Sutra della Prajnaparamita e Tantra dello Dzogchen

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    Per non dilungarmi troppo farò la domanda nel modo più diretto possibile. Scusate se a volte uso parole non tecniche o non proprio corrette.

    Sto leggendo "La Suprema Sorgente" di Namkhai Norbu, che è la traduzione + commento di una parte di un Tantra Dzogchen (il Kunjed Gyalpo o Kulayaraja Tantra), con un'introduzione anche sullo Dzogchen in generale.
    Prima di leggere questo libro non avevo nessuna conoscenza dei testi della tradizione Vajrayana / del Buddhismo tibetano, se non per aver letto "Introduzione alla consapevolezza: liberazione naturale attraverso la nuda percezione" di Padmasabhava. Non so se quest'ultimo si possa considerare un testo Dzogchen, ma dovrebbe comunque appartenere alla tradizione Nyingma.

    Ora però leggendo "La Suprema Sorgente" mi sono venute delle domande che in poche parole sono queste:
    -Si dice che lo Dzogchen è il cuore di tutto l'insegnamento buddhista, e che gli insegnamenti dei veicoli precedenti, come i Sutra Mahayana, sono incompleti, così come quelli delle altre correnti dello stesso Vajrayana, perché ancora intrappolati nelle concettualizzazioni. Ma io non trovo differenze tra il senso fondamentale di questo tantra e il senso fondamentale di Sutra come il Sutra del Diamante, il cui insegnamento è essenzialmente lo stesso. Nel momento stesso in cui descrivi qualcosa a parole la concettualizzi, quindi in che modo i testi dello Dzogchen sarebbero diversi?
    -Nel Kunjed Gyalpo, il Buddha Samantabhadra personifica la consapevolezza originaria, la natura vuota e luminosa della mente, parlando in prima persona. Ma a me sembra che questo approccio lo renda ancora più "concettualizzante" rispetto al testo di Padmasabhava e degli stessi testi Mahayana, perché leggendo "Io sono..." viene istintivamente da immaginare che sia un essere a parlare.

    Qualcuno di voi che ha più familiarità su questi testi può aiutarmi a comprenderli meglio e rispondere alle mie domande?
    Vi ringrazio.
     
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    Certo che è così. Anche lo Zen che estremizza questo approccio è descritto in tanti bei libri, che tra parentesi sono utili. Con buona pace dei nemici del pensiero logico o quelli che pensano sia solo una sovrastruttura con appena la dignità di stampella, non possiamo prescindere dal linguaggio. La domanda è chiedersi come altrimenti avresti conosciuto lo Dzog.Chen. Trasmissione diretta da mente a mente dal maestro a te, senza nemmeno una parola? Ci sono storie che riportano episodi simili ma penso che se fosse il tuo caso non avresti sentito il desiderio di domandare.

    Mi fa accendere una spia il passo che riporti secondo cui gli altri insegnamenti sarebbero incompleti. Ogni scuola ha i suoi punti deboli per i praticanti che ne seguono altre; l'obiezione che penso si possa fondatamente muovere al modo in cui è vissuto lo Dzog.Chen da un'ampia base di praticanti è che tende a essere divisivo. Ho toccato questo con mano perché a suo tempo lo Dzog.Chen è stato parte della mia "vita buddhista" e ritengo di poterlo dire a ragion ragionevolmente veduta :D Se hai letto di questa incompletezza in un testo serio e l'hai riportata correttamente, cosa di cui non ho motivo di dubitare, probabilmente manca qualche pezzo. O un commentario o una parte di contesto. Sicuramente lo D.C . ha questa percezione di sé stesso, ovvero quella di essere il pinnacolo dell'approccio al Dharma. Persone che io ho in grande stima (per il poco che la mia vale, beninteso), razzolano quel che predicano e che considero ottimi insegnanti lo pensano sinceramente. In modo non tanto dissimile da quello dei maestri sinogiapponesi vissuti nel pieno del "Mappo", pensano che non ci sia tempo né possibilità per lo studio analitico e graduale dei testi e che lo D.C. sia l'àncora di salvezza.

    Quindi una cosa è arrivare a questa percezione di apicalità giudicando le condizioni della società e dell'ambiente troppo difficili per studiare, altro è arrivarci avendo frainteso in qualche misura il senso della ragion d'essere di DC, Zen, etc. cosa che mi pare di vedere in almeno alcuni praticanti.

    Personalmente non penso affatto che lo D.C. abbia questa posizione apicale che si attribuisce; penso piuttosto che sia una via legittima come un'altra, pari alle altre, tutte legittime e comprendo che certe affermazioni un po' forti hanno dei motivi alla base.

    Tutto questo solo per fornire qualche anticorpo nel caso tu non l'abbia già.

    Quindi direi: per forza anche lo D.C. deve servirsi del linguaggio. Ogni tradizione può enfatizzare certi punti ma non li può assolutizzare. Simmetricamente, i gelug.pa, che sono l'estremo opposto, ovvero una scuola gradualista e centrata sullo studio logico-discorsivo insegnano che tutto lo studio è una stampella per arrivare alla realizzazione diretta di Bodhicitta e Vacuità. Sarei sorpreso se non ci fosse lo stesso - ma di verso opposto nello D.C. - ovvero che il linguaggio pur essendo un limite sarà prima o poi trasceso; nel frattempo ci serve una specie di messa in scena facendo parlare i buddha, affinché possiamo afferrare il messaggio e capire in che direzione praticare.
     
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    Ciao e grazie per la risposta. Ma a questo punto in che cosa la concettualizzazione dei tantra dello Dzogchen sarebbe superiore / più efficace nell'esprimere l'inesprimibile rispetto ai testi Mahayana?

    Riguardo all'incompletezza, nella traduzione del tantra Samantabhadra non dice "incompleti" ma dice che, concettualizzando ancora in qualche modo la realtà, le altre scuole Buddhiste non possono riconoscerlo / riconoscere la natura della mente.
    Per esempio:
    -"I bodhisattva [termine che sta a designare l'intera tradizione mahayana] considerano che la pratica delle dieci paramita faccia realizzare le dieci bhumi [livelli di realizzazione]. Questo perché pensano che agendo su una causa si possa goderne il frutto in un futuro. Così deviano e restano ostacolati per altri tre kalpa."
    -"Tutte le centinaia di migliaia del Vinaya, dell'Abidharma, dei sutra e delle diverse classi dei tantra [...] sono tutti basati sullo sforzo. Essi tendono verso di me che trascendo lo sforzo, ma applicando lo sforzo non riescono a vedermi. Perciò io sono considerato la cima degli insegnamenti."
    -"Quando i praticanti del mahayana Sutra sentono parlare della totale perfezione, non comprendono che la propria mente è la natura fondamentale, non sanno rilassarsi nella condizione autentica. Così per tre kalpa continuano a esercitarsi e a progredire".

    Edited by vale191 - 16/12/2023, 16:47
     
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    QUOTE (vale191 @ 12/16/2023, 04:14 PM) 
    Ciao e grazie per la risposta. Ma a questo punto in che cosa la concettualizzazione dei tantra dello Dzogchen sarebbe superiore / più efficace nell'esprimere l'inesprimibile rispetto ai testi Mahayana?

    Per quanto ne so non è questione di efficacia. Le parole son quelle, nel senso che sono parole e la sovrapposizione concettuale, se possiamo chiamarla così, non dipende molto dalle parole in sé: avviene in automatico se non altro per comprenderle. Dipende invece da cosa dicono. Lo Dozg.Chen come pure lo Zen di cui è cugino, enfatizzano fin dall'inizio la strumentalità della parola o del supporto scritto. Ma non è solo questo. Lo Dzog.Chen ha una peculiarità, ovvero la trasmissione diretta dello stato originario della mente, dal maestro al discepolo. E' questa la marcia in più che caratterizza lo D.C. Una volta avuta la trasmissione si tratta "solo" di riconoscere questo stato naturale. Bisogna cercare il maestro che dia la trasmissione diretta e cercare di non ingannare sé stessi scambiando l'emozione del momento per una realizzazione. Su questo non so dire niente.

    Se vuoi un altro punto di vista, le scuole gradualiste vedono il percorso dharmico come una specie di pulizia della mente mentre lo D.C. si concentra sul riconoscimento di quello che già è presente. Naturalmente gli si può obiettare con molta fondatezza che poco importa se devo passare 10000 ore a fare una pratica gradualista di rimozione di ostacoli o 10000 ore a cercare di percepire che questi ostacoli non ci sono mai stati. :D Potremmo ben dire che sono state le classiche due strade per la stessa vetta.

    QUOTE
    Riguardo all'incompletezza, nella traduzione del tantra Samantabhadra non dice "incompleti" ma dice che, concettualizzando ancora in qualche modo la realtà, le altre scuole Buddhiste non possono riconoscerlo / riconoscere la natura della mente.

    Avevo già sentito qualcosa del genere. Io sono molto irenista in queste cose e mi si alzano un po' le antenne se c'è aria di discriminazione. Ma in modo non malevolo lo fanno un po' tutte le scuole ciascuna con la propria modalità, penso faccia parte del gioco. La stessa divisione Mahayana vs. Theravada è il risultato di due approcci totalmente diversi germinati dallo stesso albero. Secondo il Mahayana, lo stato del Nirvana Theravada non è uno stato illuminato, ma la "semplice" uscita dal samsara, quindi nulla di nuovo sotto il sole.
     
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    Forse ho capito. Quindi questa peculiarità dello Dzogchen è da ricercare più nell'insegnamento diretto che nei tantra?
     
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    Certo che è così. Anche lo Zen che estremizza questo approccio è descritto in tanti bei libri, che tra parentesi sono utili. Con buona pace dei nemici del pensiero logico o quelli che pensano sia solo una sovrastruttura con appena la dignità di stampella, non possiamo prescindere dal linguaggio

    a proposito di zen estremo e sutra del diamante sopra citato dal nostro nuovo amico, vale191 spero mi perdonera' se racconto questa simpatica storiella... :lol:
    pare che il maestro teshan fosse un grande amante di sutra e relativi commentari, così quando scopri che nel sud della Cina stava prendendo piede una pericolosa tendenza mirante a mettere in discussione l'autorità delle sacre scritture, dal colto nord decise di mettersi in viaggio verso l'ignorante meridione portando con sé il suo bel malloppo di libri... :lol:
    fu lì che durante il cammino incontro' una vecchietta che vendeva del cibo. affamato, il buon teshan le chiese di poter comprare qualcosa.
    la vecchietta, incuriosita dal pesante carico di tomi sulle spalle di teshan, gli chiese che cosa mai portasse con se.
    "porto con me tutti i commentari del sutra del diamante!" le rispose orgoglioso teshan.
    "bene", gli disse gentilmente la vecchietta, "se risponderai a questa mia domanda ti daro' gratis tutto il cibo che vuoi. nel sutra del diamante e' scritto: la mente del passato, del presente e del futuro sono tutte irraggiungibili. ora, quale mente vorresti sfamare col mio cibo?" :lol:
    teshan, a dir poco stupito, non seppe cosa rispondere.
    "mi spiace davvero", gli disse andandosene via la compassionevole vecchietta :lol:, "temo proprio che dovrai andare altrove per ristorarti..."
    colpito da tanta inattesa illuminazione :lol: , teshan immagino' che in zona ci fosse qualche grande maestro, e così decise di andare a cercarlo.
    seppe allora di un maestro detto "pozza del drago".
    una volta davanti a lui, vide questo vecchio, piccolo e povero omuncolo insignificante che lo accolse a braccia aperte. al che teshan, ancora una volta stupito e confuso, gli disse: "ho fatto tanta strada per venire fin qui ma non vedo ne' la pozza ne' il drago!". il vecchietto lo guardo', sorrise e se ando' via...
    a quel punto teshan decise di restare lì in silenzio a meditare di continuo giorno e notte.
    un giorno, al calar del tenebre, il vecchietto gli si avvicino' e gli disse: " e' tardi, dovresti andare a dormire...". e perché teshan potesse fare fronte al buio pesto, gli offrì e gli accese una candela. ma fatti pochi passi ecco che: "pfffff!", il vecchietto gli gioco' un ultimo brutto scherzo e gliela spense... :lol:
    incazzato nero, il giorno dopo teshan prese tutti i suoi bei commentari del sutra del diamante e gli diede fuoco proprio davanti al buon "Pozza del Drago"...
    morale della favola? boh!, scopritela voi! :lol:

    Edited by eizo - 16/12/2023, 17:16
     
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    QUOTE (vale191 @ 12/16/2023, 04:52 PM) 
    Forse ho capito. Quindi questa peculiarità dello Dzogchen è da ricercare più nell'insegnamento diretto che nei tantra?

    Che io sappia sì. Molte scuole Mahayana hanno il Tantra ma che io sappia solo lo D.C. ha la trasmissione diretta della mente, che è considerata qualcosa di quasi fisico se non proprio fisico. Però non ne so molto di più, sicuramente è una tradizione che richiede una consuetudine con un maestro e se ti interessa penso potresti muoverti in questa direzione se non hai già un maestro.
     
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    QUOTE (eizo @ 12/16/2023, 04:55 PM) 
    incazzato nero, il giorno dopo teshan prese tutti i suoi bei commentari del sutra del diamante e gli diede fuoco proprio davanti al buon "Pozza del Drago"...
    morale della favola? boh!, scopritela voi! :lol:

    La morale è "tenere sempre un profilo basso, negare sempre. Cosa hai lì con te sulle spalle? Mi servono dei pesi per tenere allenate le gambe" :D
     
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 16/12/2023, 17:19) 
    CITAZIONE (eizo @ 12/16/2023, 04:55 PM) 
    incazzato nero, il giorno dopo teshan prese tutti i suoi bei commentari del sutra del diamante e gli diede fuoco proprio davanti al buon "Pozza del Drago"...
    morale della favola? boh!, scopritela voi! :lol:

    La morale è "tenere sempre un profilo basso, negare sempre. Cosa hai lì con te sulle spalle? Mi servono dei pesi per tenere allenate le gambe" :D

    ovviamente ho sulle spalle il mio carico di legna e il secchio pieno di acqua tirata su dal pozzo! :lol:
     
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    Vale191 non ho capito il tuo dubbio in merito allo Dzogchen. Hai perplessità sul testo citato o sulla pratica?
     
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    QUOTE (vale191 @ 16/12/2023, 15:25) 
    Per non dilungarmi troppo farò la domanda nel modo più diretto possibile. Scusate se a volte uso parole non tecniche o non proprio corrette.

    Sto leggendo "La Suprema Sorgente" di Namkhai Norbu, che è la traduzione + commento di una parte di un Tantra Dzogchen (il Kunjed Gyalpo o Kulayaraja Tantra), con un'introduzione anche sullo Dzogchen in generale.
    Prima di leggere questo libro non avevo nessuna conoscenza dei testi della tradizione Vajrayana / del Buddhismo tibetano, se non per aver letto "Introduzione alla consapevolezza: liberazione naturale attraverso la nuda percezione" di Padmasabhava. Non so se quest'ultimo si possa considerare un testo Dzogchen, ma dovrebbe comunque appartenere alla tradizione Nyingma.

    Ora però leggendo "La Suprema Sorgente" mi sono venute delle domande che in poche parole sono queste:
    -Si dice che lo Dzogchen è il cuore di tutto l'insegnamento buddhista, e che gli insegnamenti dei veicoli precedenti, come i Sutra Mahayana, sono incompleti, così come quelli delle altre correnti dello stesso Vajrayana, perché ancora intrappolati nelle concettualizzazioni. Ma io non trovo differenze tra il senso fondamentale di questo tantra e il senso fondamentale di Sutra come il Sutra del Diamante, il cui insegnamento è essenzialmente lo stesso. Nel momento stesso in cui descrivi qualcosa a parole la concettualizzi, quindi in che modo i testi dello Dzogchen sarebbero diversi?
    -Nel Kunjed Gyalpo, il Buddha Samantabhadra personifica la consapevolezza originaria, la natura vuota e luminosa della mente, parlando in prima persona. Ma a me sembra che questo approccio lo renda ancora più "concettualizzante" rispetto al testo di Padmasabhava e degli stessi testi Mahayana, perché leggendo "Io sono..." viene istintivamente da immaginare che sia un essere a parlare.

    Qualcuno di voi che ha più familiarità su questi testi può aiutarmi a comprenderli meglio e rispondere alle mie domande?
    Vi ringrazio.

    ciao. premesso che non sono assolutamente preparato. non ho assolutamente familiarita' con i testi che menzioni. sto proprio in questo periodo cominciando a fare amicizia con un approccio un filo piu' strutturato al tema 'buddhismo tibetano'

    da quel che leggo, a tratti con fatica, la mia impressione e' che le varie scuole propongono percorsi diversi che si adattano essenzialmente ai diversi caratteri delle persone. caratteri che sono determinati dalla loro storia. l'obiettivo finale pero' e' sempre lo stesso: spostarsi nel presente, connettersi e prendere atto

    c'e' chi e' piu' analitico ed ha bisogno di spiegazioni circa la natura delle cose, delle relazioni, della 'realta' e della 'spiritualita' e quindi e' necessario un approccio piu' didascalico e puntuale

    c'e' chi e' piu' incline ad immaginare e quindi viene proposto un percorso (francamente, almeno per me, un filo complicato :D ) con visualizzazioni, rappresentazioni e azioni talvolta anche macabre, che si risolvono nell'obiettivo finale

    c'e' chi di 'ste cose non gliene importa nulla ed ha bisogno di andare dritto al punto con semplici esercizi pratici, tipo pagare moneta - vedere cammello :D (e questo e' il caso che mi sembra piu' prossimo allo DzogChen)

    e c'e' chi infine ha bisogno di qualche cosa che sconquassi o scardini lo schema dell'ordinario. come fosse un gioco. qualche cosa di assurdo o paradossale che metta in auto-evidenza i limiti di quanto crediamo sia il nostro 'essere'

    l'obiettivo finale mi appare pero' sempre lo stesso: spostarsi nel presente, connettersi e prendere atto

    la mia umile impressione e' che siano direzioni che assecondano i tanti diversi modi di sentire probabilmente condizionati dal periodo storico, dalle esperienze individuali e dalla cultura

    il che comunque, a livello personale, osservandolo nell'insieme, lo trovo bello di una bellezza eterna e struggente
     
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    QUOTE (*Francesco @ 12/18/2023, 11:38 AM) 
    l'obiettivo finale mi appare pero' sempre lo stesso: spostarsi nel presente, connettersi e prendere atto

    Sicuro? Che io sappia l'obiettivo è scappare dal samsara. Che poi alcune (la minoranza) scuole esprimano parte del tragitto in termini di "qui e ora" / "vivere nel presente" / etc. ci sta tutta ma penso che non si dovrebbe perdere di vista lo scopo. Poi io per primo ho mille dubbi, se anche le rinascite esistono tanto non siamo più "noi" e così via, ma il Theravada e il 90% del Mahayana tengono fermo il quadro di riferimento di liberarsi dalla sofferenza del ciclo delle rinascite.
     
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    QUOTE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/12/2023, 11:49) 
    QUOTE (*Francesco @ 12/18/2023, 11:38 AM) 
    l'obiettivo finale mi appare pero' sempre lo stesso: spostarsi nel presente, connettersi e prendere atto

    Sicuro? Che io sappia l'obiettivo è scappare dal samsara. Che poi alcune (la minoranza) scuole esprimano parte del tragitto in termini di "qui e ora" / "vivere nel presente" / etc. ci sta tutta ma penso che non si dovrebbe perdere di vista lo scopo. Poi io per primo ho mille dubbi, se anche le rinascite esistono tanto non siamo più "noi" e così via, ma il Theravada e il 90% del Mahayana tengono fermo il quadro di riferimento di liberarsi dalla sofferenza del ciclo delle rinascite.

    ciao swami, giorno :D

    ti direi che sono assolutamente d'accordo con te. probabilmente non ho contestualizzato in maniera opportuna

    a mio avviso (opinabile per carita' e sicuramente aperto a cambiare idea laddove l'esperienza soggettiva o i Maestri indichino direzioni differenti, sono ignorante, l'ho premesso :) )

    'risiedere nel presente' e 'liberarsi dal samsara', secondo me, sono due locuzioni del tutto equivalenti

    (per quanto non si tratti di qualche cosa di esattamente scontato, almeno nel mio caso)

    ma forse questa e' esattamente la differenza nelle inquadrature della stessa cosa a cui facevo riferimento nell'intervento precedente

    se stai nel presente, come puoi rinascere..?
     
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    CITAZIONE (*Francesco @ 18/12/2023, 12:41) 
    'risiedere nel presente' e 'liberarsi dal samsara', secondo me, sono due locuzioni del tutto equivalenti

    Sono perfettamente d'accordo :) .
     
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    QUOTE (*Francesco @ 12/18/2023, 12:41 PM) 
    'risiedere nel presente' e 'liberarsi dal samsara', secondo me, sono due locuzioni del tutto equivalenti
    [...]
    se stai nel presente, come puoi rinascere..?

    Per esempio colpito da un meteorite di un paio di etti :) Magari me ne sto li nel presente, "qui e ora", consapevole eccetera, ma mi arriva addosso il meteorite, il mio contiuum mentale si stacca dall'ex mio corpo, ne cerca un altro e questa successiva vita potrebbe non essere divertente.

    Si tende a dimenticare che per il Buddha la rinascita non era una metafora, e probabilmente non lo è nemmeno per i maestri Dzog.Chen, Zen e Ch'an. La si può mettere in secondo piano per le persone allergiche a questa idea, e farebbe bene a me per primo. Però secondo me non dovremmo perdere di vista lo scopo. Il Buddha se ne stava tanto felice nel palazzo ma quando ne uscì vide un morto, un vecchio e un ammalato. E fu questa paura che gli fece lasciare tutto alla ricerca della soluzione di un problema che avrebbe riguardato anche lui.

    Penso sia possibile anche leggere la vita del Buddha in termini tali da supportare le varie scuole del "qui e ora" e "vivere nel presente", ma non me ne sono mai occupato né so se e come sia stato fatto.
     
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