Near-Death-Like Experiences

Un articolo di E. Facco e C. Angrillo

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    CITAZIONE (Ptaah @ 22/3/2024, 19:54) 
    Le NDE possono essere classificate in 2 gruppi: quelle con una struttura standard, e quelle in cui si vedono scenari simili alla religione/cultura/tradizione in cui si è cresciuti.

    Nel primo caso potrebbe esserci qualcosa di metafisicamente vero riguardo il post-morte.

    Nel secondo caso penso si possa affermare senza problemi che siano solo allucinazioni. Si potrebbe obiettare che "ognuno vede il suo aldilà" in stile Moon Knight :lol: ma in tal caso si può rispondere semplicemente che ci deve essere una struttura "standard" necessaria sottostante nel caso in cui non si abbia una cultura ben formata sull'argomento. E dunque si ritorna al primo caso.

    Ad ogni modo ritengo che non ne sappiamo abbastanza: dunque vanno studiate molto di più e con maggior rigore. Con massima obiettività, senza pregiudizi nè fanatismi.

    Concordo sulla necessità di ulteriori studi sul tema, ma dalla prospettiva quanto meno del buddhismo pāli credo si possa sostenere che, quali che siano le visioni di cui si faccia "esperienza", un praticante avanzato, se possibile, dovrebbe osservarle con quel distacco espresso dalla formula canonica "questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé". Ciò a motivo del fatto che, per quanto straordinarie possano essere, si tratta in ogni caso di manifestazioni delle capacità della mente condizionata: non sono l'incondizionato, non sono l'assoluto, non sono la realtà ultima.

    Peraltro, secondo la posizione "ortodossa" del Theravāda, la rinascita è istantanea: alla "coscienza del trapasso" (cuti-citta) segue immediatamente la "coscienza della connessione di rinascita" (paṭisandhi-citta), per cui non vi sarebbe un periodo più o meno lungo in uno stato intermedio tra la morte e la rinascita, il cosiddetto antarābhava. Ma, ammettendo per ipotesi che invece esista, dovrebbe valere quel che ho detto: distacco e piena comprensione della natura condizionata delle visioni.

    Del resto, un praticante avanzato già in vita conosce le formidabili capacità della mente condizionata, come quando, presenti le giuste condizioni, essa permette la manifestazione di quella replica mentale luminosa e pura dell'oggetto di meditazione nota come paṭibhāga-nimitta, accompagnato nel primo jhāna da estasi (pīti) e profonda felicità (sukha): non si tratta di meri fattori mentali, ma di fattori mentali che hanno un forte riverbero fisico, tant'è vero che in un passaggio delle Theragāthā si dice che pītisukha dà l'impressione che il corpo fluttui, come cotone al vento. Dunque, la percezione del corpo nello spazio, di quella che tecnicamente si chiama "propriocezione", viene alterata, ma il praticante ideale dev'essere come Sāriputta nell'Anupada-sutta, dove viene lodato per la sua capacità di discernere uno per uno i fattori dei vari jhāna, conoscendoli al loro sorgere, permanere e svanire, senza attaccamento né avversione. Con salda convinzione, occorre dire anche di questi stati sublimi "questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé": niente, tanto del condizionato quanto di quell'unico incondizionato che è il nibbāna, può esser detto "io", "mio" o il "sé". Tutto è non-sé: sabbe dhammā anattā.

    Addestrandosi con questo esercizio di totale disidentificazione, tanto dalle esperienze ordinarie quanto da quelle di stati alterati di coscienza come sono i jhāna, eventuali visioni nelle NDE non dovrebbero dare adito a interpretazioni di tipo metafisico, circa realtà trascendenti o simili.

    Questa è soltanto la mia fallibile opinione.

    Edited by Fantasia - 3/4/2024, 19:01
     
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    CITAZIONE (Fantasia @ 3/4/2024, 17:43) 
    CITAZIONE (Ptaah @ 22/3/2024, 19:54) 
    Le NDE possono essere classificate in 2 gruppi: quelle con una struttura standard, e quelle in cui si vedono scenari simili alla religione/cultura/tradizione in cui si è cresciuti.

    Nel primo caso potrebbe esserci qualcosa di metafisicamente vero riguardo il post-morte.

    Nel secondo caso penso si possa affermare senza problemi che siano solo allucinazioni. Si potrebbe obiettare che "ognuno vede il suo aldilà" in stile Moon Knight :lol: ma in tal caso si può rispondere semplicemente che ci deve essere una struttura "standard" necessaria sottostante nel caso in cui non si abbia una cultura ben formata sull'argomento. E dunque si ritorna al primo caso.

    Ad ogni modo ritengo che non ne sappiamo abbastanza: dunque vanno studiate molto di più e con maggior rigore. Con massima obiettività, senza pregiudizi nè fanatismi.

    Del resto, un praticante avanzato già in vita conosce le formidabili capacità della mente condizionata, come quando, presenti le giuste condizioni, essa permette la manifestazione di quella replica mentale luminosa e pura dell'oggetto di meditazione nota come paṭibhāga-nimitta, accompagnato nel primo jhāna da estasi (pīti) e profonda felicità (sukha): non si tratta di meri fattori mentali, ma di fattori mentali che hanno un forte riverbero fisico, tant'è vero che in un passaggio delle Theragāthā si dice che pītisukha dà l'impressione che il corpo fluttui, come cotone al vento. Dunque, la percezione del corpo nello spazio, di quella che tecnicamente si chiama "propriocezione", viene alterata, ma il praticante ideale dev'essere come Sāriputta nell'Anupada-sutta, dove viene lodato per la sua capacità di discernere uno per uno i fattori dei vari jhāna, conoscendoli al loro sorgere, permanere e svanire, senza attaccamento né avversione. Con salda convinzione, occorre dire anche di questi stati sublimi "questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé": niente, tanto del condizionato quanto di quell'unico incondizionato che è il nibbāna, può esser detto "io", "mio" o il "sé". Tutto è non-sé: sabbe dhammā anattā.

    Addestrandosi con questo esercizio di totale disidentificazione, tanto dalle esperienze ordinarie quanto da quelle di stati alterati di coscienza come sono i jhāna, eventuali visioni nelle NDE non dovrebbero dare adito a interpretazioni di tipo metafisico, circa realtà trascendenti o simili.

    Questa è soltanto la mia fallibile opinione.

    Confermo nell'esperienza del primo jhāna mi sembrava di essere leggero e a tratti di fluttuare...
     
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    Mi trovo ben d'accordo con Fantasia. Forse ho solo sbagliato a usare il termine "metafisico", sarebbe stato più corretto dire "oggettivo" (nel senso che esiste la rinascita a tutti gli effetti, il corpo sottile, etc.)
     
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