Siddharta Gautama

ovvero Buddha Shakyamuni

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    (fonte : Wikipedia del 06/10/2008, integrazioni e correzioni mie)

    Gautama Buddha, al secolo Siddhārtha Gautama (sanscrito सिद्धार्थ गौतम; pāli, Siddhattha Gotama), visse approssimativamente tra il 558 a.C. e il 478 a.C. (o 487 a.C.).
    E' il quarto dei 1000 Buddha (manifestatisi completamente con i 32 segni maggiori e 80 minori), di questo "eone fortunato". 5000 anni dopo l' illuminazione di Shakyamuni, sorgerà Maitreya.

    La vita

    Sulla sua nascita (secondo recenti scoperte avvenuta in Nepal meridionale a Lumbini, non distante da Kapilavastu), esistono centinaia di racconti e leggende che hanno l'obiettivo di evidenziare la straordinarietà dell'avvenimento: miracoli che ne annunciano il concepimento, chiari segnali che il bimbo che stava per venire al mondo sarebbe stato un Buddha. Assolutamente non corrispondente al vero è l'identificazione dei resti archeologici di un palazzo della città natale del Buddha con la reggia di Siddartha. Si tratta ovviamente di storie non verificabili, analoghe a quelle che, in tutte le religioni, annunciano eventi catartici; alcune di queste rivestono tuttavia un interesse storico e filosofico. La sua famiglia di origine (gli Shakya) si dice fosse ricca: una stirpe guerriera che dominava il paese e che aveva come capostipite leggendario il re Okkava. Il padre di Siddartha regnava su uno di questi stati. Infatti, l'India, prima dell'avvento della dinastia Maurya era divisa in innumerevoli staterelli, spesso in lotta fra di loro, tanto che è nota l'intenzione di Alessandro Magno di procedere all'annessione del territorio tra l'Indo (raggiunto nel 326 a.C.) ed il Gange, sfumato per ammutinamento dell'esercito macedone non lontano dall'attuale città di Amritsar.

    Stando alle fonti, prima della nascita di Siddartha, la madre ebbe un sogno premonitore, ovvero che, se il figlio fosse uscito dal cancello del palazzo reale, non vi sarebbe più tornato, cosa che puntualmente riferì al marito, il quale rimase assai turbato ed organizzò tutto quanto potesse impedire l'evento premonitore. Essa dopo il parto morì, ed il bimbo venne allevato dalle balie e dal padre nel più grande sfarzo. Figlio, quindi, di un raja, cioè di un capo eletto dai maggiorenti cui è affidato il potere di governare, gli viene imposto il nome di Siddharta ("quegli che ha raggiunto l'illuminazione") e di Gautama ("l'appartenente al ramo Gotra degli Shakya"), ma in seguito sarà indicato con altri appellativi sui quali emerge quello di Buddha che significa "l'Illuminato", "il Risvegliato". Siddharta sembrava mostrare una precoce tendenza contemplativa, mentre il padre l'avrebbe voluto guerriero e sovrano anziché monaco. Il principe si sposò giovane, nel 551 a.C., ebbe un figlio (550 a.C.) e partecipò alla vita di corte in qualità di erede al trono. Fu allevato in mezzo alle comodità ed al lusso principesco, ma la profezia della madre, puntualmente s'avverò nonostante le precauzioni del padre.

    Questo periodo storico, il VI - V secolo a.C. , è stato molto travagliato dal punto di vista religioso e filosofico - religioso, in quanto vide la nascita di religioni e di movimenti filosofici a forte componente religiosa in tutta l'Eurasia.

    All'età di 22 anni (543 a.C.), ignaro della realtà che si presentava al di là della sua reggia, nell'arrampicarsi sul muro di cinta vide uno spettacolo che lo lasciò attonito. Incontrando un vecchio, un malato e un morto (altre fonti narrano di un funerale), comprese improvvisamente che la sofferenza accomuna tutta l'umanità, e che le ricchezze, la cultura, l'eroismo e tutto quanto gli avevano insegnato a corte erano valori effimeri e caduchi. Capì che la sua era una prigione dorata e cominciò interiormente a rifiutare agi e ricchezze. Qualche mese dopo, dopo essersi imbattuto in un monaco mendicante, calmo e sereno, stabilì di rinunciare alla famiglia, alla ricchezza, alla gloria ed al potere per cercare la verità. Una notte, mentre la reggia era avvolta nel silenzio e tutti dormivano, complice un fedele servitore, montò su un asino ed abbandonò la famiglia ed il reame per non farvi più ritorno. Fece voto di povertà e compì un percorso tormentato d'introspezione critica. La tradizione vuole ch'egli abbia intrapreso la ricerca dell'illuminazione a 29 anni (536 a.C.) Dopo aver vagabondato senza meta per diversi anni ai piedi dei contrafforti dell' Himalaya, soggiornando presso alcuni asceti, in seguito si stabilì nei pressi dell'attuale Gaya con cinque seguaci, trascorrendovi quasi sei anni nel più rigido ascetismo, fino quasi a morirne. Quivi comprese, infine, l'inutilità del digiuno, e tornò gradualmente a una dieta normale e si alienò così le simpatie dei suoi discepoli, che videro nel suo gesto un segno di debolezza. Desideroso di conoscere le cause della miseria presente nel mondo, ed insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, capì che la conoscenza della salvezza poteva trovarla solo nella meditazione personale. Abbandonò le mortificazioni eccessive proprio per questo motivo. I rapporti coi discepoli non furono sempre dei migliori. Fin dall'inizio, il movimento religioso fu vittima precoce di scismi e riappacificazioni, sebbene il maestro non obbligasse alcuno a seguire le sue orme.

    All'età di 35 anni, nel 530 a.C., dopo quarantanove giorni di riflessione ininterrotta, in una notte di luna piena del mese di maggio, seduto sotto un fico sacro a Bodh Gaya, a lui si spalancò l'illuminazione perfetta: egli meditò una notte intera fino a raggiungere il nirvana. Buddha conseguì, con la meditazione, livelli sempre maggiori di consapevolezza: afferrò la conoscenza delle Quattro nobili verità e dell'Ottuplice sentiero e visse a quel punto la Grande Illuminazione, che lo liberò per sempre dal ciclo della rinascita, da non confondersi con la dottrina induista della reincarnazione che fu esplicitamente rigettata con la dottrina del "non Sé" (anatta). Dotato di sovrumana intelligenza, trascorse le settimane seguenti a contemplare i vari aspetti del dharma (legge) che aveva compreso. Comprese le Quattro nobili verità: sul dolore, sull'origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore.

    Il Buddha decise di predicare il dharma recandosi dapprima a Varanasi (Benares) dai suoi antichi discepoli, che lo accolsero come maestro e divennero monaci; presso il parco dei cervi tenne poi il suo primo sermone, in cui espose le dottrine fondamentali del buddhismo, come il principio fondamentale della "via di mezzo", disciplina monastica che equilibra gli estremi della rinuncia a se stessi e dell'indulgenza verso se stessi. Non erano in molti a comprendere appieno il messaggio riformatore e molti, anzi, ostacolarono la sua predicazione. Correva il 529 a.C. e l'induismo sembrava essere una religione molto più distante dalla gente, al confronto del buddhismo, cosicché la nuova religione iniziò ad affermarsi in modo tumultuoso e le conversioni non tardarono a presentarsi. Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, Siddartha si diresse verso Varanasi seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant'anni il Nord dell'India insegnando e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità, che si raggiunge non come dono dalla grazia di Dio, ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà. Anche perché su Dio, Buddha preferì tacere. Ciò non toglie che la dottrina buddhista non conosca figure paragonabili ai nostri santi, angeli, demoni, anime; così come ammette una sorta di paradiso e d'inferno. Accompagnato dai discepoli, Buddha percorse la valle del Gange, diffondendo la sua dottrina e fondando comunità monastiche che accoglievano chiunque, indipendentemente dalla condizione sociale. A condizione che l'adepto accettasse le regole ferree della nuova dottrina, ognuno era ammesso.

    Si stabilì, quindi, in un monastero donatogli da un facoltoso ammiratore a Savatthi (Sravasti), nel 525 a.C. Sebbene i monasteri a lui ispirati sorsero numerosi nelle principali città lungo il Gange, la sua lunga carriera di maestro e guida spirituale non fu del tutto esente da problemi (gli induisti cercarono in ogni modo e con ogni mezzo di arginare la diffusione del buddhismo), tentativi di scisma e persino di assassinio. Secondo la tradizione, Siddharta Gautama morì a Kusinagara, in Nepal, a ottant'anni, nel 486 a.C. circondato dai suoi seguaci, tra i quali il discepolo prediletto Ananda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni. Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: "Ricordate, o fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Attuate con diligenza la vostra propria salvezza!" A quanto attestato, pare che predisse la sua morte e ne avvisò i discepoli, ma rifiutò di fornire indicazioni precise riguardo all'organizzazione futura e alla diffusione della sua dottrina, sostenendo di aver già insegnato loro quanto fosse necessario per la salvezza.

    Un solo Buddha, diversi nomi

    Noto anche come Siddhārtha Gautama (sans., Siddhattha Gotama, pāli,), fu chiamato successivamente semplicemente Buddha, l'illuminato o il risvegliato. Nel mondo occidentale Buddha è indicato anche con il solo nome di Siddhartha, ma a lui vengono attribuiti talvolta altri nomi come, ad esempio, Sugata, Tathagata e Śākyamuni.

    È da notare che l'errata trascrizione "Siddharta" al posto della corretta "Siddhartha" è diffusa unicamente in Italia, in seguito a un errore (in seguito mai corretto) nella prima edizione del romanzo di Hermann Hesse.

    Siddhartha Gautama proveniva da una famiglia ricca e nobile della tribù degli Śākya, da cui anche l'appellativo di Śākyamuni (शाक्यमुनि), si sposò all'età di 16 anni e a 22 anni lasciò il palazzo nel quale viveva, abbandonando con esso tutti i lussi e le comodità di cui fino ad allora aveva goduto, per raggiungere il completo risveglio, e da qui in poi avrà origine il buddismo.

    Risveglio


    Prima di raggiungere l'Illuminazione o Risveglio (in sanscrito Bodhi) e intraprendere la predicazione della Dottrina (Dharma), Gautama intraprese per sei anni (così tramandano le fonti) varie forme anche estreme di ascesi (definite tapas, forme arcaiche di meditazione e yoga). Questo periodo della sua vita segnò un punto molto importante per il suo insegnamento: il Buddha visse tutte le esperienze umane possibili: l'ascesi, il potere, la fame, la mortificazione del corpo, la povertà, la solitudine, il matrimonio e l'amore.

    Il Buddha predicò una dottrina e una prassi volte all'affinamento della conoscenza e della consapevolezza fino all'estinzione (Nirvana), che si discosta dagli eccessi sensuali così come dall'ascetismo esasperato che ottunde la mente e nuoce al corpo. Suoi interlocutori principali saranno i monaci, prima compagni di ricerca e poi seguaci, che formeranno una comunità sempre più folta dotata di regole proprie. Predicò anche ai laici indicando una via di moderazione e controllo delle passioni che conduce a una migliore condizione di esistenza.

    La sua predicazione segnò sotto molti aspetti un punto di rottura con la dottrina del brahmanesimo (che diverrà induismo) e dell'ortodossia religiosa indiana dell'epoca. Infatti, in maniera non dissimile da quello dei fondatori del Jainismo e del Samkhya, il suo insegnamento non riconosce esclusivamente alla casta brahmanica l'ufficio della religione e la conoscenza della verità, bensì a tutte le creature che vi aspirino praticando il dharma.

    Predicazione ed insegnamento

    Negli anni successivi al nirvana, Buddha si dedicò alla predicazione e fondò un ordine di monaci. Molto frequentemente, alcuni monaci chiedevano al loro maestro che spiegasse meglio alcuni punti, soprattutto che sciogliesse alcune questioni filosofiche circa l'eternità dell'universo, la differenza o identità fra corpo ed anima. Buddha si rifiutò sempre di affrontare argomenti metafisici ed astratti, considerandoli ininfluenti davanti allo scopo finale del suo insegnamento: il raggiungimento della tranquillità necessaria per il Nirvana.

    Allo stesso modo il Buddha ha preferito non prendere mai una posizione netta all'interno della schermaglia fra i sostenitori dell'esistenza dell'io e della non esistenza dell'io. Anche in questo caso, l'unica soluzione alla controversia consiste nel Nirvana, esperienza ineffabile e per questo impossibile da spiegare o interpretare a parole.

    Morte di Buddha

    Gli ultimi anni della vita del Buddha furono piuttosto disgraziati. Al compimento del suo settantesimo compleanno, un suo invidioso cugino, Devadatta provò ad ucciderlo attraverso degli assassini al soldo e in seguito con un elefante selvaggio. Non riuscendoci, Devadatta creò uno scisma insieme ad altri monaci, e predicò una ascesi molto più radicale di quella puramente buddhista.

    Due fra i discepoli più vicini a Buddha, Sariputra e Madgalayama, riuscirono a riportare sulla strada maestra gli ex-seguaci di Devadatta. In questi anni si verificò anche la rovina del suo clan, gli Sakya e i suoi due discepoli più affezionati morirono.

    Sulla morte di Buddha, così come la sua cerimonia funebre, sono stati scritti moltissimi racconti. Sembra che la causa della sua morte sia da attribuire ad un cibo che contribuì ad aggravare una malattia da cui si era appena rimesso.

    La sua vita, i suoi discorsi, il ruolo monastico che ricoprì e l'influenza che ebbe in senso generale specie sulla cultura asiatica (ma anche per certi versi su quella occidentale), sono stati studiati e trasmessi ai posteri solo dopo la sua morte dai discepoli della comunità buddhista delle origini (il sangha), dapprima secondo la tradizione orale e successivamente attraverso testi più elaborati in seno alla dottrina buddhista. Il corpus letterario del buddhismo, costituito da un nucleo fondamentale e da molti testi aggiunti in seguito nelle diverse correnti, è noto con la denominazione sanscrita di tripitaka e fu tradotto in molte lingue asiatiche.
     
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  2. diciamoquelnome
     
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    ci a oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
     
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