L'auge repentina del M5S... (varie ed eventuali su geopolitica, etnos, eredità ancestrale)

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    CITAZIONE (gregorio maria pagano @ 9/3/2021, 16:17) 

    Da una che ha scritto una tesi sulla necrofilia nazista..
     
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    Articolo che assembla alla rinfusa ma che forse indica una tendenza che andrebbe approfondita:
    https://espresso.repubblica.it/inchieste/2...M-er0toym3VWdL8

    Nel 1985 uscì un libro dal titolo Ecologia e società nella Germania nazista. Walter Darré e il partito dei verdi di Hitler di Anna Bramwell.
    Darré fu ministro dell'agricoltura del Terzo Reich ma pure qui andrebbe grattata la crosta per evitare etichette superficiali ("i nazisti erano ecologisti") :rolleyes:
    Inoltre già a fine '800 alcuni studenti tedeschi fondarono il movimento dei Wandervögel (Uccello migratore/vagabondo) https://www.google.com/amp/s/www.secolodit...er-davvero/amp/ (titolo ridicolo ma l'articolo dà l'idea...) che divenne molto popolare sino a quando fu messo fuorilegge nel 1933 proprio dai nazisti.
     
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    CITAZIONE (Epi @ 24/3/2021, 13:40) 
    Articolo che assembla alla rinfusa ma che forse indica una tendenza che andrebbe approfondita:
    https://espresso.repubblica.it/inchieste/2...M-er0toym3VWdL8

    Nel 1985 uscì un libro dal titolo Ecologia e società nella Germania nazista. Walter Darré e il partito dei verdi di Hitler di Anna Bramwell.
    Darré fu ministro dell'agricoltura del Terzo Reich ma pure qui andrebbe grattata la crosta per evitare etichette superficiali ("i nazisti erano ecologisti") :rolleyes:
    Inoltre già a fine '800 alcuni studenti tedeschi fondarono il movimento dei Wandervögel (Uccello migratore/vagabondo) www.google.com/amp/s/www.secolodit...er-davvero/amp/ (titolo ridicolo ma l'articolo dà l'idea...) che divenne molto popolare sino a quando fu messo fuorilegge nel 1933 proprio dai nazisti.

    Basta aprire youtube e farsi un giro e ne trovi quanti ne vuoi di correnti e sub-culture....L'articolo mi sembra la solita teatrale accusa di "un mondo in rovina" perchè non si adegua alla matrix :lol:

     
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    Nostalgie d'Agharti? :rolleyes:

    https://espresso.repubblica.it/idee/2021/0...VkL5hwVBAT9ypyA

    https://www.google.com/amp/s/amp.smh.com.a...509-p51lpn.html

    https://www.einaudi.it/catalogo-libri/narr...-9788806244507/
     
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    Sun, avevo letto tra le notifiche il messaggio che poi hai cancellato... una citazione di Guy Debord.
    Il profetico Debord che cercava l'erranza psicogeograficamente panteistica per distogliere lo sguardo dalla onnipervasiva società dello spettacolo, quella che buddhisticamente ha messo in scena l'impermanenza... mediatica :lol:
     
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    La vera origine di QAnon (quindi la matrice del gesto più eclatante, l'assalto al Campidoglio USA)?
    Gli anni '90 bolognesi di Luther Blisset :rolleyes:

    Pagine tratte da:
    https://edizionialegre.it/product/la-q-di-qomplotto/

    20210615-215854

    ...

    ...

    ...

    20210615-220055

    20210615-215919

    20210615-215943

    20210615-220006

    20210615-220020

    20210615-220040


    Edited by Epi - 15/6/2021, 22:24
     
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    CITAZIONE (Epi @ 9/6/2021, 14:47) 
    Sun, avevo letto tra le notifiche il messaggio che poi hai cancellato... una citazione di Guy Debord.
    Il profetico Debord che cercava l'erranza psicogeograficamente panteistica per distogliere lo sguardo dalla onnipervasiva società dello spettacolo, quella che buddhisticamente ha messo in scena l'impermanenza... mediatica :lol:

    Wow Epi Grazie, quella Q infatti insospettiva.

    Eccolo Debord
    La teoria della deriva: www.iuav.it/Ateneo1/docenti/docenti...lla-deriva1.pdf

    https://vimeo.com/12888439


    CITAZIONE
    Gli anni '90 bolognesi di Luther Blisset :rolleyes:

    Non è un caso. Quelle storie italiane svoltesi negli anni Novanta – ma che non sono solo degli anni Novanta – sono diramazioni della genealogia tematica di QAnon.

    CITAZIONE
    ma lo scrittore italiano smentì di essere tra coloro che hanno utilizzato il nome multiplo

    pure ad Eco l'accusa di multinick :lol: Quando in realtà si tratta di un multiple-use name :pop: Inventato da lui?

    «Un mix straordinario tra Internet e i
    Templari» :rolleyes:
    «Un mix straordinario tra Internet e i
    Templari»
    Un nome improprio. Luther Blissett Project. Finalità delle beffe mediatiche di Luther Blissett. Il
    nome multiplo di Umberto Eco. Un altro «Q Anon». Una lettera da Rotterdam. L’inizio della
    ricerca. Il Pendolo non fa che tornare (del resto, è quel che fanno i pendoli). Cultura pop,
    controcultura, sottoculture: quella certa aria di famiglia. L’anello mancante.
    Fantasie di complotto. Me n’ero occupato a fondo negli anni Novanta,
    quando facevo parte del Luther Blissett Project, un network di agitazione
    culturale e politica e al tempo stesso un gioco di ruolo in rete e dal vivo.
    A partire dal 1994 attivisti, artisti e agitatori culturali di vari paesi
    avevano adottato il nome «Luther Blissett» per firmare opere, performance
    e azioni di vario genere. Come aveva scritto il ricercatore Marco Deseriis,24
    nel giro di pochi anni
    il nome multi-uso era stato usato da centinaia di individui in diverse parti del mondo per
    rivendicare beffe mediatiche, vendere manoscritti apocrifi a case editrici, inventare artisti e opere
    d’arte, denunciare cacce alle streghe, firmare romanzi di successo, condurre esperimenti
    psicogeografici – oppure, semplicemente, come pseudonimo su internet.
    Deseriis aveva scritto la migliore ricostruzione e analisi del Lbp. Nel suo
    libro Improper Names: Collective Pseudonyms from the Luddites to
    Anonymous spiegava che Luther Blissett era più di un semplice
    pseudonimo: era un multiple-use name e dunque – felice creazione
    concettuale – un nome improprio.
    Al contrario di un nome proprio, la cui funzione principale è fissare un referente [...], un nome
    improprio è esplicitamente costruito per offuscare sia l’identità sia il numero dei suoi referenti. Da
    un lato, il nome improprio mantiene l’effetto-scudo di qualunque pseudonimo, cioè la dichiarata
    funzione di proteggere un individuo sostituendo il suo nome legale [...]. Dall’altro lato, un nome
    improprio funziona come una molteplicità aperta che non può essere sottratta alla sua ambiguità né
    ricondotta a un chiaro e unico referente.
    Nel ricostruire la genealogia di Blissett Deseriis risaliva a precedenti di
    secoli prima, sparsi tra il tardo medioevo e la prima rivoluzione industriale.
    Erano nomi impropri apparsi durante sollevazioni contadine e sommosse
    urbane, come Jacques Bonhomme (tredicesimo secolo), Armer Konrad
    (sedicesimo secolo), Ned Ludd e Captain Swing (diciannovesimo secolo).
    Dopodiché analizzava esempi di multiple-use name nelle avanguardie
    artistiche del secondo Novecento, come Monty Cantsin e Karen Eliot, i più
    vicini antecedenti di Luther Blissett. La carrellata proseguiva oltre
    quest’ultimo arrivando fino al 4chan degli albori, il 4chan prima del
    Gamergate, quando ancora non era il covo dell’alt-right. Proprio su 4chan
    era nata la soggettività hacker collettiva nota come Anonymous.
    L’intento di chi aveva lanciato il nome Luther Blissett era costruire,
    menzione dopo menzione, la reputazione di un provocatore immaginario,
    un personaggio mitico che fosse un po’ bandito sociale – come Robin
    Hood, Dick Turpin o il brasiliano Lampião – e molto trickster. Figura
    ricorrente nella mitologia e nel folklore, il trickster (il briccone,
    l’imbroglione) stupiva e spiazzava il prossimo con scherzi, travestimenti e
    trasformazioni, per svelare gli inganni e le ipocrisie di cui era fatta la
    “normalità” e far vedere il mondo con altri occhi. Esempi di trickster erano
    Anansi, l’uomo-ragno protagonista di favole e leggende dell’Africa
    occidentale, e Till Eulenspiegel, irriverente personaggio del folklore bassotedesco e olandese... ma anche il Gatto del Cheshire di Alice nel paese delle
    meraviglie.
    Per il nuovo trickster si era scelto – il perché non s’era mai capito – il
    nome di un ex calciatore inglese di origine giamaicana. Luther Loide
    Blissett era stato attaccante del Watford Fc, team di proprietà del cantante
    Elton John, e meteora della Serie A italiana nella stagione 1983-84.
    Comprato dal Milan pre berlusconiano, aveva sofferto la rude marcatura dei
    difensori nostrani e subìto gli insulti razzisti delle curve avversarie. Non era
    mai riuscito ad ambientarsi. Bilancio: soltanto cinque gol e diverse
    occasioni sprecate, anche a porta vuota. Si era persino sparsa la leggenda
    che sbagliare a porta vuota fosse una sua specialità, e che in Inghilterra lo
    chiamassero «Luther Missit», Luther Mancala. A fine campionato era
    tornato oltremanica.
    Dieci anni dopo i tifosi italiani lo ricordavano solo come un brocco, era il
    “bidone” per antonomasia... finché il suo nome non era tornato a circolare,
    stavolta non nelle cronache sportive ma riferito a tutt’altro.
    Luther Blissett era apparso in diversi paesi ma il fenomeno si era radicato
    soprattutto in Italia, grazie alla rete di collettivi che formavano il Luther
    Blissett Project (Lbp). I due gruppi più numerosi, chiamati «colonne»,
    erano a Bologna e a Roma. Il progetto era durato cinque anni, dall’autunno
    del 1994 al 31 dicembre 1999.
    In breve tempo il Lbp aveva fatto scalpore grazie a beffe molto elaborate
    ai danni di stampa e tv. Era soltanto una tra le molte pratiche di Blissett, ma
    era quella che più attirava l’attenzione.
    Nel dicembre 1994 una troupe del programma Rai Chi l’ha visto? aveva
    cercato, tra Friuli-Venezia Giulia e Regno Unito, l’illusionista e
    performance artist inglese Harry Kipper, scomparso mentre girava l’Europa
    in bicicletta per tracciare sulla mappa la parola ART. Era svanito al confine
    tra Italia e Slovenia, lungo l’asta verticale della T. La famiglia e gli amici lo
    cercavano disperati. Storia affascinante, ma falsa in ogni dettaglio. Lo
    scomparso non era mai esistito.
    Nell’ottobre 1995 il quotidiano bolognese Il Resto del Carlino aveva
    ricevuto la lettera anonima – o meglio, firmata «L. B.» – di una prostituta
    sieropositiva. L. B. aveva contratto l’Hiv a causa di una trasfusione di
    sangue infetto. Nella lettera dichiarava di volersi vendicare del sistema, per
    questo forava i profilattici che usava coi clienti. Tra i redattori del Carlino
    doveva essersi sparso il terrore. Il giornale era uscito con ben tre pagine
    dedicate al “caso”, dense di sproloqui, compresa un’intervista a un
    grafologo che analizzava la lettera di L. B... senza ricavarne granché di
    utile, dato che l’avevamo scritta a macchina. Il giorno dopo Luther Blissett
    aveva rivendicato il falso.
    Nel 1996-1997 il Lbp aveva dispiegato una vasta campagna di beffe per
    contrastare il panico morale su pedofilia e satanismo. Un «moral panic» –
    concetto introdotto negli anni Settanta dal sociologo sudafricano Stanley
    Cohen – era un’ondata di paura aggressiva che investiva la società quando
    le veniva additato un presunto nemico, una minaccia ai suoi valori e alla sua
    coesione. Nel giro di roulette del 1996 la pallina era finita nella casella del
    «Pedofilo». Il panico sulla pedofilia – e sul satanismo pedofilo – aveva
    investito l’Italia, un tornado nel quale roteavano paranoie, leggende urbane,
    accuse false, titoli gridati, sentenze sommarie, reputazioni distrutte. Per
    tutta risposta Blissett aveva inventato e fatto agire per mesi, nel Lazio e in
    Emilia, un network satanico dedito a stupri rituali e, simultaneamente, un
    gruppo catto-fascista di cacciatori di satanisti. Le imprese di entrambi i
    gruppi erano più volte finite sui giornali e in tv. La macchinazione e il
    relativo disvelamento erano arrivati fino ai tg nazionali di prima serata.
    Anche tramite quelle beffe avevamo portato avanti una controinchiesta su
    un’orrida vicenda bolognese. Un dispositivo mediatico-giudiziario fuori
    controllo aveva trascinato in carcere e messo alla gogna tre innocenti. La
    storia della “nera” lo avrebbe ricordato come «il caso Bambini di Satana».
    Blissett aveva aiutato a far assolvere gli imputati, in seguito risarciti dallo
    stato per l’ingiusta detenzione.
    Nel biennio 1998-1999 il mondo dell’arte si era appassionato alle
    sconvolgenti opere e alla vita turbolenta dell’artista serbo Darko Maver. Le
    sue sculture riproducevano in modo iperrealistico cadaveri mutilati e
    semiputrefatti, per questo aveva subito ostracismi, censure, repressione.
    Tanto che era in carcere a Podgorica. Avevamo scritto comunicati di
    solidarietà, allestito mostre con riproduzioni fotografiche delle sue opere e
    ottenuto recensioni sulle principali riviste del settore. Poi avevamo
    annunciato la morte di Darko: aveva fatto la fine del topo, in galera, durante
    i bombardamenti Nato del 29 aprile 1999. O forse i suoi carcerieri avevano
    approfittato del caos per farlo fuori? Nella foto che circolava il suo corpo,
    steso sul pavimento della cella, sembrava integro, non certo recuperato da
    sotto pesanti macerie. Illustri critici d’arte italiani lo avevano ricordato,
    sostenendo di averlo conosciuto bene. La rivelazione che artista e opere
    erano nostre invenzioni li aveva lasciati attoniti.
    Per tutto il 1999, anno di vigilia del Grande giubileo, pellegrine e
    pellegrini in cerca di informazioni avevano visitato vaticano.org, sito quasi
    identico a quello della Santa sede – il cui dominio era vatican.va – ma pieno
    di proclami eretici, concetti teologici di dubbia provenienza, errori
    grossolani e canzoni di Max Pezzali interpolate dentro discorsi di Giovanni
    Paolo II. Nel calendario degli eventi erano annunciati il «Giubileo degli
    artisti (con il critico d’arte Achille Bonito Oliva)», il «Giubileo della vita
    consacrata (preghiera per il dottor Kevorkian)»25 e l’«Estrazione dei numeri
    della Sacra ruota». C’era anche un modulo per inviare un’email al papa, con
    «risposta garantita in ventiquattr’ore». E in effetti rispondevamo.
    Era stata l’ultima beffa rivendicata dal Lbp. Il 31 dicembre 1999 avevamo
    commesso un “suicidio” simbolico, annunciato come «il Seppuku». Da
    allora nessuno di noi aveva più adottato il nome Luther Blissett.
    Nelle rievocazioni del Lbp era frequente un malinteso: si diceva che le
    nostre erano state fake news. No. Quelle di Blissett erano storie complesse,
    concepite per diventare ambienti da abitare a lungo, anche per anni. Mentre
    le abitavamo ne esploravamo e sfruttavamo le ripercussioni sul sistema dei
    media, finché non decidevamo che era tempo di giungere al culmine:
    l’exploit finale, la rivelazione, la spiegazione di come avevamo lavorato.
    E i falsi di Blissett avevano fini precisi.
    Un fine controinformativo: modificare lo sguardo di una parte di opinione
    pubblica su un dato tema e problema, facendo sorgere dubbi e domande sul
    modo in cui i media ne parlavano.
    Un fine pedagogico: noi stessi facevamo “ingegneria inversa”, non
    limitandoci a svelare e rivendicare i falsi, ma smontandoli, esponendo le
    nostre tattiche, spiegando quali automatismi culturali e storture del sistema
    dell’informazione avevamo sfruttato per diffonderli. La spiegazione della
    beffa era più importante della beffa stessa.
    Un fine mitopoietico: ogni rivendicazione faceva crescere la reputazione
    di Luther Blissett, rendendo l’adozione del nome improprio più
    interessante, più accattivante e carica di affettività. Usando il nome ci si
    sentiva parte di una comunità aperta, si condividevano un certo stile e un
    certo immaginario. Era la nostra accezione del termine «mitopoesi»: creare
    narrazioni condivise che stimolassero l’immaginazione collettiva e la
    cooperazione.
    Ultimo ma non ultimo, un fine ludico: la reputazione di Blissett era
    composta da innumerevoli tasselli sparsi in vari media ed era in costante
    evoluzione, grazie a sempre nuove storie che confluivano l’una nell’altra. Il
    gioco consisteva nel crearle e raccontarle. Si lavorava su canovacci
    impostati collettivamente, che prevedevano l’improvvisazione e andavano
    in scena in rete e nel mondo reale. «Luther Blissett» era un personaggio che
    noi interpretavamo, nell’infosfera ma anche coi corpi, durante le
    performances, le azioni in strada, le derive psicogeografiche.
    Luther Blissett, insomma, aveva caratteristiche dei giochi di realtà
    alternativa (Arg) e dei giochi di ruolo dal vivo (Larp).
    Gli Arg erano un genere che coniugava gioco on line e avventura di
    gruppo, per il quale già negli anni Novanta cominciava a esistere
    un’industria specializzata. Un Arg conteneva indizi e misteri che i giocatori
    risolvevano trovando informazioni fuori dal gioco e condividendole coi loro
    pari. Spesso gli Arg non avevano un finale già scritto. E come indicava il
    nome, i loro intrecci costituivano realtà alternative che si estendevano alle
    vite quotidiane dei giocatori e, in un certo senso, le infondevano di magia.
    Quanto ai giochi di ruolo dal vivo, un Larp era
    uno spazio in cui più persone raccontano una storia interpretandola. Secondo Jonathan
    Gottschall è il «facciamo finta che» degli adulti. È un incontro tra persone che, attraverso i loro
    personaggi, si relazionano l’una con l’altra lasciando emergere una storia [...] ogni partecipante
    veste i panni di un personaggio e vive questo suo alter ego per l’intera durata del gioco. Mangia,
    dorme e parla rispettando il proprio ruolo e l’ambientazione, ma non c’è un pubblico, né battute
    scritte [...]. E la storia cambia a seconda di come i partecipanti interagiscono tra loro e con gli
    elementi narrativi.26
    Nel Lbp vigevano regole non scritte ma comprese da tutti: il nome non
    poteva essere adottato da fascisti et similia, né utilizzato in modi
    incompatibili con la filosofia del progetto. Nelle rare occasioni in cui era
    accaduto, l’intero network aveva preso le distanze con nettezza e l’equivoco
    si era dissipato.
    Ad aiutarci a mantenere lo stile complessivo era l’interazione tra due
    accezioni di Luther Blissett: una «in senso lato» e una «in senso stretto».
    C’era Luther Blissett come nome improprio vagante nel mondo, e c’era il
    Luther Blissett Project. In astratto, chiunque poteva usare il nome, nel senso
    che chiunque sarebbe stato in grado di farlo, non avremmo avuto modo di
    impedirlo; ma il Lbp lavorava in modo costante sul nome, sulla sua
    semantica, sull’immaginario che evocava, scoraggiando appropriazioni
    indebite e recuperi commerciali.
    C’era voluto molto rigore, per mantenere il progetto fluido.
    Le fantasie di complotto le avevamo studiate, le avevamo smontate e ne
    avevamo inventate. Per lanciare il Lbp avevamo saccheggiato testi esoterici
    e cospirazionisti, riadattando termini e frasi, adeguando al nostro scopo
    quegli stratagemmi retorici. In fondo cos’era il nostro piano quinquennale
    se non un complotto, per quanto sui generis? Si trattava di stimolare le
    giuste fantasie al riguardo.
    Nel 1995 era uscito il nostro libro Mind Invaders,
    27 esito di un vorticoso
    montaggio collettivo. Mind Invaders era una sorta di manuale su come
    partecipare al gioco e culminava in un capitolo “operativo” intitolato
    Ratfucking. Un invito alla cospirazione, con consigli pratici su come
    diffondere il mito di Blissett:
    Cercare di compiere il “bel gesto”, l’atto puro di sabotaggio [...] non ha senso: occorre sempre
    progettare eventi-ambienti, azioni che siano precedute da notizie vere/false di cui nessuno –
    nemmeno ogni cospiratore singolarmente preso – possieda il quadro globale, e che non smettano
    di circolare neppure dopo la “detonazione” e il conseguente disvelamento: il “clima” deve essere
    creato prima dell’azione ed essere modificato retroattivamente da quest’ultima, poi sedimentarsi
    nel sottobosco degli archetipi, diventare terreno fertile per nuove azioni che in una fase successiva
    del progetto possano essere linkate tra loro in mille modi diversi.
    «Un mix straordinario tra Internet e i Templari». Così definiva il Luther
    Blissett Project un titolo dell’Espresso (n. 28, anno XLI, 14 luglio 1995). La
    cospirazione era un’allegoria operativa, serviva a mettere in moto energie.
    Alludendo a misteriose genealogie, inventando ascendenze, giocando coi
    sedimenti di altre reputazioni, avevamo circonfuso il nome improprio di un
    alone che non solo affascinava, ma spronava ad agire.
    Si inseriva in quella strategia l’unica beffa che, più di vent’anni dopo,
    restava irrivendicata: la diffusione di un pamphlet di estrema destra
    intitolato Il nome multiplo di Umberto Eco. Un testo sgangherato e,
    soprattutto, falso.
    Firmato con la sigla Kma,28
    nel 1997 Il nome multiplo di Umberto Eco era
    stato spedito in decine di copie a giornalisti e politici, e pubblicato sulla
    pagina web di un certo «Andrea Ridolfi», con tutta evidenza un cattofascista.
    La tesi di fondo era questa: Luther Blissett come «neoteoria del
    complotto, data in pasto alle masse ma guidata da dietro le quinte,
    controllandone i contenuti e la popolarità» per nascondere un complotto
    reale, quello della «sinistra» in tutte le sue gradazioni, dal più istituzionale
    centrosinistra – all’epoca raggruppato nella coalizione detta «l’Ulivo» –
    fino ai centri sociali occupati.
    Il fine del complotto? Impadronirsi della comunicazione, diffondere
    «materialismo storico e laicismo di basso rango», incentivare «tendenze
    inumane come rave, impasticcamenti e piercing», «ghettizza[re] la cultura
    religiosa e tradizionale e la libertà di educazione e insegnamento», ecc.
    Blissett, scriveva Kma, era l’incarnazione di una sinistra nuova,
    postmoderna, «dedicata a forme poco democratiche di militanza, come il
    segreto, la cospirazione anonima e le beffe diffamatorie, sfruttando la
    grande forza di pervasione della cultura di massa e dei mezzi di
    comunicazione».
    E chi erano le menti? L’autore del pamphlet additava una conventicola di
    semiologi e massmediologi, tutti docenti all’Università di Bologna. Ne
    facevano parte Roberto Grandi, Omar Calabrese e, nel ruolo di eminenza
    grigia, il più famoso di tutti, Umberto Eco. La genesi del complotto si
    poteva ricostruire leggendo i libri di Eco, tanto i romanzi – soprattutto Il
    pendolo di Foucault – quanto i saggi, da Apocalittici e integrati (1964) fino
    a La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea (1993). Le pezze
    d’appoggio? Tutte più o meno come questa:
    Nella cabala la tecnica del notariqon consiste nel ricavare i significati secondi e metafisici di una
    parola usandone le lettere come iniziali di altre parole [...]. In Alla ricerca della lingua perfetta
    [sic] (1993), pag. 33: nella cabala «l’ultima lettera di LB (cuore) è la prima di Binah
    (intelligenza)»! [...] Luther Blissett = cuore! E ormai non ci sorprende più a scoprire che il simbolo
    del Multiplo è proprio un cuore, come si può appurare dalle sue prime pubblicazioni, quando
    ancora il fenomeno era conosciuto pochissimo.
    Non a caso, diceva il pamphlet, Luther Blissett era apparso per la prima
    volta nella tarda estate del 1994. Pochi mesi prima il centrodestra di Silvio
    Berlusconi aveva vinto le elezioni. La sinistra aveva spiegato la propria
    sconfitta con il mancato controllo delle televisioni, così Eco e la sua cerchia
    di semiologi avevano deciso di sperimentare «nuovi modi di persuasione
    occulta».
    Affermiamo, in breve, che Luther Blissett è un parto della mente malata e nefasta di Umberto
    Eco: se non ne è l’artefice diretto, sicuramente ne è il primo responsabile e ispiratore. Con questo
    non si vuol dire che dietro le attuali azioni di Luther Blissett ci sia Eco: sarebbe pura mitomania
    complottistica. Il progetto è stato congegnato per vivere di vita propria, una sorta di Golem che
    prosegue autonomamente contagiando gli entusiasmi e gli animi dei giovani come una peste.
    Proprio mentre veniva diffuso il pamphlet, il Lbp stava usando il proprio
    sapere “cospirativo” per disarticolare la forma mentis cospirazionista.
    Quand’era scoppiato il caso Bambini di Satana ci eravamo chiesti come
    intervenire a modo nostro, come fare inchiesta in modo nuovo. Avevamo
    fatto esperimenti e ottenuto risultati... e anche grane giudiziarie. Una storia
    che dovevo rivisitare, rileggere alla luce di QAnon.
    Mentre il Lbp si dedicava a quella campagna, quattro membri della
    colonna bolognese, incluso il sottoscritto, stavano scrivendo un romanzo.
    Il libro era uscito nel marzo 1999 per la casa editrice Einaudi. Aveva un
    titolo brevissimo: Q.
    Debitamente firmato «Luther Blissett», Q si svolgeva tra il 1517, anno in
    cui Martin Lutero aveva presentato le sue 95 tesi, e il 1555, anno della Pace
    di Augusta che aveva posto fine a un trentennio di guerre di religione. La
    storia era un lungo duello a distanza tra un eretico dai molti nomi e un
    agente provocatore papista. Quest’ultimo infiltrava i movimenti protestanti
    radicali dell’epoca e diffondeva notizie false mediante lettere firmate col
    nome biblico Qoèlet, in ebraico «il radunante». Era il titolo del libro
    dell’Antico testamento noto anche come Ecclesiaste.
    Nei rapporti al suo superiore Qoèlet si firmava solo con l’iniziale Q. Il
    romanzo, dunque, prendeva il nome dall’antagonista, dal “cattivo”.
    Nelle sue missive Q alludeva a una propria vicinanza al potere, a
    informazioni preziose alle quali poteva accedere: «Già ho avuto modo di
    illustrarVi come le mie orecchie avrebbero potuto aiutarVi, data la loro
    prossimità a certe porte che celano intrighi», scriveva al predicatore
    Thomas Müntzer, guida spirituale dell’insurrezione contadina scoppiata in
    Svevia nel 1524.
    «Non temete lo scontro aperto», diceva Q a Müntzer: «è proprio in quello
    che il Dio degli eletti mostrerà di esservi a fianco. Non indugiate:
    l’Onnipotente vuole trionfare grazie a Voi. State saldo, dunque, e il Signore
    Vi illumini: il Regno di Dio in terra è prossimo».
    Q, il radunante, convinceva gli insorti a radunarsi a Frankenhausen, in
    Turingia, dove avrebbero combattuto l’ultima, grande battaglia, per liberare
    la terra da principi e vescovi.
    L’armata contadina, caduta in una trappola mortale, veniva sterminata dai
    lanzichenecchi. Ma altre rivolte sarebbero seguite: l’anonimo protagonista
    del romanzo vi avrebbe preso parte, e Q sarebbe stato lì a sabotarle e a fare
    rapporto al suo capo.
    Cioè all’arcivescovo Giovanni Pietro Carafa, che nel corso del libro
    diventava cardinale, capo dell’inquisizione romana e infine papa col nome
    di Paolo IV. La carriera di Q seguiva la sua: dopo un’ultima missione
    nell’Europa del nord, la più pericolosa, l’agente era chiamato in Italia. Più
    vicino al potere, ma in posizione defilata. «Nell’affresco sono una delle
    figure di sfondo», diceva la prima riga del suo diario. Era il 1545. L’Italia
    diveniva il luogo della resa dei conti tra i due avversari.
    Prima ancora che il libro uscisse si era diffusa una diceria, forse
    influenzata dal pamphlet di due anni prima. Ecco come la riportava un
    articolo di Panorama del 25 febbraio 1999:
    Mistero fitto e spruzzi di veleno avvolgono Q, colossale romanzo storico e d’immaginazione
    firmato da Luther Blissett in uscita in primavera per la collana Stile libero Einaudi. Settecento
    pagine di spy story ambientata nel XVI secolo [...] una sorta di Nome della rosa in versione
    underground con un io narrante di forte temperamento ma senza nome [...]. Impossibile sapere di
    più: in sintonia con il progetto Luther Blissett, i veri autori stanno nell’ombra e l’editore non si
    sbottona. Fedeli alla linea anticopyright, gli adepti di Blissett si divertono a fare rimbalzare ipotesi
    demenziali sul ponderoso tomo: dietro l’identità multipla ci sarebbe un gruppo di goliardi o un
    prelato eretico. E c’è chi azzarda il nome dello stesso Umberto Eco.
    La diceria si era dissolta poco dopo, quando avevamo rilasciato interviste
    sul libro, ma in un modo o nell’altro, anche molti anni dopo, Eco
    continuava ad aleggiare.
    Di Q erano state date molte interpretazioni. Del resto ci avevamo messo
    dentro di tutto, compresi riferimenti allegorici al Lbp. Quello del romanzo
    era un mondo di identità cangianti, di nomi fluttuanti, di sotterfugi e trucchi,
    di guerriglia comunicativa, di complotti veri e fantasticati.
    Mentre terminava il quinquennio di Blissett e noi autori di Q diventavamo
    il collettivo Wu Ming, il romanzo veniva tradotto e pubblicato in quasi tutta
    l’Europa e in buona parte delle Americhe, in Russia, in Turchia, in
    Giappone, in Corea del Sud, in Australia... Negli Stati Uniti era uscito nel
    2004. Lì era stato apprezzato in alcune nicchie, ma era rimasto poco noto.
    Dopo il Lbp non avevo mai smesso di interessarmi di cospirazioni,
    seppure con discontinuità, o meglio, lavorando «a progetto»: diversi dei
    romanzi di Wu Ming avevano al loro centro complotti (reali o presunti) e
    paranoie (talora fondate). Ad esempio, L’Armata dei Sonnambuli,
    raccontava da angolature sghembe l’Evento che, per reazione, aveva fatto
    nascere il cospirazionismo moderno: la Rivoluzione Francese.
    *
    **
    Nella tarda primavera del 2018 avevamo ricevuto un’email: «A quanto
    pare, qualcuno ha preso il vecchio manuale di gioco di Luther Blissett e ne
    ha fatto una teoria del complotto per l’alt-right». Seguiva un link a un
    articolo uscito su Vice a firma di Justin Caffier, intitolato “A Guide to
    QAnon, the New King of Right-Wing Conspiracy Theories”.
    Dalla prima apparizione del sedicente Q erano passati solo sette mesi. In
    Europa se ne erano accorte pochissime persone. Tra queste, il mittente
    dell’email. E, da quel momento, io.
    Il mittente era un nostro vecchio sodale dei tempi di Blissett, Florian
    Cramer, ora professore di cultura visiva alla Willem de Kooning Academy
    di Rotterdam. Poco dopo si erano fatte vive altre persone, perché la vicenda
    di QAnon suonava familiare. Almeno, suonava familiare a chi sapeva
    cos’era stato Luther Blissett e/o aveva letto Q.
    Non solo QAnon sembrava citare parti della trama del nostro libro, ma
    riproponeva le fantasticherie su satanismo e pedofilia che ai tempi di Luther
    Blissett avevamo studiato e contrastato.
    Avevo udito un richiamo e non potevo non rispondere. La faccenda mi
    implicava.
    E così mi ci ero messo di buona lena. In due anni e mezzo avevo letto
    visto ascoltato moltissimo: decine e decine di libri, centinaia di articoli,
    discussioni su forum, video, film, canzoni, podcast. Ne avevo discusso
    all’interno del collettivo e con una vasta moltitudine di persone. Avevo
    scritto articoli e inchieste, tenuto conferenze in Italia e all’estero, tenuto un
    corso all’Università di Roma Tor Vergata e cominciato a scrivere un libro,
    che mi era cresciuto sotto i polpastrelli e sembrava fuggire da ogni parte.
    Non si trattava solo di narrare una storia, ma di storicizzare una
    narrazione. E capire come e perché funzionava. Per farlo servivano idee
    chiare e concetti giusti.
    Per orientarmi avevo riletto Il pendolo di Foucault. Non pensavo di poter
    parlare di complotti senza passare per quel libro. Rileggerlo, infatti, mi
    aveva messo nella giusta direzione. In ogni fase della ricerca tornavo a
    rovistare in quella cassetta degli utensili, perché ogni nuova scoperta me la
    riportava alla mente


    Edited by Sun Yun - 14/6/2021, 15:55
     
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    Ancora un piccolo estratto dall' ouverture libro segnalato da Epi:

    Il 14 febbraio 2020 Tobias aveva caricato su YouTube un video nel quale
    si rivolgeva ai cittadini statunitensi, in inglese, denunciando l’esistenza
    sotto i loro piedi di «basi militari sotterranee dove si adora il diavolo e si
    violentano, torturano e uccidono bambini». Tobias invitava a «localizzare le
    basi, riunire una grande massa di persone e prenderle d’assalto».
    Non era l’unico a denunciare quell’orrore. Deep underground military
    bases. Ce n’erano in tutti gli Stati Uniti, da una costa all’altra. L’acronimo
    era «Dumb». I credenti lo scrivevano coi puntini di abbreviazione:
    «D.u.m.b.». Nell’uso più comune l’aggettivo voleva dire stupido, ma in
    quel caso sembrava avere l’altro significato, il più antico: incapace di
    parlare. Come in «Struck dumb by fear», ammutolito dalla paura.
    I mostri tenevano milioni di bambini prigionieri nelle D.u.m.b., dopo
    averli rapiti o fatti nascere là sotto. Lo scopo era violentarli, torturarli e bere
    il loro sangue per trarne una sostanza al tempo stesso psicotropa e
    ringiovanente: l’adrenocromo. Erano i «bambini-talpa», mole children. Tra i
    mostri c’era Hillary Clinton. In un video intitolato Frazzledrip1
    la si vedeva
    scuoiare il volto di una bambina e indossarne la pelle come maschera.
    Tobias aveva capelli scuri e lisci, e un viso senza segni particolari. Nel
    video portava una giacca blu su una camicia bianca, e per parlare alla
    webcam guardava verso l’alto. Alle sue spalle, una stanza scura e
    disadorna: scaffali carichi di faldoni, una poltrona ocra e un letto con
    copripiumone a righe verdi, beige e viola.
    Tobias aveva quarantatré anni ed era un uomo solitario. Viveva coi
    genitori, entrambi settantaduenni, a Hanau, città di novantamila abitanti a
    pochi chilometri da Francoforte. Si era laureato in economia aziendale a
    Bayreuth nel 2007, aveva lavorato come bancario e ora faceva il consulente
    finanziario. Odiava le razze inferiori che corrompevano la Germania, e i
    giornali avrebbero definito le sue idee «di estrema destra», ma non era
    membro di alcuna organizzazione. Passava il tempo libero on line
    dedicandosi a quella che gli spiriti come il suo chiamavano «ricerca»,
    research, Nachforschung: visitare siti e guardare video che denunciavano
    complotti globali, smascheravano i potenti e le loro reti occulte, rivelavano
    cosa c’era dietro la trama apparente del mondo. Come in The Matrix. Die
    Rote oder die Blaue Pille?
    Da anni Tobias sapeva di essere sorvegliato. Non dai servizi di sicurezza
    tedeschi e nemmeno dalla Cia, ma da un’organizzazione segreta in grado di
    leggere i pensieri e carpire il suo potere: la visione a distanza. Grazie a quel
    potere Tobias aveva visto l’orribile realtà nascosta. Le conclusioni che ne
    aveva tratto avevano ispirato Donald Trump. Tobias si era sorpreso nel
    vedere il magnate americano usare le sue idee e diventare presidente grazie
    a esse. Doveva esserne lusingato, indignato o... atterrito?
    Il 19 febbraio, verso le dieci di sera, Tobias era uscito dalla sua casa in
    Helmholtzstraße, era salito sulla sua Bmw e si era diretto verso il centro.
    Davanti al bar La Votre, sull’Heumarkt, aveva aperto il fuoco con una
    pistola semiautomatica, una Glock che possedeva legalmente. Sotto i suoi
    colpi erano morti il barista Kalojan Welkow, trentadue anni, di origine
    bulgara, e un avventore, Said Nesar Hashemi, ventun anni, di origine
    afghana. Said si era diplomato da poco e stava facendo uno stage da
    operatore di impianti alla Goodyear Dunlop.
    Sceso dall’auto, Tobias aveva raggiunto un narghilè bar poco distante, il
    Midnight. Dall’uscio aveva sparato quattro colpi uccidendo il proprietario,
    Sedat Gürbüz, ventinove anni, e un cliente, Fatih Saraçoğlu, trentaquattro
    anni, entrambi di origine turca.
    Tobias si era allontanato sgommando. Poco dopo aveva sparato contro un
    chiosco bar nel quartiere di Kesselstadt, uccidendo Vili Viorel Păun,
    ventitré anni, di origine romena, e Gökhan Gültekin, trentasette anni, di
    origine curda. Vili lavorava come facchino nella logistica. Gökhan era un
    muratore, ma la sera lavorava come cameriere per pagare le cure del padre
    malato di cancro.
    Tobias aveva raggiunto un altro narghilè bar, l’Arena, in KurtSchumacher-Platz,
    dove aveva ucciso due avventori – Ferhat Unvar,
    ventitré anni, apprendista idraulico di origine curda, e Hamza Kurtović,
    vent’anni, studente di origine bosniaca – e la cameriera, Mercedes
    Kierpacz, trentacinque anni, cittadina polacca e appartenente alla comunità
    rom. Era madre di due bambini e incinta del terzo.
    Il blitz era durato solo dodici minuti.
    Tobias Rathjen lo sapeva: i satanisti delle D.u.m.b. americane e gli
    allogeni che ogni sera infestavano il centro di Hanau erano parte dello
    stesso complotto. Lui aveva agito. Ora toccava agli americani. Lui aveva
    mandato un segnale. Non poteva più fare altro, se non compiere il
    sacrificio.
    Tobias era tornato a casa, aveva ucciso sua madre, si era accucciato al suo
    fianco e si era tolto la vita.
    La polizia aveva trovato i corpi alle quattro del mattino. In casa c’era
    anche il padre, sotto shock ma incolume.
    Il giorno dopo il video sulle D.u.m.b. era scomparso, rimosso dagli
    amministratori di YouTube.2
    La pandemia era stata provvidenziale, o forse era parte del piano. Di
    certo, grazie a essa si erano salvati mole children a migliaia. Donald Trump,
    l’eroe di quella storia, aveva approfittato dei lockdown per dare l’assalto
    alle D.u.m.b.
    L’operazione più grossa, denominata «Q-force», si era svolta ad aprile al
    Central Park di New York.
    Il Mount Sinai Hospital aveva allestito nel parco alcune tende per il pretriage dei pazienti.
    Quella era la versione ufficiale. In realtà era un
    avamposto militare. Nascosto dalle tende l’esercito – o, secondo altre
    versioni, forze speciali della marina – era sceso lungo un tunnel, aveva
    raggiunto una D.u.m.b. e l’aveva espugnata, liberando migliaia di bambini
    –qualcuno diceva trentacinquemila – subito portati su navi-ospedale segrete.
    Alcuni soffrivano di gravi deformità, per non aver mai visto la luce del sole.
    Infine gli eroici soldati avevano fatto saltare la base, facendola crollare sui
    satanisti rimasti dentro.
    Central Park. Fin dal nome uno dei luoghi più importanti e iconici di una
    delle più popolose città del mondo. Un ospedale da campo visibile da
    centinaia di finestre sulla 5th Avenue. Tende da cui era sgorgato un fiume di
    bambini, scortati da militari e caricati su decine di veicoli. Un’operazione
    durata ore, con grande dispiego di uomini e mezzi, e culminata in una
    grande esplosione sotterranea.
    Eppure, nessuno aveva visto né udito nulla.
    Non importava: in tutto il mondo si era celebrato il successo della
    missione. Anche in Italia, sui siti non succubi alle menzogne del
    mainstream. Aveva rilanciato la notizia Alessandro Meluzzi, psichiatra e
    personaggio televisivo, ex parlamentare di Forza Italia, arcivescovo della
    «Chiesa cristiana ortodossa italiana acefala», grande sostenitore di Donald
    Trump e Vladimir Putin.
    Fino ai primi d’aprile del 2020 Jessica Prim – trentasettenne di Peoria,
    Illinois, danzatrice e stripper col nome d’arte “Nikita Steele” – non aveva
    mai sentito parlare di basi sotterranee, satanisti pedofili, bambini schiavi,
    adrenocromo, nulla del genere. Scoprire quella realtà le aveva spalancato
    gli occhi e dato una nuova ragione di vita. Si era messa d’impegno a fare
    ricerche, condividendo video e altri materiali, dedicandosi sempre più alla
    causa: denunciare l’orrore, il traffico di bambini da parte della Cabal, la
    società segreta che controllava gli Stati Uniti e mezzo mondo.
    Jessica pensava spesso al video Frazzledrip. Avrebbe voluto vederlo ma
    non si trovava da nessuna parte, solo qualche fotogramma sfocato. In ogni
    caso esisteva, tutti lo sapevano.
    Il 27 aprile Trump in persona l’aveva designata per una missione. La
    missione.[...]

    Dis-informa-azione..che ha colpito l'alt right (non solo americana: Anche in Italia, sui siti non succubi alle menzogne del
    mainstream. Aveva rilanciato la notizia Alessandro Meluzzi, psichiatra e
    personaggio televisivo, ex parlamentare di Forza Italia, arcivescovo della
    «Chiesa cristiana ortodossa italiana acefala», grande sostenitore di Donald
    Trump e Vladimir Putin
    ....

    Edited by Sun Yun - 14/6/2021, 13:54
     
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    Un semiologo allievo di Umberto Eco:
    La guerra mentale è un tipo di guerra, il suo obiettivo è conquistare un paese occupando le menti dei suoi cittadini, in modo che i politici selezionati dai cittadini sottoposti a lavaggio del cervello svendano il loro paese. Perdere il senso di chi sei come paese fa danni permanenti. Le conseguenze di questo tipo di aggressione non si vedono subito, ma solo dopo una generazione, ormai è molto difficile fare qualcosa.
    https://laura-ruggeri.medium.com/dotdotnew...21-8db43da47397
     
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    Questa discussione, direttamente o indirettamente ha avuto a che fare con riferimenti alla "gnosi" e allo "gnosticismo" due termini iperinflazionati che da trent'anni a questa parte sono diventati la chiave con cui leggere o creare ogni prodotto culturale (romanzi, film, fiction TV, etc.). È quindi dovuto un accenno al libro di Riberi che in stile echiano non si è fatto mancare niente... :rolleyes: Lo scritto che segue è parte della recensione di Ezio Albrile.

    Paolo Riberi, Il serpente e la croce. Duemila anni di gnosi: dai Vangeli apocrifi ai Catari, da Faust ai Supereroi, prefazione di Domenico Devoti, Lindau, Torino 2021, pp. 334, Euro 24,00.


    La parola gnōsis in greco significa «conoscenza» e nel contesto storico-religioso è utilizzata per designare due distinte attitudini speculative, da un lato infatti si indica col termine «gnosi» tutto ciò che ha attinenza con l’universo della «conoscenza segreta» e delle dottrine sapienziali, mentre dall’altro col termine «gnosticismo» si designa una specifica corrente religiosa propagatasi nel mondo antico a partire dal tardo ellenismo. È questa specifica corrente, un tempo conosciuta solo nelle fonti degli avversari, cioè nei Padri della Chiesa che la combatterono violentemente, che anni addietro ha avuto una nuova riscoperta grazie al ritrovamento, nelle sabbie del deserto egiziano presso Nag Hammadi (l’antica Chenoboskion), di una importante biblioteca in lingua copta. Si tratta dei cosiddetti manoscritti di Nag Hammadi, una cospicua serie di trattati gnostici che per la prima volta rivelavano nelle fonti originali i testi di quest’antica ‘eresia’. Il tratto fondamentale dello gnosticismo era la reinterpretazione in chiave «rovesciata» di tutta la storia biblica: così il malvagio Serpente edenico era il veicolo della conoscenza salvifica, mentre il Dio dell’Antico Testamento si trasformava in un diabolico Demiurgo, omicida ed ignorante. Il principio su cui si basavano gli Gnostici per arrivare ad una simile, estrema conclusione era che se il Dio da cui deriva l’Anima dell’uomo era un Dio buono e luminoso, non poteva certamente avere a che fare con un mondo colmo di orrori e di angosce. Il nostro universo era l’universo della scissione in cui nulla era «reale», tutto era creato affinché l’uomo soffrisse in balìa di potenze a lui oscure. Il cosmo era quindi creato secondo gli Gnostici da un Creatore inferiore, un Demiurgo maldestro ed ignorante. Gli Gnostici, in trattati quali l’Apokryphon Johannis, ovvero il «Libro segreto di Giovanni» descrivevano le nefande imprese demiurgiche di questo Creatore inferiore da loro chiamato Ialdabaōth, cioè «Padre del Caos». Padre del Caos poiché generatore della struttura cosmica: Ialdabaōth creava i suoi Arconti, Angeli malvagi facitori del cosmo. In tutte le tradizioni gnostiche gli Arconti principali corrispondevano ai sette pianeti dell’astrologia tolemaica, mentre una serie demonizzata di Decani inferiori sovrintendeva alle particolarità dell’universo, in questo modo l’uomo era creato da una serie di Arconti inferiori che segnavano e sovrintendevano ad ogni sua parte corporea. Quest’impresa, che nell’astrologia medievale prenderà il nome di «melothesia», era però fallimentare: l’Adamo creato dagli Arconti era una carcassa inerte, incapace di reggersi in piedi. Le potenze della tenebra, ignare della loro limitatezza, avevano plasmato un involucro inutile: solo l’intervento del Dio trascendente e luminoso porterà alla vivificazione del corpo di Adamo.

    Assecondando le concezioni gnostiche l’uomo nella sua finitudine somatica deve comprendere quindi la propria vera identità, ciò che era ab initio, prima di giungere in questo mondo ed in questo corpo, entrambi creati dal Demiurgo. Deve percepire la «mancanza», la condizione lapsaria in cui vive oggi, nell’istante demiurgico, e deve conoscere la «via» per fuggire, per emanciparsi dal tempo e dallo spazio. Diventano così molto importanti i due momenti della discesa e dell’ascesa, della catabasi e dell’anabasi della scintilla luminosa dimorante nell’uomo, in riferimento al passato e al futuro. La vicenda soteriologica si definisce in relazione allo spazio ed al tempo, poiché se il male profondo è cercato nella spazialità della «creazione malvagia» operata dal Demiurgo omicida, la salvezza dev’essere cercata nello spazio ipercosmico, nella «terra luminosa» del manicheismo, cioè in un «tempo senza tempo» dimora di un Dio che non è il creatore di questo mondo, ma vive ab aeterno in un’altra modalità di esistenza. Fondamenti teoretici da cui il Riberi trae linfa scritturale per tracciare una storia della «gnosi» che travalica i secoli e si spinge sin nei più remoti e impensati luoghi della cultura occidentale. [...]

    L’uomo – come affabulava Hans Jonas – vive in una dimensione inautentica, lacerato in una duplice alienazione ontologica: è «straniero», estraneo al mondo, luogo in cui alberga il nulla, il kenōma, ma allo stesso tempo ha dimenticato di essere parte di un mondo luminoso e celeste, il plērōma gnostico. La luce del plērōma è la «grande sorgente» che scorre tra le paludi dell’Iraq e dell’Iran, a sud di Bagdad, alle foci del fiume formato dalla confluenza del Tigri con l’Eufrate, lo Šaṭṭ al-‘Arab, e nel Khūzestān, sulle rive del fiume Karun, dove vivono ancora ai giorni nostri i discendenti di un’antica religione gnostica. Il loro nome, Mandei, è la traduzione aramaico-orientale del greco Gnōstikoi: essi sarebbero cioè gli «Gnostici» per eccellenza. La sorgente luminosa è chiamata «acqua vivente del Giordano» che scaturisce dalla «prima grande luce», la fonte della gloria luminosa: questi epiteti designano tra i Mandei il nome segreto della «Madre» celeste: Aina usindirka, letteralmente «Sorgente e palma da dattero». Lei è la «matrice» (mandaico tanna < medio-persiano tan «corpo») di fuoco da cui procede l’acqua di vita, dilagante aspetto femminile della forza creatrice. È la Madre spermatica che si rivela in un trattato di Nag Hammadi, il «Tuono. La mente perfetta» (Brontē), nelle sembianze di «prostituta e santa», «vergine e maritata». Nel Ginzā, il testo sacro dei Mandei, ella battezza il Sōtēr Hibil-Zīwā («Abele-Splendore» = Seth) con le rilucenti acque dei 365 Giordani che compongono il mondo superiore: una figurazione che i Mandei condividono con l’iranica Ardvī Sūrā Anāhitā, la dea liquida padrona dello xvarənah, lo «splendore fiammeggiante»; il suo fiume che dalla cima del monte Hukairya, al centro dell’ecumene, scorre giù sino al «mare» onirico Vouru.kaša, contiene tanto xvarənah quanto tutte le acque della terra.
    [...]

    Miti gnostici che si leggono nel Pirandello de L’uomo dal fiore in bocca o ancora meglio nel Fu Mattia Pascal, versioni secolarizzate de Alice nel paese delle meraviglie: un sottile gioco di illusioni tra il Bian Coniglio e il più famoso White Rabbit psichedelico della pillola di Matrix, soglia verso il mondo immaginale di Malakūt, narrato nell’iranismo salottiero di Corbin e vissuto in quello militante del grande e inarrivabile Gianroberto Scarcia. Il Nabokov apocalittico di Lolita era forse ignaro di quanto si raccontava nella Protennoia Trimorphe di Nag Hammadi «Le tre forme della precognizione» (una delle possibili traduzioni): Barbelo, la Madre gnostica, discende nelle profondità del Caos ed è la prima a rendersi incomprensibile agli Arconti poiché reca in se stessa il mistero nel quale mondi e oblivioni si elidono. La finalità della catabasi è dimostrare che soltanto nella regione del pericolo è possibile trovare il «tesoro». Nella concezione gnostica l’uomo cade in balia di forze oscure e inafferrabili, diventa un mero involucro somatico, una prigione nella quale sono esiliate le particelle provenienti dalla vera realtà, il ‘Mondo della Luce’. È questo il «tesoro» che lo gnostico cela in sé. Un mito plasticamente effigiato dalla discesa del Redentore nelle acque terrene, fluido letale che vincola la luce al disordine cosmico. Una prospettiva sostanzialmente negativa dalla quale il «perfetto» gnostico, può paradossalmente emanciparsi proprio attraverso il rito battesimale, un rito che nella «Religione della Luce», il manicheismo, verrà completamente interiorizzato.

    [...] Implicita in questa pletora di gnosticismi è la metafora del trasfondersi di un’unica essenza luminosa nella molteplicità del divenire. L’apocalisse gnostica Zostriano (che il Riberi sta approntando per una inedita, prima, versione italica) definisce tale ricorrenza animica con il termine paroikesis, «trasmigrazione», corrispondente all’ebraico galut, «esilio» (da collegare all’ebraico gilgul, nel senso di un manifestarsi ciclico dell’anima). L’Uomo primigenio, l’Archanthrōpos, «cade», rimane fatalmente intrappolato nell’involucro somatico. Un importante testo gnostico trascritto e confutato da Ippolito di Roma, la «Predica dei Naasseni», descrive tale imprigionamento quale fatale frazionamento della Psychē originaria, sorgiva, nella caducità delle anime individuali.
    [...]

    La fine del peregrinare terreno avvolti nella tenebra e nella gnosi di Riberi si compie in una ‘nuova nascita’ in quell’embrione cosmico che Kubrick aveva rivelato al culmine della sua «Odissea», ormai cronologicamente bissata. Ma il corpo glorioso si è inevitabilmente mutato nel suo opposto, quello dipinto dall’«uraniano» e gnostico Oscar Wilde nel suo Dorian Gray: un’immagine che progressivamente si macula in sintonia con le blasfemie commesse. Ancora un iranismo gnostico: pare Wilde si fosse ispirato all’allora esotica visione dell’aldilà zoroastriano, secondo la quale dopo la morte al defunto apparirebbe una fanciulla, la Daēnā, il cui sembiante corporeo è sincronizzato sulle azioni, buone o cattive, compiute in vita. Le modificazioni corporee della Daēnā sono quindi l’esito di un percorso esistenziale: a buone azioni, pensieri e parole corrisponde un Corpo suadente; mentre al contrario se le azioni, i pensieri e le parole sono cattive, la Daēnā si trasforma in una orrenda megera da telepromozione.[...] Un antecedente demonico a questa condizione esistenziale era già in un trattato gnostico, la Parafrasi di Sēem, valentemente tradotto dal Riberi per le Edizioni Ester (L’Apocalisse gnostica della luce, Bussoleno [Torino] 2019). Secondo questo capolavoro della letteratura misterica all’inizio «vi erano la Luce e la Tenebra, e tra di loro vi era lo Spirito». Di queste tre «radici» la tenebra, forza di disordine e di fango originata dall’eterno elemento umido, in preda agli spasmi caotici del vento e del fuoco oscuro, era totalmente incosciente dell’esistenza di una potenza divina a lei superiore. Allora lo Spirito volse il suo sguardo in basso, verso le acque della tenebra: così, da questa «mescolanza», nelle acque del caos prese forma una immagine che è l’Intelletto della tenebra. Questo Intelletto oscuro altri non è che il Demiurgo omicida, l’Arconte signore di questo mondo, il Figlio bastardo della vita, il quale emerge dalle torbide acque del caos illuminando l’intero mondo infero, cioè l’Ade. Poi la «luce infinita» si manifestò allo Spirito nelle sembianze di un bimbo, un fanciullo di nome Derdekeas, il Redentore celeste, portatore della rivelazione salvifica. Più avanti si dice ancora che «la Luce dello Spirito era nella Natura», cioè nell’«utero cosmico» da cui è nato il mondo, in realtà è un’immagine che si è manifestata nelle acque sotto le sembianze di un essere mostruoso, di una bestia spaventosa ed orribile a vedersi, un drago dai mille inganni.

    C’è quindi nel libro di Riberi un intento universalistico, quasi una filastrocca che riporta ad uno stadio di sentire intuitivo: la gnosi è una immaginazione divina che si rifrange nelle menti individuali, schegge di un sapere antico, una conoscenza immemore che riappare qui e là nel corso del tempo e nei luoghi più impensati. [...]



     
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    In questa discussione abbiamo spesso trattato di curiosi personaggi. Eccone un altro :rolleyes:

    Nella foto un giovane Antonio Costantini, Dj di Radio Monte Carlo, conosciuto come Awanagana (dal film "Un americano a Roma" dove Sordi è Nando Mericoni, il barista infatuato degli USA che maneggia perfettamente la lingua della perfida Albione: "Polizia de Kansas City... orait orait... awanagana..." :D)

    20210623-221744


    Oggi lo ritroviamo (lo spoiler è solo per creare un minimo di effetto sorpresa :lol:) nel ruolo di...
    ... ambasciatore dell’Ordine dei Templari all’ONU e dal 2019 Segretario Generale del V.E.O.S.P.S.S, Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis.

    https://www.google.com/amp/s/www.savonanew...no-di-loro.html

    https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e...adio-124050.htm
     
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    CITAZIONE (Epi @ 4/10/2021, 22:43) 
    sa un po' di frullato di coriandoli...

    :lol:
    Si coraggiosa presa di posizione politica ma non presa a muzzo bensi nel momento giusto, infatti è stata fondata OSA (se non sbaglio le era stata offerta la presidenza): https://osaitalia.org/l-associazione/
     
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    Vabbè, sarà un caso :rolleyes:


    https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicol...n-caso/6356715/
     
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    CITAZIONE (Sun Yun @ 17/10/2021, 21:20) 

    Sarà un caso? Da decidere se figlio di ignoranza o malafede... :rolleyes:

    Mi tocca dar ragione a Belpietro e a Cacciari, chi l'avrebbe mai detto :D (comunque nessuna analisi sopraffina solo semplice buon senso).

    243228011-4537931459601815-5967634775220561341-n


    Poi c'è il Vernacoliere che meglio di tutti dà l'idea... :lol:

     
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