dzogchen, istruzioni essenziali sulla Grande Perfezione

vediamo che ne pensate...

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  1. dorjepizza
     
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    CITAZIONE
    [Per iniziare, lascia che la mente segua il movimento del respiro, dentro e fuori, finché diventa calma e tranquilla. Dopodiché lascia che essa rimanga sempre più sul respiro, finché tutto il tuo essere sembra identificato con questo. Infine diventa consapevole del respiro che, quando lascia il corpo, si diffonde nello spazio circostante: gradualmente, trasferisci la tua attenzione dal respiro a quella sensazione di spaziosità ed espansione.
    Quando questa sensazione finale si risolve in uno stato di completa apertura, ci si sposta nella sfera della meditazione senza forma.
    Probabilmente, questa breve descrizione dei tre aspetti fondamentali [della meditazione sul respiro] sembrerà un po' vaga e inadeguata. Questo è inevitabile, dal momento che si tratta di descrivere qualcosa che è non solo oltre le parole, ma anche oltre il pensiero. La descrizione è in realtà un invito a praticare quello che, essenzialmente, è uno stato dell'essere. Le parole sono semplicemente una forma di "upaya", un mezzo relativo, un'indicazione che - se viene seguita - può far sbocciare spontaneamente la saggezza innata e l'attività naturalmente perfetta.
    A volte, in meditazione, si può sperimentare un balzo al di là della propria consapevolezza ordinaria, un'improvvisa e completa apertura. Questa esperienza può sorgere soltanto quando si è smesso di pensare in termini di "meditante", "meditazione" e "oggetto di meditazione". È un assaggio della realtà, un improvviso lampo di intuizione, che all'inizio accade di rado e poi, man mano che la pratica progredisce, sempre più spesso. Non è detto che debba essere un'esperienza esplosiva, o particolarmente sconvolgente, può anzi essere un momento di estrema semplicità.

    Scelto, adattato e tradotto da Italo Cillo. Basato su una nuova traduzione in inglese di un discorso di Dilgo Khyentse Rinpoche - inedito ma già circolante su Internet in vecchie traduzioni, sia inglesi che italiane.

    Ma questa istruzione finale mi sembra non cogliere il senso delle parole di Khyentse e poco Dzogcchen .Dando questi consigli si rischia di confondere molto cose e di non comprendere il piano su cui si è posto Khyentse

    inserisco la traduzione originale del testo senza aggiunte

    CITAZIONE
    LA PRATICA DZOGCHEN NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI
    di Sua Santità DILGO KHYENTSE RIMPOCHE




    La pratica quotidiana dello Dzogchen intende semplicemente sviluppare
    un'accettazione di-sinteressata e un'apertura senza limite in tutte
    le circostanze.

    Dobbiamo intendere quest'apertura come se fosse un campo da gioco per
    le nostre emozioni, interagendo con il nostro prossimo senza
    artificialità, senza manipolazione e senza strategia.

    Tutte le cose vanno sperimentate nella loro totalità, senza ritrarci
    in noi stessi come fanno le marmotte che si rifugiano nei loro buchi.
    Questa pratica libera quell'energia enorme che soli-tamente è
    trattenuta dal processo di mantenimento dei punti fissi di
    riferimento. La referen-zialità è il processo tramite il quale ci
    ritiriamo dall'esperienza diretta di tutti i giorni.

    All'inizio, l'essere presenti nel momento, potrebbe causare paura. Ma
    dando il benvenuto a questa sensazione di paura con completa
    apertura, infrangiamo le barriere create dagli abi-tuali modelli
    emozionali.

    Quando c'impegniamo nella pratica della scoperta dello spazio,
    dobbiamo sviluppare un sen-timento di completa apertura verso
    l'intero universo, aprendoci a lui con assoluta semplicità e nudità
    di mente. Questa è la potente nonché ordinaria pratica del lasciar
    cadere la nostra maschera d'autoprotezione.

    Quando meditiamo non dobbiamo creare un divisorio fra percezione e
    campo di percezione, non dobbiamo diventare come il gatto che osserva
    il topo. Dobbiamo capire che lo scopo della meditazione non è di
    andare "profondamente dentro di noi" né di ritirarci dal mondo. La
    pra-tica dev'essere libera e non concettuale, svincolata
    dall'introspezione e dalla concentrazione.

    Lo spazio della vasta saggezza, non originata e di luminosità
    propria, è il fondamento dell'essere, l'inizio e la fine della
    confusione. La presenza della consapevolezza nello stato primordiale
    non ha pregiudizi riguardo all'illuminazione o alla non
    illuminazione. Questo fondamento dell'essere, conosciuto come mente
    pura e originale, è la sorgente da cui sorgono tutti i fenomeni. È
    conosciuto come "grande madre", utero di tutte le potenzialità, in
    cui tutto il creato nasce e si dissolve, in modo naturalmente
    autoperfezionato e assolutamente sponta-neo.

    Tutti gli aspetti dei fenomeni sono completamente chiari e lucidi.
    L'intero universo è aperto, senz'ostruzione e tutte le cose
    s'interpenetrano vicendevolmente.

    Vedendo tutto in modo nudo, chiaro e libero da oscuramenti, nulla va
    più raggiunto o realiz-zato. La natura dei fenomeni appare
    naturalmente ed è naturalmente presente nella consa-pevolezza che
    trascende il tempo. Tutto è naturalmente perfetto così com'è. I
    fenomeni ap-paiono nella loro unicità, come parte di modelli
    continuamente cangianti. Tali modelli sono vibranti di motivo e di
    significato in ogni momento; tuttavia non c'è ragione di attaccarsi a
    lo-ro se non nell'attimo in cui si presentano.

    È la danza dei cinque elementi in cui la materia simboleggia
    l'energia e l'energia simboleggia il vuoto. Noi simboleggiamo la
    nostra stessa illuminazione. Senza sforzo né pratica la libera-zione
    o illuminazione è già qui.

    La pratica quotidiana dello Dzogchen è proprio la vita stessa di
    tutti i giorni. Poiché lo stato non ancora sviluppato non esiste, non
    c'è la necessità di comportarsi in un modo speciale né la necessità
    di raggiungere un qualcosa al di là di quello che già siamo. Non ci
    dev'essere al-cun desiderio di raggiungimento di qualche "fine
    straordinario" o di qualche "stato avanzato".

    Sforzarsi di raggiungere tali fini è una neurosi che non fa altro che
    condizionarci ed ostruire il libero flusso della Mente. È anche bene
    evitare di considerarci persone prive di valore giacché siamo
    naturalmente liberi e senza condizionamenti. Siamo intrinsecamente
    illuminati e non ci manca assolutamente niente.

    Quando facciamo pratica di meditazione dobbiamo sentirla come quando
    mangiamo, respi-riamo e defechiamo. Non deve diventare un evento
    speciale e formale, gonfiato di serietà e so-lennità. Dobbiamo
    comprendere che la meditazione trascende lo sforzo, la pratica, le
    mire, gli scopi e il dualismo fra liberazione e non liberazione. La
    meditazione è sempre ideale; non c'è bisogno di correggere alcunché.
    Essendo tutto ciò che sorge semplicemente il gioco della mente in
    quanto tale, non esiste una meditazione insoddisfacente né esiste il
    bisogno di giu-dicare buoni o cattivi i nostri pensieri.

    Allora dobbiamo solo sederci; stare semplicemente al nostro posto,
    nella nostra condizione così com'è. Dimenticando i nostri sentimenti
    autocoscienti non dobbiamo pensare "adesso sto meditando". La nostra
    pratica dev'essere senza sforzo, senza stress, senza controllo, senza
    forzature e senza il cercare d'essere "pacifici".

    Se ci accorgiamo di questi disturbi allora interrompiamo la nostra
    meditazione e semplice-mente ci riposiamo e ci rilassiamo per un po'.
    Poi riprendiamo la pratica. Se facciamo "espe-rienze interessanti",
    durante o dopo la meditazione, dobbiamo evitare di dar loro
    un'importanza speciale. Passare il proprio tempo ripensando alle
    nostre esperienze è sempli-cemente una distrazione ed un tentativo di
    diventare innaturali. Tali esperienze non sono al-tro che segni della
    pratica, e vanno considerati come eventi transitori. Non dobbiamo
    cercare di riavere quelle stesse esperienze perché tale approccio
    servirebbe solo a distorcere la spon-taneità naturale della mente.

    Tutti i fenomeni sono completamente nuovi e freschi, assolutamente
    unici e totalmente liberi da qualsiasi concetto di passato, presente
    e futuro. Essi sono sperimentati nell'atemporalità.

    Il flusso continuo di nuove scoperte, di rivelazioni e d'ispirazione,
    che sorge in ogni momento, è la manifestazione della nostra
    chiarezza. Dobbiamo imparare a vedere la vita d'ogni giorno come un
    mandala, frange luminose d'esperienza che s'irradiano spontaneamente
    dalla natu-ra vuota del nostro essere. Gli oggetti che giorno dopo
    giorno si manifestano nella nostra e-sperienza quotidiana, muovendosi
    nella danza e nel gioco dell'universo, sono aspetti del no-stro
    mandala. Tramite questo simbolismo il maestro interiore rivela il
    significato profondo e finale dell'essere. Dobbiamo quindi essere
    naturali e spontanei, accettando ed imparando da tutto. Ciò ci
    permette di cogliere il lato ironico e divertente di quegli eventi
    che solitamente ci irritano.

    Durante la meditazione possiamo vedere attraverso l'illusione del
    passato, presente e futuro. La nostra esperienza diventa la
    continuità dell'adesso perché il passato è solo una memoria
    inaffidabile conservata nel presente e il futuro è solo una
    proiezione delle nostre concezioni presenti. Il presente stesso
    svanisce non appena cerchiamo d'afferrarlo. E allora perché cer-care
    di dare una solida consistenza all'illusione?

    Dobbiamo liberarci dalle memorie e dai preconcetti passati
    concernenti la meditazione. Ogni attimo di meditazione è
    completamente unico e pregno di potenzialità. In tali momenti sare-mo
    incapaci di giudicare la nostra meditazione in termini d'esperienze
    passate, teorie sterili o vuota retorica.

    La semplice, diretta immersione nella meditazione dell'attimo
    presente, con tutto il nostro es-sere, liberi da esitazioni, noia o
    eccitazione, è l'illuminazione.



    Edited by dorjepizza - 12/6/2008, 20:07
     
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35 replies since 10/6/2008, 21:06   1454 views
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