Severino: riflessioni, pareri, giochi di parole - cenere e legna - e paralleli

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  1. Ruhan
     
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    È letteratura se la si legge in modo destoricizzato e desocializzato come fa Severino che allora ha gioco facile a presentarsi(in stile neopositivista che molto ha influenzato il suo progetto in gioventù) come non-letteratura.

    Se togli alla filosofia il suo terreno sociale e storico in cui è nata e in cui ha operato, ecco che hai perso il fondamento stesso della filosofia e la stessa appare come un chiacchiericcio infondato sul più e sul meno. Allora arriva Severino e fornisce - al posto di un fondamento storico e sociale, ad esempio il declino della polis per Epicuro o lo scontro sociale crescente per Platone - un fondamento logico vuoto.

    La filosofia come genere letterario e divertimento è un mito. Kant non scriveva per divertirsi, ma per delegittimare le pretese normative e politiche della metafisica religiosa incarnata in storicissimi e concretissimi pretoni che giustificavano ideologicamente i vari signorotti tardofeudali.

    Hegel non giocava con le parole "reale" e "razionale". Per Hegel non tutto ciò che esiste è reale. È reale solo ciò che giunge a corrispondere al suo concetto(e quindi diventa razionale). E questa affermazione viene fatta nell'ambito della filosofia del diritto hegeliana: uno stato ingiusto non è ancora reale, é falso, perché non corrisponde al concetto razionale di stato giusto.

    Cartesio scava la distinzione anima e corpo solo perché si inserisce in un periodo in cui il potere ecclesiastico era ancora forte, nonostante l'affermarsi di realtà quali quella Olandese e dunque traduce metaforicamente il solco che si stava producendo tra scienze naturali(corpo) e metafisica religiosa, pur mantenendo un ruolo importante per la metafisica religiosa(espressa nel termine "anima").

    E potrei andare ancora avanti. Le categorie filosofiche vanno dedotte socialmente e storicamente o sono categorie vuote o chiacchiere, una filastrocca di opinioni.

    Non è "letteratura". Lo è se la si legge senza contesto storico e sociale. La filosofia è - come deve essere - "il proprio tempo appreso nel pensiero". E partendo dal proprio tempo appreso nel pensiero, la filosofia é ovviamente costretta a rivolgersi a "ciò che è ed è eternamente". Ad esempio: esiste una situazione di scontro sociale(proprio tempo appreso nel pensiero) e si capisce che in ogni tempo e luogo l'accumulo indefinito di ricchezze di alcuni porta alla distruzione del luogo comunitario(e questo è ed è eternamente). E questo è il tema, il cuore pulsante della maggior parte dei filosofi greci.

    Oppure: esiste un decadimento di ogni fondamento veritativo e la sua sostituzione con il relativismo(proprio tempo appreso nel pensiero) e questo è bene da una parte, ma dall'altra rende privi di difese nei confronti di possibili fondamenti totalizzanti e di moda, ad esempio il talebanismo del politicamente corretto, quindi va trovato un nuovo fondamento veritativo, di nuovo tipo, aperto come aperta è la natura umana(e questo pericolo è ciò che è ed è eternamente, ma anche la concezione antropologica che viene fuori da questa mia frase ha la pretesa si candidarsi come "ciò che è ed è eternamente").

    Che poi questo venga reso in modo più o meno astratto, questa è una scelta del singolo filosofo. La filosofia tratta in astratto temi concretissimi e questo per poterli meglio ricondurre a "ciò che è ed è eternamente". Infatti puoi benissimo tentare di vedere in quali concetti via via più astratti sono contenuti concetti concretissimi(ad esempio il concetto concretissimo di "società attuale" è contenuto nel concetto astratto di "attualmente esistente" o di "totalità attuale") e così operare in astratto ciò che in concreto risulterebbe meno chiaro(anche per i posteri che non avrebbero subito presenti molti riferimenti che solo un contemporaneo del filosofo potrebbe conoscere e così tali posteri finirebbero per ignorare i contenuti eternamente veri di un sistema perché sepolti da quelli validi solo per la contemporaneità del filosofo studiato).

    Poi puoi essere come Rorty e negare quel "cio che è ed è eternamente", ma inconsapevolmente - come fa Rorty - dire cose che hanno tutta la pretesa(nascosta con mille sbrodolamenti retorici) di candidarsi come affermazioni circa "ciò che è ed è eternamente". :lol:
    O - sempre come Rorty - fare filosofia esattamente come tutti e chiamarla dopo-filosofia per vendere qualche libro in più nel dopo-lavoro.

    I filosofi hanno sempre operato in tale maniera(come nei miei due esempi). Letteratura? Se si vuole si può anche intenderla come una forma molto chiara e concettuale di letteratura, ma questo se e solo se la letteratura stessa viene intesa come "proprio tempo appreso nel pensiero" ed esposizione di "ciò che è ed è eternamente". Anche l'Arte ha un contenuto veritativo(conoscenza+valutazione della totalità), ma lo esprime tramite immagini. La filosofia lo esprime tramite il concetto stesso e le immagini sono solo facilitazioni per comunicare - ancora - concetti. Tutto qui.

    La filosofia non socialmente e non storicamente condizionata non esiste nemmeno nelle asettiche lande della filosofia analitica. Anzi. Più una filosofia é inconsapevole di essere socialmente e storicamente condizionata e meno si difende da condizionamenti dannosi, meno li riconosce e più è condizionata. Severino è l'esempio lampante di ciò. Finissimo nella vivisezione dei sistemi altrui. Ingenuo nella esposizione del suo.

    Senza partire dal proprio tempo appreso nel pensiero non è possibile - per contrasto - giungere ad affermazioni "eterne". Umanissime, ma eterne. :D

    Edited by Ruhan - 22/1/2020, 19:17
     
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