Neo-Dzogchen

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    Mah, tolgo il poveretto.....
    E' sufficiente ciò che segue per capire il fenomeno.

    Edited by Sun Yun 2.0 - 26/1/2021, 19:31
     
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    Gruppi facebook sul Todgal con 10.000 iscritti.
    https://m.facebook.com/groups/389074547867...feed_attachment

    Della serie: viva il materialismo visionario 🤔 (scrive l'amico che me li ha segnalati)

    www.facebook.com/groups/1108816099...60032214087678/

    www.facebook.com/jackson.peterson.73/posts/3986797507997884

    www.facebook.com/groups/2049496167...44422472829483/

    www.facebook.com/groups/2049496167...54048088533588/

    www.facebook.com/jackson.peterson.73/posts/4589638201047142

    Ha scritto anche un libro, lo trovate su bokkzz in pdf.
    Il libro del nostro guro:
    www.amazon.it/Natural-Bliss-Being-...n/dp/1482020173

    Per chi conosce il neoadvaita, si respira la medesima "convinzione".

    The presumptuous cannot hope to comprehend this. (Yeshe Lama)

    Edited by Sun Yun - 9/8/2020, 15:02
     
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    All'inizio mi metteva a disagio insegnare lo Dzogchen in Occidente, per più ragioni. C'era il fatto che si trattava di persone sconosciute, che non avevo mai visto prima, e che, per me, gli insegnamenti Dzogchen rappresentano la cosa più importante della vita. Negli occidentali non trovavo lo stesso rispetto che io nutrivo quando ricevo lo Dzogchen dai miei Maestri. Gli occidentali sembrano considerare assolutamente corretto parlare degli insegnamenti in qualunque circostanza, e magari ne discutono seduti al bar come se fossero impegnati in una conversazione ordinaria o uno stupido pettegolezzo.
    Inoltre, mi accorsi subito che ciò che dicevano dell'integrazione dello Dzogchen nella vita quotidiana non corrispondeva al loro effettivo comportamento, che mi pareva privo di compassione, presenza mentale, abilità e consapevolezza. Col passare del tempo, mi accorsi che molti venivano a prendere insegnamenti durante il weekend e non tornavano più. m
    Mi sembrava mancare il legame personale, quel rapporto tradizionale tra maestro e discepolo presente in India e in Tibet, in cui il Maestro assegna un metodo, lo studente lo mette in pratica e ritorna a riferire al maestro la sua esperienza. Non gradivo la mancanza di un contatto continuo tra Maestro e studenti, e spesso mi sembrava che si venisse ad ascoltare gli insegnamenti come si va una qualunque conferenza, in modo decisamente impersonale. A volte mi sembrava quasi di parlare alla radio... Per me, la trasmissione dello Dzog Chen è una responsabilità. Voglio essere certo che gli ascoltatori capiscano quello che dico, e a volte sottolineo con forza questo aspetto. Ma poiché molte volte il tempo a disposizione è poco, a causa di questo tipo di rapporto con le persone e dell'assenza di resoconti delle loro esperienze, era spesso difficile avere la sicurezza che i presenti percepissero davvero quello che stavo comunicando. Invece di concretezza c'era molta superficialità, e mi sembrava che molti preferissero aspettare con fede cieca l'avvento di qualcosa di misterioso, invece di darsi da fare per avere un'esperienza diretta. C'erano gruppi intellettuali, e altri anti-intellettuali. Comunque sia, sempre con la motivazione di essere d'aiuto agli altri e memore di ciò che il mio maestro Lopon Tenzin Sangye diceva sul pericolo per lo Dzogchen di estinguersi nell'era del Kali Yuga, feci del mio meglio per trasmettere gli insegnamenti. Come lato positivo, ho scoperto che è più facile condurre una pratica di gruppo con gli occidentali che con i laici tibetani in India in Tibet, dove ci si accontenta dell'iniziazione senza sapere che cosa si sta ricevendo.


    I miracoli della mente naturale - Tendzin Wangyal

    Bellissimo dall'altro canto il racconto del maestro e del suo rapporto con i suoi maestri simile a quello che noi abbiamo con i nostri genitori.
    Studiano moltissimo.
    Tendzin racconta che la sola trasmissione dei testi della tradizione orale richiese 11 ore di studio al giorno per 9 anni consecutivi, lui era un bambino e non gli rimase tempo per giocare. Quello che traspare è anche un sistema educativo straordinario.
    I bambini tibetani sanno che cos'è l'impermanenza e non sono capricciosi.
     
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    (continua dallo stesso testo)
    Vorrei aggiungere che, tra i praticanti occidentali, a volte sembra assente la visione corretta, cioè il giusto modo di considerare gli insegnamenti. Ritengo che, per preservare gli insegnamenti, occorre sviluppare e coltivare una specifica, particolare visione spirituale. Tale visione è presente nella cultura tibetana, ne costituisce una parte integrante, contribuendo in questo modo a salvaguardare gli insegnamenti. Occorre una speciale maturità per studiare gli insegnamenti, ancora più indispensabile in Occidente. Raggiungere la corretta visione non è impossibile, e ho osservato spesso cambiamenti in chi segue gli insegnamenti con serietà e impegno. Amo soprattutto insegnare a chi ha già ricevuto insegnamenti da vari maestri, perché persone del genere hanno già percepito un gusto diverso grazie agli insegnamenti e acquisito una visione generale più ampia; poiché possiedono già alcune conoscenze, ricavo soddisfazione dal fatto che apprezzano ciò che insegno. Chi invece ha ricevuto insegnamenti da un solo maestro tende a paragonare il mio insegnamento con quello dell'altro maestro, perdendosi nei raffronti.
     
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    Alcuni, ribellandosi al forte accento che l'educazione occidentale pone sulle conoscenze intellettuali, sono attratti da maestri che si pongono in modo anti intellettuale; così facendo possono alimentare le loro idee e fantasie sulla spiritualità, invece di dover imparare qualcosa di nuovo per sviluppare la loro mente. In realtà,il sentiero Dzog Chen contiene concetti estremamente difficili che richiedono un notevole impegno intellettuale per essere afferrati, accanto a pratiche che mettono in grado il praticante di osservare come determinate tecniche incidono sulla sua mente e la trasformano. Dall'altro canto, una qualità positiva di molti praticanti occidentali è il desiderio di aver chiaro quello che studiano. Ciò induce a fare domande molto precise sull'insegnamento e sulle pratiche, precisione che spesso manca ai tibetani. In futuro vi saranno maestri occidentali di Dzog Chen e di altre tradizioni spirituali, con lo spinoso problema di verificare in che grado gli aspetti culturali tibetani dell'insegnamento potranno venire abbandonati senza perdere la qualità essenziale degli insegnamenti. Qualunque insegnamento trasmesso in Occidente da un maestro tibetano deve subire cambiamenti, per il semplice fatto che viene esposto in un contesto culturale nuovo e diverso, e più il maestro riesce a comunicare con la mente occidentale, più deve apportare cambiamenti al modo di insegnare. Un buon maestro, però, agirà soltanto sugli aspetti che facilitano la comunicazione, senza cambiare niente che sia essenziale, senza cioè intaccare la purezza dell'insegnamento. un rischio difficile da evitare la tendenza delle scuole spirituali a preservare la propria tradizione in modo estremamente chiuso oppure, al contrario, a voler essere estremamente aperte non settario. Ma questo stesso non settarismo può essere una scusa che innesca atteggiamenti di chiusura identici a quelli del settarismo.
     
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4 replies since 29/7/2020, 17:34   176 views
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