Severino: riflessioni, pareri, giochi di parole - cenere e legna - e paralleli

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  1. Sun Yun
     
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    Sat cit ananda :rolleyes:
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 3/2/2020, 18:53) 
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    Sarà un po' come il suono di una mano sola :lol:

    Mha :lol: per Severino la Gioia è già coglibile discorsivamente e incontrovertibilmente. … Sono proprio due mondi differenti, ma con intenti simili.

    Certo. E con quel "sarà un po' come..." premiavo proprio l'intento :lol:

    CITAZIONE
    […] Ma allora vuol dire che nella Gioia visualizzeremo ogni contenuto come se (perché appunto così è) non fosse tutti gli altri. Ovvero il povero Giordano Bruno visualizzerà il suo essere sul rogo e sopporterà quelle pene eternamente ben sapendo che quel contenuto non è tutti gli altri(magari più piacevoli). Ogni contenuto nega tutti gli altri, dunque la loro apparizione è un vedere un contenuto negante ogni rapporto positivo con gli altri contenuti. E che Gioia ne segue? […] Non sarà invece una dannazione eterna? :lol:

    Non so che Gioia avesse in testa Severino… :rolleyes: anche se scriveva: “Gioia non è la felicità, che è sempre una volontà soddisfatta. La Gioia, invece, è infinitamente più alta. Non è volontà, ma eliminazione di ogni contraddizione.”
    Ma qui seguendo il tuo ragionamento saremmo punto a capo... :D io direi allora che a Severino è mancata la conoscenza dei tre modi in cui si manifesta l''energia': 'tsel' (t. rtsal), 'rolpa' (t. rol.pa) e 'dang' :lol:

    Comunque a parte le impossibili contaminazioni, nella sua costruzione gli influssi (di riflessione) oriental-parmenidei sono stati fortissimi (e lo sappiamo bene). Scriveva:

    “La posizione di Parmenide è singolare perché è anche il punto di maggiore contatto con l’Oriente.[…] La soluzione radicale di Parmenide è questa: il divenire non minaccia più, non può essere nocivo perché non esiste. […] Tutto l’angosciante, tutto il terribile, tutto l’orrendo del mondo è illusione; questo è il senso della doxa di Parmenide. Ebbene questa è anche la strada percorsa dall’Oriente: i Veda, le Upanishad, la ripresa buddista del bramanesimo sono tutti grandi motivi che convergono su questo punto: l’uomo è infelice perché non sa di essere felice, perché non sa che il dolore è al di fuori di lui, e che lui è un puro sguardo che non è contaminato dal dolore che gli passa innanzi, così come lo specchio non è contaminato dall’immagine che si riflette in esso…”.

    O la citazione del post precedente:

    “Se siamo nella non verità, alla verità non potremo mai arrivare. O si è originariamente nella verità, oppure alla verità non si arriva.
    Se c'è verità è perché noi ci siamo originariamente dentro, non perché usiamo delle scale, dei cammini, dei sentieri, che, in quanto percorsi al di fuori della verità, non ci portano assolutamente a destinazione.”


    Quasi quasi, avrebbe potuto dirla Nisargadatta :lol:
     
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    CITAZIONE (laissez-faire @ 3/2/2020, 17:55) 
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    “... Gioia, invece è ... alta.”

    Aveva i capelli biondi oppure era mora? ... Quindi Gioia era una donna o una escort?

    Se sia bionda o mora non si sa, neppure se è una escort, però come ho evidenziato sopra... sappiamo perlomeno che è alta :lol:
     
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  4. Sun Yun
     
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    CITAZIONE (Epi @ 3/2/2020, 22:10) 
    CITAZIONE (laissez-faire @ 3/2/2020, 17:55) 
    Aveva i capelli biondi oppure era mora? ... Quindi Gioia era una donna o una escort?

    Se sia bionda o mora non si sa, neppure se è una escort, però come ho evidenziato sopra... sappiamo perlomeno che è alta :lol:

    Sempre la medesima gioia è, da non confondersi con l'effimero soddisfacimento animale dei propri istinti.
    Come afferma il Mahasukkiatantra, il testo su cui si basa la pratica della famosa Suor Dentona:
    "La Nanda gioia è innata, nella patata." :P
     
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    Per non parlare della verità (secondo Andreotti :lol:)

    Andrea-Pazienza-La-verit
     
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    L'eternità e il cannolo

     
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    Severino parte da una fede indimostrata invece: ovvero che la realtà ultima e la logica siano coincidenti e riduce l'intera realtà a sintassi.

    Un po' l'obiezione di Vattimo in questo botta e risposta:
    https://emanueleseverino.com/2019/07/10/se...a-vasco-ursini/

    Secondo Vattino il discorso di Severino sull'assurdità del divenire non sarebbe altro che "una metafisicizzazione di regole logiche".
    Severino risponde: "Sarebbe il caso di discutere questa tua concezione della logica (tua e di altri): se la logica viene intesa in questo modo, allora certamente seguono le conseguenze che hai indicato. ... Qui siamo nel cuore di una "logica" che non è quella linguistica, né quella delle scienze."

    Né linguistica, né scientifica! Nel cuore di quale "logica" siamo allora, secondo Severino? Quella filosofica? Qui però siamo davvero al koan :lol:
     
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    Comunque a parte le impossibili contaminazioni, nella sua costruzione gli influssi (di riflessione) oriental-parmenidei sono stati fortissimi (e lo sappiamo bene).

    Sì, ammesso Parmenide abbia scritto il suo famoso Poema con quegli intenti o - sarò conciliante - esclusivamente con quegli intenti da piccolo buddha di Elea. Io credo che Parmenide non abbia mai avuto intenti di carattere propriamente mistici se non nella misura in cui per un pitagorico(come era Parmenide) questioni simil-religiose/esoteriche vanno completamente in parallelo con questioni politiche(gestione della polis basata su precisi rapporti numerici etc. etc.) e dunque parlare di una cosa equivale a parlare dell'altra, parlare della verità equivale a parlare del come le cose devono - veramente, in verità - stare nella polis. Nel caso di Parmenide: la costituzione pitagorica di Elea essendo rispecchiamento della verità non può essere negata, perché essa rispecchia l'essere e l'essere non può non-essere; il non-essere è tutto ciò che afferma il contrario rispetto a quell'essere concepito come sempre identico - basato su rapporti numerici eterni - e totale/sferico. Tuttavia in Parmenide questo non è espresso in modo secolare come in un trattato politico moderno, ma fornendo le ragioni del perché tale costituzione - se rispecchia l'essere che mai diviene altro da sé, mai cambia rapporti numerici - non possa cambiare, non possa divenire-altro. E tali ragioni vengono espresse - dal legislatore Parmenide - dando un quadro molto ampio del tipo di concezione cosmico/naturale, gnoseologica e anche religiosa del Parmenide stesso. Concezione in cui in mille rimandi e rispecchiamenti, tutto coincide con quell'essere totale/sferico(il termine "sferico" indica la totalità); ogni cosa - non solo la costituzione - non diviene realmente, perché tutto - costituzione pitagorica compresa - fa parte di quell'unico essere totale non divisibile in parti e non diveniente e fissare lo sguardo sulla testimonianza dei sensi ci porta all'illusione che l'essere sia spezzettato e divenga. Bisogna quindi fissare lo sguardo della ragione per vedere la verità, ovvero l'essere unico, indivisibile e non diveniente. Quello di Parmenide è un grande trattato su tutto lo scibile, in cui - per via del contesto pitagorico in cui scrive Parmenide e il suo ruolo di legislatore - è ragionevole pensare entrino in circolo anche rimandi alla questione della polis metaforizzate qua e là e nascoste in mezzo a tutto il testo anche se in modo molto meno esplicito di Eraclito(non è un caso, spesso chi "detiene" il potere nasconde in discorsi teologici o metafisici delle affermazioni politiche, mentre gli "oppositori" - come era Eraclito - tendono ad essere più espliciti, non nascondendo eccessivamente gli intenti).

    Ma detto questo, a me interessa il Parmenide metafisico qui. Il suo discorso è sensato, molto sensato, perché rinvia il vero ad un'unità sostanziale che spazza via lo spezzettamento cui espone la via illusoria dei sensi.

    Invece Severino spezzetta tutto, ogni singola illusione(per Parmenide) diventa una sostanza. Questo porta ad una serie di contraddizioni che ho elencato prima.

    La contestazione di Vattimo è sensata. La risposta di Severino è retorica. Sta cercando di spacciare la logica di cui parla Vattimo come una logica solo linguistica e non ontologica(diversa dalla sua che invece è ontologica), peccato che Vattimo contesti la logica ontologica stessa riducendola a semplice logica linguistica. Insomma, Severino non spiega come faccia una logica ad essere anche ontologica, ma si limita ad avvitarsi in una affermazione apodittica: "nonostante la contestazione di Vattimo, la logica ontologica esiste e Vattimo parla di una logica solo linguistica!" Ma va? :lol: Certo che per Vattimo è linguistica, ma è SOLO linguistica e argomenta a proposito di questo non estendersi della logica nel campo ontologico. Severino invece ignora, finge di non vedere questo argomento("logica è solo linguistica e non ontologica"), e finge di vedere al suo posto questo argomento in Vattimo: "la mia logica è linguistica e mannaggia non riesce ad estendersi all'ontologia" :lol:
    Un retore furbacchione il signor Severino :D

    Ovviamente c'è un modo per estendere la logica all'ontologia ed è all'interno del mondo umano/antropologico/storico/sociale in cui logica e ontologia coincidono(soggetto e oggetto, prassi e prodotto della prassi).
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 9/2/2020, 01:14) 
    ... sarò conciliante ...

    Devi esserlo, sei tu che hai aperto il topic parlando di riflessioni, pareri, paralleli... se no abbiamo già finito! :lol:

    Il tuo sguardo filosofico è chiaro: la filosofia non può essere destoricizzata e desocializzata e come Preve credi che non esista "dimostrazione" in filosofia (ma non riduci tutta la filosofia a semplice metafora politica e sociale). Non sopporti i manuali gnoseologico-centrici, quelli che danno una teoria della conoscenza depurata da ogni altro fine. La filosofia è ovviamente costretta a rivolgersi a "ciò che è ed è eternamente" ma partendo dal "proprio tempo appreso nel pensiero" (non come fa Severino! :D).

    Bisogna però provare ad osservare da qualche altro punto di vista. Se da tutti o quasi i colleghi dell'accademia Severino viene considerato un gigante della filosofia (perlomeno in Italia e non solo perché è stato un grande "pensatore" (?) o per i suoi scritti filosofici più legati alla tecnica, che non possiamo distaccare dall'"eterno"...), aprono master sul dopo vita, etc., o i filosofi italiani sono degli ipocriti oppurtunisti e il milieu culturale un brodo di coglionazzi (potrebbe essere :D) oppure è necessario interrogarsi sul perché di tale unanime riconoscimento e risonanza anche fuori dall'accademia.
    Oltre che una questione filosofica io qui ne sto facendo una questione psico-antropologica... può essere utile vedere se viene fuori qualche altra tangenza.

    CITAZIONE
    La contestazione di Vattimo è sensata. La risposta di Severino è retorica. Sta cercando di spacciare la logica di cui parla Vattimo come una logica solo linguistica e non ontologica (diversa dalla sua che invece è ontologica) ... Severino non spiega come faccia una logica ad essere anche ontologica

    Questo si è evidenziato da subito ad inizio topic ma non possiamo risolverla parlando solo di retorica (anche se è l'elemento che pare più evidente a me non basta). Mi piacerebbe chiedere vis-à-vis a Severino, cosa è questa logica ontologica (nel post precedente ho scritto "logica filosofica" tanto sappiamo che per Severino la filosofia è ontologia :rolleyes:).
    Comunque il dialogo tra Severino e Vattimo si conclude così:

    Vattimo: "Bene, al momento di chiudere questa conversazione si rafforza l'impressione che non siamo d'accordo quasi su niente ... Ma queste nostre differenze sono eterne? Ci sono? Fanno parte dell'essere?"
    Severino: "Alle domande di Vattimo rispondo certamente di sì."

    :lol:
     
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    Ho la risposta!

    Severino è un folle visionario che propone una visione salvifica non verificabile ma fondata logico-ontologicamente! :woot:
    Per quello piace! :lol:

    << I nostri morti ci aspettano. Ora sono degli Dèi. Per ora stanno fermi nella luce. Come le stelle fisse del cielo.
    Poi, quando la vicenda terrena dell’uomo sarà giunta al proprio compimento, sarà necessario che ognuno faccia esperienza di tutte le esperienze altrui e che in ognuno appaia la Gioia infinita che ognuno è nel profondo.
    Essa oltrepassa ogni dolore sperimentato dall’uomo.
    Siamo destinati a una Gioia infinitamente più intensa di quella che le religioni e le sapienze di questo mondo promettono. Nel Requiem cristiano si chiede — si chiede! — che nei morti risplenda la luce perpetua e si chiede che riposino in pace. Ma questo è inevitabile, è necessario che in loro quella luce risplenda e illumini qualcosa di infinitamente più alto di Dio. Non è chiesta: è il nostro destino. E non riposeremo «in pace». In pace riposano i cadaveri. Lasciandosi alle spalle il dolore e la morte, quella luce mostrerà all’infinito una Gioia sempre più infinita.
    C’è bisogno di avvertire che, di quanto qui mi limito ad asserire, i miei scritti mostrano la necessità e il significato autentico di questa parola e della stessa «autenticità»? >>

    https://giuliomaggiore.wordpress.com/2016/...o-degli-eterni/
     
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  11. diavolotto
     
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    CITAZIONE (Sun Yun @ 2/2/2020, 11:44) 
    A me non importa se un filosofo ha copiato la sua filosofia, l'ha inventata, sia vera o non sia vera, mi interessa sempre l'uomo che c'è dietro, le forze che ha servito nella sua vita e la misura di libertà che ha conquistato. :rolleyes:

    a me invece interessa la misura di prigionia che uno può sopportare. l'assenza di libertà di azione che uno può sopportare.

    il non poter fare nulla.
    il non poter sapere nulla.
    il non poter copiare nulla.

    liberta, gioia, beatitudine.
    tutte parole da buttare nel cesso.
     
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  12. Sun Yun
     
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    Ma non te lo diceva il tuo amico Krishna che la mente è un mito?
    E tu c'hai tutti sti miti negativi che ti devo dire, sono più divertenti quelli che si spanciano dalle risate che hanno dei miti positivi :lol:
     
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    Devi esserlo, sei tu che hai aperto il topic parlando di riflessioni, pareri, paralleli... se no abbiamo già finito! :lol:

    Intendevo conciliante verso la tesi di Severino, non parlavo di te. :lol:

    CITAZIONE
    Bisogna però provare ad osservare da qualche altro punto di vista. Se da tutti o quasi i colleghi dell'accademia Severino viene considerato un gigante della filosofia (perlomeno in Italia e non solo perché è stato un grande "pensatore" (?) o per i suoi scritti filosofici più legati alla tecnica, che non possiamo distaccare dall'"eterno"...), aprono master sul dopo vita, etc., o i filosofi italiani sono degli ipocriti oppurtunisti e il milieu culturale un brodo di coglionazzi (potrebbe essere :D) oppure è necessario interrogarsi sul perché di tale unanime riconoscimento e risonanza anche fuori dall'accademia.
    Oltre che una questione filosofica io qui ne sto facendo una questione psico-antropologica... può essere utile vedere se viene fuori qualche altra tangenza.

    Forse mi sono spiegato male. Io considero Severino un gigante e chiunque voglia praticare la filosofia deve confrontarsi con questo gigante.

    Il problema che pone è sensato metaforicamente? Certo. Non considero - come invece fa Preve - la filosofia una specie di filosofia politica e basta. Considero la riflessione metafisica assolutamente legittima e infatti tutte le mie maggiori contestazioni verso le soluzioni portate da Severino sono metafisiche e non politiche o storico-critiche.

    La mia contestazione della fede da cui parte Severino(coincidenza tra linguaggio e realtà ultima) non vuole essere una liquidazione delle riflessioni severiniane, ma solo una liquidazione del concetto(secondo me errato) di una metafisica "incontrovertibile" e "dimostrata" alla maniera di un teorema geometrico. Questo lo contesto.

    Poi contesto la soluzione parcellizzante(le sostanze diventano infinite) e di conseguenza lo spostare il divenire dal piano illusorio dei sensi al piano metafisico degli eterni(contraddizione assurda in cui cade Severino).

    Ma non contesto la sua importanza. Bisogna prenderlo molto sul serio - se si vuole fare filosofia, almeno in Italia - e infatti io lo faccio.

    La contestazione della destoricizzazione è legata al fatto che Severino elimina il dato storico e sociale. Ma sono ben lontano dal pensare - come Preve - che sotto sotto tutti i filosofi abbiano solo parlato di politica per quanto fondandola ontologicamente e mai di altro. :lol:

    CITAZIONE
    Mi piacerebbe chiedere vis-à-vis a Severino, cosa è questa logica ontologica (nel post precedente ho scritto "logica filosofica" tanto sappiamo che per Severino la filosofia è ontologia :rolleyes:).

    Per dirlo dovrei dilungarmi troppo, ma ti posto un video che ti servirà a capire molto della questione. Ascolta in particolare l'intervento del grande Carlo Sini. Dice tutto secondo me.



    Io credo esista una "logica ontologica" nei discorsi metafisici, ma sia depotenziata, meno incontrovertibile di come sostiene Severino. La coincidenza logica/ontologia c'è, ma è una logica che quasi-coincide, ma non coincide del tutto: puoi dire il succo, ma mai in modo incontrovertibile alla maniera dei sistemi geometrici. E in fondo anche Vattimo è costretto ad usarla questa logica ontologica. Non mi pare che Vattimo sia un filosofo analitico.

    Invece penso che nel campo storico/sociale/antropologico la coincidenza(logica/ontologia) sia più forte, molto più forte.

    CITAZIONE
    << I nostri morti ci aspettano. Ora sono degli Dèi. Per ora stanno fermi nella luce. Come le stelle fisse del cielo.
    Poi, quando la vicenda terrena dell’uomo sarà giunta al proprio compimento, sarà necessario che ognuno faccia esperienza di tutte le esperienze altrui e che in ognuno appaia la Gioia infinita che ognuno è nel profondo.
    Essa oltrepassa ogni dolore sperimentato dall’uomo.
    Siamo destinati a una Gioia infinitamente più intensa di quella che le religioni e le sapienze di questo mondo promettono. Nel Requiem cristiano si chiede — si chiede! — che nei morti risplenda la luce perpetua e si chiede che riposino in pace. Ma questo è inevitabile, è necessario che in loro quella luce risplenda e illumini qualcosa di infinitamente più alto di Dio. Non è chiesta: è il nostro destino. E non riposeremo «in pace». In pace riposano i cadaveri. Lasciandosi alle spalle il dolore e la morte, quella luce mostrerà all’infinito una Gioia sempre più infinita.
    C’è bisogno di avvertire che, di quanto qui mi limito ad asserire, i miei scritti mostrano la necessità e il significato autentico di questa parola e della stessa «autenticità»? >>

    Conosco. :lol: è cristianesimo, meno affascinante del cristianesimo e meno coerente del cristianesimo. Molto meglio il "perché Dio sia tutto in tutti" della Prima lettera ai Corinzi, capitolo 15, versetto 28. È più coerente, più parmenidea. Parmenide infatti aveva inteso qualcosa(e Spinoza fu capace di andare in quella strada, pur con tutti i suoi problemi necessitaristi) che Severino ha perso per la strada: la sostanza è una sola. Severino moltiplica le sostanze e non spiega 1) come sia possibile che i significati singoli(nel loro significato singolo, "isolato") possano apparire in una totalità, un significato totale e altro(apparire infinito, gioia) che stravolge il loro significato singolo e isolato(lo nega) e 2) come sia possibile che le cose - se non possono divenire - però divengano apparenti fintamente e poi smettano di esserlo(la qualità dell'apparire come modi finiti viene negata e questo è assurdo per Severino). Altro che "qualcosa di infinitamente piú alto di Dio". Io vedo - anzi - qualcosa di infinitamente più contraddittorio e piccolo del "Dio in tutto e tutti" cristiano che assicura invece un rifugio dall'illusione del finito. Severino vorrebbe recuperare questo rifugio dal finito, pigliandolo a forza dal cristianesimo, pur essendo questo elemento totalmente in contraddizione con tutto il suo sistema; come dicevo prima: è impossibile - se si segue l'impianto del sistema severiniano - che i significati singoli(nel loro significato singolo e isolato) possano apparire in una totalità - l'apparire infinito, la gioia - che stravolge il loro significato singolo e isolato e quindi lo nega, il che è il divenire contro cui Severino costruisce la sua macchina da guerra imponente quanto incompleta. Io credo Severino se ne sia accorto, ma abbia - anche con abilità - lasciato correre.
     
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  14. diavolotto
     
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    io non li capisco quelli che cercano di spiegari agli altri cosa c'è dopo la morte.

    in questo modo uccidono la fede.

    ogni uno ha da vedere da se che c'è dopo la morte, passandoci attraverso, senza deviare, senza sperare, senza idee preconcette.

    la fede è guardare in faccia la morte. ed è una faccenda personale. non è qualcosa che si può condividere con altri.

    io la penso così.
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 9/2/2020, 23:38) 
    Intendevo conciliante verso la tesi di Severino, non parlavo di te. :lol:

    Ma certo, intendevo Severino. Ormai la (tua) pars destruens l'avevi ben argomentata :D

    CITAZIONE
    Forse mi sono spiegato male. Io considero Severino un gigante e chiunque voglia praticare la filosofia deve confrontarsi con questo gigante.

    No, non ti eri spiegato male ma era un po' tra le righe… ho pensato fosse bene chiarirlo del tutto :lol:

    CITAZIONE
    CITAZIONE
    cosa è questa logica ontologica …

    CITAZIONE
    ... ti posto un video che ti servirà a capire molto della questione. Ascolta in particolare l'intervento del grande Carlo Sini. Dice tutto secondo me.
    www.youtube.com/watch?v=01wBjB1jMro

    Grazie, lo ascolto.

    CITAZIONE
    … è cristianesimo, meno affascinante del cristianesimo e meno coerente del cristianesimo. Molto meglio il "perché Dio sia tutto in tutti" della Prima lettera ai Corinzi, capitolo 15, versetto 28. È più coerente, più parmenidea.

    Sì, ricorda il cristianesimo, però c'è qualcos'altro che non ho messo a fuoco (dovrei leggermi Severino per filo e per segno ma non ne ho nessuna voglia :rolleyes:) quindi lo lascio lì nell'aria e chissà che a forza di battere... esca qualcosa dal cerchio dell'apparire :lol:

    Edited by Epi - 10/2/2020, 12:47
     
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156 replies since 22/1/2020, 03:22   3212 views
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