letture: la vera natura del buddha

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    buon giorno amici. finita la fase di ricreazione / lettura per oggi. ora comincia la guerra

    mo' che provo con l'italiano capisco la smania e l'approccio didascalico degli orientali di 'tramandare' ovvero documentare, tradurre, trasmettere dei concetti in 200 milioni di tomi da 500 pagine ciascuno.. :D

    e' in pratica una forma di meditazione, significa in un certo senso 'introiettare'. son dei volpini questi, altroche' :lol:

    riporto tradotto in italiano un pezzo a mio personale avviso significativo di questo manuale. capitolo 3. pagina non si sa, non ci sono pagine :D

    non mi sembra un Maestro, mi sembra piuttosto uno studioso che ha studiato i vari Maestri e fa una sorta di 'bignami'. il che imho, per il carattere che ho, e' tutto grasso che cola

    (e sopratutto.. che bello il concetto di: 'percettore yogico' :) )

    ovviamente penso che sia un punto di vista, un inquadratura tra le tante cui si faceva anche riferimento in altro thread

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    la natura del corpo è di due tipi: il corpo naturale naturalmente puro e il corpo naturale accidentalmente puro

    la vera natura del Buddha interiore non è influenzata dall'assenza della giusta pratica che ne oscura la manifestazione (come un diamante non è influenzato dall'assenza di luce)

    per i consequenzialisti, la purezza naturale del corpo naturale si riferisce solo all'assenza, da tempi senza inizio, di esistenza intrinseca nella sfera trascendente della Buddità (la natura della mente è sempre naturalmente libera dall'esistenza intrinseca)

    accettando questo, Yogâcâra, Mahâmudrâ, Dzogchen, Mahâmadhyamaka e Ch'an aggiungono a questo l'assenza di qualsiasi cosa diversa da ciò che fa un Buddha sulla base delle proprietà illuminate inseparabili dalla vera natura

    ma per tutti, la natura del corpo accidentalmente puro è l'assenza di macchie (ostruzioni acquisite e innate e ostruzioni all'onniscienza) attraverso l'applicazione degli antidoti (la giusta pratica)

    il corpo è saggezza vivente ("jñâna"), cioè la cognizione effettiva, temporale e attiva dei fenomeni così come sono qui e ora, cioè vuoti di esistenza o sostanza intrinseca

    ma, poiché un Buddha è a portata di mano, e' vuoto di tutto le cose diverse dalle sue proprietà illuminate

    questa saggezza è ciò che realmente fa un Buddha, è un'attività attiva, impegnata e senza fine

    questa è la "vera via", la via di un Buddha, la natura irreversibile dei livelli di purificazione dei Bodhisattva

    infine, come Buddha questa saggezza vivente ("jñâna") è presente nel momento presente, sempre attuale, esistente in modo assoluto e meramente esistenziale

    considerato da molti yogi come la "più alta verità logica" ("paramârtha"), l'esistenza di questo Tathâgatagarbha non è accessibile né all'immaginazione ("kalpana"), né alla discriminazione ("vikalpa")

    come afferma lo Śri-Mâlâ-Sûtra, esso può essere compreso solo mediante la fede o la meditazione

    l'embrione è descritto come la "eternità suprema" ("nitya-pâramitâ"), la "beatitudine suprema" ("sukha-pâramitâ"), l'unità suprema ("âtma-pâramitâ") e la "purezza suprema" ("śubha-pâramitâ").

    questi non devono essere intesi come attributi specifici, che qualificano la natura per eccellenza, ma si riferiscono all'assoluta verita' della natura ultima dei fenomeni ("tathatâ"), come direttamente sperimentata dallo yogi

    questo, come dice il Ratnagotra, non può essere spiegato. è invisibile, indicibile, immutabile, inimmaginabile, indiscriminato e impensabile

    ciò non trasforma in alcun modo la natura di Buddha in una sostanza, ma la tentazione di farlo è molto forte e alcuni hanno effettivamente ceduto. spesso, quando ipotizzano la natura di Buddha, annientano l’esistenza convenzionale, equiparandola alla non-esistenza

    entrambi hanno torto. la natura di Buddha non è una sostanza, ma un processo eccezionale. l'esistenza convenzionale esiste di per sé ed è, nella migliore delle ipotesi, valida (anche se sempre sbagliata)

    le qualità illuminate di un Buddha sono traduzioni dinamiche (differenziali) del supremo antidoto riparatore ("pratipaksa"): il vuoto ("śûnyatâ")

    un Buddha non esiste mai da solo (è vuoto di sé), né esiste come qualcosa di diverso da come esiste un Buddha (vuoto-altro)

    la profonda cognizione non duale e non concettuale della vacuità di tutti i fenomeni (vacuità di sé o "prajñâ"), acquisita da una logica non affermativa, è completata dal vuoto dell'altro che riconosce (afferma) la natura di Buddha così com'è (o "jñâna")

    ciò provoca la gioia perfetta della beatitudine suprema. la suprema interezza illimitata appresa dal saggio è l'insostanzialità della dimora dell'ignoranza, mano nella mano con la piena esperienza diretta della natura della Buddità

    quest'ultima non è un'esistenza propria sostanziale, ma la mera esistenza esistenziale di un'origine dipendente incontaminata, assoluta e pura

    osservata dal lato del conoscitore, la mente è un flusso continuo di cognizione radiante innato, inerente alla mente, sempre esistente e non disintegrabile, oscurata da materiale avventizio

    questo è stato il caso da tempi senza inizio. l'origine del "samsâra" non può essere trovata. il flusso mentale si trova in uno stato insozzato e sofferente

    e' necessaria solo la giusta pratica. rimuovendo le oscurazioni, la vera natura del Dharmakâya, il flusso cognitivo del Buddha interiore si manifesta come la saggezza del sentiero

    queste scorie, pur contaminando la vera natura, non sono in grado di macchiarla in modo irreversibile. quindi, rimuovere semplicemente questi reattori karmici è tutto ciò che serve sul sentiero dell’Ati-Yoga

    l'idea è che la piena realtà del Buddha (la vera natura) sia oscurata alla radice di ogni mente di ogni essere senziente. per sollevare il velo (vera pratica) e rivelare le proprietà illuminate di questa natura di Buddha (vero sentiero), è sufficiente rimuovere ciò che è estraneo o diverso dalla sua esistenza illuminata.

    questa strategia yogica di "rimuovere" o "negare" ciò che fa fluttuare la mente - confondendo così la propria forma - è pan-indiana. si trova anche nello Yoga-Sûtra di Patañjali.

    la Scuola della Grande Via di Mezzo, la visione definitiva definitiva della Terza Svolta, abbraccia l'esperienza diretta stessa, in altre parole, comprende la saggezza "dall'interno" in contrapposizione alla saggezza appresa "dall'esterno"

    si tratta di integrare (non opporsi o negare) l'intuizione yogica della realtà ultima o "jñâna" ("gnosi"), che è non duale e non concettuale, con "prajñâ", l'eccellente comprensione convenzionale, o mondana, concettuale (razionale) saggezza, perfezionando così entrambi

    questo "jñâna" è accolto da un percettore yogico che riconosce la mente radiosa del continuum mentale

    la ragione apprende semplicemente la sua vacuità, ma non il fatto che questa mente originaria è inseparabile dalle sue effettive proprietà illuminate

    quest'ultimo è riconosciuto dal vuoto-altro, ritenendo che questa natura e le sue proprietà illuminate siano vuote (o prive) delle contaminazioni avventizie che la oscurano

    un percettore yogico è una prensione non duale, non concettuale o una consapevolezza effettiva di ciò che è attualmente a portata di mano

    essendo un vero percorso, mette direttamente a nudo la saggezza

    la mente di Buddha è vuota di sé (e quindi di un'origine dipendente incontaminata), ma anche libera da tutte le altre cose tranne se stessa

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