Lo strano culto delle navi da carico

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  1. B.atman
     
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    Inserisco qui, manca una sezione dedicata all'antropologia.

    Il culto delle navi da carico, più comunemente conosciuto come “il cargo cult“; fa parte di un movimento sociale e religioso degli abitanti della Malanesia, un gruppo di isole del Pacifico meridionale a nord-ovest dell’Australia, di cui fanno parte la Papua Nuova Guinea, Nuova Caledonia, Isole Figi e Vanuatu. I culti delle navi e degli aerei da carico ebbero inizio dalla crescente tensione fra le popolazioni tribali remote, e gli eserciti impegnati nella guerra nel Pacifico.
    I primi culti di questo tipo, guidati da profeti che affermavano di aver avuto visioni, risalgono al tardo Ottocento. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale i nativi guardarono ai tedeschi come ai loro salvatori, convinti che il millennio avrebbe conciso con l’arrivo delle navi da carico tedesche. Nel 1919 in Papua Nuova Guinea si ebbe un’esplosione del culto noto come “follia papuana vailal“.
    https://bhutadarma.wordpress.com/2021/03/0...navi-da-carico/
     
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  2. swami chandraramabubu sfigananda
     
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    Uno dei fenomeni più interessanti di tutta l'antropologia, ne ho letto qualcosa. Ed è molto esplicativo di tante cose che sono sotto i nostri occhi ma prendono forme complicate e non si vedono facilmente.
     
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    Concordo con Swami. Anche se vi sono dei generali fraintendimenti sul fenomeno, come si sa.
    Ad esempio gli indigeni non consideravano quei soldati come dèi, ma semplicemente cercavano di riprodurre aerei e piste di atterraggio per attirare(la mentalità magico/primitiva pensa che riprodurre una cosa artisticamente ne attiri la venuta o la riuscita futura) nuovi aerei carichi di provviste etc.
     
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  4. B.atman
     
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 19/3/2021, 15:10) 
    Uno dei fenomeni più interessanti di tutta l'antropologia

    Vero, questo è un fenomeno recente, ma ve ne sono di molto più antichi.
     
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    CITAZIONE (B.atman @ 19/3/2021, 15:49) 
    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 19/3/2021, 15:10) 
    Uno dei fenomeni più interessanti di tutta l'antropologia

    Vero, questo è un fenomeno recente, ma ve ne sono di molto più antichi.

    Non più antichi dell'aeroplano. :D
     
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  6. B.atman
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 19/3/2021, 15:50) 
    CITAZIONE (B.atman @ 19/3/2021, 15:49) 
    Vero, questo è un fenomeno recente, ma ve ne sono di molto più antichi.

    Non più antichi dell'aeroplano. :D

    :lol: Certo, intendevo :
    https://anthrosource.onlinelibrary.wiley.c...ac.1991.2.1-2.1
    ...Vimala etc..
     
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    Era una provocazione :D

    Sì, conosco la questione degli antichi astronauti. Per quanto ci creda poco, è uno di quegli argomenti che mi affascina in maniera incredibile. Ovviamente non è escludibile a priori. Perché dovrebbe?

    È forse uno di quei pochi argomenti - che piacciono molto ai complottisti - che ritengo del tutto plausibili. Certo. Non ancora dimostrati. Ma è bello fantasticare. Specie leggendo Giuseppe Flavio o Plinio il Vecchio.
     
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  8. B.atman
     
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    Niels Bohr, pensando ad Heisenberg, scrisse che l’uomo «è al contempo spettatore e attore nel grande dramma dell’esistenza». Questo pone innanzitutto problemi di filosofia della conoscenza, per un antropologo, cioè di metodo.
    Fenomeni religiosi simili sono osservabili presso popolazioni molto antiche, in assoluto il più affascinante, per me è quello delle linee di Nazca. Bellissima l'ipotesi di Rosa Lasaponara.
     
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    Niels Bohr, pensando ad Heisenberg, scrisse che l’uomo «è al contempo spettatore e attore nel grande dramma dell’esistenza». Questo pone innanzitutto problemi di filosofia della conoscenza, per un antropologo, cioè di metodo.

    Approfondisci quello che intendi, se ti va.
     
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    Va bene. :lol:

    Ma se fai riferimento alla questione dell'osservatore(che non è il soggetto umano; osservatore in MQ è qualsiasi oggetto entri un relazione con un secondo oggetto) in meccanica quantistica, credo che sia un tantino differente dalla questione degli eventuali bias dello studioso. Le teorie degli antichi astronauti sono molto spesso tirate per le orecchie e si reggono proprio su bias confermativi.
     
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  11. B.atman
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 19/3/2021, 19:20) 
    Va bene. :lol:
    Le teorie degli antichi astronauti sono molto spesso tirate per le orecchie e si reggono proprio su bias confermativi.

    Infatti...la questione non riguarda la meccanica quantistica ma semmai la psicologia.
    Un buon antropologo oggi non può ignorare le scienze sociali e queste soffrono come tutte le altre di alcuni limiti:
    da un prof che stimo:
    Nozione di persona, “Sé culturale”, emozioni e cultura; etnopsicologia; formazione dell’esperienza; coscienza e “Io di gruppo” nel contesto africano; ecc.) con l’obiettivo di sviluppare la sensibilità critica degli studenti e l’autonomia di giudizio attraverso un approccio storico-comparativo e interdisciplinare che permetta di intrecciare un dialogo con differenti campi di ricerca (psicologia culturale, antropologia psicoanalitica, storia, storia delle religioni, ecc.).
    Episteme:
    Più precisamente viene determinata la posizione (di qualche particella), meno precisamente si conosce la quantità di moto (di quella particella) in questo istante, e viceversa. - Heisenberg, carta dell'incertezza, 1927

    Ispirato dal Principio di indeterminazione di Heisenberg per le particelle subatomiche nella meccanica quantistica, postuliamo il Principio di indeterminazione delle scienze sociali come segue:
    "Qualsiasi generalizzazione nelle scienze sociali non può essere sia popolare e continuare a produrre previsioni accurate, o in altre parole, più popolare è una particolare generalizzazione nelle scienze sociali, meno accurate saranno le previsioni che produce".
    Quando confrontiamo i principi centrali dei due principi, emerge una sorprendente comunanza. Ciò ha a che fare con il modo in cui ogni sistema è influenzato dagli sforzi per aumentare l'accuratezza delle misurazioni per una variabile, con conseguente diminuzione dell'accuratezza nella conoscenza dell'altra variabile.

    Il Principio di Incertezza delle Scienze Sociali, così affermato, in termini di popolarità e accuratezza delle previsioni, si occupa principalmente della portata e dei limiti di qualsiasi relazione che scopriamo nei sistemi sociali. Poniamo le basi per un quadro teorico verso la misurazione e la comprensione del Principio di Incertezza delle Scienze Sociali. Due elementi sembrano contribuire immediatamente a questa incertezza; uno è il numero di partecipanti al sistema sociale e l'altro è il numero di stati possibili che il risultato previsto può assumere. L'assunto semplificativo qui è che possiamo identificare tutti i possibili risultati previsti e partecipanti in modo inequivocabile.

    Edited by B.atman - 19/3/2021, 19:46
     
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    Capisco. La scienza sociale basata sul calcolo statistico esula dal mio campo di occupazione, quindi ti ringrazio per lo spunto. Credo che siano i problemi che affliggono tutta la scienza sociale borghese, ovvero il cadere in un empirismo basato sulla falsa credenza in "fatti puri", scissi da qualsiasi ipotesi scientifica preventiva. Con il guaio che quelle ipotesi in realtà passano in sordina, nascoste, determinando lo stato della raccolta dei dati e quindi i risultati stessi. Certo. Il problema qui riportato non è identico a quello da me esposto e riguarda piuttosto un problema epistemologico comune a praticamente tutte le descrizioni(scientifiche e non), ma nelle scienze sociali borghesi(per via dello spiccato empirismo che le affligge) la cosa si acutizza perché non viene compreso fino in fondo che una teoria storico/sociale deve necessariamente cogliere dei rapporti che non sarebbero visibili se ci si limitasse alla muta raccolta dei dati. Rapporti che stanno sotto la superficie della moltitudine dei dati e che possono essere colti solo grazie ad una preventiva astrazione dalla moltitudine stessa(come avviene normalmente nella meccanica classica e quantistica).
    Quello che appare come un problema, in realtà è la reale funzione delle scienze sociali. Ma l'approccio empiristico trasforma una cosa assolutamente banale in un problema poiché avverte l'astrazione come un tradimento dei dati(come un tradimento della accuratezza dei dati) anziché come una necessaria descrizione dei sotterranei rapporti che spiegano gli stessi molteplici dati.

    La questione della non accuratezza delle previsioni riguarda più che altro l'uso di metodi errati. Il fallimento di questi ultimi viene trasformato in un principio epistemologico eterno(dell'incertezza).

    Io rimango fedele ad un'altra scuola. :D

    Edited by Ruhan - 19/3/2021, 20:35
     
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  13. B.atman
     
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    Rapporti che stanno sotto la superficie della moltitudine dei dati e che possono essere colti solo grazie ad una preventiva astrazione dalla moltitudine stessa

    Se conosci il Buddhismo è molto vicino ai problemi della corretta osservazione, cioè la massima non interferenza dell'osservatore sull'oggetto osservato, è l'unico modo di mantenere integra la propria capacità di osservazione riducendo gli effetti sull'oggetto osservato, quindi raccogliendo dati qualitativamente migliori ma quantitativamente minori, per l'oggettiva difficoltà di tale lavoro perchè non mera "misura" quantitativa. L'osservatore, qualsiasi sia la sua scienza, dovrebbe essere capace di profondo silenzio interiore e ascolto. Su questo argomento sono molto belli i lavori di Donald W. Winnicott.
    L'osservatore, è lo spazio tra un Sé e un altro Sé.
    Se un osservatore non riesce ad accettare la disciplina richiesta dalla situazione è fuori questione per me procedere nell'osservazione
    www.docenti.unina.it/webdocenti-be...idattico/284860
    Forse troppo specifico, meglio Bateson:
    www.jstor.org/stable/184365?seq=1

    Edited by B.atman - 20/3/2021, 12:36
     
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    Certo, bisogna tendere senza dubbio verso la non interferenza con l'oggetto osservato, ma per farlo bisogna avere un metodo scientifico alle spalle che permetta - attraverso preliminari ipotesi in sede teorica - di cogliere rapporti che non verrebbero fuori dalla semplice e muta osservazione dell'oggetto studiato. Solo in seguito si possono raccogliere i giusti dati e dimostrare(o falsificare) l'ipotesi preliminare.

    Ma, appunto, senza un metodo la stessa raccolta dei dati diviene casuale e confusa, fungendo da interferenza. Avere un metodo significa avere ben chiari i rapporti di dipendenza tra le varie sfere sociali(ad esempio fra la sfera della struttura sociale e la sfera della sovrastruttura ideologica o politica), altrimenti la stessa raccolta dei dati risulterà senza alcun indirizzo, ovvero in balia della confusione o dei bias del singolo ricercatore.

    Il metodo permette sia di comporre delle ipotesi sensate in sede teorica(che colgano rapporti coglibili solo tramite astrazione), sia di raccogliere in modo corretto i dati in sede sperimentale(per verificare o falsificare l'ipotesi preliminare).
    Senza metodo si va alla cieca e si ottengono gli inghippi in cui cade la scienza storica e sociale contemporanea.
     
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  15. B.atman
     
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    Certo, bisogna tendere senza dubbio verso la non interferenza con l'oggetto osservato, ma per farlo bisogna avere un metodo scientifico alle spalle

    Io credo che il metodo non sia il fulcro di tutta la questione perchè rimane quello sperimentale, è stato messo in discussione colui che applica il metodo, è il soggetto il problema e la sua relazione con l'ambiente e gli altri esseri da cui "non è separato".
    Padre dell'antropologia funzionale, non esente da pesanti critiche, è Alfred Reginald Radcliffe-Brown.
    Personalmente ho letto soprattutto il suo allievo Gregory Bateson.

    Edited by B.atman - 20/3/2021, 12:44
     
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