Schola Italica

Amedeo R. Armentano, A. Reghini, G. Parise

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  1. VKK
     
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    A prescindere dai vari 'sminuimenti' del caso, che non rappresentano il nocciolo della questione, resto un po' sorpreso (solo un po', perchè non è la prima volta che mi capita) nel constatare attitudini tanto radicali, tendenti a fare tabula rasa di molte cose. Posizione lecita, per carità, ma che lascia, credo comprensibilmente, un po' perplessi. Non si tratta, perlomeno nel mio caso, di una particolare forma di 'attaccamento' a Pitagora o Lao-Tze o Pincopallino; piuttosto del fatto in sé di negare, ipso facto, una dimensione superiore a determinate tradizioni. Non si mette in dubbio, perchè sono anche i testi sacri di tutte le latitudini a dirlo, che si sia verificata nel tempo una degenerazione negli insegnamenti di natura sapenziale, dato per me pacifico; dubito tuttavia di affermazioni più o meno tranchant, come quella per cui simili vie non potevano o non possano in alcun modo conoscere una dimensione superiore. Va da sé, ipotizzo, che tutti i Misteri del Mediterraneo dovevano essere inidonei ad una realizzazione completa in virtù del riferimento cosmologico (e operativo) a un pantheon di "forze e potenze heimarmeniche di questo sistema solare", presumibilmente quelle che una speculazione tarda (Salustio) avrebbe definito 'divinità encosmiche'. Mi pare un assunto un po' arbitrario, atteso che le divinità per così dire 'si pongono' come individuazioni e specializzazioni 'funzionali' del Divino senza nome e senza volto, al di là di ogni politeismo vero o presunto. In altre parole, e per fare un esempio concreto, sostenere che il mondo romano non avesse un suo esoterismo (asserzione del peggior Evola, prima che rinsavisse, ma anche del peggior Guénon) è a dir poco erroneo; sostenere altresì che questo esoterismo, una volta affermatane l'esistenza, fosse rinchiuso tautologicamente nel recinto di una coltivazione di 'forze encosmiche' non spiega la dimensione, tutt'altro che 'encosmica' (nell'accezione di 'cosmo' come 'questo sistema solare'), di Ianus o di Fortuna. Mi sembrano posizioni un po' forzate. Poi è chiaro, e lo ribadisco, che una 'degenerazione' in ordine alle cose relative alla sapienza divina è fisiologica al discorso: le stesse Upanishad, come ogni altro testo sapenziale, lo lasciano intendere con sufficiente chiarezza. Ma ciò non significa che nessuno, in nessun tempo dal dopo-Atlantide ad oggi, sia stato in grado di 'rincappiare il filo per grazia del Sommo Iddio' (scusa se parafraso Lebano, ogni tanto mi prende la scimmia napolitana :) ) e che ciò sia possibile solo in virtù di un recupero o di un tramando afferente alla tradizione predinastica stellare d'Egitto. Dimensione, quest'ultima, che (sia chiaro) ammiro infinitamente - naturalmente non nei termini in cui poneva la questione quel povero mentecatto di Grant.
    Quindi ti chiederei, se ti è possibile, di scendere nei dettagli recando esempi pratici a supporto della tua posizione in merito, poiché finora il discorso, per quanto comprensibile nella sua impalcatura generale, è stato impostato in termini piuttosto sfumati.
    Saluti.
     
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118 replies since 4/10/2012, 22:29   4497 views
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