Buddhismo Italia Forum

Posts written by Ruhan

  1. .
    Lev, con tutto rispetto, stai facendo un minestrone.


    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    Scusate, non vorrei essere insistente, ma qui si tratta di fuggire dal samsara, non di raggiungere un mero equilibrio interiore.

    Dove lo avrei affermato? Potresti indicarmelo? Grazie.

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    Si dice che raggiunge l’illuminazione solo chi è disposto a mettercela davvero tutta, anche sfidando morte e compagnia briscola.

    Chi lo dice?

    Nella tradizione buddhista raggiunge l'illuminazione chi ha accumulato i rispettivi meriti karmici. Non esiste nessun concetto di illuminazione a seguito di una sciocca sfida della morte tramite ascetismo. Quest'ultima cosa è considerata un estremismo e, in quanto tale, viene condannato.
    Oltretutto, sfidare la morte — sottoponendo il corpo a sciocchi digiuni continuati, lunghi, debilitanti, o sottoponendosi a condizioni climatiche estreme e quant'altro — va contro il concetto di "preziosa rinascita umana" tipicamente buddhista: sei nato umano per una pura botta di culo legata a meriti karmici piuttosto rari e vuoi pure sfidare la morte? :D

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    Insomma, va bene non scadere negli eccessi probabilmente,

    Togli il "probabilmente". Si chiama Via di Mezzo proprio perché si pone in accesa polemica con ogni eccesso. Il buddhismo nasce come movimento polemico circa ogni eccesso. Togli questo elemento e non avrai più alcun buddhismo. Basta leggersi il Canone Pali.

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    però se fosse davvero così alla portata di tutti - come si evince dalle vostre risposte - vivremmo in un mondo ideale piena di gente illuminata.

    Temo tu abbia problemi nel comprendere le risposte dei tuoi interlocutori. Ho scritto, esplicitamente e chiaramente:

    CITAZIONE (Ruhan @ 20/12/2022, 00:37) 
    Se, invece, intendiamo la via monastica, che essa (astensione da alcool, sesso etc) sia vista come la via privilegiata in gran parte delle tradizioni buddhiste (esclusi dati contesti, come il Giappone, per motivi più politici che altro) e dai testi canonici più antichi, è fuor di dubbio. Ed è, chiaramente, una via per quei pochi che hanno maturato — parlo sempre dal punto di vista buddhista — dati "semi" o meriti karmici.

    Dove avrei dipinto la via verso l'illuminazione come una via larga, democratica e alla portata di tutti, se ho scritto l'esatto contrario?

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    E poi sostengo che si, il Buddha ha parlato di via di mezzo, ma prima ha comunque fatto un percorso di ascesi.

    E sostieni una cosa senza senso entro il contesto buddhista. Il percorso di ascesi — compiuto dal Buddha — è stato condannato da quest'ultimo come inutile e dannoso. Il Canone lo descrive come un percorso che lo stava ALLONTANANDO dall'illuminazione, come un ERRORE che andrebbe evitato, proprio perché il Buddha — avendolo sperimentato — ne ha visto gli effetti negativi e inutili e può, quindi, dovutamente sconsigliarlo.

    E parlo del percorso ascetico estremo condotto inizialmente dal Buddha (che tu qui stai citando), non del percorso monastico buddhista (che potrebbe anch'esso, con le dovute differenze, essere chiamato "ascetico").

    C'è una differenza abissale tra l'ascetismo estremo di cui parli tu e "l'ascetismo" moderato buddhista, descritto nel Canone (ad esempio). Una differenza abissale si pone tra le pratiche ascetiche estreme condotte dalle comunità frequentate inizialmente dal Buddha e le pratiche ascetiche condotte dai monaci buddhisti. Ad esempio, esse prevedono anche digiuni, certo. Ma moderati e limitati nel tempo.

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    C’era una setta nell’antichità, non ricordo il nome, che affermava bisognasse svolgere un periodo di ascetismo assai stretto prima di ottenere la visione dell’Assoluto, e che poi si sarebbe potuti tornare tranquillamente ai piaceri della vita

    Il buddhismo si pone in contrasto con simili visioni.

    CITAZIONE (Levaier @ 20/12/2022, 12:46) 
    Insomma, ognuno ha il suo percorso, ma come si fa a ignorare il fatto che per liberarsi dagli attaccamenti bisogna un minimo rispettare il Nobile Ottuplice Sentiero? Quello nessuno lo cita mai, ma se un minimo si va a vedere come si compone si nota che va bene la Via di Mezzo, ma poi bisogna mettere in pratica otto regole non proprio facili nella vita di tutti i giorni.

    Il Nobile Ottuplice Sentiero non prevede nessun ascetismo di tipo estremo. E non mi pare che nessuno qui lo abbia ignorato. Ho scritto molto chiaramente che la vita monastica è la via privilegiata e la vita monastica prevede il seguire l'Ottuplice Sentiero.

    Gradirei che, in futuro, non mi si mettessero tesi false tra le dita. Grazie.

    Edited by Ruhan - 20/12/2022, 17:04
  2. .
    Ah ok! Mi sembrava strano, infatti :D
  3. .
    l'illuminazione non la voglio:
    non saprei dove metterla

    qualcuno cerca la bodhi. Mha!
    aggiungere altro al mondo?
    non c'è più spazio!


    Ciao Rinchen. Concordo sulla seconda parte :D
  4. .
    CITAZIONE (Davide S. C. @ 20/12/2022, 05:32) 
    CITAZIONE
    In che senso?

    Nel senso che un mondo coerente con l’ideologia catara non avrebbe fatto figli…

    Questo è semplicemente falso sia a livello storico, sia a livello di dottrina catara, e mi pare che lo si fosse chiarito già un mese fa:
    CITAZIONE (Ruhan @ 10/11/2022, 14:31) 
    I catari vietavano i rapporti sessuali unicamente al proprio "clero", i "perfetti". Esattamente come la Chiesa con i preti cattolici attuali. Il divieto non si estendeva affatto ai normali fedeli laici.

    Mio post a cui tu avevi risposto con:
    CITAZIONE (Davide S. C. @ 10/11/2022, 16:10) 
    Molto interessante. Grazie!

    Quindi, immagino che tu lo avessi letto.

    Non mi pare che la regola di castità per il clero cattolico — ad esempio — abbia effetti sulla natalità generale, e lo stesso sarebbe avvenuto (come in effetti avvenne negli insediamenti urbani nel Sud della Francia e in qualche altra zona dell'arco alpino) se avessero vinto i catari. La castità per il clero e vita normale (sesso compreso) per i laici. Nessun problema di natalità. I laici che frequentavano i "perfetti" non seguivano nemmeno la dieta parzialmente vegetariana (vegetali + pesce) imposta a questi ultimi. Figurarsi la castità. Erano del tutto indistinguibili dai credenti cattolici in fatto di vita quotidiana.

    La dottrina catara prevedeva, di fatto, una divisione gerarchica tra due macro-classi: perfetti e credenti. E non si trattava di una divisione provvisoria, ma permanente. In altre parole, non esisteva nessun progetto cataro finalizzato a rendere TUTTI quanti "perfetti", né a livello dottrinale e tantomeno a livello pratico (che è poi l'unico livello che possa determinare le conseguenze da te ipotizzate).
    Nella dottrina catara la divisione tra perfetti (i puri) e non-perfetti (coloro che non sono in grado di esserlo) era vista come inestirpabile, parte di questo mondo imperfetto e peccaminoso. Chi non era in grado di ricevere il "consolamento" e accogliere il Paraclito, impegnandosi sulla strada della perfezione, era semplicemente destinato a reincarnarsi, tornando a nascere in questo mondo.

    Da ciò s'intende che mai un cataro avrebbe pensato di poter raggiungere una situazione di azzerata natalità, poiché questo avrebbe significato considerare questo mondo imperfetto come perfetto o perfezionabile. Fa parte della ineliminabile imperfezione di questo mondo la presenza dell'atto sessuale e delle funzioni corporee, così come la presenza di una larga maggioranza di esseri umani che ancora debbono reincarnarsi molte volte prima di poter aspirare alla strada della perfezione.

    Questa era l'ideologia catara (come la chiami tu). Ripeto, se avessero vinto i catari 1) semplicemente, si sarebbero affermati nelle zone in cui si erano affermati e non avrebbero certo sostituito la Chiesa romana; 2) i laici di quelle zone avrebbero continuato a fare gli sporcaccioni, recandosi la domenica alla funzione religiosa portata avanti da un clero di casti. Esattamente come accade, di norma, nella comunità cattolica.

    E noi saremmo, lo stesso, 8 miliardi e poco più :D

    Edited by Ruhan - 20/12/2022, 06:51
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    CITAZIONE (Davide S. C. @ 19/12/2022, 22:51) 
    Se avessero “vinto” i catari forse non saremmo qui a parlarne…

    In che senso?


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    In ogni caso, rispondendo alle questioni sollevate da Lev, la via ascetica o, meglio, la via monastica (più moderata) è un qualcosa che sui grandi numeri non funzionava nemmeno in passato, e parlo proprio a livello statistico. La percentuale di persone che la sceglievano era molto più alta di ora, e questo è vero. Peccato che la percentuale di persone (non convinte, ma pure convinte) che — pur prendendo i voti monastici — ne faceva di ogni, con maschi e femmine, era altissima, e sono molti i documenti che lo testimoniano.

    L'unica cosa cambiata è che in passato l'ideale di castità spingeva a fingersi casti. Ora, non più. :D

    Poi, bisogna intendersi su cosa si intenda con "ascetismo". Se si intende (impropriamente) la via monastica, è un conto. Se si intende, invece, (più propriamente) quella seguita inizialmente dal Buddha, essa viene esplicitamente condannata dal buddhismo. Non è che il Buddha sia arrivato dove è arrivato grazie alla via ascetica; quest'ultima venne da lui abbandonata proprio perché lo stava radicalmente allontanando dall'illuminazione.

    Se, invece, intendiamo la via monastica, che essa (astensione da alcool, sesso etc) sia vista come la via privilegiata in gran parte delle tradizioni buddhiste (esclusi dati contesti, come il Giappone, per motivi più politici che altro) e dai testi canonici più antichi, è fuor di dubbio. Ed è, chiaramente, una via per quei pochi che hanno maturato — parlo sempre dal punto di vista buddhista — dati "semi" o meriti karmici.

    Io rimarrei al solo contesto buddhista, vista la sezione e il topic.

    Edited by Ruhan - 20/12/2022, 01:07
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    Ma va! Ahah

    Per così poco!
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/12/2022, 18:47) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 12/18/2022, 06:38 PM) 
    Dunque, la vacuità vale anche per la mente, il continuum (un saggio cinese non penso avrebbe particolari remore verso questo termine, anzi!) o le formule matematiche in genere, senza che queste siano forme (perlomeno in senso buddhista; in senso filosofico-occidentale, dipende dalla definizione di "forma").

    Avrei dovuto chiarirlo. Ora lo metto in grassetto in un Edit.

    No sono io che avrei dovuto ricordare; mi sembra incredibile averlo dimenticato anche perché anni fa era la mia lettura quotidiana. Santo cielo che degrado mentale... (mio)

    Ma no. Hai fatto bene. In effetti, poteva portare a fraintendimenti.
  8. .
    CITAZIONE (Denomico @ 18/12/2022, 18:27) 
    Solo gli sciocchi si offendono ad osservazioni, o correzioni, che potrebbero migliorarli. La tua risposta mi ha dato sicurezza su questo argomento e uno indizio su dove ho bisogno di migliorarmi. Dare più importanza alla vacuità rispetto alla sedia è una visone erronea, il termine vacuità e il termine sedia, sotto la luce della Verità ultima, retano e resteranno designazioni verbali utili alla comunicazione reciproca.
    Fa sempre bene riprendere questi argomenti sul forum.

    Ringrazio io te per l'occasione di auto-chiarimento e chiarimento :)
  9. .
    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/12/2022, 18:25) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 12/18/2022, 06:08 PM) 
    Sono curioso ora :D

    Niente di che, solo una questione di diverse scuole. Mi sembra evidente la prospettiva cinese nella tua esposizione ma lo dico in termini assolutamente costruttivi. Anche se l'esposizione mi è nuova e meravigliosamente "diversa" nulla mi appare stridere con le idee che ho, anzi ora ho fatto grazie a te un passetto per precisarle. Spero di aver reso, ma credo tu mi capisca.

    Nella gelug.pa - ma sono sicuro che le radici siano altrove - i fenomeni possono essere divisi in tre. Forma (la sedia), mente e non-forma-non-mente (il mercoledì, una formula matematica, etc.) questi ultimi permanenti pur vacui, nel senso che il mercoledì non sfugge al fatto di essere una designazione verbale per quando il sole ha fatto N giri o chisacomesifa ma è definibile. La formula matematica pure: è descrivibile con il linguaggio ordinario (già solo per questo "vuota") ma permanente come l'idea di "mercoledì". F=ma è un'astrazione che partecipa sia del mondo materiale che di quello mentale e il concetto sarebbe riscoperto identico da una civiltà extraterrestre. Chiaramente sarebbero diversi i simboli ma il concetto non cambierebbe. Avrebbero le loro parole per dire che la forza impressa è il prodotto della massa e dell'accelerazione. Ma questo concetto è permanente pur vuoto.

    Orbene: se chiedessi al grande dotto cinese con la sua totale e profonda conoscenza di Nagarjuna & Co in che modo una struttura mentale o addirittura la mente come continuum mentale possano essere "forma", cosa direbbe? Perché anche per me la vacuità non è diversa dalla forma però fin qui non ho mai riflettuto su cosa sia la forma per un fenomeno mentale.

    Chiaramente il problema si accentua se inserisco nella domanda il continuum mentale. Quello sì è addirittura meno "forma" tanto che viene descritto come ciò che non è materia (sono consapevole che ci sono dispute dottrinali su questo quindi mi si potrebbe obiettare la definizione, lo so). Ma diciamo che possiamo lasciarlo fuori. Forse il saggio cinese mi direbbe che se ha ben capito cosa io intenda, il continuum mentale che passa di vita in vita è un ente che non ha posto nel suo sistema di pensiero.

    Quindi per intanto penso che il terreno comune di ragionamento possa essere un ente come quello sopra, ovvero un concetto.

    Va be, so che non serve dirlo ma la questione è interlocutiva e costruttiva: davvero su due piedi non so come inquadrare questi fenomeni in modo da non invalidare (perché parto dal presupposto della sua correttezza e quindi si deve procedere "al contrario") l'identità tra vuoto e forma.

    Credo che la confusione venga dal fatto che, parlando di una sedia, ho citato unicamente la frase cardine (quella più utilizzata) del Sutra del Cuore, quasi che "forma" potesse riassumere (per brevità) tutti gli altri skandha.

    Ovviamente, come saprai benissimo, il Sutra, dopo aver enunciato che la forma è vuoto e viceversa, prosegue:


    << Lo stesso vale per le sensazioni,
    le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza. >>



    Di conseguenza, chiaramente, la vacuità vale anche per gli skandha che non sono la forma. Quel termine (forma) solitamente — specie in ambito cinese — viene utilizzato come somma imprecisa dei 5 skandha, senza che per questo gli altri 4 vengano ridotti alla forma. Si tratta di una semplice citazione del Sutra in forma abbreviata.

    Dunque, la vacuità vale anche per la mente, il continuum (un saggio cinese non penso avrebbe particolari remore verso questo termine, anzi!) o le formule matematiche in genere, senza che queste siano forme (perlomeno in senso buddhista; in senso filosofico-occidentale, dipende dalla definizione di "forma").

    Avrei dovuto chiarirlo. Ora lo metto in grassetto in un Edit.
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/12/2022, 18:01) 
    Mi sorgono diverse questioni ma ci devo riflettere per formularle e so già che riuscirò a formularne solo una (sul primo punto). Per intanto la trovo un' eccezionale finestra su tutta una serie di riflessioni che non ho fatto mai.

    Sono curioso ora :D
  11. .
    Concordo. Con le assurdità che si leggono ogni giorno sul tema, troverei paradossale che a censurarsi fosse proprio Denomico, il quale è sempre stato equilibrato nelle sue affermazioni.
  12. .
    CITAZIONE (Denomico @ 18/12/2022, 17:01) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 18/12/2022, 14:50) 
    Questa è una visione molto ch'an e ha la sua dignità, senza dubbio. Non è però la visione propria di tutte le scuole. Ad esempio, nella Gelug.pa, si pensa che la vacuità sia perfettamente definibile in termini verbali, per quanto — chiaramente — questa definizione non sia mai ultimativa. È un po' come con tutto: puoi perfettamente descrivere un posto, anche senza portarci la persona a cui lo stai descrivendo, per quanto il recarsi di persona sia qualcosa di più.

    La definizione di vacuità può essere data in più modi: indicando che si tratta di una modalità di esistenza e non di "qualcosa"; dicendo che si tratta di assenza di un qualcosa in particolare (essenza, sostanza, identità).
    Poi, è possibile darne una "definizione" in negativo, ovvero, mostrando come il discorso verbale (basato sul principio di identità), se preso sul serio, porti ad una serie di assurdità logiche evidenti. E da qui la necessità di postulare una vacuità di identità/essenza.

    Insomma, della vacuità si può parlare e se ne può parlare bene, e lo stesso "andare alla deriva" (mostrare le aporie del principio di identità) è un metodo di definizione negativa usata, ad esempio, da Nagarjuna o da Zhiyi. Il cosiddetto Tetralemma negativo. A questo, talvolta, viene (per esempio, nella scuola Tiantai) affiancato un tetralemma positivo assente in Nagarjuna. Insomma, della vacuità possiamo parlare, seppur in via mai ultimativa o definitiva. Credere il contrario significa — a mio parere — attribuire una dignità particolare alla parola "vacuità", rispetto a quella posseduta dalla parola "sedia". Sono parole e hanno entrambe lo stesso valore strumentale provvisorio e possiedono — dunque — anche la loro definizione provvisoria e strumentale. In altre parole: la parola "vacuità", in quanto parola tra le parole, può essere utilizzata e definita come tutte le altre parole. Non possiede una specie di "di più" di vacuità (rispetto alle altre parole) che la renda più intoccabile. Lo stesso fatto di pensare alla vacuità oltre le parole come un ché di cui sia impossibile parlare — a differenza (ad esempio) della sedia oltre la parola "sedia"
    — significa attribuire già una specie di identità particolare alla vacuità (la quale la renderebbe meno trattabile della sedia o del pavimento o degli alberi). Il che è assurdo. Nei termini della vacuità, gli alberi, le sedie, il cielo, il cane o la vacuità sono trattabili allo stesso modo: in modo verbale/provvisorio. Stesse possibilità orientative (il linguaggio come strumento "a spanne") e stessi limiti (il linguaggio, essendo basato sul principio di identità, non corrisponde mai interamente a qualcosa di reale: è solo un modo per descrivere il ruolo che la realtà ha verso di noi, dividendola in segmenti a noi conoscitivamente e praticamente utili: le cosiddette "cose").

    Il problema è che questi concetti, semplicemente, ci sono arrivati attraverso filtri filosofici non perfetti e l'imprinting distorcente è rimasto quello. Poi, mettici il fatto che chi, in Occidente, tratta di queste cose spesso è qualcuno di generalmente interessato alla spiritualità e che abbraccia — personalmente — una qualche visione teistica (cristiana o pseudotale); considerando il buddhismo come genericamente "saggio", entra in cortocircuito con le sue credenze teistiche e creazionistiche e trova una soluzione semplice: il minestrone. Il vuoto diventa Dio e altre assurdità. Insomma: trova una soluzione al cortocircuito, rendendo il buddhismo una specie di mistica cristiana con gli occhi a mandorla. I maestri, spesso, per amore di fratellanza universale e amor di portafoglio, vanno pure dietro a queste sciocchezze. E la frittata è fatta. :D

    P.s. Swami, ho visto solo ora la tua risposta :lol:

    Mi trovi d'accordo, sinceramente non mi sento di parlare della vacuità come una sedia solo per rispetto all'insegnamento (quindi è un comportamento soggettivo che non è regola assoluta). E come hai ben esposto non ne parlerei con chiunque perchè tenderebbero a fare un minestrone che li svierebbe sia dal Dio cristiano, sia da quello esposto dalla dottrina buddhista. Ma forse questo è solo un limite del mio linguaggio, e che dimostra quanto ancora è lunga la strada, ma sono rincuorato dal fatto che finora mi sto divertendo lungo il tragitto.

    [ EDIT: SI TENGA PRESENTE CHE NELLA SEGUENTE RISPOSTA HO PARLATO DI "SEDIA", "ALBERI" ETC. E QUINDI MI SONO RIFERITO (PER BREVITÀ E CITANDO LA FRASE CARDINE DEL SUTRA DEL CUORE) ALLA "FORMA" CON FRASI QUALI "SOLO LA FORMA È VACUITÀ", DA LEGGERSI COME "NEL CASO QUI DESCRITTO SOLO LA FORMA È VACUITÀ" E NON COME "GLI ALTRI SKANDHA NON SONO VACUITÀ". POICHÈ, OVVIAMENTE, IL DISCORSO VALE ANCHE PER GLI ALTRI 4 SKANDHA, QUINDI, OGNI VOLTA CHE SI TROVERÀ UN RIFERIMENTO AL RAPPORTO TRA FORMA E VACUITÀ, LO SI LEGGA COME: "SOLO LA FORMA/SENSAZIONE/PERCEZIONE/FORMAZIONE MENTALE/COSCIENZA È VACUITÀ" E VICEVERSA. ]

    Il punto è proprio questo, però: la vacuità è esattamente come la sedia. E per tre motivi, almeno.

    1) Cogliere la realtà, che chiamiamo convenzionalmente "sedia", equivale a cogliere la vacuità, dal momento che la forma (e SOLO la forma) è vacua (Sutra del Cuore). Non esiste una vacuità al di fuori o oltre la forma.

    2) visto il punto (1), la vacuità "è" esattamente la stessa realtà di cui parliamo quando diciamo "sedia". Quella realtà che indichiamo per via negativa dicendola "vacua" di identità/essenza. Distinguere la realtà — che nominiamo "sedia" — dalla "vacuità" equivale a fare di quest'ultima una sostanza.

    3) la vacuità è vacua allo stesso modo della sedia. Né di più e né di meno. E, d'altra parte, la sedia è vacua tanto quanto la vacuità. Parlare della sedia (davanti a te) equivale ad usare designazioni verbali altrettanto provvisorie tanto quanto quella di "vacuità". Nessuna differenza. Infatti, la vacuità parla della forma, come detto. La riverenza verso la vacuità presa da sola equivale (anche inconsapevolmente) a renderla una sostanza. Sarebbe come dividere la "liquidità" (modo) dal "liquido" (oggetto). È la sedia ad essere vacua. Se vuoi un esempio di vacuità, ti basta guardarti attorno. Eccola. Ecco perché nel Ch'an si consiglia di dare fuoco a questo o quello, o di ammazzare il Buddha: mai distinguere la vacuità dalla forma e se lo si fa, bisogna sbarazzarsene.

    C'è un ultimo punto che mi va di chiarire e che penso getti una luce sui 3 punti appena scritti. La vacuità è semplicemente (ed interamente) una modalità negativa verbale. Non esiste là fuori una "vacuità". Indica semplicemente l'assenza (nella realtà) di qualcosa che noi pensiamo che esista per il solo fatto di usarlo verbalmente (il principio di identità). La vacuità è interamente e solo una forma verbale.

    La cosiddetta vacuità oltre la parola "vacuità" è di per sé non-vacuità, ovvero è quella ambiguità interpervasiva (priva di identità e definizione) che è la realtà stessa. In altre parole: la parola "vacuità" e la sua definizione (come "assenza di essenza" etc) sono solo modalità verbali per escludere dalla realtà qualcosa che già in origine nella realtà non c'era e di cui la realtà non ha mai saputo niente: il principio di identità. È un po' come dire che la realtà sia non-BabboNatale, ovvero priva di "Babbo Natale". Ma la realtà non ne è informata; non è che la realtà pensasse di avere la Babbonatalità e — scoprendo il contrario — si sia dotata di una qualche non-babbonatalità. No. La realtà resta quella che è e la non-babbonatalità rimane solo uno strumento verbale NOSTRO per informare NOI STESSI che la realtà non è dotata di quella cosa che noi — per superstizione — le attribuivamo.

    Lo stesso avviene con la vacuità. La realtà non è davvero vacua. Questo è solo un modo verbale nostro per dirci "attento! nella realtà non esistono quelle essenze o identità che tu usi normalmente pensando o parlando". La realtà, di per sé, non possiede nessuna vacuità, esattamente come io non posseggo la non-avvocatura per il semplice fatto di non essere un avvocato :D

    Perciò parlare di vacuità è assolutamente corretto. Nasce come uno strumento verbale (per comprendere che l'identità ha un valore unicamente locale/strumentale/provvisorio, ma non corrisponde a nulla di reale) e rimane tale.

    Invece, la vacuità di cui parla la tradizione, quella che apparterrebbe alla forma e che si potrebbe sperimentare (di cui ho parlato io stesso nei 3 punti), non è propriamente "vacuità", ma quel che esiste SENZA identità.


    P.s. quanto scritto non corregge quanto hai detto, ma parte solo da quella tua distinzione tra vacuità e sedia presi come temi (legittima eh; come dici tu, è un tuo fatto individuale) per esplorare meglio alcune questioni sulla vacuità. Non si tratta di un attacco o di una correzione con la penna rossa :D
    Non penso tu distingua tra forma (sedia) e vacuità in senso vero e proprio. Ho capito che li distingui solo per un tuo individuale differente rispetto a questi due oggetti di discussione. Ho solo utilizzato un'occasione per fare alcune considerazioni.

    Edited by Ruhan - 18/12/2022, 18:55
  13. .
    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 18/12/2022, 14:55) 
    Meraviglioso, me lo salvo. Mi hai fatto vedere meglio più di una cosa.

    Uguale per me con la tua esposizione!
  14. .
    CITAZIONE (Denomico @ 18/12/2022, 12:17) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 17/12/2022, 22:17) 
    Secondo me andremo esattamente dalla parte opposta.

    Riguardo al fatto che studiosi professionisti non se ne rendano conto: guarda, di recente ho letto certe fregnacce sul buddhismo in un pur ottimo manuale universitario di storia medievale. E a scriverle sono professionisti che conosco bene eh. Purtroppo è un tema talmente presentato male da più di un secolo, che certi concetti travisati sono duri da abbattere. E ci cadono tutti coloro che non sono addentro al tema e si occupano d'altro.

    Il concetto di vacuità (che è vacuità anch’esso) più parole cerchi di utilizzare per spiegarlo e più vai alla deriva. Infatti la prova tangibile di questo fatto è il Sutra del Cuore. La difficoltà di “spiegare” la vacuità sta proprio in questo. Non puoi affermare che sia qualcosa, perché il concetto stesso di essere è vacuità, e lo stesso vale al contrario.
    Ricordo ancora quando mi dicesti (più o meno):” Possiamo confermare che una certa azione avvenga ma non possiamo trovare chi la compie e chi la subisce.” Può essere che ho detto delle panzanate peggiore dei professori sopra citati, ma almeno non ci scrivo libri e nel caso mi confronto con voi per vedere se ho ben chiara la strada, che è la cosa più importante per me.
    Ps. Non fa mai male ripeterlo, vuoto e vacuità nella lingua italiana non sono coincidenti, e qualsiasi accostamento di questo tipo è un chiaro indizio di visione erronea della vacuità.

    Questa è una visione molto ch'an e ha la sua dignità, senza dubbio. Non è però la visione propria di tutte le scuole. Ad esempio, nella Gelug.pa, si pensa che la vacuità sia perfettamente definibile in termini verbali, per quanto — chiaramente — questa definizione non sia mai ultimativa. È un po' come con tutto: puoi perfettamente descrivere un posto, anche senza portarci la persona a cui lo stai descrivendo, per quanto il recarsi di persona sia qualcosa di più.

    La definizione di vacuità può essere data in più modi: indicando che si tratta di una modalità di esistenza e non di "qualcosa"; dicendo che si tratta di assenza di un qualcosa in particolare (essenza, sostanza, identità).
    Poi, è possibile darne una "definizione" in negativo, ovvero, mostrando come il discorso verbale (basato sul principio di identità), se preso sul serio, porti ad una serie di assurdità logiche evidenti. E da qui la necessità di postulare una vacuità di identità/essenza.

    Insomma, della vacuità si può parlare e se ne può parlare bene, e lo stesso "andare alla deriva" (mostrare le aporie del principio di identità) è un metodo di definizione negativa usata, ad esempio, da Nagarjuna o da Zhiyi. Il cosiddetto Tetralemma negativo. A questo, talvolta, viene (per esempio, nella scuola Tiantai) affiancato un tetralemma positivo assente in Nagarjuna. Insomma, della vacuità possiamo parlare, seppur in via mai ultimativa o definitiva. Credere il contrario significa — a mio parere — attribuire una dignità particolare alla parola "vacuità", rispetto a quella posseduta dalla parola "sedia". Sono parole e hanno entrambe lo stesso valore strumentale provvisorio e possiedono — dunque — anche la loro definizione provvisoria e strumentale. In altre parole: la parola "vacuità", in quanto parola tra le parole, può essere utilizzata e definita come tutte le altre parole. Non possiede una specie di "di più" di vacuità (rispetto alle altre parole) che la renda più intoccabile. Lo stesso fatto di pensare alla vacuità oltre le parole come un ché di cui sia impossibile parlare — a differenza (ad esempio) della sedia oltre la parola "sedia"
    — significa attribuire già una specie di identità particolare alla vacuità (la quale la renderebbe meno trattabile della sedia o del pavimento o degli alberi). Il che è assurdo. Nei termini della vacuità, gli alberi, le sedie, il cielo, il cane o la vacuità sono trattabili allo stesso modo: in modo verbale/provvisorio. Stesse possibilità orientative (il linguaggio come strumento "a spanne") e stessi limiti (il linguaggio, essendo basato sul principio di identità, non corrisponde mai interamente a qualcosa di reale: è solo un modo per descrivere il ruolo che la realtà ha verso di noi, dividendola in segmenti a noi conoscitivamente e praticamente utili: le cosiddette "cose").

    Il problema è che questi concetti, semplicemente, ci sono arrivati attraverso filtri filosofici non perfetti e l'imprinting distorcente è rimasto quello. Poi, mettici il fatto che chi, in Occidente, tratta di queste cose spesso è qualcuno di generalmente interessato alla spiritualità e che abbraccia — personalmente — una qualche visione teistica (cristiana o pseudotale); considerando il buddhismo come genericamente "saggio", entra in cortocircuito con le sue credenze teistiche e creazionistiche e trova una soluzione semplice: il minestrone. Il vuoto diventa Dio e altre assurdità. Insomma: trova una soluzione al cortocircuito, rendendo il buddhismo una specie di mistica cristiana con gli occhi a mandorla. I maestri, spesso, per amore di fratellanza universale e amor di portafoglio, vanno pure dietro a queste sciocchezze. E la frittata è fatta. :D

    P.s. Swami, ho visto solo ora la tua risposta :lol:
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    CITAZIONE (swami chandraramabubu sfigananda @ 17/12/2022, 22:00) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 12/17/2022, 09:56 PM) 
    È una brutta tendenza quella di citare concetti estranei per dare maggiore autorità alle proprie tesi. Ma penso sia stato fatto in buona fede. Una cattiva letteratura non ha aiutato nel comprendere cose così complesse.

    Vero... E poi non so mai che metro di giudizio usare. Essendo tanti anni che rimugino queste cose mi sembra incredibile che uno studioso di professione non le veda? Oppure esistono davvero menti così totalmente resistenti a visioni del mondo diverse dalla propria? Chiaramente non lo so. E tendo a dimenticare che forse questi sono tempi ancora a modo loro pionieristici in cui l'Umanesimo mondiale che auspicava Maraini non si è ancora realizzato, chi sa.

    Secondo me andremo esattamente dalla parte opposta.

    Riguardo al fatto che studiosi professionisti non se ne rendano conto: guarda, di recente ho letto certe fregnacce sul buddhismo in un pur ottimo manuale universitario di storia medievale. E a scriverle sono professionisti che conosco bene eh. Purtroppo è un tema talmente presentato male da più di un secolo, che certi concetti travisati sono duri da abbattere. E ci cadono tutti coloro che non sono addentro al tema e si occupano d'altro.

    Edited by Ruhan - 17/12/2022, 23:22
2030 replies since 11/7/2011
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