Riccardo Venturini: "Principi del Buddhismo"

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    Principi del Buddhismo



    di Riccardo Venturini


    A causa della grande varietà degli insegnamenti che sono stati sviluppati e trasmessi dalle varie Scuole nel corso dei secoli, e all'assenza nel buddhismo di una autorità centrale custode dell' "ortodossia", non è facile per una prima presentazione selezionare quali principî siano da considerare fondamentali e comuni a tutti coloro che seguono di Buddhadharma.

    Pertanto, più volte si è tentato di realizzare se non un catechismo almeno un sommario degli insegnamenti di base. Tali tentativi è abbastanza comprensibile che abbiano suscitato discussioni e perfino dissensi, ma l'esigenza tuttavia rimane e non va dimenticato che il problema si presenta anche a quanti sono chiamati a redarre una voce sul buddhismo per un'enciclopedia o un capitolo di un libro sulle religioni. Vogliamo presentare qui alcuni di questi sommari ritenendoli comunque utili punti di partenza e di costruttivi confronti.


    I dodici principî del buddhismo proposti dalla Buddhist Society del Regno Unito

    1. Realizzare la propria salvezza è compito immediato di ogni uomo. Se un uomo fosse ferito da una freccia avvelenata, non tarderebbe a estrarla indugiando a chiedere notizie sull'arciere o sulla lunghezza e su altre caratteristiche della freccia. Vi sarà tempo per una comprensione sempre maggiore dell'Insegnamento percorrendo la Via. Intanto, si inizi ad affrontare la vita quale è, imparando sempre dall'esperienza diretta e personale.

    2. Il primo fatto dell'esistenza è la legge del cambiamento o impermanenza. Tutto ciò che esiste, da una molecola a una montagna, da un pensiero a un impero, passa attraverso lo stesso ciclo d'esistenza - nascita, crescita, decadenza e morte. Soltanto la vita è ininterrotta, pronta sempre a manifestarsi in nuove forme. "La vita è un ponte; quindi non costruirci una casa sopra". La vita è un continuo fluire e colui che si aggrappa a qualsiasi forma, per quanto splendida, soffrirà resistendo alla corrente.

    3. La legge del cambiamento si applica parimenti all'"anima". Nell'individuo non è presente un principio immortale e immutabile. Soltanto il "Senza-Nome", la Realtà ultima, sta al di là del cambiamento e tutte le forme di vita, incluso l'uomo, sono manifestazioni di questa Realtà. Nessuno possiede la vita che scorre in sé più di quanto la lampadina possegga la corrente che le dà luce.

    4. L'universo è l'espressione della Legge. Tutti gli effetti hanno delle cause e l'anima o il carattere dell'uomo sono la somma totale dei suoi precedenti pensieri e azioni. Il karma, nel senso di azione-reazione, governa tutta l'esistenza e l'uomo è l'unico artefice del contesto in cui vive e della sua reazione a esso, della sua condizione futura e del suo destino finale. Mediante il retto pensiero e la retta azione, egli può gradualmente purificare la sua natura profonda e così, tramite l'auto-realizzazione, col tempo raggiungere la liberazione dalle rinascite. Il processo richiede lunghi periodi di tempo, implicando vita dopo vita in terra, ma alla fine ogni forma vivente raggiungerà l'Illuminazione.

    5. La vita è una e indivisibile, sebbene le sue forme in continuo cambiamento siano innumerevoli e caduche. Non c'è, in verità, alcuna morte, sebbene ogni forma debba perire. Dalla comprensione dell'unità della vita deriva la compassione, un senso di identità con la vita in altre forme. La compassione è descritta come "Legge delle Leggi - eterna armonia" e colui che rompe questa armonia della vita soffrirà conformemente e ritarderà la propria Illuminazione.

    6. Essendo la vita un Tutt'uno, gli interessi della parte dovrebbero essere quelli del tutto. L'uomo, nella sua ignoranza, pensa di poter perseguire con successo i propri interessi e questa mal indirizzata energia egoica produce sofferenza. Egli impara dalla propria sofferenza a ridurne e ad eliminarne definitivamente la causa. Il Buddha insegnò le quattro Nobili Verità: (a) l'onnipresenza della sofferenza; (b) la sua causa: il desiderio erroneamente diretto; (c) la sua cura: la rimozione della causa; (d) il Nobile Ottuplice Sentiero dell'auto-sviluppo, che conduce all'estinzione della sofferenza.

    7. L'Ottuplice Sentiero consiste in Rette (o perfette) Visioni o comprensioni preliminari, Retti scopi o moventi, Retta parola, Rette azioni, Retto sostentamento, Retto sforzo, Retta concentrazione o sviluppo della mente e, alla fine, Retto samadhi, che conducono alla piena Illuminazione. Poiché il buddhismo è un modo di vivere, non una mera teoria sulla vita, percorrere questo Sentiero è essenziale per l'auto-liberazione. "Non fare il male, compiere il bene, purificare il cuore: questo è l'insegnamento dei Buddha".

    8. La Realtà è indescrivibile e un Dio con attributi non è la Realtà ultima. Ma il Buddha, un essere umano, divenne l'Illuminato e lo scopo della vita è il raggiungimento dell'Illuminazione. Questo stato di coscienza, Nirvana, estinzione delle limitazioni dell'io, è raggiungibile sulla terra. Tutti gli uomini e tutte le altre forme di vita contengono la potenzialità dell'Illuminazione e il processo, pertanto, consiste nel diventare ciò che sei: "Guarda dentro di te: tu sei Buddha".

    9. Tra l'Illuminazione potenziale e quella attuale si colloca la Via di Mezzo, l'Ottuplice Sentiero "dal desiderio alla pace", un processo di auto-sviluppo tra gli "opposti", che evita tutti gli estremi. Il Buddha percorse questa strada fino alla fine e la sola fede richiesta nel buddhismo è la credenza ragionevole che dove una Guida è passata vale la pena, anche per noi, di passare. La Via deve essere percorsa dall'uomo intero, non solo dalla sua parte migliore, e il cuore e la mente devono essere sviluppate allo stesso modo. Il Buddha fu "il pienamente Compassionevole" e "il pienamente Illuminato".

    10. Il buddismo sottolinea fortemente la necessità della concentrazione interiore e della meditazione, che portano col tempo allo sviluppo delle facoltà spirituali. La vita interiore è altrettanto importante quanto la vita quotidiana e periodi di quiete dedicati all'attività interiore sono essenziali per una vita equilibrata. Il buddhista dovrebbe essere sempre "consapevole e padrone di sé", astenendosi dall'attaccamento mentale ed emozionale verso "il fuggevole spettacolo della vita". Questo atteggiamento sempre più attento alle circostanze, che egli sa essere sue stesse creazioni, lo aiuta a tenere sempre sotto controllo le proprie reazioni.

    11. Il Buddha disse: "Lavora con impegno per la tua salvezza". Il buddhismo non riconosce alcuna autorità che detenga la verità, salvo l'intuizione dell'individuo e questa è un'autorità valida solo per lui. Ciascun uomo subisce le conseguenze delle proprie azioni e in tal modo ne trae ammaestramento, mentre aiuta i suoi simili a raggiungere la stessa liberazione; né la preghiera al Buddha o a un dio impedirà a un effetto di seguire alla sua causa. I monaci buddhisti sono maestri ed esempi ma in nessun senso intermediari tra la Realtà e l'individuo. Verso le altre religioni e filosofie è praticata la massima tolleranza; nessun uomo ha il diritto di interferire nel percorso di un suo simile verso la Meta.

    12. Il buddhismo non è pessimista, non è una via di fuga dalla realtà, non nega l'esistenza di Dio o dell'anima, dando tuttavia un proprio significato a questi termini. È, al contrario, un sistema di pensiero, una religione, una scienza spirituale e uno stile di vita ragionevole, pratico e che tutto abbraccia. Per più di duemila anni ha soddisfatto i bisogni spirituali di quasi un terzo dell'umanità. Attrae il mondo occidentale perché non ha dogmi, soddisfa la ragione e il cuore, è basato sulla fiducia in sé stessi associata alla tolleranza verso gli altri punti di vista, abbraccia la scienza, la religione, la filosofia, la psicologia, l'etica e l'arte e punta unicamente sull'uomo quale creatore delle sua vita presente e unico artefice del proprio destino.

    (cfr. Christmad Humphreys, Buddhism, Harmonds, Penguin Books, 1978; tr. it. col tit. Il buddhismo, Roma, Ubaldini, 1964)

    Anche l'Unione Buddhista Italiana (UBI) ha pubblicato un documento in cui ha enunciato quelli che
    vengono considerati principî fondamentali del Buddha-Dharma e che qui riteniamo utile fornire.


    I principî buddhisti fondamentali (secondo l'UBI)

    Dopo aver raggiunto l'Illuminazione il Buddha impartì numerosi insegnamenti, in accordo alle predisposizioni dei suoi vari discepoli, con l'unico scopo di individuare la via più adatta per ognuno per raggiungere l'Illuminazione. Come risultato il Buddhismo oggi offre un insieme molto vasto di insegnamenti che costituiscono un versatile gruppo di metodi e tecniche per sviluppare qualità della propria mente fino a raggiungere l'Illuminazione. L'enfasi maggiore nella dottrina buddhista è infatti rivolta alla comprensione ed al controllo della propria mente, e di conseguenza delle proprie azioni, ed allo sviluppo della saggezza. Per questo motivo la filosofia buddhista comprende un vero e proprio sistema psicologico che, combinato con le tecniche di meditazione, forma quello che spesso viene chiamato "La Scienza della Mente Buddista".
    L'intero corpus degli insegnamenti buddhisti è comunque compreso nel primo insegnamento che il Buddha impartì a Sarnath, nel parco delle Gazzelle (anche nell’iconografia buddhista questo avvenimento è stato sin dalle origini ricordato con simboli che ancor oggi si ritrovano nei paesi buddhisti come le gazzelle accovacciate ai due lati della Ruota del Dharma che ricordano appunto il Parco di Jetavatana in cui la ruota iniziò a girare): l'Insegnamento delle Quattro Nobili Verità, le realtà esperienziali sperimentate dal Buddha stesso.

    La Nobile Verità della Sofferenza.

    Nel primo punto del suo insegnamento il Buddha espose con chiarezza la situazione di sofferenza caratteristica del nostro stato di esistenza, che comprende la sofferenza della malattia, dell'invecchiamento, della povertà, della morte e molte altre. Va compreso correttamente il motivo per cui il Buddhismo pone come stadio fondamentale al proprio sviluppo spirituale la consapevolezza del proprio stato di sofferenza. L'obiettivo del sentiero spirituale buddhista è quello di raggiungere la completa liberazione dalla sofferenza. Tale liberazione, però, avviene tramite lo sforzo personale di seguire i metodi proposti dal Buddha, per cui è necessario avere una decisa motivazione a raggiungere tale liberazione. Una forte motivazione, infine, si ottiene solo sulla base di una chiara consapevolezza dello stato che si vuole abbandonare. Per questo è necessario riconoscere il proprio stato di sofferenza, senza farsi cogliere da atteggiamenti nichilisti o pessimisti, ma rimanendo però realisti riguardo la propria situazione.

    La Nobile Verità della causa della sofferenza.

    Una volta compresa la propria situazione di sofferenza è necessario indagare sull'origine di quest'ultima. In tale contesto la filosofia buddhista individua l'origine della sofferenza sulla base della legge di causa ed effetto, per la quale qualsiasi fenomeno o qualsiasi situazione ci si trovi a sperimentare dipende da azioni intraprese in precedenza. Sulla base del principio filosofico fondamentale della legge di causa ed effetto il buddismo deriva gran parte della sua dottrina utilizzando una disquisizione logica rigorosa ed elaborata, in modo del tutto simile all'approccio tipico della scienza occidentale. Il risultato di tale analisi è che l'origine principale delle nostre sofferenze risiede nei cosiddetti veleni mentali, tra i quali il principale è l'ignoranza, cioè la non conoscenza del reale modo di esistenza di tutti i fenomeni. Da questo tipo di ignoranza discendono gli altri veleni mentali, che possono essere raggruppati in: odio, attaccamento, invidia, orgoglio e dubbio. Sulla base di queste predisposizioni mentali negative vengono poi compiute le azioni negative di corpo e parola, come ad esempio rubare, uccidere, avere una condotta sessuale scorretta, mentire, calunniare o usare parole che provocano sofferenza o portano a conflitti. Dato che risalendo a ritroso nella nostra vita, fino al momento della nascita, tutte le situazioni che sperimentiamo dipendono, oltre che dalle condizioni contingenti, anche da una causa fondamentale posta in precedenza, è necessario asserire l'esistenza di vite precedenti alla nostra nascita, per non cadere in una contraddizione logica. Il Buddhismo pertanto sostiene, sulla base della legge fondamentale di causa ed effetto, che ogni individuo è costretto in un ciclo continuo di morte e rinascita (in sanscrito Samsara), dove sperimenta un grado di sofferenza dipendente dalle azioni da lui compiute in precedenza. Tale principio è indicato con il termine Karma, che significa azione.

    La Nobile Verità della cessazione della sofferenza.

    La realizzazione della seconda Nobile Verità, che individua per ogni sofferenza una causa, è di fondamentale importanza nel processo verso la liberazione dalla sofferenza: infatti dal momento che la sofferenza ha una causa, consegue che rimuovendo tale causa si estinguerà anche la sofferenza corrispondente. Su questo principio si basa quindi la giustificazione dell'intero sentiero spirituale buddhista, che si focalizza sulla rimozione di tutte le cause della sofferenza per ottenere la liberazione.

    La Nobile Verità del Sentiero per la liberazione dalla sofferenza.

    Nell'ultima parte del suo insegnamento il Buddha espose il metodo vero e proprio per raggiungere la liberazione dalla sofferenza. Tale sentiero, anche noto come "La Via di Mezzo", evita i due estremi: l'estremo della ricerca della felicità attraverso la mera soddisfazione dei piaceri sensoriali e l'estremo dell'automortificazione delle diverse forme di ascetismo. In estrema sintesi l'intero percorso spirituale buddhista, suddiviso in otto aspetti fondamentali (Retta Comprensione, Retto Pensiero, Retta Parola, Retta Azione, Retta Condotta di vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza e Retta Concentrazione), indirizza il praticante verso l'abbandono di tutte le azioni negative di corpo, parola e mente, eliminando tutti i veleni della mente e coltivandone tutti gli aspetti positivi.

    Come già accennato in precedenza, nell'ambito delle scuole buddhiste del "Grande Veicolo" vi è grande enfasi nella motivazione altruistica di raggiungere l'Illuminazione, esclusivamente per il beneficio degli altri esseri. Tale tipo di motivazione pone le sue basi sullo sviluppo dell'equanimità, della compassione e dell'amore. Equanimità significa stemperare la nostra visione distorta che distingue tra amici e nemici, simpatici e antipatici e così via, comprendendo che tutti gli esseri viventi sono uguali tra loro, avendo lo stesso desiderio di felicità e la stessa repulsione per la sofferenza. Essi sono pertanto ugualmente degni del nostro aiuto e della nostra attenzione.
    Compassione significa aspirare alla completa liberazione di tutti gli esseri dalla sofferenza, mentre amore significa desiderare la felicità per tutti gli esseri. Coltivando l'aspirazione di essere noi in prima persona a liberare tutti gli esseri dalla sofferenza ed a donare loro la felicità e comprendendo che saremo in grado di fare questo solo una volta Illuminati, sorge la motivazione di raggiungere la completa Illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri. Tale motivazione è indicata con il termine sanscrito di Bodhicitta, che significa mente dell'Illuminazione. La motivazione di Bodhicitta è sostenuta e coltivata dalla pratica delle sei perfezioni (Paramita): generosità, moralità, pazienza, sforzo entusiastico, concentrazione e saggezza.

    Una descrizione dettagliata del sentiero buddhista richiederebbe una trattazione molto più elaborata, ma come dice spesso S.S. il Dalai Lama, la sua essenza consiste nell'essere il più possibile di beneficio per tutti gli esseri viventi o almeno, se non si può essere loro di beneficio, di non danneggiarli.


    L'Unione buddhista europea (EBU) ha fornito un breve sommario degli insegnamenti ritenuti fondamentali in questa introduzione:

    Breve introduzione al Buddhismo (secondo l'EBU):

    Il Buddhismo risale a Siddhartha Gautama, che nacque circa 2500 anni fa a Lumbini, luogo che oggi si trova in Nepal. Egli apparteneva alla famiglia reale dei Shakya e crebbe quindi in una ambiente benestante.

    Siddharta Gautama ricevette un’educazione adeguata al suo stato sociale e sviluppò una personalità fuori dal comune. Già alla nascita alcuni sacerdoti previdero che avrebbe compiuto cose di grande rilevanza, in materia sia mondana che spirituale. Per questo motivo suo padre,auspicando per lui una carriera mondana, fece di tutto per dargli la migliore istruzione possibile, lontana da tutte le influenze che avrebbero potuto risvegliare in lui un interesse spirituale.

    Ciò nonostante, Siddharta Gauthama si trovò ripetutamente a confrontarsi con la sofferenza della malattia, della vecchiaia e della morte. Egli si rese conto che né la sua vasta conoscenza del mondo né le sue doti, e neppure la sua ricchezza e la sua influenza, potevano alla fine essere di alcun aiuto per alleviare la sofferenza a cui tutti gli esseri senzienti sono soggetti. Il suo incontro con uno Yogi che stava praticando una profonda meditazione lo portò a decidere di lasciarsi alle spalle la vita mondana. Scelse la via dell’interiorità al fine di vincere una volta per tutte ogni tipo di sofferenza e di portare a maturazione le sue qualità innate.

    Siddharta Gauthama lasciò la famiglia e inizialmente praticò l’ascetismo più severo. Ben presto si accorse che questa forma estrema non lo avrebbe portato più vicino alla sua meta di quanto aveva fatto la sua precedente vita colma di ricchezze e di agi. Perciò decise di scegliere la Via di Mezzo, e grazie alla sua intensa pratica di meditazione riuscì a portare a compimento il suo potenziale interiore. Siddharta Gauthama realizzò la Buddhità, la condizione di “Risvegliato” . Andò oltre ogni sentimento e stato mentale che potesse causare sofferenza, mise fine all’ignoranza innata e portò a compimento le sue qualità latenti.

    La piena realizzazione della Buddhità, come quella ottenuta da Siddharta Gauthama, non dipende da fattori di razza o di cultura. Egli era un essere umano, visse la vita da essere umano essendo soggetto- come tutti noi- alle stesse leggi di vita. Comunque con il suo esempio egli dimostrò che ogni persona, indipendentemente da sesso, età o condizione sociale, possiede il potenziale della piena realizzazione, che può essere ottenuta attraverso l’adeguato addestramento mentale.

    Circa due mesi dopo aver raggiunto l’illuminazione Buddha Shakyamuni incominciò ad insegnare, e così fece per più di 40 anni, fino alla fine della sua vita. L’attività da lui svolta ebbe luogo nella fase di maggior sviluppo della cultura religiosa e filosofica dell’India. La lunga durata del suo insegnamento all’interno di una società altamente sviluppata spiega la ricchezza delle spiegazioni che egli diede, da un lato a questioni attinenti la vita pratica e dall’altro a temi di carattere scientifico e filosofico.

    Qualsiasi cosa Buddha insegnasse, lo faceva sulla base di un’esperienza personale e la trasmissione della sua conoscenza potè quindi avvenire in un modo fresco e legato alla vita. Ripetutamente egli consigliò ai suoi allievi di esaminare i suoi insegnamenti e di non credere loro in modo cieco. Il motivo per cui egli insegnava non era quello di acquisire discepoli che fossero dipendenti da lui, ma di mettere le persone in grado di realizzare le proprie infinite possibilità e la loro libertà interiore.

    Lo scopo del Buddhismo e il Sentiero

    Lo scopo del Buddhismo è la realizzazione della Buddhità. Questo significa liberarsi da ogni sofferenza e da qualsiasi problema, oltre che far sbocciare e maturare tutte le qualità e le abilità latenti nella nostra mente.

    Per poter realizzare questa meta dapprima dobbiamo prendere in esame attentamente la nostra attuale situazione di vita. Con questo scopo il Buddha insegnò proprio fin dall’inizio la “Verità della sofferenza” e la “Verità della causa della sofferenza”. In una sorta di analisi della condizione del nostro mondo, egli mostrò come la vita sia permeata di problemi e che la causa di tutta la sofferenza è costituita dal fatto che non riusciamo a capire la realtà come essa è davvero. Il Buddha chiarì che un’errata comprensione di noi stessi e del mondo attorno a noi ci porta a disturbi interiori che sono la causa costante di azioni dannose. Queste azioni e queste impressioni negative lasciano nella nostra mente delle impronte che sono ulteriore causa di nuovi problemi e sofferenze.

    Questa legge, in quanto parte di ogni azione, è chiamata Karma, in sanscrito. Karma significa semplicemente “causa ed effetto”. L’effetto è sempre in relazione con l’azione compiuta. Da ciò deriva che azioni positive condurranno a gioia e felicità, mentre azioni negative condurranno a dolore e sofferenza. Perciò il karma non significa che siamo soggetti a un fato predeterminato, ma piuttosto che noi stessi siamo responsabili della qualità della nostra vita. Siamo noi a determinare la qualità della nostra vita, poiché con il nostro atteggiamento e con le nostre azioni influenziamo il nostro karma, creiamo nuovo karma e in questo modo diamo forma in continuazione alla qualità della nostra vita. Nel contesto della falsa immagine di sé che l’individuo ha di se stesso e del mondo attorno a sé, ognuno crea una relazione molto personale con ogni cosa. Qualunque cosa ci accada, possiamo sperimentarla solo alla luce della nostra esperienza soggettiva- e così siamo intrappolati nel nostro mondo personale. Questo processo continua da una vita all’altra ed è chiamato “il ciclo condizionato dell’esistenza”.

    Riconoscere la connessione della nostra situazione attuale va di pari passo con la comprensione che noi stessi abbiamo anche la potenzialità di raggiungere la Buddhità. Con la “Verità del porre fine alla sofferenza” e la “Verità del sentiero”, che sono la terza e la quarta Nobile Realtà, Buddha indicò la meta ultima, l’Illuminazione. Mostrò come ognuno sia in grado di superare la propria ignoranza riguardo al proprio essere e al mondo circostante, come pure di vincere i difetti mentali e raggiungere la Buddhità. Per arrivare a ciò, Buddha consigliò di percorrere il sentiero che lui stesso aveva fatto.

    In sostanza il sentiero consiste nel tenere sotto controllo la nostra mente, “domandola”. Con l’aiuto della meditazione e di una consapevole attitudine positiva, noi approfondiamo l’amore e la compassione per tutti gli esseri senzienti, oltre che la nostra visione profonda della natura di tutte le cose. Ciò porta gradualmente alla riduzione del nostro egocentrismo, a vedere la realtà ultima e infine a raggiungere la buddhità.

    La meditazione e la pratica della consapevolezza sono l’addestramento mentale che ci aiuta a sviluppare una mente sana, chiara e gioiosa e a riconoscerne la natura illimitata. Questo ci permette di vedere noi stessi, gli altri e il mondo in cui viviamo nel modo reale in cui i fenomeni esistono. Cominciamo a lasciar andare le nostre idee preconcette, le interpretazioni, i desideri e le paure, che normalmente ci impediscono una chiara e diretta percezione.

    Le azioni positive e gli atteggiamenti mentali che sono motivati dalla nostra intenzione di non danneggiare noi stessi e gli altri ci aiutano nella nostra maturazione mentale. Essi creano le premesse per una vita armoniosa e sono la base della forza interiore che è molto importante per praticare la meditazione. Vi sono diverse tradizioni buddhiste che hanno differenti metodi di meditazione, ma tutte hanno in comune due aspetti: la meditazione della calma mentale e della chiara visione interiore.

    Il Buddha analizzò il nostro mondo e la legge che lo governa e in accordo ad essa creò un Sentiero che rende possibile a ciascuno lavorare sulla propria mente. Attraverso la maturazione interiore e un atteggiamento positivo quindi noi possiamo vincere la sofferenza ed essere sempre più in grado di aiutare gli altri. È un Sentiero che comporta l’assoluta assunzione di responsabilità da parte nostra per le azioni che compiamo. Perfino Buddha ha potuto solamente darci delle indicazioni e semplicemente indicarci la Via. Dipende da ogni individuo se prestarvi o no attenzione. L’insegnamento alla base del Buddhismo sono le “Quattro Nobili Verità” che Buddha espose con numerose istruzioni sui molteplici temi ed aspetti riguardanti la nostra vita. Le diverse tradizioni Buddhiste differiscono poiché, all’interno del suo insegnamento, vi sono alcuni aspetti che sono diversamente enfatizzati.

    Quest’ampia gamma di insegnamenti, pratiche e meditazioni risponde a molti diversi bisogni ed inclinazioni dell’individuo. Proprio come si ha necessità di diverse medicine per curare vari tipi di malattia, allo stesso modo ci servono differenti tipi di addestramenti mentali per liberarci delle diverse perturbazioni mentali. Indipendentemente dalla tradizione Buddhista cui ci si riferisce, lo scopo è lo stesso : far sorgere ed alimentare le nostre facoltà innate, sviluppare l’amore e la compassione, raggiungere la pace mentale e il discernimento e infine realizzare la Buddhità- la piena manifestazione del potenziale innato di tutti gli esseri.
     
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