L'auge repentina del M5S... (varie ed eventuali su geopolitica, etnos, eredità ancestrale)

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    Sull'onda del precedente articolo di Calabrese, un libro di Silvano Lorenzoni: La figura mostruosa di Cristo e la convergenza dei monoteismi. Sono tesi conosciute ma sempre sorprendenti se teniamo conto dell'ambiente da cui provengono, un ambiente politico-ideologico dove troviamo i cattolici tradizionalisti e i pagani alla Calabrese/Lorenzoni :D. L'unico elemento sintonico è l'anti giudaismo/sionismo (anche se abbiamo visto in altri post come, oggi, oltre al supporto storico dei cristiano-sionisti, gli estremisti di destra alla F. Freda vedano Israele come un elemento fondamentale nella difesa della fortezza occidentale: www.fascinazione.info/2018/11/freda...-strizzata.html). Una meravigliosa marmellata :lol:
    Ma veniamo al libro:

    << … La figura mostruosa di Cristo è in sostanza la prosecuzione e l’approfondimento del discorso iniziato con Origini del monoteismo e sue conseguenze in Europa. … tutta la letteratura anticlericale ha accusato la Chiesa di aver frainteso, travisato, alterato il “messaggio cristiano” che nella sua “purezza originaria” sarebbe invece quanto di più sublime l’uomo possa mai concepire. …
    Bisogna invece riconoscere la natura patologica del cristianesimo fin dal suo nucleo originario, fin dalla figura per l’appunto “mostruosa” del suo presunto fondatore.
    Lorenzoni non dà particolare rilievo alla figura “storica” di Gesù Cristo. … ciò che è davvero rilevante è il feticcio che è stato costruito attorno a questo personaggio.
    Figura mostruosa quella di Cristo, lo è dal punto di vista iconografico: il crocifisso, un inquietante simbolo di dolore e morte proposto o piuttosto imposto come simbolo di una religione “di salvezza”, ma lo è soprattutto dal punto di vista storico se consideriamo le devastanti conseguenze che il cristianesimo ha avuto sull’Europa e sul nostro intero pianeta.
    ... il cristianesimo non solo deriva dall’ebraismo, ma si può considerare una propaggine dello stesso, con alcuni aggiustamenti per renderlo più accettabile a genti di matrice etnica e culturale europide, così come l’islam, che è invece adattato alla psicologia di genti arabo-negroidi, e non ha mai veramente rotto il cordone ombelicale con la religione-madre, non fosse altro perché il suo venerato “libro sacro”, la bibbia, è stato scritto in un ambiente ebraico ed è portatore di una mentalità ebraica che fatalmente si estende a coloro che lo venerano e lo studiano come “la parola di Dio”. C’è di più, perché il cristianesimo, nato come grimaldello ebraico per far saltare le strutture religiose, culturali e politiche dell’antichità romana – e Roma era svisceratamente odiata dagli antichi Ebrei – è tornato a essere tale a partire dalla Riforma protestante, perché la bibliolatria trapassa in modo affatto naturale in giudeolatria come ben si vede nel protestantesimo soprattutto calvinista-anglosassone. … >>

    Dai commenti:
    << … “San” Paolo è stato davvero un cristiano con le pa**e; è stato il vero fondatore del cristianesimo come lo conosciamo, quello che ha imposto l’apertura ai gentili in polemica con il gruppo di Gerusalemme, cioè i diretti eredi della dottrina di Cristo, quindi la sua trasformazione da eresia ebraica in religione universale, ma se siamo consapevoli di questo, non possiamo sfuggire all’ovvia conclusione che Cristo non era venuto, come dichiarò lui stesso “che per le pecore perdute della casa d’Israele”, il che lo rende francamente inverosimile come redentore universale. >>

    www.ereticamente.net/2011/11/silva...monoteismi.html


    In sintesi il Lorenzoni pensiero. Da un'intervista:

    << (D) È conciliabile per un cristiano – che creda nel cosmopolitismo, universalismo, internazionalismo – aderire all’etnonazionalismo, quando per dogma il cristianesimo rifiuta l’ethnos?
    (R) A parere mio no – anche a prescindere dal fatto che ormai il ‘cristianesimo’ si è diversificato in un numero stragrande di varietà, capaci a seconda dei casi di accomodarsi a qualsiasi situazione. Vale la pena, in questa sede, di riportare quanto Theodor Fritsch aveva da dire a proposito dei ‘cristiani antiebrei’: “Gli antiebrei cristiani sono come quegli aborigeni che credono di essersi ‘sbiancati’ quando si mettono addosso qualche straccio di vestiario europeo: essi rimangono di colore ma hanno rinunciato alla propria identità. L’antisemitismo cristiano, in qualsiasi sua forma, non può se non fare ridere”.
    (D) Lei ha girato il mondo. Con l’attuale planetaria invasione allogena, possiamo affermare che il paganesimo indoeuropeo è la risorsa vincente per la Fortezza Europa? Per i pagani indoeuropei dell’induismo siamo alla fine del ciclo cosmico …
    (R) È mia opinione che il paganesimo indoeuropeo (e anche non indoeuropeo) è il contrario del monoteismo, quindi dell’ebraismo e dei suoi derivati – se la policromia pagana è praticamente infinita, il monoteismo è unico. Il paganesimo indoeuropeo potrebbe costituire la radice religiosa di una futura Europa, ma credo non sia il caso di illudersi che il paganesimo possa essere adesso come adesso la forza formante della nuova Europa: esso risorgerà nel modo più naturale dopo che l’Europa/la razza bianca abbiano rifiutato ebraismo e modernità ebraica. Che noi adesso siamo alla fine di un ciclo storico-cosmologico, come affermano tutte le tradizioni indoeuropee e anche di tutti i popoli civili anche non indoeuropei (per tutti i popoli superiori la storia acquisisce caratteri ciclici), sembrerebbe ovvio. Ma la fine del ciclo non è la fine della storia (della fine della storia parlano soltanto i monoteisti) ma l’inizio di una nuova umanità e quindi di una nuova storia. >>

    www.ereticamente.net/2011/11/ereti...-lorenzoni.html
     
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    Comunismo e immortalità





    Su Andrea Debetti, il narratore baffo a manubrio:
    www.macrolibrarsi.it/autori/_andrea-bedetti.php
     
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    Shambala rossa. Magia, profezia e geopolitica nel cuore dell'Asia

    https://libreriadistoria.it/prodotto/shambhala-rossa/


    Un articolo in tre parti che prende spunto dal titolo del libro indicato sopra:

    - https://www.mirabiletibet.com/storia/la-le...sgambala-rossa/
    - https://www.mirabiletibet.com/storia/buddh...-seconda-parte/
    - https://www.mirabiletibet.com/storia/buddi...sa-terza-parte/
     
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    Uno dei personaggi di cui si narra in Shambala rossa è Gleb Ivanovic Bokij (1879–1937) arrestato e condannato a morte nel periodo delle "grandi purghe" (la vasta repressione avvenuta in URSS nella seconda metà degli anni trenta, voluta e diretta da Stalin per eliminare i presunti cospiratori). Andrei Znamenski, l'autore del libro, scrive che Bokij e Barchenko sperimentarono tecniche spirituali buddiste tentando di trovare una chiave ingegneristica per dar forma a perfetti esseri umani comunisti! :woot: Alcuni accenni alla biografia di Bokij danno l'idea di quel mondo e di quelle ricerche:

    _______

    Crittografo e dirigente della polizia segreta bolscevica, aveva un interesse per l’occulto. [...] venne assunto nella P-Ceka [polizia segreta] dopo la morte di Uritskij, e condusse la scena quando Aleksandr Barchenko venne reclutato alla fine del 1918. Tuttavia, i due poi giurarono di non essersi mai incontrati prima dei primi anni ’20. Bokij avrebbe confessato che per lui la rivoluzione era morta con Lenin, nei primi mesi del 1924. La disillusione crescente lo portò ad opporsi a Stalin e a sostenere i piani di Barchenko. (26)
    Nel 1924, Bokij dirigeva lo Spetsotdel, o “servizio speciale”, controllato dell’OGPU (come venne rinominata la Ceka). Questo ufficio gestiva i codici e comprendeva una unità d’élite, la Sezione 7, che approfondiva le questioni paranormali, dall’ipnotismo all'ESP, ecc. (27) Lo Spetsotdel custodiva anche i cosiddetti “dossier neri”, i fascicoli personali dei dirigenti sovietici, comprese le trappole sessuali e, senza dubbio, qualsiasi associazione con l’occultismo. (28) Oltre alla curiosità personale, Bokij ebbe un incentivo pratico nel portare avanti la ricerca paranormale. La comunicazione telepatica offriva un mezzo perfetto per inviare e ricevere messaggi dagli agenti all’estero. Allo stesso modo, ciò che noi oggi chiamiamo Remote Viewing, offriva la possibilità di spiare il nemico imperialista senza lasciare Mosca. Trovando i segreti dell’ipnotismo e del controllo mentale, si avrebbero avuto potenziali applicazioni nella propaganda. Per esplorare tali questioni, Bokij mise Barchenko a capo di uno speciale laboratorio “neuroenergetica” nell’ambito dell’Istituto di Medicina Sperimentale Pan-sovietico. (29) Tuttavia, l’obiettivo primario di Barchenko e dell’ETB era stabilire un contatto diretto con Shambhala. A tal fine, sfruttò l’aiuto di Bokij e fece causa comune con altri gruppi esoterici, in particolare con la “Grande fratellanza dell’Asia.” Era connivente con almeno due membri della confraternita, un lama tibetano, Naga Naven, che sosteneva di essere un rappresentante diretto di Shambhala, e un funzionario della Mongolia, Khayan Khirva, futuro capo della polizia segreta della Mongolia. (30) In quel ruolo, Khirva avrebbe lavorato fianco a fianco con Jakov Blumkin.
    Nella primavera del 1925, grazie all’accesso di Bokij ai fondi segreti, la spedizione per Shambhala sembrava pronta a partire. Bokij scelse Blumkin come capo dei servizi segreti nella spedizione. (31) Ma il piano incontrò un’opposizione. Delle voci dipinsero Bokij come un pericoloso degenerato che beveva sangue umano. (32) Un grande avversario era Mikhail Trilisser, capo del braccio dell’intelligence estera della OGPU (INO). Naturalmente sapeva che qualsiasi attività esterna all’Unione Sovietica ricadeva nel suo campo. Nell’estate, la spedizione di Barchenko per Shambhala era finita. O no?
    Nel settembre 1925, un umile pellegrino musulmano attraversò il Pamir, passando nel Kashmir controllato dai britannici. In effetti, il pellegrino era Jakov Blumkin in viaggio per l’ancora più remota Ladakh, dove doveva incontrarsi con la spedizione guidata da Nicholas Roerich. Scopo di Roerich era entrare in Tibet e contattare Shambhala. Tuttavia, subito dopo aver attraversato la frontiera, la polizia tribale sequestrò Blumkin. A quanto pare, qualcuno aveva avvertito gli inglesi. Il furbo cekista presto si sottrasse ai suoi rapitori assumendo la nuova veste di lama mongolo, e si diresse verso Roerich. In ogni caso, questo è ciò che Blumkin in seguito ha raccontato della storia. Ci potrebbe essere un’altra spiegazione. L’arresto e la breve fuga fortuita avrebbero anche dato a Blumkin una comoda copertura per contattare l’intelligence britannica [...]


    https://lospecchiodelpensiero.wordpress.co...-asia-centrale/

    Edited by Epi - 15/9/2019, 14:18
     
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    CITAZIONE (Third Impact @ 5/9/2019, 19:51) 
    D'altronde, pare che i moti antipitagorici fossero dovuti proprio al rifiuto (da parte pitagorica) di distribuire le terre. Ma sul senso della numerologia pitagorica si apre un mondo...

    Certo, perché questi sono i paradossi che spesso ci presenta la storia; gli stessi trotzkisti - accesi accusatori del cosiddetto “burocratismo” - furono nella prassi il partito della burocrazia. :D

    In ogni caso la numerogia pitagorica ha una gran quantità di contenuti macrocosmici a giustificazione dei suoi contenuti microcosmico/sociali/politici.
     
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    CITAZIONE (Adelghi @ 16/9/2019, 12:51) 

    Il partito nazional-socialista :D di Fusaro? Per quanto voglia diversificarsi, quella fetta di mercato è già occupata dal Salmeloni :rolleyes: con il camaleontico M5S pronto a cambiar pelle a seconda di come tira il vento delle possibili alleanze.

    Comunque, in giornata, il bouquet dell'offerta politica si è arricchito con il partito del Bomba :lol:
    https://tg24.sky.it/politica/2019/09/16/re...issione-pd.html
     
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    Tralasciando l'italico teatro, torniamo tra le lande del Re del Mondo… :rolleyes:

    Dalle terre mongole

    Oltre a von Ungern che già conosciamo, qualche notizia sui buddhisti Dja Lama e Bodgo Khan.

    Tratto da Ri-legature buddhiste (Edizioni Univ. Romane, 2010, pp. 320-326) di Riccardo Venturini (www.blogger.com/profile/03426626372530449521).
    ________

    << […] Uno dei personaggi di rilievo era il barone e generale dell'armata zarista Roman Ungern von Sternberg, custode della tradizione, nemico spietato della sovversione e, per ciò stesso, della rivoluzione russa. Inseritosi nei disordini controrivoluzionari in Siberia e in Asia centrale, egli svolse un'azione decisiva per impedire che la Mongolia esterna facesse la stessa fine di quella interna. Sentendosi una sorta di reincarnazione di Gengis Khan, egli sperava di guidare un movimento nazionalista panmongolo alla liberazione e alla unificazione di tutti i territori abitati dai mongoli, per organizzare poi una sorta di crociata antibolscevica, volta alla liberazione della Russia e all'affermazione dei valori della "tradizione". Costretto a ritirarsi di fronte ai rossi, passò in Mongolia, ove, a capo di un'armata di russi bianchi e di elementi locali, conquistò la capitale Urga, liberò il Bodgo Khan, tenuto agli "arresti domiciliari" dai cinesi, e ne restaurò il potere.
    Ossendowski, conquistatane la fiducia, ricevette da Ungern un aiuto determinante per poter raggiungere Pechino e tornare in patria. Raccogliendone confidenze e propositi, egli ci ha così reso possibile conoscere alcuni aspetti inediti del buddhismo vissuto nell'Asia centrale in quegli anni. Ungern, nel racconto che fa a O., dichiara infatti di avere conosciuto e abbracciato il buddhismo («mio nonno ci fece conoscere il buddhismo di ritorno dall'India e mio padre e io ne facemmo la nostra religione»), praticandolo in modo a dir poco originale:

    Ho consacrato la mia vita alla guerra e allo studio del buddhismo [... e] in Transbaikalia ho cercato di istituire l'Ordine militare buddhista per combattere implacabilmente la depravazione rivoluzionaria. [...] Stabilii l'obbligo del celibato, la rinuncia assoluta alla donna, alle comodità della vita, al superfluo, secondo gli insegnamenti della Fede Gialla; e affinché la Russia potesse col tempo dimenticare o domare i suoi istinti, introdussi un uso illimitato di alcool, hashish ed oppio. Adesso, come sapete, non esito ad impiccare ufficiali e soldati che abusano di alcool; ma allora bevevamo fino alla "febbre bianca", il delirium tremens. Mi fu impossibile organizzare un simile Ordine, ma raccolsi intorno a me trecento uomini che ero riuscito a rendere di un'audacia prodigiosa e d'una ferocia senza pari. Poi si comportarono da eroi durante la guerra con la Germania e successivamente nella lotta con i bolschevichi, ma ormai ne sono rimasti ben pochi ("Bestie, uomini, dei" - pp. 184, 188).

    [...] Benché avesse dotato Urga di una rete di illuminazione, del telefono e di una stazione telegrafica, un servizio di autobus, creato ospedali, aperto scuole e protetto il commercio, il regime di terrore da lui imposto, e che gli valse il soprannome di "barone sanguinario", finì per alienargli le simpatie del popolo, per cui fu presto sconfitto (1921) da forze congiunte di russi sovietici e di rivoluzionari mongoli, e (come alcune "profezie" gli avevano preannunciato) ucciso, a Novonikolaevsk (Novosibirsk). […]

    Non meno interessante, per capire il mondo culturale e religioso del periodo, è un'altra singolare e misteriosa figura che giocò un importante ruolo, nella storia della autonomia della Mongolia degli anni 1911-19: quella del cosiddetto "lama vendicatore" Luvsan Dambidjantsan o Dja Lama. Il "lama vendicatore" comparve a O. indossando un banale cappotto di montone e un berretto con paraorecchi di pelle di daino e, appeso alla cintura, un grande pugnale; ma il banale soprabito celava una

    meravigliosa tunica di seta, gialla come oro zecchino e stretta in vita da una fascia d'un blu brillante. Il suo volto accuratamente rasato, i capelli corti, il rosario di corallo rosso nella mano sinistra e la sua veste gialla, dimostravano chiaramente che eravamo al cospetto di un lama di "alto rango" con una Colt infilata nella fascia blu (p. 99).
    Il Dja Lama era un calmucco russo [cioè appartenente al gruppo mongolo migrato verso occidente e stabilitosi negli Urali e sulle rive del Volga], che a causa della sua attività a favore dell'indipendenza del popolo calmucco, aveva conosciuto molte prigioni russe sotto lo zar e, per la stessa ragione, era stato incluso nel libro nero dei bolscevichi. Era fuggito in Mongolia e presto s'era conquistato una posizione di grande influenza tra i mongoli. Non c'era di che meravigliarsi, perché era amico intimo e pupillo del Dalai Lama che viveva nel suo palazzo di Lhasa, il Potala, era il più dotto dei lamaisti, un vero sapiente, e un famoso dottore e taumaturgo. [...] Il suo potere era irresistibile, basato su una scienza misteriosa e segreta [... e] in gran parte sul terrore che ispirava ai mongoli. Chiunque disobbediva ai suoi ordini periva. Il malcapitato non sapeva mai il giorno o l'ora in cui, nella sua yurta o mentre galoppava nelle pianure, sarebbe apparso il potente e misterioso amico del Dalai Lama. Una coltellata, una pallottola o dita d'acciaio che gli stingevano il collo in una morsa facevano giustizia secondo i piani di quell'operatore di miracoli (p. 100 s.).


    Con qualche sconcerto, O. assistette a una sorta di seduta di ipnosi da spettacolo in cui il lama, per pura dimostrazione dei suoi "poteri", piantò un coltello nel petto di un malcapitato pastore, il quale stramazzò a terra coperto di sangue, mentre nel torace aperto si potevano osservare i polmoni che respiravano e il cuore che palpitava. Dopo di ché tutto tornò in ordine, col pastore che dormiva tranquillamente e il lama che «seduto immobile davanti al braciere, fumava la pipa e fissava le braci immerso in profondi pensieri» (p. 102). O. offre la sua modesta interpretazione "razionale" in termini di suggestione, ma non sarebbe stato quello il solo dei fenomeni "paranormali" che lo avrebbero coinvolto nel suo errare in quella terra ricca di "bestie, uomini e dei".
    Il Dja Lama viene descritto circondato da timore e profonda venerazione, capace di legare a sé ricchi e poveri con i suoi miracoli e profezie. Per questo, la leggenda voleva che egli fosse stato capace, al tempo dell'insurrezione (1911-12), di guidare alla vittoria i mongoli male armati e male organizzati, facendo visualizzare loro uno stato di eterna beatitudine dopo la morte. Nel corso di una furiosa battaglia essi morirono sì a centinaia, ma annientarono e uccisero tutti i cinesi, mettendo così fine alla loro dominazione e liberando anche il Bodgo Khan, il quale dette al Dja Lama il titolo di "Principe della religione". Il "paradiso" mongolo-buddhista presentato dal lama vendicatore, coerente con le sue affermazioni sui "poteri", ci offre materiale di riflessione sulla inculturazione del buddhismo in Paesi in cui lo sciamanismo restava (e forse resta tuttora) una presenza viva e significativa. Secondo le parole del "lama vendicatore",

    Voi europei non volete ammettere che noi nomadi ignoranti possediamo i poteri della scienza del mistero. Se solo poteste vedere i miracoli e il potere del Santissimo Tashi Lama, allorché al suo comando lampade e candele davanti all'antica statua del Buddha si accendono da sole e le icone degli dei cominciano a parlare e profetizzare! (p. 102).

    Nonostante queste sue convinzioni e i suoi poteri fuori del comune, il Lama si stava avviando a una infausta fine. La storica russa Inessa Lomakina, quasi a protestare contro la pressoché totale cancellazione del nome del Dja Lama dalla storia mongola, ha recentemente (1995) pubblicato un volume sul personaggio, fornendo molte notizie su di lui e, in particolare, sul compimento del suo tragico destino. Inviso ai russi, che malvedevano l'apparizione di questo eroe nazionale, egli fu arrestato e inviato ad Astrakhan, da dove riuscì tuttavia a fuggire e a tornare di nuovo in Mongolia, forse sperando di riappropriarsi delle terre e dei titoli di cui era stato privato. Ma, ormai superato dagli eventi, egli fu presto costretto a ritirarsi in una sorta di fortezza nel deserto di Gobi, ove gli agenti comunisti gli tesero un tranello, riuscendo ad assassinarlo nel 1922-23. La sua testa, mummificata, in cima a una picca fu esibita in giro per la Mongolia, per convincere tutti che il leggendario e invincibile lama era stato finalmente sconfitto e ucciso. […]

    L'ultimo dei grandi personaggi incontrati da O. su cui vorrei ora soffermarmi, fu l'ottavo Bogdo Khan, la personalità guida del buddhismo mongolo, nel periodo che stiamo considerando.
    I rapporti tra i buddhisti tibetani e mongoli sono stati, come è noto, assai stretti nel corso del tempo e il sistema del riconoscimento delle reincarnazioni ha portato a reciproci accreditamenti e scambi tra i leader religiosi delle due etnie. Il titolo stesso di Dalai (cioè "Oceano", in mongolo: Ta-le) Lama, va ricordato, fu dato a Sonam Gyatso (1543-1588), leader dell'ordine Gelukpa, dal mongolo Altan Khan, discendente di Gengis Khan. […]
    La vita dell'VIII Bodgo Khan non fu quella che si può dire una vita tranquilla. Egli era tibetano, proveniente

    da una famiglia povera dei dintorni di Sakkia Kure, nel Tibet occidentale. Sin dalla prima giovinezza palesò una natura tempestosa e poco equilibrata. Era infiammato dall'idea dell'indipendenza mongola e ardeva dal desiderio di rendere nuovamente gloriosi i discendenti di Gengis Khan. Ciò gli guadagnò grande influenza sui lama, i principi e i Khan della Mongolia, e destò anche l'interesse del governo russo che cercò sempre di averlo dalla sua parte (p. 220).

    Secondo le testimonianze e le confidenze raccolte da O., la politica autonomistica del Bodgo Khan gli valse l'ostilità non solo dei cinesi, ma anche del Dalai Lama: nell'uno e nell'altro caso ci sarebbero stati complotti e tentativi di avvelenamento, risoltisi invece, grazie a un'attenta e sempre attiva vigilanza della corte, con la morte degli attentatori. Il Bodgo Khan, scrive O.,

    viene immediatamente a conoscenza anche della più insignificante cospirazione ordita ai suoi danni e di solito la persona che l'ha in tal modo offeso viene amabilmente invitata ad Urga, da cui non riparte più viva (p. 221).

    Questo era dunque, al tempo della permanenza di O., il "Buddha vivente", che viveva nel suo palazzo di Urga (il cosiddetto "Palazzo d'inverno del Bodgo Khan"), attorniato da 60.000 monaci, di ogni età e di ogni rango, e da «folle di taumaturghi minori, profeti, stregoni e medici miracolosi» (p. 179). Grande visionario e nazionalista, ma personalità discutibile (secondo O. era divenuto padre con l'intento di assicurare un discendente al sacro trono di Gengis Khan; dedito al sesso e all'alcool, al pari di «sua moglie che beveva come lui e riceveva in sua vece numerose delegazioni e inviati speciali», p. 199); reso quasi cieco dall'alcool o dalla sifilide; responsabile "a detta di O." della eliminazione dei lama che, alla fine, avevano progettato di avvelenarlo per insediare al suo posto un altro Buddha incarnato. Pur nella difficoltà di procedere a serie verifiche storiche di queste affermazioni, i resoconti di O. ci offrono l'occasione di riflettere sul sistema del "riconoscimento" e della successione dei reincarnati/Buddha viventi, nonché sugli intrighi delle corti teocratiche, sia per quanto riguarda la Mongolia sia per il Tibet, e la stessa sequenza dei Dalai Lama tibetani (ricordando le vicende del VI, «poeta e libertino», come scrive S. Batchelor, e quelle dei successivi IX, X, XI, XII, tutti morti bambini o adolescenti, probabilmente avvelenati).
    Sul sottofondo sciamanico sul quale si è venuto costruendo l'impianto culturale buddhista si colloca il fenomeno della divinazione e degli oracoli, presente ancora oggi nel buddhismo dell'Asia centrale, fenomeno poco noto in Occidente, nonostante la diaspora tibetana. O. ci dà informazioni di prima mano di varie divinazioni e delle capacità oracolari e delle "trance" dello stesso Bogdo Khan. [...] racconta di una "seduta" (del 17 maggio 1921) nella quale il Bodgo Khan, dopo essere uscito dal suo "santuario privato", riferì della sua enigmatica "visione" affidandola solennemente all'interpretazioni dei suoi, con queste parole:

    Io, Bodgo Utuktu Khan, questo ho visto parlando con il grande e saggio Buddha, circondato dai dèmoni buoni e da quelli maligni! Saggi Lama, Hutuktu, Kampo [abate o laico di alto rango religioso], Maramba [dottori in "teologia"], e Santi Gheghen [giusto, santo], date il vostro responso sulla mia visione (p. 223).

    [...] forme di spiritualità che non possono non apparire "arcaiche" rispetto all'insegnamento del Buddha e alla pratica della focalizzazione sul vissuto presente, senza fughe nel passato o nel futuro.

    Ancor più stupefacenti sono le connessioni che O. ci rivela tra questi modi di inculturazione del buddhismo in Mongolia e la tradizione di un misterioso centro iniziatico situato in un Regno sotterraneo (posto nell'Asia centrale, in Tibet, in Mongolia, nel deserto di Gobi?), sviluppantesi attraverso una rete planetaria di gallerie e a capo del quale è collocato il cosiddetto Re del mondo. In risposta alle richieste di informazioni, Gelong Lama diceva a O.:

    Più di sessantamila anni fa un santo scomparve nel sottosuolo con un'intera tribù e non riapparvero mai sulla faccia della Terra. Tuttavia, da allora, molte persone hanno visitato quel regno: Sakiamuni, Undur Gheghen, Khan Baber e altri ancora. Nessuno sa dove si trovi questo luogo. Alcuni dicono in Afghanistan, altri in India. Tutti coloro che vivono nel regno sotterraneo sono salvi dal Male ed entro i suoi confini il crimine non alligna. La scienza ha potuto svilupparsi pacificamente e non esiste minaccia di distruzione. Il popolo sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande regno popolato da milioni di uomini e il Re del mondo è il loro sovrano. Egli conosce tutte le forze della natura, legge in tutte le anime umane e nel grande libro del loro destino. [...] (p. 228).

    Il lama bibliotecario del Bogdo Khan precisava poi che il Re del mondo è colui che sta al cospetto di Dio, ne vede il volto e, quando i tempi saranno maturi, si paleserà a tutti per guidare i buoni contro i cattivi; ma questo tempo non è ancora giunto perché il più malvagio degli umani non è ancora nato. Eccoci dunque in presenza di un vero racconto escatologico, in cui trova posto anche la figura di un qualche misterioso "anticristo" (buddhista?). […]

    Alla morte del Bogdo Khan Zavzandamba (1924), fu però proclamata la Repubblica popolare mongola e il Partito del popolo divenne il Partito popolare rivoluzionario mongolo. Il nuovo potere vietò che si procedesse al riconoscimento di nuovi reincarnati e la Mongolia divenne il primo Paese, dopo la Unione sovietica, in cui fu instaurato un regime comunista. Si avviò così la triste sequenza di totalitarismo, collettivizzazioni, carestie e persecuzioni, purghe degli stessi capi rivoluzionari: si calcola che sotto il regime sia stato eliminato il 3% della popolazione, tra cui varie decine di migliaia di monaci (20.000 assassinati e molte altre migliaia imprigionati o inviati in campi di lavoro da cui non fecero più ritorno): il ritrovamento di fosse comuni ha purtroppo confermato quello che era già conosciuto o sospettato. Ad es., in una fossa scoperta a Mörön, vicina al confine con l'ex-URSS, sono stati ritrovati i resti di circa 5.000 monaci e, in una intervista (della BBC) al capo della squadra di sterminio dell'epoca, questo ha raccontato: «Li facevo ammucchiare su un camion e li facevo stendere, mentre venivano passati per le armi. Non c'era giustizia in Mongolia allora: la maggioranza di quelli giustiziati non aveva commesso alcun crimine». Tutto ciò ha fatto sì che in pochi decenni il buddhismo fosse quasi completamente sradicato. Se Damdiny Sukhebatar (1893-1923, liberatore della capitale Urga, che in suo onore fu chiamata Ulaan Baatar o Ulan Bator, cioè "eroe rosso"), era detto il "Lenin mongolo", dopo la sua morte (prematura, forse per veleno dei controrivoluzionari), il suo successore come segretario del Partito, Tseren-Ochiryn Dambadorj, fu esiliato a Mosca e, nel 1928, su pressione sovietica la leadership passò a Khorloghin Choibalsan (1873-1952), considerato lo "Stalin mongolo". Muovendosi nell'orbita sovietica, la Mongolia fu certamente protetta da una possibile invasione giapponese nel 1941, e nel dopoguerra ha dovuto faticare per vedere riconosciuta la sua indipendenza, che fu poi internazionalmente sancita dall'ammissione alle Nazioni Unite nel 1961. Sovietizzata pesantemente sul piano politico, militare, economico e culturale, con la caduta dell'impero sovietico la Mongolia ha cominciato un lento processo di democratizzazione e liberalizzazione. [...] Dopo gli anni della repressione è cominciata anche una nuova fioritura della vita religiosa, che ha visto la riapertura e la ricostruzione di monasteri e centri religiosi. Se confrontiamo i dati del 1921 (100.000 lama e 700 monasteri) con quelli attuali, le differenze sono davvero sconcertanti (1000 lama e 90 templi e monasteri, alcuni consistenti semplicemente in una yurta). [...] >>

    https://culturabuddhista.weebly.com/storia...ssendowski.html
    ________

    Aggiungiamo un tassello geo-genetico (?)
    https://m.phys.org/news/2019-08-humans-mig..._zrxBz8cLd6Lw2E

    Un tassello sulle origini boreali? La civiltà artica che si espande 45mila (circa) anni fa verso sud magari secondo il modello "Out of Beringia" o comunque in zona artica. C'è chi sostiene che il breve riscaldamento di 45 mila anni fa potrebbe aver coinciso con un raffreddamento delle zone più a nord e costretto i sapiens a disperdersi.

    Edited by Epi - 21/9/2019, 15:39
     
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    https://m.youtube.com/watch?v=DDH9N_2N8pQ

    C è anche la seconda parte
    https://m.youtube.com/watch?v=ry5wbrCeG3M&t=28s
     
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    CITAZIONE (Cane Randagio @ 18/10/2019, 09:08) 

    Massì qualche informazioncella che stuzzica la pruderie politico-complottistica la si trova in queste ricostruzioni ma sono personaggi che come impressione istantanea (non ho letto i libri di Zagami) trovo abbastanza fastidiosi.
    Che poi a Lyon piaccia farsi pubblicità e ami l'abbondanza nel curare il suo pedigree, è comprensibile :rolleyes:
    www.associazioneoperativaet.it/coll...yon-zagami.html

    Comunque, che intorno al M5S ruotasse o che tale movimento incuriosisse una parte (più o meno limitata) del mondo esoterico nostrano, l'abbiamo più volte sottolineato e in questa discussione sono chiari gli interventi di Gregorio Maria Pagano (che salutiamo, immaginando la sua mestizia per le inaspettate e sorprendenti alleanze pentastellate :D).
     
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    Un'intervista al sempre pirotecnico Luca Leonello Rimbotti.

    http://www.labouratorio.it/2008/06/18/labo...nello-rimbotti/
     
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    L'estetica dell'invisibile. Il pensiero eurasiatico di Pavel Florenskij

    https://www.eurasia-rivista.com/il-pensier...vel-florenskij/

    www.domus-europa.eu/?p=8272
     
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    Poi mi spieghi cosa centra con i 5 stelle.
    Quell'entità che urla, o che urlava, non so se urla ancora, facendosi pure pagare, ha sdoganato una certa aggressività.
    Il mio vicino di garage è un devoto di beppe grillo, da sempre, urla come lui, anche con le figliolette di 4 e 2 anni. <_<

    Edited by Sun Yu - 12/11/2019, 15:50
     
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