora ne ho la conferma.

    Immagino tu abbia letto "Bestie uomini e dei" di Ossendowski.

    Dato che sono pochi i riferimenti al Barone in Italia, non bisogna farci sfuggire nulla. Ti segnalo perciò, se non lo conosci già, un capitolo de: "Il ritmo della storia" di Franco Cardini (Rizzoli). Il titolo del capitolo è "Il torneo delle ombre".

    Conosco una casa editrice di Padova che stava traducendo dal francese l'unica biografia esistente del Barone. Ma poi non so se ne abbiano fatto più nulla.

    Teniamoci aggiornati, se ci sono novità.

    cris

    Edited by cristoforo andreoli - 3/5/2008, 07:58
     
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    Shankar Kulanath

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    Bene. Sarebbe simpatico mettere un articolo su questo personaggio nel futuro sito. =)
     
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  7. Fulgur
     
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    QUOTE (cristoforo andreoli @ 15/4/2008, 09:31)
    ciao Fulgur, avevo notato altrove il tuo avatar e mi ero chiesto se non fosse per caso il Barone...ora ne ho la conferma.

    Immagino tu abbia letto "Bestie uomini e dei" di Ossendowski.

    Dato che sono pochi i riferimenti al Barone in Italia, non bisogna farci sfuggire nulla. Ti segnalo perciò, se non lo conosci già, un capitolo de: "Il ritmo della storia" di Franco Cardini (Rizzoli). Il titolo del capitolo è "Il torneo delle ombre".

    Una volta conoscevo una casa editrice di Padova che stava traducendo dal francese l'unica biografia esistente del Barone. Ma poi credo non ne abbiano fatto più nulla.

    Teniamoci aggiornati, se ci sono novità.

    cris

    Se ti riferisci alle Edizioni di Ar, hanno da poco pubblicato il libro di Mario Appelius "La cosacca del barone von Ungern" in cui le vicissitudini che videro protagonista il barone sono narrate da una cosacca del suo seguito, ed è in corso di pubblicazione il romanzo biografico di Jean Mabire "Il dio della guerra. Vita del barone von Ungern".
     
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  8. cristoforo andreoli
     
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    Ah, grazie, Fulgur, non lo sapevo.

    cris

    CITAZIONE (AuspiciousMerit @ 15/4/2008, 13:56)
    Bene. Sarebbe simpatico mettere un articolo su questo personaggio nel futuro sito. =)

    Certo lo sarebbe, io sarei il primo a leggerlo. Ma considera che molti potrebbero travisare una simile iniziativa.

    L'argomento Barone von Ungern è perlopiù trattato in aree di estrema destra. Ciò rischierebbe di caratterizzare un pò troppo politicamente il sito. Non importa se di destra o di sinistra, rispetto entrambe le posizioni.
    Dico solo che se non vuoi una coloritura politica troppo marcata, forse questo non è un argomento, come non lo sarebbe un articolo su Marx.

    E' un peccato che argomenti così interessanti non siano trattabili per stupidi pregiudizi ideologici, ma è così!

    A meno che non gli dai una veste "neutrale", chissà.

    Che ne pensi, Fulgur?
     
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    Shankar Kulanath

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    CITAZIONE
    L'argomento Barone von Ungern è perlopiù trattato in aree di estrema destra. Ciò rischierebbe di caratterizzare un pò troppo politicamente il sito. Non importa se di destra o di sinistra, rispetto entrambe le posizioni.

    Beh... ovviamente se faremo un articolo su questo Barone un giorno, massimo una settimana dopo farei un articolo sulla visione comunista del Buddhismo di Buddhadhasa Bhikku :D ;)
     
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  10. cristoforo andreoli
     
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    Sai che non è male l'idea?

    Fare una serie di articoli di politica buddista o di storia buddista. Cioè, parlare di eventi storico-politici legati al buddismo offrendo un panorama a 360 gradi, di "destra" e di "sinistra" - con una chiara neutralità da parte del sito.
    L'importante (anche per una questione di marketing) è che nessun lettore, a qualsiasi "fede" politica appartenga, non si senta escluso, ma anzi vi trovi cose interessanti.

    Di sicuro non c'è nessun sito che fa questo!

    cris
     
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  11. Satyricon_02
     
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    CITAZIONE
    CITAZIONE (Fulgur @ 15/4/2008, 14:44)
    Una volta conoscevo una casa editrice di Padova che stava traducendo dal francese l'unica biografia esistente del Barone. Ma poi credo non ne abbiano fatto più nulla.

    Teniamoci aggiornati, se ci sono novità.

    cris

    Se ti riferisci alle Edizioni di Ar, hanno da poco pubblicato il libro di Mario Appelius "La cosacca del barone von Ungern" in cui le vicissitudini che videro protagonista il barone sono narrate da una cosacca del suo seguito, ed è in corso di pubblicazione il romanzo biografico di Jean Mabire "Il dio della guerra. Vita del barone von Ungern".

    Mi sembra di ricordare che il libro del Mabire (che, insieme ad Ossendowski è la fonte di tutti gli articoli e articoletti sul Barone) non sia troppo affidabile dal punto di vista storico.
    Un pò troppo romanzato insomma.

    Pare che in russo ci sia qualcosa di "più affidabile", anche se, vista la lingua, meno accessibile.

    Tieni conto che negli ambienti eurasisti, il barone è visto come un precursore e quindi la sua figura è di nuovo studiata ed approfondita in questi tempi.

    Saluti "siberiani"... :B):

    Edited by eidolon88 - 15/12/2008, 16:16
     
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  12. cristoforo andreoli
     
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    CITAZIONE
    CITAZIONE (Satyricon_02 @ 26/5/2008, 15:21)
    CITAZIONE (Fulgur @ 15/4/2008, 14:44)
    Una volta conoscevo una casa editrice di Padova che stava traducendo dal francese l'unica biografia esistente del Barone. Ma poi credo non ne abbiano fatto più nulla.

    Teniamoci aggiornati, se ci sono novità.

    cris

    Se ti riferisci alle Edizioni di Ar, hanno da poco pubblicato il libro di Mario Appelius "La cosacca del barone von Ungern" in cui le vicissitudini che videro protagonista il barone sono narrate da una cosacca del suo seguito, ed è in corso di pubblicazione il romanzo biografico di Jean Mabire "Il dio della guerra. Vita del barone von Ungern".

    Mi sembra di ricordare che il libro del Mabire (che, insieme ad Ossendowski è la fonte di tutti gli articoli e articoletti sul Barone) non sia troppo affidabile dal punto di vista storico.
    Un pò troppo romanzato insomma.

    Pare che in russo ci sia qualcosa di "più affidabile", anche se, vista la lingua, meno accessibile.

    Tieni conto che negli ambienti eurasisti, il barone è visto come un precursore e quindi la sua figura è di nuovo studiata ed approfondita in questi tempi.

    Saluti "siberiani"... :B):

    Beh, se sai qualcosa in proposito, potresti darci qualche notizia in più?

    Sarebbe davvero interessante tentare una ricerca di questo testo!

    cris

    Edited by eidolon88 - 15/12/2008, 16:17
     
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  13. Satyricon_02
     
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    CITAZIONE (cristoforo andreoli @ 27/5/2008, 09:37)
    Beh, se sai qualcosa in proposito, potresti darci qualche notizia in più?

    Sarebbe davvero interessante tentare una ricerca di questo testo!

    cris

    L'autore dell'ultima biografia del barone è Leonid Juzefovic:
    Samoderz'ec pustyni. Fenomen sud'by barona R. F. Ungern-S'ternberga ('Il tiranno del deserto. Il prodigioso destino del Barone R.F. Ungern-Sternberg), Mosca, Ellis Luck, 1993.

    Pare che sia stato tradotto in francese (notizia che ignoravo fino a poco fa, e che rende tutto più "abbordabile").

    Ti segnalo anche A. Ferrari, "La foresta e la steppa. Il mito dell’Eurasia nella cultura russa", Scheiwiller, Milano 2003 (non l'ho letto, ma tutti ne dicono un gran bene) che parla anche del barone, tra l'altro facendo anche riferimento al libro sopra citato.

    Se tu hai nuove, tienici aggiornati! :B):

    Saluti


     
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  14. Fulgur
     
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    Segnalo per quanti potessero essere interessati l'uscita del volume "Imperi delle steppe - da Attila ad Ungern Khan" a cura del Centro Studi Vox Populi, che contiene articoli storici ed etnografici sui popoli delle steppe. Tra i temi trattati l'epopea del Barone von Ungern Sternberg e la figura di Zanabazar, discendente di Genghis Khan, straordinario e versatile artista e primo Jebtsundamba Khutuktu, tulku a capo del Vajrayana in Mongolia.

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    [PIANO DELL'OPERA]



    Centro Studi “Vox Populi”
    Presentazione

    Franco Cardini
    Prefazione “Il vento della steppa”


    Ermanno Visintainer
    Continuità epica nelle letterature della Mongolia: dalle Epigrafi dell’Orkhon alla Storia Segreta dei Mongoli

    Aldo Ferrari
    I Mongoli e la Russia: l’interpretazione della storiografia eurasista

    Andrea Marcigliano
    La steppa e la macchia mediterranea. Ovvero, Attila e gli Unni


    Luca Mantelli
    L'ilkhanato mongolo di Persia e l'Occidente cristiano tra progetti di alleanza e speranze di conversione (secc. XIII-XIV)

    Andrea Forti
    Nader Shah, l’ultimo “Imperatore Oceanico”

    Salvatore Santangelo
    La rinascita di una fratellanza guerriera

    Purev Erdenesukh
    Zanabazar - Statista, artista e erede spirituale di Gengis Khan


    Gregorio Bardini
    La trance sciamanica e la musica


    Daniele Lazzeri
    Il lupo della steppa. Le radici mistiche della geopolitica di Ungern Khan


    Claudio Tessaro de Weth
    Il barone Ungern von Sternberg tra storia e leggenda

    Federico Prizzi
    Konarmija: La divisione di cavalleria asiatica


    Pio Filippani Ronconi
    Un tempo un destino. Il fato singolare del barone-generale Román Fiodórovic von Ungern-Sternberg



    Giancarlo Ventura
    Patrocinio “Soyombo” Associazione culturale per la diffusione della cultura mongola



    Copertina e illustrazioni Francesco Iacoviello

    http://www.vxp.it/
     
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  15. flambeau
     
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    CITAZIONE
    sul reale significato del precetto dell'ahimsa

    Su questo sarei più cauto. Ahimsa per Gandhi significava non-violenza in senso stretto. Non è corretto interpretarlo secondo le proprie inclinazioni personali. :peace*:
     
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31 replies since 10/4/2008, 15:25   5211 views
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