Come tradurre “sems”?

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    Il più celebre tibetologo europeo, l’italiano Giuseppe Tucci (stranamente dimenticato penso per motivi politici) nel suo libro Le Religioni del Tibet (pubblicato originariamente in tedesco e che lo stesso Tucci fece poi tradurre e pubblicare anche in Italia), saggio di difficile lettura ma denso di erudizione, si poneva giustamente il serio problema di come tradurre l’esatta terminologia religiosa tibetana. Si chiedeva come era possibile tradurre i termini tecnici usati nella religione e nella gnosi tibetana e intravedeva due estremi: la traduzione letterale e la moda di prendere modello terminologico il linguaggio delle recenti correnti filosofiche occidentali. Citava a questo proposito un suo ricordo di quando fece leggere a tibetani che sapevano bene l’inglese , diverse di queste traduzioni, questi stentavano a trovare un senso a queste traduzioni.

    A questo punto Tucci si poneva un serio problema: se la parola “sems”, che definiva il pilastro della dogmatica lamaista, in inglese veniva e viene tradotto con “mind, mind-stuff ecc.” e invece proponeva la traduzione in “spirito”, in inglese “spirit” e dal francese “esprit” ecc.. Pur sapendo che “spirito” e “sems” non coincidono del tutto. Ma Tucci affermava: ^per facilitare l’evolversi del “sems”, “citta” in sanscrito, che non può intendersi altro che come spirito …...^.

    Potrebbe sembrare poco importante ma è lecito domandarsi perché questa semplice costatazione di Tucci non è stata minimamente ascoltata dalle generazioni dopo la sua e hanno continuato a tradurre “citta - sems” con “mente” all’inglese, senza mai porsi il problema se fosse la traduzione più possibile vicina al termine originale e fosse utile per la sua corretta comprensione. Comprensione di una espressione di così ampia portata concettuale?

    La seconda domanda che mi pongo è la seguente: quanti sono in grado di distingue la mente dal cervello? Non era più facile usare l’espressione spirito al posto di mente, che almeno evitava questo dubbio?

    Dudjom Rimpoche un vero sapiente di altri tempi, rispondeva ai suoi primi discepoli occidentali che chiedevano che cosa sia lo spirito facendo a sua volta una domanda: dove si trova lo spirito?
    Si trova nel corpo perché il corpo senza spirito e semplicemente un cadavere. A questo punto ci si deve chiedere dove si trova. In quale parte del corpo si trova. Ora quando ci feriamo il corpo si sente molto dolore. Questo significa che il corpo e lo spirito occupano lo stesso spazio. Sono intimamente legati.
     
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    Lemure archivista ex fiancheggiatore del Dharma

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    QUOTE (SER GIO @ 12/17/2023, 11:14 AM) 
    Il più celebre tibetologo europeo, l’italiano Giuseppe Tucci (stranamente dimenticato penso per motivi politici) nel suo libro Le Religioni del Tibet (pubblicato originariamente in tedesco e che lo stesso Tucci fece poi tradurre e pubblicare anche in Italia), saggio di difficile lettura ma denso di erudizione, si poneva giustamente il serio problema di come tradurre l’esatta terminologia religiosa tibetana. Si chiedeva come era possibile tradurre i termini tecnici usati nella religione e nella gnosi tibetana e intravedeva due estremi: la traduzione letterale e la moda di prendere modello terminologico il linguaggio delle recenti correnti filosofiche occidentali. Citava a questo proposito un suo ricordo di quando fece leggere a tibetani che sapevano bene l’inglese , diverse di queste traduzioni, questi stentavano a trovare un senso a queste traduzioni.

    A questo punto Tucci si poneva un serio problema: se la parola “sems”, che definiva il pilastro della dogmatica lamaista, in inglese veniva e viene tradotto con “mind, mind-stuff ecc.” e invece proponeva la traduzione in “spirito”, in inglese “spirit” e dal francese “esprit” ecc.. Pur sapendo che “spirito” e “sems” non coincidono del tutto. Ma Tucci affermava: ^per facilitare l’evolversi del “sems”, “citta” in sanscrito, che non può intendersi altro che come spirito …...^.

    Potrebbe sembrare poco importante ma è lecito domandarsi perché questa semplice costatazione di Tucci non è stata minimamente ascoltata dalle generazioni dopo la sua e hanno continuato a tradurre “citta - sems” con “mente” all’inglese, senza mai porsi il problema se fosse la traduzione più possibile vicina al termine originale e fosse utile per la sua corretta comprensione. Comprensione di una espressione di così ampia portata concettuale?

    La seconda domanda che mi pongo è la seguente: quanti sono in grado di distingue la mente dal cervello? Non era più facile usare l’espressione spirito al posto di mente, che almeno evitava questo dubbio?

    Dudjom Rimpoche un vero sapiente di altri tempi, rispondeva ai suoi primi discepoli occidentali che chiedevano che cosa sia lo spirito facendo a sua volta una domanda: dove si trova lo spirito?
    Si trova nel corpo perché il corpo senza spirito e semplicemente un cadavere. A questo punto ci si deve chiedere dove si trova. In quale parte del corpo si trova. Ora quando ci feriamo il corpo si sente molto dolore. Questo significa che il corpo e lo spirito occupano lo stesso spazio. Sono intimamente legati.

    Tucci era figlio del suo tempo. Per il contesto in cui si è trovato era veramente avanti. Mancavano proprio le parole, si è posto il problema di trovarne di non astruse, "anima" era uno slot occupato stabilmente dall'Induismo e dal Cristianesimo a giusto motivo, mi pare che non ci fosse altro. E se anche ci fosse stato lui ha scelto così. Avrà avuto i suoi motivi.

    Io non sono informato sulle vicissitudini che hanno portato all'adozione del termine "mind" in inglese. Ma il mio sospetto è che sappiano distinguere al volo. Anzitutto i testi sono stati tradotti in inglese e la terminologia si è formata negli States. La prima generazione di studiosi post-Tucci è stata tutta statunitense e hanno prodotto una quantità di materiale eccelserrimo. Inoltre non voglio aprire una polemica ma basta leggere dharmawheel per capire la differenza abissale di livello tra lì e quello che si fa da noi. Persino per le scuole più avverse all'approccio logico discorsivo: i praticanti Zen angloparlanti hanno un'erudizione invidiabile e non la evitano di sicuro, sanno che è un mezzo e possono aiutare altri, cosa che fanno. Per le altre scuole non ne parliamo nemmeno. Da noi questo interesse non esiste. Questo è il più grande forum di Buddhismo in italiano e cosa interessa in media è o meglio, era, sotto gli occhi di tutti. Esoterismo, templari e una bella fetta di quanto è contenuto ne "il pendolo di Foucault". Per quanto tutto ciò sia stato opportunamente eradicato era una spia da non sottovalutare riguardo la ricezione del Dharma da noi. Su Facebook peggio mi sento. Non sto facendo il professorino giudicante o almeno spero di non passare per tale, basta leggere i vari gruppi. Quasi solo citazioni dei maestri a cui si risponde con il solito ommanipadmehum. A me questo non sembra Dharma, o meglio mi pare solo il suo strato superficiale. Nessuno chiede (e poi perché si dovrebbe) che si debbano leggere 20 pagine di testi tecnici al giorno ma non ho inventato io il fatto che il Dharma ha molte caratteristiche di una gnosi con le conseguenze del caso.

    Se leggi dharmawheel resti incantato. Trovo una notevole quantità di utenti una fonte di cose che non sapevo, punti di vista nell'esporre come abbiano capito le cose che considero illuminanti e così via. E sì, tengo conto che il bacino di utenza è molto maggiore ma anche con un rapporto 1:10 di 60 milioni di abitanti contro i 350USA+restoperarrivarea600 non credo si possa spiegare la differenza quantitativa e qualitativa. Penso che da noi ci siano ostacoli che non ci sono altrove. Lo stato italiano per lungo tempo non capiva che animale fosse il Buddhismo e il riconoscimento dell'UBI è avvenuto solo per una fortunata contingenza puramente politica tipicamente italiota.

    A torto o meno, mi sono formato l'idea che i parlanti inglese possano istantaneamente scegliere correttamente il portato di "mind" a seconda del contesto. E possiamo farlo anche noi, potremmo benissimo usare mente e almeno in qualche centro che frequento lo si fa. Chi ascolta sa che si parla del continuum mentale, termine considerato abbastanza interscambiabile con "mente". Lo sento dire spesso che la mente è supportata dai venti sottili all'altezza del cuore e così via.

    Riguardo al possibile uso di "spirito" vs "cervello" non so. Anche "spirito" si porta dietro una notevole incrostazione di significati a cominciare dall'etimologia: soffio, pneuma e quindi "atmen" tedesco e poi per arrivare ad "Atman" non è che un soffio :D per non parlare dell'associazione inevitabile in un italiano con "spirito santo". Ho la sensazione che sarebbe facilmente assimilato all'anima personale che il Buddhismo nega.

    In ogni caso noi possiamo solo prendere atto delle cose. Tra non molto anche la Crusca accetterà "apposto" per "a posto", il problema è simile. Si può solo seguire il flusso dell'uso. In un contesto tanto piccolo come il Buddhismo italiano è ovviamente possibile fare qualcosa per pilotare questo inevitabile iter di ogni parola di qualsiasi lingua viva. E si è fatto, almeno per il Vajrayana: si usa molto il correttissimo "continuum mentale"; viene spesso usato in modo interscambiabile con "mente" e con la consuetudine diventa facile contestualizzare al volo.
     
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1 replies since 17/12/2023, 11:14   75 views
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