Lo scopo del Theravadin

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Sumanah
     
    .

    User deleted


    Più e più volte si è discusso su quale fosse la differenza fra gli scopi di un Theravadin rispetto a ciò che si propone un praticante, che so, Zen o di Vajrayana. E purtroppo abbiamo sempre affrontato l'argomento in modo sommario e fuori dal discorso di partenza: sarebbe assai più utile per tutti parlarne in spazi appositi. Qui non voglio tanto raccogliere confronti e differenze fra le scuole (chè rimango dell'idea non sia altro che fonte di discordie e incomprensioni futili), quanto chiarire la posizione del Buddhista Theravada; almeno, dal mio punto di vista laico dotato di assai poche pretese.

    Parto ponendo una pietra miliare: è indiscusso che qualsiasi Buddhista ha lo scopo di divenire un Buddha, un Risvegliato. Nel Theravada si suole aggiungere "Risvegliato al Dhamma, o alle cose così come sono". Questo risveglio è considerato come consustanziale alla realizzazione del Nibbana, o cessazione: nello stesso istante in cui un individuo si risveglia al Dhamma, realizza la cessazione di tutto ciò che non è Dhamma, quali i desideri, gli stati mentali nocivi e, prima di tutto, l'ignoranza e l'illusione.
    Ora, scavando più a fondo, noteremo che nella tradizione Theravada, rappresentata dal Canone Pali, si hanno due tipologie di Buddha: i Sammasambuddha (o semplicemente Sambuddha) e i Paccekabuddha.
    Con il primo termine (Perfetto perfettamente risvegliato) s'intendono i ventitre Buddha del passato, il Buddha del presente (Gotama) e il Buddha dell'era futura (Metteyya): di Sambuddha ne esiste uno per era, ed è considerato l'iniziatore del buddhismo nella sua era. Ciò significa che ogni volta che il Buddhadhamma va perduto, nasce un individuo destinato se così vogliamo dire a riscoprirlo e a trasmetterlo di nuovo.
    I Peccekabuddha d'altra parte sono tutti coloro che raggiungono il Nibbana seguendo il Buddhadhamma rivelato da un Sambuddha: sono parimenti Buddha, hanno realizzato il Nibbana e il Dhamma, ma non hanno nulla di nuovo da insegnare e trasmettere. Da qui il loro nome di "Buddha-per-sè".

    Ora, nel Theravada si crede che prima di divenire Buddha si "scalino" un certo numero di gradini che corrispondono al grado di realizzazione sviluppato: c'è colui che è "entrato nella corrente", colui cui "restano sette vite", o coloro che rinasceranno una volta soltanto e via dicendo.
    E c'è l'Arahant, un Paccekabuddha non ancora entrato nel Parinibbana in ultima analisi. Il termine Arahant è stato più volte travisato, o, meglio, il suo significato all'interno delle Scuole dei Nikaya viene spesso compreso difficilmente poichè si tende ad interpretarlo da una prospettiva Mahayana dove l'Arahant non è un Buddha, nè consegue secondo loro il Nibbana finale. Ma questa distinzione e complicazione è un elemento puramente Mahayana, e da considerare solo nello studio di tale veicolo: se si parla di Theravada, se si cerca di comprendere il suo linguaggio, dobbiamo dimenticarci di Nibbana statico e Nibbana dinamico, dobbiamo distinguere fra il Samyaksambuddha mahayana (che presuppone un livello superiore verticale di illuminazione rispetto ad un arhat) e il Sammasambuddha theravadin (che presuppone invece una differenza orizzontale rispetto un arahant).
    In un contesto Theravada un Arahant è a tutti gli effetti un Buddha, e viceversa, dato che il termine è un appellativo e non un indice di stato o di qualità discriminante; ad esempio lo troviamo nella celebre Namakkaram, o verso di adorazione: Namo tassa Bhagavato Arahato Sammasambuddhassa.
    E allora perchè i maestri Theravada designati come Arahat non vengono appellati e venerati come Buddha o, al limite, Paccekabuddha? Perchè mai un monaco theravadin parla delle sue realizzazioni, di ciò che ha sperimentato, o se crede di essersi illuminato o meno: non è questo lo scopo. Questo poteva (e doveva) farlo Gotama in quanto Sammasambuddha; un Paccekabuddha non ne ha motivo, e proclamarsi Buddha non farebbe che negare la sua pretesa Illuminazione.

    Spero che questa misera introduzione possa essere d'aiuto a chi ha le idee confuse :)

    Ci tengo a sottolineare che con questa breve descrizione non ho voluto svalutare le posizioni Mahayana e Vajrayana, che per altro non conosco approfonditamente: all'interno del loro sistema, un arhat è tutt'altro, ed è giusto che sia così. Qui ho voluto solo esporre brevemente, in un'ottica esclusivamente theravadin, ciò che è considerata la mèta della pratica, e le principali differenze e difficoltà terminologiche che si possono incontrare.

    Magari, quando io stesso avrò una maggiore conoscenza a riguardo, aprlerò più approfonditamente dei vari livelli di realizzazione spirituale; nel frattempo spero che quanto detto sia gradito e d'aiuto a tutti :)
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Shankar Kulanath

    Group
    Administrator
    Posts
    15,944
    Location
    Kailash - Famiglia di Shiva e Shakti

    Status
    Anonymous
    Non è propriamente così.

    L'Arhat per il Theravada o per il Mahayana è lo stesso. Quello che è diversa è la visione sul Buddha.

    Allora, cos'è un Arhat? Un Arahant è colui che ha eliminato le afflizioni mentali, i klesha. Ha quindi posto fine al samsara. Lui ha realizzato il Nibbana, di cui distinguiamo due tipi: c'è il Nibbana con residuo e quello senza residuo. Il Nibbana con residuo è quello di un Arahant ancora in vita che, avendo ancora il residuo degli aggregati psicofisici, è vero che non proverà più la minima sofferenza mentale (avendo eliminato i klesha), però proverà sofferenza fisica. Al momento della morte, gli aggregati vengono persi e quindi l'Arahant entra nel Nibbana senza residuo, uno stato impossibile da definire dove ogni sofferenza è cessata.

    Inoltre hai nomitato i Paccekabuddha (in sanscrito PratyekaBuddha), ovvero i Buddha solitari. In realtà la loro realizzazione è uguale a quella degli Arhat. Sarebbero quindi degli Arhat e non proprio dei Buddha. Però un praticante Theravada (così come qualsiasi altro praticante buddhista) non diventerà mai un PratyekaBuddha. Perchè? Proprio perchè essi sono quegli Arhat che raggiungono la realizzazione nel momento in cui non esiste il Dhamma, nel momento in cui nessun Buddha ha insegnato. Ecco perchè raggiungono la realizzazione da soli. Come si realizzano? Attraverso la compresione intuitiva dei 12 nidana. Un'altra loro caratteristica è che non insegnano agli altri. Anche loro al momento della morte entreranno nel Nibbana senza residuo, come tutti gli Arahant.

    La differenza sostanziale tra il Theravada e il Mahayana consiste nella visione della Buddhità. In realtà, sia per il Theravada quando per il Mahayana un Buddha è un Arhat, nel senso che un Buddha ha eliminato i klesha. Un Arhat però non è un Buddha. E anche questo vale sia per il Theravada che per il Mahayana.
    Cerchiamo di vedere quindi le differenze tra la visione del Buddha nel Theravada e nel Mahayana.

    Allora, per il Theravada un Buddha è un Bodhisatta realizzato. Il Bodhisatta è colui che sceglie una via più lunga. Decide di ritardare l'entrata nel Nibbana per poter acquisire le qualità necessarie per diventare un Buddha, ovvero quell'essere onnisciente che realizza il Dhamma da sè, come fece Gotama sotto l'albero della Bodhi, e inizia una nuova era del Dhamma, portando così un beneficio illimitato agli esseri. Come acquisisce queste qualità? Incarnandosi per eoni interi praticando le 6 Paramita. In questo modo acquisisce i meriti necessari per poter realizzare il Dhamma e diventare onnisciente. Un Buddha è diverso da un Arahant nel Theravada. Perchè? Appunto per questi motivi: un Buddha scopre il Dhamma da sè, egli ha praticato per eoni interi come Bodhisatta, un Buddha è onnisciente mentre un Arhat non lo è, e inoltre un Buddha mostra i 32 segni maggiori e gli 80 minori di un essere illuminato. L'ultimo Buddha simile era Shakyamuni e il prossimo sarà Maitreya. Però, nonostante queste differenze, la realizzazione ultima, nel Theravada, è sempre il Nibbana senza residuo, ovvero il Nirvana dimorante. Ciò significa che un Buddha al momento della morte entra in questo stato di assorbimento nel Nirvana. E' questa la differenza principale con il Mahayana. In quest'ultimo infatti il Buddha non si estingue, ma continua a manifestarsi in infinite forme per il beneficio di tutti gli esseri. Ci sono inoltre delle differenze nella visione del Bodhisattva. Per esempio nel Mahayana si parla dei vari stadi (Bhumi) di realizzazione di un Bodhisattva, cosa ignota al Theravada
    Inoltre nel Mahayana esiste la dottrina dei Tre Corpo (i tre Kaya) dei Buddha... ma magari ne parlerò la prossima volta :)
     
    .
  3. Sumanah
     
    .

    User deleted


    Grazie per tutte le chiarificazioni :)
    L'unica cosa su cui non concordo è la tua definizione dei Paccekabuddha: o ho frainteso molto io nelle mie letture, o esistono diverse interpretazioni a riguardo. E come punto di differenza, credo risulti centrale nelle nostre descrizioni: perchè se si dà per vera la mia definizione, allora un Arahant è un Buddha ma non un Sambuddha; se si dà per vera la tua, un Arahant non è nè l'uno nè l'altro...
    La cosa mi ansia :P

    Infine, una postilla: quando parli di Nibbana con residui e Nibbana senza residui, parli della distinzione fra Nibbana e Parinibbana, o fra Pratisthita Nirvana e Apratisthita Nirvana?
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Shankar Kulanath

    Group
    Administrator
    Posts
    15,944
    Location
    Kailash - Famiglia di Shiva e Shakti

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    L'unica cosa su cui non concordo è la tua definizione dei Paccekabuddha: o ho frainteso molto io nelle mie letture, o esistono diverse interpretazioni a riguardo.

    Guarda, non ti sò dire con esattezza. E' possibile che esistano interpretazioni diverse. Questa è quella che conosco io. Sarebbe interessante se riesci a trovare qualche scritto Thera sui PaccekaBuddha. Ma di certo, ti posso dire che un PratyekaBuddha, nonostante sia chiamato "Buddha", in realtà non lo è. Infatti è un termine che genera molto fraintendimenti. Questo vale anche per il Theravada. Infatti, un PaccekaBuddha non è onnisciente, e non ha praticato per eoni come Bodhisatta. Anzi, diciamo che è quasi l'opposto di un Bodhisatta, e quindi di un Buddha. Mentre il primo è isolato dal mondo e non insegna, il secondo pratica per il beneficio di tutti gli esseri.
    La differenza tra il Theravada e il Mahayana è che comunque sia gli Arhat che i PratyekaBuddha che i Buddha alla fine raggiungono la stessa realizzazione dopo la morte, ovvero il Nibbana senza residuo. E' vero che i Buddha, per via dei loro meriti, hanno "qualcosa" in più degli Arhat comuni (ovvero i segni della perfezione e l'onniscienza), ma dopo la morte queste differenze non ci sono più. Il Nibbana è la realizzazione ultima, ed è qualitativamente identica tra queste tre forme di realizzati.
    Nel Mahayana invece la realizzazione di un Buddha è qualitativamente diversa da quella di un semplice Arhat, e viene enfatizzata la superiorità di un Buddha nei confronti di quest'ultimo. Un Buddha ha realizzato il Dharma in senso pieno, non solo perchè ha eliminato le afflizioni mentali, ma perchè la sua mente, diventando onnisciente, è una cosa sola con il tutto. La sua mente quindi è diventata il Dharmakaya (appunto "Corpo del Dharma"). Il Dharmakaya non è limitato nè dal samsara nè dal nirvana. Da esso i Buddha emanano infinite forme per il beneficio degli esseri.

    CITAZIONE
    quando parli di Nibbana con residui e Nibbana senza residui, parli della distinzione fra Nibbana e Parinibbana

    Sì, con il Parinibbana il residuo degli aggregati viene eliminato :)

    CITAZIONE
    o fra Pratisthita Nirvana e Apratisthita Nirvana?

    Non mi sembra di conoscerli. Mi dai qualche informazione in più?
     
    .
  5. Sumanah
     
    .

    User deleted


    Allora, sulla diversa "gradazione" di realizzazione fra Un Arahant ed un Buddha concordo: non a livello personale, ma nel senso che l'ho letto più e più volte. E, proprio come dici tu, si tratterebbe di una differenza di virtù.

    Riguardo il Pratisthita Nirvana e l'Apratisthita Nirvana, so solo che furono uno degli argomenti sviluppato dai Mahayana per screditare le Scuole dei Nikaya all'epoca: il primo è il Nirvana dell'Arahant, o Nirvana statico. E' lo stato della pace immutabile e permanente, ed è ritenuto inferiore; il secondo è il Nirvana dinamico, proprio di chi pratica il Mahayana. Credo che riguardi anche il concetto di samsara: il primo Nirvana appartiene a coloro che distinguono samsara e nirvana, il secondo a chi ne comprende l'unità.
    Anche se questo non era un argomento dotato di molto senso, dato che nel Theravada stesso si afferma la fondamentale identità fra samsara e nirvana... mah! :P
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Shankar Kulanath

    Group
    Administrator
    Posts
    15,944
    Location
    Kailash - Famiglia di Shiva e Shakti

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    Riguardo il Pratisthita Nirvana e l'Apratisthita Nirvana, so solo che furono uno degli argomenti sviluppato dai Mahayana per screditare le Scuole dei Nikaya all'epoca: il primo è il Nirvana dell'Arahant, o Nirvana statico. E' lo stato della pace immutabile e permanente, ed è ritenuto inferiore; il secondo è il Nirvana dinamico, proprio di chi pratica il Mahayana. Credo che riguardi anche il concetto di samsara: il primo Nirvana appartiene a coloro che distinguono samsara e nirvana, il secondo a chi ne comprende l'unità.
    Anche se questo non era un argomento dotato di molto senso, dato che nel Theravada stesso si afferma la fondamentale identità fra samsara e nirvana... mah!

    Infatti, qui torniamo al discorso che ti ho fatto prima, e che costituisce appunto la differenza sostanziale tra la visione della Buddhità nel Theravada e nel Mahayana.
    Il Nirvana degli Arhat è un Nirvana statico, ovvero un nirvana dimorante. E secondo il Theravada lo stesso vale per i Buddha, in quanto, ti ho detto, che anche loro dopo la morte entrano nello stesso Nirvana. Quindi, assorbiti nel Nirvana i Buddha smettono di manifestarsi. Nel Mahayana è diverso. Come ti ho detto, dal Dharmakaya i Buddha continuano a manifestarsi per il beneficio di tutti gli esseri. Allora ecco che il Dharmakaya è il Nirvana non-dimorante. Esso è Nirvana, in quanto è la cessazione della sofferenza e delle imperfezioni. Ma da questo stato di perfezione i Buddha si manifestano per adempiere il loro voto di Bodhisattva di portare beneficio a tutti gli esseri. E loro si possono manifestare non solo come SamyasakBuddha, ma anche come Bodhisattva, come Arhat, come non buddhisti, perfino come animali o oggetti inanimati. Dipende dal karma degli altri e dal beneficio che si può portare a loro. Per esempio il Karmapa, che noi del forum abbiamo incontrato a Nizza e di cui puoi leggere il topic nella sezione Esperienze Personali o in Buddhismo Tibetano, è un Buddha che si manifesta nella forma di un Bodhisattva della decima Bhumi.
     
    .
  7. Sumanah
     
    .

    User deleted


    Ecco cosa ho trovato su QUESTO SITO, molto bello ed utile per chi è interessato non solo allo studio, ma anche alla pratica secondo la tradizione Theravada.

    CITAZIONE
    The attainment of arahantship and Buddha-hood are identical: the attainment of the Deathless (Nibbana) and the complete and irreversible eradication of the defilements, the underlying cause of suffering. It is the Buddha who (re-)discovers the Dhamma on his own; it is the arahant who puts his teachings into practice and follows in his footsteps.

    Here is the Buddha's answer to this very question:

    [The Buddha:] "So what difference, what distinction, what distinguishing factor is there between one rightly self-awakened and a monk discernment-released?"

    [A group of monks:] "For us, lord, the teachings have the Blessed One as their root, their guide, & their arbitrator. It would be good if the Blessed One himself would explicate the meaning of this statement. Having heard it from the Blessed One, the monks will remember it."

    "In that case, monks, listen & pay close attention. I will speak."

    "As you say, lord," the monks responded.

    The Blessed One said, "The Tathagata — the worthy one, the rightly self-awakened one — is the one who gives rise to the path (previously) unarisen, who engenders the path (previously) unengendered, who points out the path (previously) not pointed out. He knows the path, is expert in the path, is adept at the path. And his disciples now keep following the path and afterwards become endowed with the path.

    "This is the difference, this the distinction, this the distinguishing between one rightly self-awakened and a monk discernment-released."

    E nello stesso sito, con riferimento anche ai Paccekabuddha:

    CITAZIONE
    According to Theravada tradition, many Buddhas have come and gone over countless eons. Every once in a great while, after a long period of spiritual darkness blankets the world, an individual is eventually born who, through his own efforts, rediscovers the long-forgotten path to Awakening and liberates himself once and for all from the long round of rebirth, thereby becoming an arahant ("worthy one," one who has fully realized Awakening). If such a being lacks the requisite development of the paramis (perfections of character), he is unable to articulate his discovery to others and is known as a "Silent" or "Private" Buddha (paccekabuddha). If, however, his paramis are fully developed, he is able to deliver his message (sasana) to the world and is called, simply, a Buddha.

    Some of a Buddha's followers may themselves become arahants, but they are not Buddhas, because they required a Buddha to show them the way to Awakening. (All Buddhas and paccekabuddhas are arahants, but not all arahants are Buddhas or paccekabuddhas) No matter how far and wide the sasana spreads, sooner or later it succumbs to the inexorable law of anicca (impermanence), and fades from memory. The world descends again into darkness, and the eons-long cycle repeats.

     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Shankar Kulanath

    Group
    Administrator
    Posts
    15,944
    Location
    Kailash - Famiglia di Shiva e Shakti

    Status
    Anonymous
    Bene, grazie mille. ;)
     
    .
  9. Sumanah
     
    .

    User deleted


    Figurati, grazie a te che mi hai messo la pulce nell'orecchio :)
     
    .
  10. yyogin
     
    .

    User deleted


    auspicious con "Il Dharmakaya non è limitato nè dal samsara nè dal nirvana. Da esso i Buddha emanano infinite forme per il beneficio degli esseri." intendi dire che << volontariamente" i budda si reincarnano da sé in forme umane nei secoli per liberare gli altri esseri senzienti??? ma allora un buddha si autoconcepisce?????????

     
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Shankar Kulanath

    Group
    Administrator
    Posts
    15,944
    Location
    Kailash - Famiglia di Shiva e Shakti

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    intendi dire che << volontariamente" i budda si reincarnano da sé in forme umane nei secoli per liberare gli altri esseri senzienti??? ma allora un buddha si autoconcepisce?????????

    Non necessariamente in forma umane. E comunque non parliamo più di reincarnazione, ma proprio di emanazione (anzi, di emanazioni). L'emanazione è come un'apparizione magica. Non è un'anima o un sè individuale che si reincarna.
     
    .
  12. arya
     
    .

    User deleted


    Vorrei fare una considerazione a proposito del Paccekabuddha.
    A tal proposito,non avendo conoscenza alcuna degli scritti e non avendo praticato con nessun maestro ne' guida,posso solo esprimere un'opinione maturata con l'esperienza personale.
    Ammetto quindo che tale considerazione puo' essere totalmente sbagliata ed in contrasto con gli scritti tradizionali.
    Ho cominciato a meditare all'eta' di 17 anni(oggi ne ho 44) praticando le arti marziali.
    A quell'eta' praticavo Full Contact in una palestra torinese,dove si insegnava anche Karate,Judo e Aikido.
    Il proprietario della palestra era il maestro di Aikido,una cintura nera di terzo grado con titolo di maestro appunto.
    Una sera,vedendo gli esercizi di meditazione e sentendomi affascinato istintivamente dalla cosa,gli chiesi se mi insegnava a meditare.
    Quindi sono partito con il minimo indispensabile,ma da allora ho passato periodi anche molto lunghi in meditazione alla ricerca di un qualcosa che neanche io sapevo ben spiegare a me stesso.
    Quindi,non avendo alcuna cultura letteraria e non avendo mai cercato alcun maestro ,vuoi per diffidenza,vuoi per testardaggine (volevo fare da solo)mi sono non solo inventato metodi personali di meditazione,ma anche oggetti di riflessione tutti miei.
    Certo,col tempo qualche lettura l'ho masticata,ma mi restava sempre il dubbio che fossero esperienze di altri e che non toccassero me personalmente,inconsciamente sapevo che dovevo trovare la mia strada da solo,perche' le esperienze altrui non sarebbero state necessariamente le mie esperienze.
    Ho trovato che meditare sulla logica degli eventi seguendo quella che viene definita "produzione condizionata",cioe' le condizioni di causa ed effetto,mi erano congeniali per le risposte alle mie domande.
    Solo recentemente,essendomi imbattuto in alcuni testi,ho potuto fare dei paragoni tra il metodo da me seguito e quello che veniva indicato nei canoni classici come classificazione della pratica.
    Mi sono riconosciuto a tutti gli effetti come praticante Theravada,avendo molti punti in comune con quelli che vengono definiti pratyekabuddha.
    Posso confermare molte delle definizioni che vengono date a questa figura,salvo che per alcune divergenze di considerazione personale (indi contestabilissime).
    Nei canoni classici,Ii Pratiekabuddha vengono definiti come Buddha solitari o comunque Buddha per se stessi.
    Di solito se ne fa una descrizione tipica di un eremita,cioe' di uno che se ne sta per i fatti suoi in solitudine (a volte in cima ad una montagna)fuggendo dalla societa' e dagli impegni sociali.
    Mi permetto di contestare questa definizione.
    Anzitutto non e' necessario essere un monaco per accedere al sentiero del Pratyekabuddha.
    E' un percorso istintivo che nasce dal profondo della prorpia indole,indi accessibile anche ai laici.
    Non e' detto che si debba per forza essere eremiti,non nego che alcuni nel tempo si siano ritirati in solitudine,ma fondamentalkmente un Pratiekabuddha e' solo perche' e' "solo dentro".
    per parafrasare le parole di San Paolo e' un uomo in questo mondo ma non di questo mondo.
    Indi non e' necessariamente detto che debba isolarsi dal mondo,puo' continuare a vivere benissimo0 come una persona normale,tant'e' che la solitudine se la porta dentro.
    Con cio' non intendo dire che questa sia necassariamente uno stato di sofferenza per il Pratyekabuddha,avendo coscientemente accettato tale stato.
    Il Pratyekabuddha si realizza seguendo la logica pura.
    Posso ammettere che questa definizione corrisponde a verita'.
    La logica e' l'unico strumento che ha a disposizione per far fronte ai suoi interrogativi.
    Il pratyekabuddha non ha la compassione del Bodhisattva.
    Posso confermare anche questa affermazione.
    La logica del Pratyekabuddha non contempla lo sviluppo della compassione,ragion per cui il suo risveglio e' giustamente limitato.
    Il Pratyekabuddha ripudia i simboli,i ritualismi,i dogmi,i maestri.
    Non potendo concepire da solo mezzi abili quali l'estasi mistica e non affidandosi ad alcuna guida,il suo percorso e' il piu' lungo tra tutti i percorsi buddhisti.
    A tal proposito posso fare un esempio per meglio chiarirmi:
    un praticante che si affida ad un maestro,viene guidato praticamente tenuto per mano verso il suo scopo.
    Ammettiamo che il nostro obiettivo sia quello di partire da Milano per recarci a Roma.
    Chi si affida ad un maestro percorre una strada in compagnia,con chi lo corregge e lo dirige nella giusta direzione.
    A volte si trova un maestro che puo' mettere a disposizione dellìallievo anche un mezzo di trasporto,tipo un amacchina o un aereo,indi a seconda del maestro l'allievo potra' piu' o meno velocemente raggiungere Roma.
    Diciamo che si viene incamminati da subito nella giusta direzione.
    Per un Pratyekabuddha la cosa differisce di non poco.
    Parte da Milano anche lui come tutti gli altri,nelle medesime condizioni di principiante.
    Ma,non sa da che parte deve andare.
    Ha solo sentito parlare vagamente o crede che esista un posto chiamato Roma.
    Indi si mette in cammino da solo verso una direzione sconosciuta.
    magari chiede qualche indicazione strada facendo,ma e' molto facile che sbagli completamente direzione.
    Puo' capitare che invcece di arrivare a Roma,si trovi magari a venezia.
    Fallimeto in pieno.
    Forse,ma in genere il pratyekabuddha non demorde (la testardaggine e' una sua peculiarita').
    Indi si rimette in cammino cercando un po' chiedendo,un po' a tentoni di raggiungere la mitica Roma.
    Cio' che comunque il Pratyekabuddha ha realizzato,pur avendo sbagliato strada,e' una notevole dose di esperienza personale,soprattutto nei confronti di quelli che a Roma ci sono arrivati con l'ausilio degli abili mezzi messi a disposizione dai maestri.
    Se uno a roma ci va in macchina,sara' molto difficile che abbia fatto caso a tutti i dettagli del suo percorso.
    Si',magari strada facendo avra' fatto qualche sosta,ma comunque ha un aconoscenza relativamenbte veloce del percorso.
    Chi la fa in aereo poi,ha una visione complessiva molto fugace del percorso.
    Un Pratyekabuddha se la fa a piedi.
    E se la fa a piedi sbagliando spesso strada.
    ma ha la possibilita' di notare dettagli che sfuggono agli altri praticanti.
    Puo' notare i fili d'erba al ciglio della strada,puo' lamentarsi del male ai piedi,puo' notare meglio il colore dei fiori o la forma delle piante o delle case.
    matura in ogni caso una diversa conoscenza e un diverso punto di vista rispetto agli altri praticantri e sicuramente un'esperienza molto piu' vasta dei dettagli e dell'arte di arrangiarsi da soli.
    Indi,essendo arrivato da solo da qualche parte,se non a Roma,il pratyekabuddha e' incline a credere che come lui riesce a camminare da solo,anche gli altri possano riuscire a fare altrettanto.
    Indi non permette a nessuno di accompagnarlo nel suo cammino,anche perche' e' sempre nel dubbio di stare sbagliando strada,si limita al masimo ad indicare con la mano una vaga direzione da seguire a chi nel suo cammino gliene faccia richiesta.
    E fin qui comunque i testi hanno ragione in pieno.
    Indi di fatto il Pratyekabuddha e' il meno assoggettabile agli standard delle definizioni canoniche,in quanto ognuno segue un suo personale percorso solitario.Un Pratyekabuddha in ogni caso non si dichiara mai tale,perche' probabilmente non sa neanche di esserlo.
    E' molto piu' facile che questo titolo gli venga appioppato da qualcun'altro molto piu' ferrato nella conoscenza delle pratiche canoniche e dei testi classici.
    Comunque,tenta e ritenta capita che questi vagabondi riescano comunque a raggiungere da soli la meta.
    Indi di fatto si sono realizzati,ma non hanno la capacita' di portare alcun altro con se.
    Altra conferma alle definizioni classiche.
    Non e' data facolta al Pratyekabuddha di insegnare con le parole,ma solo col gesto o con l'esempio.
    I testi dicono che comunque il Pratyekabuddha puo' raggiungere un particolare stato di Nirvana chiamato Niroda (cessazione),quindi lo stato di Arhat puro.da questo stato egli puo' essere risvegliato per l'intervento miracoloso del Buddha Amitaba,che insegnandogli il Dharma supremo di persona,lo conduce allo stato di perfettamente rivegliato.
    Di sicuro non posswo confermare cio' per assoluto,ma la logica suggerisce che questa condizione corrisponda a verita'.
    Di fatto comunque il livello di risveglio e' superiore a quello di chiunque altro praticante,superiore anche a quello di molti Bodhisattvas,in quanto e' secondo solo a quello dei Buddha pienamente risvegliati.
    Solo alla presenza fisica di un Buddha pienamente risvegliato,il Pratyekabuddha riconosce il proprio maestro e di conseguenza cessa di essere tale.
    Indi solo alla presenza di maitreya un Pratyekabuddha smette di essere quello che e' stato fino a quel momento ed accetta di essere condotto verso il risveglio.
    tutti gli altri,maestri ,lama,sravaka,sette e confessioni verie o quant'altro non hanno alcun senso per il Pratyekabuddha.
    Egli continua per la sua strada da solo fino al niroda o fino all'incontro personale con un Buddha .

    Sono sicuro di essere stato lacunoso ed eccessivamente semplicistico nella mia descrizione e che comunque molte affermazioni sono contestabili,ma e' molto difficile per me trascrivere le sensazioni in parole.
    Tutto cio' e' frutto solo delle mie considerazioni, comparate con le poche definizioni che conosco in materia.
    Potrei fare molti altri esempi ma temo che finirebbero solo per confondere le idee a chi leggesse,non potendo esprimerle in maniera totalmente comprensibile.

    Auguro a tutti ogni bene e felicita'.
     
    .
  13. Mario Zero
     
    .

    User deleted


    Davvero molto interessante ed istruttiva questa discussione, l'ho letta con grande piacere! :)
     
    .
12 replies since 11/8/2008, 12:02   1585 views
  Share  
.