I buddha e la salute

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    Lemure archivista ex fiancheggiatore del Dharma

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    Ispirato dalle ultime due ore volevo aprire eventuale discussione su questo argomento. So che cure mediche e altro sono giustamente vietate dal regolamento ma dato che esiste un intero filone nel Buddhismo tibetano (e anche thailandese, etc.) forse due parole sulle generali ci possono stare.

    Notate la sezione "tibetano/vajrayana" per il quale ambito il karma come esposto in queste tradizioni non è l'unico punto di vista.

    Riassumendo brevemente un risultato dipende da una causa primaria e una serie di cause secondarie che devono essere tutti presenti e cooperare. L'esempio che si fa è un seme posto in terra. Se innaffiato, protetto, curato, il terreno concimato, etc. può diventare una sequoia altrimenti muore. Il seme è la causa primaria e le cure sono le cause secondarie. Il karma deve comunque maturare, è legge di natura. Si può diventare un essere illuminato perché la pratica demolisce le cause secondarie e il risultato da scontare può essere gestibile. Esempio, Mogdalayana (o era Shariputra?) venne corcato a bastonate da un tizio pur vicinissimo (non il tizio) all'illuminazione. Secondo la tradizione, eoni prima (non la vita precedente!) l'essere che era aveva abusato della propria madre. Il karma per un'azione del genere raddoppiato ogni giorno per interi eoni è semplicemente inimmaginabile ma la pratica lo attenuò di fatto completamente. Comunque le bastonate se le prese. Ma ottenne la liberazione grazie alla pratica.

    Detto questo una pratica di guarigione, vuoi al buddha X o al buddha Y funziona sempre allo stesso modo, attenuando le cause secondarie, mai la causa primaria che non può in alcun caso non produrre i suoi effetti. La malattia comunque farà il suo corso. Persino una guarigione "miracolosa" a fine malattia produrrà che so, qualche linea di febbre che passa inosservata, o anche un graffio del gatto. Ma la maturazione non può mancare. Normalmente non va così. Le malattie, anche quelle di competenza della psicoterapia, afferiscono al primo skandha; anche la psiche ha una base fisica e lo sappiamo dal fatto che i farmaci possono agire su quel tipo di patologie. Il rupaskandha è di gran lunga il più restio a cambiare e a ricevere i benefici derivanti dalla soppressione delle cause secondarie. In molti casi sono così forti che nessuna pratica può fare niente. Altre volte può andare bene: una base di trattamento medico potrebbe avere una grande efficacia se le circostanze sono tali da aver distrutto una sufficiente quantità e forza delle cause secondarie. Il karma agisce, insomma, permettendo alla medicina di agire sul piano fisico. Fa solo questo.

    Il punto centrale è che in ambito tibetano il buddha X non guarisce. Dire così a qualcuno o pensarlo evoca immediatamente a questo qualcuno la mano di gesù biondo, con la tunica e gli aloni di luce dei santini che "fa qualcosa". Lascio intuire le conseguenze nel rapporto con chi ci stesse eventualmente curando. Ma una corretta comprensione di quanto la tradizione afferma sul processo di aiuto alla malattia, mette le cose in prospettiva diversa. E' la mente del praticante in sinergia con l'energia dei buddha (per me l'energia è una grandezza fisica ma mi adeguo al modo di dire newage) ad attenuare in qualche misura, piccola o grande, le cause secondarie.

    A quanto ho sentito (e quindi senza alcun valore oggettivo) raramente se non mai i maestri suggeriscono di lasciare la medicina occidentale, anzi. Ricordo (?) che il DL dovette subire un intervento chirurgico o comunque cure della scienza medica europea; eppure per chi ci crede è il nirmanakaya (con ostruzioni) nientepopò di meno di Chenresi. Due sono i casi: il DL ha solo mostrato la malattia e ha "fatto finta" di curarsi con la nostra medicina per illustrare i concetti che ho esposto sopra riassumibili nel "peso" ineliminabile del corpo fisico e la sua inerzia alle attività di pratica spirituale. Oppure la medicina tibetana non avrebbe avuto alcun effetto; magari ci hanno provato a vuoto e il DL si è deciso a ricorrere alla medicina occidentale. Questo secondo caso va decisamente più a supporto di una prospettiva scettica e sta a chi ragiona su queste cose decidere. Ma mi pare che queste due alternative esauriscano il panorama degli atteggiamenti sul tema. Ci sono stati anche casi di maestri che hanno sconsigliato la medicina occidentale e per correttezza segnalo che questo è accaduto ;) Dato che è stato il Buddha a dire di valutare la ragionevolezza di quel che ci viene detto senza guardare in faccia nessuno, approfitto: lo ritengo irragionevole salvo casi molto specifici che non so nemmeno quali possano essere. Parere mio.

    Chiaramente per chi si trova di fronte a un problema e pensa di aver tratto giovamento dalla pratica dei buddha, e poi si relaziona a terapeuti occidentali si aprono una serie di scenari su come far interagire queste due sfere. Io personalmente simpatizzo molto con la figura del medico; mi ritengo incline a una visione materialista del mondo (che non esclude affatto l'esistenza del continuum mentale) e mi metto nei panni del medico di turno con lo scoraggiamento del caso. Ma se vedessi che un paziente mi fa un discorso sufficientemente articolato e coerente continuando a credere nel valore della terapia, io pur non credendogli mi sentirei più incline a cercare una strada accettabile per entrambi.

    Ho speso qualche parola sul meccanismo di aiuto dei buddha proprio per questo: c'è di mezzo il piano fisico, reazioni chimiche, "cose" che hanno una massa misurabile in kg e sottounità. Nei testi si fa un paragone interessante, a proposito del distacco del continuum mentale con la morte. L'individuo viene paragonato a un tronco che viene trasportato a spalla lungo un sentiero. Ci vuole uno sforzo notevole per molte persone. Ma se lo si getta in un corso d'acqua può essere spostato con un dito. Penso che valga anche a illustrare quanto è "pesante" il primo skandha, ed è esclusivamente su quello che agisce la medicina occidentale.

    Per questo, prima di buttare a mare i farmaci ciascuno faccia le proprie valutazioni. La "nostra" medicina e la pratica del Dharma possono convivere e aiutarsi, ma male che vada la medicina occidentale continua comunque a funzionare (o non funzionare, non possiamo curare tutto) mentre probabilmente non vale il contrario. Anche qui parere mio.

    Spero non sarà presa come una lezioncina non richiesta e nel caso mi scuso. Credo di aver avuto un motivo valido per questo mio post.
     
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    Per farla breve, aiutati che Buddha ti aiuta :lol:
    Scherzo, ottimo post, di filosofia viva e applicata.

    Edited by amfra1 - 19/10/2023, 07:05
     
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    QUOTE (amfra1 @ 10/19/2023, 06:24 AM) 
    Per farla breve, aiutati che Buddha ti aiuta :lol:
    Scherzo, ottimo post, di filosofia viva e applicata.

    Sì veramente, si applica anche pari pari in questo caso: "aiutati che i buddha ti aiutano", e grazie per l'apprezzamento!

    Però ancora non riesco a capire se arriverà Parvatah con la scure del tasto "del" :D
     
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    grazie swami
     
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