Buddhismo e cristianesimo. Differenze inconciliabili.

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    Premetto che questo post potrebbe risultare un po' controverso, ma è qualcosa su cui sto pensando da un po' di tempo.

    Ho notato da un po' di tempo negli ambienti buddhisti questa volontà che hanno alcuni di tracciare parallelismi tra la dottrina buddhista e quella cristiana, cercando in qualche modo di far apparire le due tradizioni come simili o addirittura complementari, come se in fondo non ci fosse molta differenza tra quello che insegnava il Buddha e quello che nei vangeli è attribuito a Gesù Cristo. A tal proposito ho anche letto il libro di Tich Nath Han Buddha vivente Cristo vivente, in cui l'autore cerca di mettere in parallelo gli insegnamenti delle due religioni. Secondo me, questo è un approccio sbagliato e tra il cristianesimo e il buddhismo vi sono differenze che non possono essere conciliate.

    Innanzitutto non vedo la necessità di mettere in parallelo due tradizioni spirituali così profondamente diverse tra di loro, nate in epoche e contesti culturali estremamente diversi e con finalità completamente differenti. E' sicuramente sentato mettere in parallelo il cristianesimo con l'ebraismo e l'islam, ma non col buddhismo.

    Vi sono sicuaremente alcuni punti etici su cui la via del Buddha e l'insegnamento di Cristo convergono, come quello della misericordia e dell'amore, ma vorrei far notare che anche negli ambienti non religiosi si parla di misericordia e amore per il prossimo, non solo all'interno di tradizioni religiose. Senza contare che mentre Cristo predicava l'amore verso il prossimo, il Buddha insegnava ad amare tutti gli esseri sensibili, anche animali e piante, non solo le persone.

    Proprio a proposito del detto evangelico: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19), vorrei far notare che sono molti gli esegeti che negano il valore universale attribuito a tale detto. Il Gesù storico era un ebreo e predicava agli ebrei, e come tale è molto probabile che credesse nella superiorità etnica che il popolo ebraico si attribuiva al di sopra dei popoli pagani. Quindi è decisamente probabile che con l'espressione "tuo prossimo", il Gesù storico intendesse solo ed esclusivamente gli ebrei, e non anche i pagani. Tale è tra l'altro il senso della stessa espressione in Levitico 19,18. A sostegno di questa ipotesi si possono citare i passi evangelici in cui il Cristo snobba completamente i pagani, affermando: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele» (Mt 15,24). E' possibile che il valore universale a questo comandamento fu aggiunto in seguito quando, in seguito all'opera evangelizzatrice di Paolo di Tarso, anche i non ebrei vennero accettati all'interno della comunità cristiana. Però vorrei ricordare come all'inizio non fu così, bensì soltanto agli ebrei era permesso convertirsi al messaggio di Gesù all'interno della comunità*.

    Un'ulteriore problematica è data dal fatto che noi non sappiamo chi fosse realmente il Gesù storico, dato che i vangeli ci presentano chiaramente una visione completamente rielaborata della sua figura, alla luce della fede che avevano in lui gli autori degli stessi. Secondo molti studiosi il Gesù storico era, con tutta probabilità, un predicatore apocalittico che predicava l'avvento di un "regno di Dio" politico che riportasse ai fasti originari il regno di Davide e Salomone. Egli era considerato dai sui discepoli il messia, ossia colui che avrebbe dovuto regnare su Israele in quanto discendente di Davide. Solo successivamente il "regno di Dio" politico predicato dal Cristo è stato reinterpretato come un "regno di Dio" spirituale, ossia dopo la distruzione di Gerusalemme a opera dei romani nel 70 d.C.

    Anche tralasciando questi dati storici, c'è da considerare come la dottrina cristiana tradizionale e la dottrina buddhista divergano su molti aspetti in modo inconciliabile. Iniziamo con le finalità perseguite dalle due pratiche religiose. Il buddhismo ha come finalità la liberazione da dukkha, invece il cristianesimo ha come finalità il riconciliamento dell'essere umano con un Dio irato. Nel cristianesimo la liberazione dalla sofferenza è la conseguenza del riconciliamento dell'uomo con Dio e avverrà nel paradiso o nella nuova terra che Dio creerà una volta che Cristo sarà ritornato in gloria. Secondo il buddhismo la liberazione dalla sofferenza è possibile qui e ora in questa vita, attraverso la pratica, e non bisogna aspettarla come una speranza in una vita futura. Secondo il cristianesimo la liberazione dalla sofferenza è una grazia divina, secondo il buddhismo essa è il risultato della pratica e degli sforzi del praticante. Secondo il cristianesimo la sofferenza è il prodotto dell'allontanamento dell'umanità da Dio Padre. Secondo il buddhismo invece è il risultato dei tre veleni dell'esistenza.

    Anche lo scopo dei precetti/comandamenti diverge tra le due religioni. Nel buddhismo il precetti servono ad aiutare il praticante a liberarsi dalla sofferenza, a vivere una vita consapevole e a non nuocere agli esseri sensibili. Nel cristianesimo i comandamenti servono a vivere una giusta relazione con Dio, per poter così andare in paradiso e/o risorgere sulla nuova terra.

    Nel cristianesimo non esiste il concetto di interdipendenza: il fedele è solamente dipendente da Dio per tutto quello che lo riguarda e lo scopo della sua esistenza è servire Lui. Come dice il Qoelet (o Ecclesiaste): «Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto» (12,13).

    A differenza del buddhismo il cristianesimo insegna l'esistenza di un permanente e separato: dopo la morte l'anima umana andrà nell'aldilà, paradiso o inferno, dove vi rimarrà fino alla fine dei tempi, quando Dio risorgerà i morti e li sottoporrà al giudizio finale. Una concezione del genere è contraria all'insegnamento del Buddha Shakyamuni.

    Potrei andare avanti ancora per molto nel sottoporvi le differenze incociliabili che vi sono tra cristianesimo e buddhismo, ma penso che quanto esposto finora sia più che sufficente. Eventuali approfondimenti potranno essere fatti nei commenti.

    Lo stesso libro di Tich Nath Han succitato cercando di tracciare più parallelismi di quelli che vi sono tra questi due percorsi spirituali, fa delle bizzarre forzature. Come quando l'autore mette in parallelo i Tre Gioielli con la Trinità cristiana, definendoli una sorta di "trinità buddhista". A questo punto mi chiedo se realmente Tich Nath Han abbia compreso la dottina cristiana della trinità di Dio prima di scrivere il libro, perché ho dei sinceri dubbi sull'argomento (essendo di difficile comprensione anche per gli stessi fedeli cristiani).

    Alla luce di quanto espresso trovo inconciliabili le differenze che esistono tra il cristianesimo e il buddhismo, a meno di non snaturare una delle due tradizioni a favore dell'altra. Infine mi chiedo: è realmente necessario dover cercare delle similitudini tra i due sistemi religiosi? Non sarebbe più sensato ammettere serenamente che sono frutto di culture completamente diverse tra di loro, e in fondo va bene così? Perché voler per forza cercare di infilare un palo rotondo in un buco quadrato? In nome di cosa? Il dialogo interreligioso si può fare ammettendo le differenze che vi sono tra i due sistemi spirituali.

    Infine, la differenza più grande che vi è tra le due pratiche spirituali riguarda l'esistenza di Dio. Il cristianesimo esiste in viritù della fede che esista un Dio creatore e redentore, che si è reso visibile nella persona di Gesù di Nazareth. Al contrario il buddhismo nega l'esistenza completa di Dio, ascrivendo il tutto allo sforzo del praticante. Come insegna il Buddha circa l'esistenza di un Dio creatore:

    «Se Egli è davvero il Signore del Mondo intero, conosciuto come il Divino, Signore delle moltitudini di esseri, perché impone disgrazia sul mondo intero, perché non crea felicità per il mondo intero? Se Egli è davvero il Signore del Mondo intero, conosciuto come il Divino, Signore delle moltitudini di esseri, Perché ha creato un mondo così ingiusto, dove prevalgono l’inganno, la menzogna e l’ignoranza? Se Egli è davvero il Signore del mondo intero, conosciuto come il Divino, signore delle moltitudini di esseri, allora caro Aritta, il Signore degli esseri è un individuo ingiusto, che consapevole del giusto impone ciò che è ingiusto!» - Bhūridatta Jātaka.





    * Su questo punto è possibie fare un ulteriore post d'approfondimento, se richiesto.
     
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    Complimenti! :)
    Sono cose che il sottoscritto sostiene da anni, qui dentro e non solo. Ho scritto molto a riguardo, dunque non mi dilungherò sulla questione in oggetto. Ma fa piacere leggere qualcosa su cui avere ben poco da eccepire.

    Quanto a TNH, massimo rispetto, ma non credo sapesse di cosa parlasse (quando parlava di cristianesimo). Ho letto anche io qualcosa e reputo che sarebbe stato meglio evitare. Oddio, non che io ami TNH, ma lì è un problema di approccio. Temo avesse una tendenza generale a semplificare per il pubblico, cosa che gli valse un grande successo in termini di ritorno di "fama", ma che io digerisco poco.

    Molto più onesto Sheng-Yen, il quale non ebbe problemi ad ammettere quanto fosse problematico il rapporto con i musulmani (in quel caso, si parlava di Islam). Senza ipocrisie.

    Edited by Ruhan - 26/2/2023, 01:32
     
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    Mi piace che hai parlato di ipocrisie, dato che nel dialogo interreligioso cristiano-buddhista vedo molta ipocrisia. Il cristianesimo è una religione che si pone come "l'unica verità assoluta" e vede tutto il resto come prodotto di satana, senza contare che Benedetto XVI paragonò il buddhismo a una sorta di autoerotismo spirituale. E' assolutamente inconciliabile una visione del genere col buddhismo.

    Per quanto riguarda Thich Nhat Han io lo apprezzo decisamente di più, ma lo preferisco quando "sta nel suo". Lo stesso libro Buddha vivente Cristo vivente, non considerando le parti in cui parla di cristianesimo, è decisamente un ottimo libro sul buddhismo (almeno da una prospettiva Zen). Quando parla di cristianesimo, lasciamo perdere... :D
     
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    CITAZIONE (Alessio Rando @ 26/2/2023, 02:26) 
    Mi piace che hai parlato di ipocrisie, dato che nel dialogo interreligioso cristiano-buddhista vedo molta ipocrisia. Il cristianesimo è una religione che si pone come "l'unica verità assoluta" e vede tutto il resto come prodotto di satana, senza contare che Benedetto XVI paragonò il buddhismo a una sorta di autoerotismo spirituale. E' assolutamente inconciliabile una visione del genere col buddhismo.

    Penso che il tentativo di dialogo sia dettato dal fatto che entrambe le religioni hanno bisogno di tale dialogo. Ma per motivi molto semplici. La Chiesa percepisce la crescita del fenomeno buddhista ed è costretta a scendere a patti, anche nel tentativo di imparare, strategicamente, dal Buddhismo. Ecco perché sta tentando una strada stile "Bergoglio" ed ecco perché l'ala progressista sta avendo la meglio: la Chiesa ha notato che la Via dei principi assoluti e delle frasi dure funziona poco, e tenta di copiare la mitezza e il "relativismo" del Buddhismo o di altri fenomeni religiosi e ideologico-filosofici con caratteristiche affini. Ha notato che le frasi assolute e il parlare di "una sola verità" funziona solo nel caso tu sia una "chiesa" poco diffusa e poco capillare e che, quindi, può attrarre "nuovi venuti", come nel caso delle varie chiese evangeliche. Funziona pochissimo se sei una Chiesa affermata e che fa "cultura" per milioni di persone: chi nasce in una certa religione è poco attratto (in media) dalla propria religione. Il fanatismo, insomma, attrae solo quando riguarda una religione "altra" rispetto a quella in cui si è nati. Altrimenti, viene vissuto come una imposizione.

    D'altra parte, lo stesso Buddhismo necessita del dialogo per motivi di "buona vicinanza", per poter continuare ad affermarsi in Occidente, per poter sembrare meno "alieno" (di quanto potrebbe apparire) ai possibili nuovi fedeli (che partono dal cristianesimo, che esso sia cattolico, protestante o riformato).

    Credo che, a livello di lungo periodo, sarà il Buddhismo a trarre maggiori vantaggi rispetto al cristianesimo, anche nei termini di elementi culturali di origine buddhista, ma — oramai — divenuti "senso comune": l'idea di "karma", l'idea Zen di adeguarsi alle circostanze, la compassione etc. Certo. Idee volgarizzate. E qui vengono gli svantaggi. Il dialogo fatto male, le eccessive semplificazioni, i vari new ager etc. stanno facendo danni enormi: il karma concepito come una sorta di giustizia del Destino, come un contrappasso dantesco; l'adeguarsi alle circostanze come una completa deresponsabilizzazione, e la compassione intesa come sacrificio, come subire etc. Parlo di danni per la ricezione del vero messaggio buddhista, non di danni in sè. Non ho qui intenzione di valutare se tali volgarizzazioni siano danni di per sé.

    Insomma. Vantaggi nei termini della propagazione. Svantaggi nei termini della ricezione reale del Buddhismo. Un'idea errata di Karma crea danni enormi, una volta radicata. E lo stesso avviene con l'accostamento tra la carità cristiana e la compassione buddhista (per tornare a bomba al tuo topic) o con l'accostamento tra la compassione e il sacrificio, oppure con l'accostamento tra la morale buddhista basata su imperativi di carattere ipotetico, strumentale (se vuoi la liberazione, allora fai così e così) e la morale cristiana basata, invece, su imperativi di carattere categorico (imperativi che valgono in quanto tali e in ogni circostanza come se si trattasse di leggi). Certo, si potrà obiettare che anche il Buddhismo ci dice che il fine migliore per noi sarebbe la liberazione, ma lo fa sulla base di un dato che ritiene autoevidente: chiunque vorrebbe non soffrire. Si limita a dire che esiste un modo, deciso da nessuno e — semplicemente — adeguato alle circostanze, in grado di far cessare la sofferenza. Come qualcuno che indicasse una fonte per dissetarsi o un metodo per accendere il fuoco. Insomma, date certe circostanze (decise da nessuno, ripeto), ecco il metodo migliore per raggiungere quel fine che vorresti tanto raggiungere (non soffrire).
    Non, come nel cristianesimo, in base al fatto che un Dio ha deciso (è chiarissimo, se si legge l'Antico Testamento) che la lontananza da Lui crei sofferenza e vita grama. L'imperativo morale cristiano è una legge la cui trasgressione allontana da Dio e spinge verso una punizione. L'idea-modello è quella del principe orientale; lo stesso Gan'Eden di Genesi è modellato sui giardini dei palazzi principeschi. Insomma: un imperativo (quello cristiano) che non ha valenza strumentale, poiché è lo stesso imperativo a creare — per così dire — il "problema": non dice che se non fai X, allora non raggiungerai un certo fine o avrai delle conseguenze nefaste, ma (questo) unicamente in base a delle circostanze decise da nessuno. No. Ti dice che o fai X, oppure chi ha deciso che devi fare X non ti darà alcun premio e, anzi, ti punirà. Insomma, "ti crea il problema", stile "pizzo mafioso" (il carnefice che ti offre protezione... da sé medesimo!): togli Dio e niente imperativo e niente guai se non lo segui. È l'imperativo stesso, per il solo fatto di esistere in quanto tale, a generare la possibilità di essere puniti se lo si trasgredisce.

    Nel Buddhismo, al contrario, non esistono "pene", ma conseguenze naturali, legate alle condizioni in cui ci si trova ad operare. Il problema non te lo crea l'imperativo: nel problema tu ci nasci, esso è la circostanza di partenza e nessuno ha deciso che dovessero esserci proprio tali problematiche condizioni di partenza; e l'imperativo ti dice solo: "se vuoi tirarti fuori dal problema, prova a fare X; di solito funziona".

    Questa differenza fondamentale rimane una differenza fondamentale. Tutti i vari argomenti circa la "libertà umana", come spiegazione dell'Inferno o della caduta dell'uomo, sono sciocchezze. Se Dio è onnipotente, avrebbe potuto benissimo creare un mondo in cui allontanarsi da Lui non generasse sofferenza. Nessuno sceglie liberamente di allontanarsi da Lui PER soffrire. Creare un mondo in cui allontanarsi da Dio genera sofferenza non rispetta il libero arbitrio di nessuno, dato che nessuno ha scelto di allontanarsi da Dio al fine di poter soffrire. Un mondo del genere sarebbe un semplice ricatto. E, almeno, i testi che compongono la Bibbia sono molto meno ipocriti in questo.


    Per concludere, il fatto che l'ecumenismo forzato stia portando a cristianizzare la morale buddhista, al fine di non offendere i "buoni vicini" cristiani e al fine di scendere a patti con la morale di fondo dei potenziali "nuovi fedeli", porta — inevitabilmente — all'idea del Karma che punisce, che vede e provvede etc. Insomma, alla trasfigurazione dell'imperativo ipotetico/strumentale buddhista nell'imperativo categorico tipico della morale ebraico-cristiana (lascerei perdere quella greca o romana, di carattere virtueticista; ci porterebbe OT). Dalla zattera, al trono del Giudice punitore.
    Questo crea un velo per la comprensione corretta del Buddhismo. Velo che crea difficoltà nei principianti, i quali già sono ubriacati da un significato pop di "Karma" e che gli capita di incontrare? Vaneggiamenti circa una somiglianza tra morale cristiana e buddhista (la trasmutazione dell'imperativo ipotetico in categorico di cui sopra). Vaneggiamenti che non fanno altro che rinforzare quel preconcetto errato di Karma e rafforzare una pratica scorretta, paranoica, autolesionista, basata sulla richiesta di "perdono", più che su operazioni strumentali atte a diminuire il karma negativo accumulato.

    CITAZIONE (Alessio Rando @ 26/2/2023, 02:26) 
    Per quanto riguarda Thich Nhat Han io lo apprezzo decisamente di più, ma lo preferisco quando "sta nel suo". Lo stesso libro Buddha vivente Cristo vivente, non considerando le parti in cui parla di cristianesimo, è decisamente un ottimo libro sul buddhismo (almeno da una prospettiva Zen). Quando parla di cristianesimo, lasciamo perdere... :D

    Ovviamente, il mio giudizio su TNH è dettato dai gusti. Trovo, semplicemente, che nei suoi libri vi sia molto di quella idea di Zen che permette le solite assurde confusioni di cui gode quest'ultimo in Occidente. Un esempio: la questione della illuminazione. Essa viene presentata in termini fin troppo mondanizzati, ma non alla maniera di Shunryu Suzuki, in cui — per usare una vecchia immagine — si vede che la montagna torna ad essere una montagna e così via, ma alla maniera di qualcuno che tenta di vendere un prodotto il più rassicurante possibile, fattibile per l'uomo d'affari o l'impiegato d'azienda medio. Una mia impressione? Può darsi. Preferisco, in ogni caso, altri esponenti dello Zen o del Chan o del Seon. Gusti :D

    Edited by Ruhan - 26/2/2023, 08:02
     
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    CITAZIONE (Ruhan @ 26/2/2023, 03:50) 
    …anche nei termini di elementi culturali di origine buddhista, ma — oramai — divenuti "senso comune": l'idea di "karma", l'idea Zen di adeguarsi alle circostanze, la compassione etc. Certo. Idee volgarizzate.

    Come affermava Lenin: una azione di massa conduce inevitabilmente a molte idee in poche teste e poche idee in tante teste.
     
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    CITAZIONE (Mjölnir @ 26/2/2023, 09:17) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 26/2/2023, 03:50) 
    …anche nei termini di elementi culturali di origine buddhista, ma — oramai — divenuti "senso comune": l'idea di "karma", l'idea Zen di adeguarsi alle circostanze, la compassione etc. Certo. Idee volgarizzate.

    Come affermava Lenin: una azione di massa conduce inevitabilmente a molte idee in poche teste e poche idee in tante teste.

    Aldilà della quantità di idee, io parlo proprio di qualità (certo, spesso la quantità di idee fa anche la loro qualità, dato che ne aumenta la specificazione concettuale, le connessioni etc. e, quindi, sfondi una porta aperta!).

    Ma ovvio, che la qualità di esse diventi scarsa, una volta raggiunti i grandi numeri, non mi stupisce. Mi sembra la norma. Non mi lamento.

    Quello che temo è che si tratti di idee di qualità davvero troppo bassa, anche rispetto alla media delle idee "volgarizzate" in genere e che questo processo sia anche favorito dal fenomeno del "volemose bene" cui fa riferimento Rando. Una specie di pavidità dei buddhisti nel mettere bene in chiaro i punti che rendono il Buddhismo quel che è. O incapacità. Non lo so.

    E questo penso creerà forti problemi di ricezione del Buddhismo. Già si parte da condizioni non ottimali (retroterra cristiano), se ci si mettono pure i buddhisti a cristianizzare e parlare di assonanze dove non vi sono (il che non esclude possibili comparazioni, laddove sia possibile), stiamo freschi :D

    Vedremo. Andremo dove ci porterà il Karma (inteso a mo' di destino immodificabile eh, come lo intende chi usa questo termine a cavolo ahah), per citare i new ager :P
     
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    Avevo scritto qualcosa a latere, poi mi sono accorto che non aggiungeva quasi niente e l'ho eliminata. Che dire, l'Italia non certo il miglior terreno per lasciar spazio a idee tanto diverse dal Cattolicesimo. Non che non sia legalmente possibile, ma c'è una mentalità diffusa e pervasiva che ci si mette di mezzo.
     
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    @Ruhan

    Ovviamente la prima motivazione dell'ecumenismo inter religioso è cercare un modus vivendi tra diverse religioni, ma anche trovare punti di contatto che permettano il passaggio di fedeli dall'una all'altra (ovviamente la cosa è interessata e ognuna delle due parti la vede con un flusso a proprio favore).

    Il Cattolicesimo sta cercando di fare quanto tu affermi, ed è proprio uno degli architravi del pontificato di Papa Francesco, che cerca di rendere il cattolicesimo una religione fluida e trasversale, più adattabile ai tempi post-moderni in cui tutto corre velocissimo e con un messaggio che possa andare bene ai più, sia a livello di aree storicamente cristiane, sia che per aree non cristiane. Insomma, una religione potenzialmente universale.
     
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    Il problema è che papa Francesco non ha assoultamente messo in discussione le dottrine portati della fede cristiana, come non ha mai mezzo in discussione il fatto che Gesù sarebbe "l'unica via per la salvezza". Finché ci saranno questi presupposti non è possibile assolutamente un vero dialogo buddhista-cristiano, dato che sono dottrine inconciliabili tra di loro.
     
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    Provocazione per la discussione.

    Giovanni 1,18
    Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lo ha rivelato.

    Ebbene, è stato toccato, credo sempre da Ruhan, l'esempio del despota orientale per spiegare il Dio biblico. Mi ritrovo in questa contestualizzazione storica e culturale, ma potrebbe essere considerata anche all'inverso, ossia Dio è stato interpretato in questo modo dalle persone di quel luogo e quel tempo, perché era l'unica modalità che avevano di comprendere e descrivere la loro visione del divino, ossia quel tipo di descrizione era un mezzo abile per parlare a quelle genti.

    Ma davvero Dio è un ente corporeo, con un qualche tipo di corpo più o meno sottile che pensa e ragiona come un uomo, o come una divinità della mitologia greca, con i suoi capricci, le sue punizioni, i suoi premi e così via?
    Forse questo è il metodo semplicistico che è stato usato per descrivere Dio a determinate categorie di persone in specifici contesti storici. Dio però è trascendente, è totalmente oltre e inconoscibile, eppur innerva di se la realtà che crea, nel senso che la regola.

    Ebbene, in un contesto storico mitizzante e con le sue specificità culturali, Dio potrebbe essere un modo per descrivere ne più ne meno che il Karma, il Dharma e il Rta hinduista, ossia l'ordine cosmico.

    Insomma: il Dio cristiano non è altro che Karma, Dharma e Rta, espressi in un unica parola.
     
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    CITAZIONE (Mjölnir @ 26/2/2023, 17:45) 
    @Ruhan

    Ovviamente la prima motivazione dell'ecumenismo inter religioso è cercare un modus vivendi tra diverse religioni, ma anche trovare punti di contatto che permettano il passaggio di fedeli dall'una all'altra (ovviamente la cosa è interessata e ognuna delle due parti la vede con un flusso a proprio favore).

    Il Cattolicesimo sta cercando di fare quanto tu affermi, ed è proprio uno degli architravi del pontificato di Papa Francesco, che cerca di rendere il cattolicesimo una religione fluida e trasversale, più adattabile ai tempi post-moderni in cui tutto corre velocissimo e con un messaggio che possa andare bene ai più, sia a livello di aree storicamente cristiane, sia che per aree non cristiane. Insomma, una religione potenzialmente universale.

    Vedo che ci troviamo d'accordo. Concordo.

    E sono anche d'accordo con quanto scritto da Rando. È un "relativismo" di facciata. Non che possa essere diversamente: i concili valgono e varranno sempre, a meno di far cascare tutto il baraccone. E anche nel caso protestante, non si può mettere in discussione l'unicità della salvezza operata da Dio tramite l'incarnazione e passione. Verrebbe giù la struttura portante.
     
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    CITAZIONE (Alessio Rando @ 26/2/2023, 17:59) 
    Il problema è che papa Francesco non ha assoultamente messo in discussione le dottrine portati della fede cristiana, come non ha mai mezzo in discussione il fatto che Gesù sarebbe "l'unica via per la salvezza". Finché ci saranno questi presupposti non è possibile assolutamente un vero dialogo buddhista-cristiano, dato che sono dottrine inconciliabili tra di loro.

    Ovviamente non ha messo in discussione quanto da te indicato, sarebbe snaturare il messaggio della religione che rappresenta.
    Io però ho scritto un'altra cosa.

    Peraltro citi un fantomatico "vero dialogo", ma il termine "vero" è quanto di più soggettivo esista unito al termine dialogo. Il dialogo ha una funzione non di "verità" ma sociale e politica.
     
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    CITAZIONE (Mjölnir @ 26/2/2023, 18:13) 
    Provocazione per la discussione.

    Giovanni 1,18
    Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lo ha rivelato.

    Ebbene, è stato toccato, credo sempre da Ruhan, l'esempio del despota orientale per spiegare il Dio biblico. Mi ritrovo in questa contestualizzazione storica e culturale, ma potrebbe essere considerata anche all'inverso, ossia Dio è stato interpretato in questo modo dalle persone di quel luogo e quel tempo, perché era l'unica modalità che avevano di comprendere e descrivere la loro visione del divino, ossia quel tipo di descrizione era un mezzo abile per parlare a quelle genti.

    Ma davvero Dio è un ente corporeo, con un qualche tipo di corpo più o meno sottile che pensa e ragiona come un uomo, o come una divinità della mitologia greca, con i suoi capricci, le sue punizioni, i suoi premi e così via?
    Forse questo è il metodo semplicistico che è stato usato per descrivere Dio a determinate categorie di persone in specifici contesti storici. Dio però è trascendente, è totalmente oltre e inconoscibile, eppur innerva di se la realtà che crea, nel senso che la regola.

    Ebbene, in un contesto storico mitizzante e con le sue specificità culturali, Dio potrebbe essere un modo per descrivere ne più ne meno che il Karma, il Dharma e il Rta hinduista, ossia l'ordine cosmico.

    Insomma: il Dio cristiano non è altro che Karma, Dharma e Rta, espressi in un unica parola.

    Tesi che ritengo improbabile a livello storico, dal momento che coloro che raccolsero il vario materiale orale israelita nei testi neotestamentari avevano in mente proprio un dio modellato 1) su caratteristiche personali e 2) su caratteristiche regali di tipo orientale.

    La tua ipotesi può avere una dignità dal punto di vista teologico, nel senso che abbisogna di una premessa indimostrabile (quantomeno a livello storico): che Dio esista e che abbia davvero Lui comunicato ciò che troviamo nei testi sacri, avendo intenzioni non conosciute da coloro che misero per iscritto il racconto di tali epifanie.


    Ma, se rimaniamo alle intenzioni degli autori (le uniche di cui possiamo occuparci a livello storico), è del tutto improbabile che avessero la benché minima nozione di Karma o di legge/ordine impersonale, increato.




    Se la tua — invece — è una ipotesi di "dialogo", penso che i primi a rifiutarla sarebbero i cristiani. Vorrebbe dire accettare che tutto il loro cosmo concettuale non è altro che una storiella utile. :D
    Ma credo che su questo possiamo essere d'accordo.
     
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    Peraltro citi un fantomatico "vero dialogo", ma il termine "vero" è quanto di più soggettivo esista unito al termine dialogo. Il dialogo ha una funzione non di "verità" ma sociale e politica.

    Fintantoché il dialogo parte da quello che giustamente Ruhan ha definito un relativismo di facciata, è soltanto ipocrisia. Come è ipocrisia il dialogo che prova a mettere in secondo piano differenze che invece esistono e sono importanti per le due tradizioni religiose. Una vera comunione, non ipocrita, tra cristianesimo e buddhismo non potrà mai esistere perché sono due tradizioni con presupposti diversi e fini altrettanti diversi, a meno che non si voglia "buddhizzare" il cristianesimo o "cristianizzare" il buddhismo, ma alla fine si ottiene un'insalata che non è ne cristianesimo né buddhismo.

    Un cristiano non metterà mai in discussione il fatto che Gesù è l'unica via per la salvezza e un buddhista non metterà mai in discussione le quattro nobili verità. Queste sono differenze inconciliabili. Che poi il dialogo abbia una funzione sociale non lo metto in dubbio, metto in dubbio il modo in cui questo dialogo viene fatto che è solo ipocrisia.

    A proposito di tal ipocrisia, quando è mancato Benedetto XVI l'UBI ha scritto sulla sua pagina Facebook tutta una filippica su come Ratzinger sia stato attento al dialogo interreligioso. Il problema è che lo stesso Benedetto XVI definì il buddhismo una sorta di autoerotismo spirituale. Far finta che questo non sia mai avvenuto, come ha fatto l'UBI, è ipocrisia.
     
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    Alessandro, chiariscimi solo un punto. Tu, quindi, ritieni possibile il dialogo (tra prospettive inconciliabili), ma impossibile la conciliazione, giusto?
     
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