Cambiamenti nelle specie viventi: casualità o no?

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    A differenza dello stesso argomento portato avanti un po' impropriamente in un'altra sezione del forum (ma era funzionale al resto dell'argomento), qui vorrei non spingere per una teoria alternativa (tra l'altro da me non definita, ma di cui indicavo solo l'ambito in cui potrà essere trovata), ma solo decostruire la teoria corrente, a meno che qualcuno non conosca scoperte fossili (tante, tante scoperte fossili) che giustifichino quelle che io considero assurdità.
    Sto parlando della conseguenza del pensare che il CASO sia il motore dei cambiamenti che avvengono nelle specie viventi (cambiamenti di cui non nego l'esistenza, e che vengono normalmente chiamati, più o meno propriamente, "evoluzione"). E già qui ci vorrebbe una definizione scientifica della parola "caso", che io non riesco a trovare, anche se in questo contesto potrebbe essere accettata come sinonimo di non correlazione tra un evento avvenuto (mutazione con conseguente conformazione e/o funzione differente da prima) e un risultato eventualmente conveniente (conformazione e/o funzione che applicata risulta contestualmente favorevole); il problema nasce da quella che mi sembra essere una improbabilità enorme, nel fatto che non ci sia tale correlazione, o per lo meno mi sembra assurdo che non ci siano un certo tipo conseguenze evidenti in assenza di tale correlazione.
    Ne parlo qui perché:
    1) nei forum di scienza ti bollano come creazionista, e il discorso si chiude subito.
    2) nei forum di ateismo ti bollano come credente, e il discorso diventa inutilmente sarcastico.
    3) nei forum cristiani ti accolgono come creazionista e credente anche solo potenziale, e il discorso diventa apologetico.
    A me interessa invece capire due cose:
    A) se crediamo valida anche solo un po' la caUSalità dell'originazione interdipendente buddista, come possiamo accettare una caSUalità nelle mutazioni genetiche? (In realtà io sono di matrice principalmente vedico-vedantica, ma ugualmente accetto poco o nulla il caso, visto che considero valido un concetto simile alla originazione interdipendente, ovvero che tutte le cose relative siano definite le une dalle altre - ed in cui il caso diventa solo sinonimo di ignoranza puntuale momentanea, per quanto mai totalmente risolvibile in universale, almeno finché si rimane dipendenti dalla visione relativa - ed inoltre aggiungo il concetto che tale relatività sia un'apparenza di un "uno senza un secondo", in cui il caso trova ancora meno posto - anzi in esso neanche la causalità trova posto, riducendosi anch'essa ad apparenza).
    B) come è possibile pensare, in pratica, che il caso possa produrre qualcosa di altamente funzionale e altamente complesso all'unisono, tra l'altro senza produrre anche e soprattutto (ma proprio TANTO soprattutto) "scarti" non funzionali?
    Mi spiego meglio: nell'argomento portato avanti nell'altra sezione, il nostro compagno di forum che aveva aperto l'argomento mi diceva, secondo me giustamente, che il caso non è comunque assoluto, ovvero la "materia" presenta complessità ben regolate e precise di base, principalmente da un punto di vista chimico, e soprattutto biochimico (ovvero nei composti del carbonio).
    Ma qui stiamo parlando di ben altro. Quando entriamo nelle conformazioni biologiche altamente specializzate e macroscopicamente e meccanicamente funzionali, stiamo parlando di due possibilità base (si, lo so, sto mettendo troppi elenchi, tanto da dover passare alle lettere greche...):
    α) una evoluzione (io preferisco parlare di adattamento, ma pazienza) graduale, in cui c'è una trasformazione lenta di certe funzionalità: ad esempio, banalmente e in modo fantasioso (ma neanche troppo), un esserino con le pinne (e già è un miracolo arrivare a tale essere ben formato) che sviluppa una pinna un po' deformata, poi suo figlio (ma riuscirà a riprodursi, avendo già un deficit rispetto ai suoi simili?) un pochino più deformata, poi il figlio del figlio l'avrà ancora più deformata, ecc., finché, con il suo pro-pro...-pro-nipote (che incredibilmente ha mantenuto in eredità la deformazione ed inoltre essa è diventata sempre più diversa dall'originale) tale deformazione è fatta in un modo (in pratica è casualmente una specie di zampa) che gli permette dei veloci arrancamenti fuori dall'acqua (veloci per non morire soffocato, perché per i polmoni dobbiamo aspettare tante altre mutazioni casuali...), per mangiare qualcosa di diverso dalle alghe (e chissà, magari mangerà qualcosa di utile a farlo evolvere ulteriormente in modo positivo - comunque sempre per caso).
    β) la deformazione avviene, con un salto, subito casualmente funzionale, senza passaggi intermedi, in pratica si tratta di una mutazione o di una serie di mutazioni contemporanee (!) che subito formano una quasi-zampa abbastanza funzionale da fare i suddetti arrancamenti veloci fuori dall'acqua.
    Nel primo caso, posso concepire che il tempo possa essere un elemento determinante (ma potrebbe non entrarci niente, se non fosse una questione di caso); posso concepire meno (MOLTO meno) che delle mutazioni a caso possano dare una qualche funzione davvero utile (e ben fatta, elegante, proporzionata, ecc., e questo fin da subito, fin dagli esseri più semplici, senza periodi con esseri più complessi ma per lo più raffazzonati...), soprattutto considerando che quasi sempre ci vogliono più tipi di mutazioni (nel senso che la pinna non deve mutare solo nella parte membranosa esterna, ma anche nella muscolatura, ecc...), anche se magari potrebbe non essere sempre necessario che avvengano contemporaneamente (ma non sarà un problema che per una o piu generazioni ci sia una pinna con una membrana esterna che si è modificata, ma la sua musculatura ancora no, o viceversa?); e non posso praticamente concepire che un processo casuale e lento del genere non produca soprattutto (ma proprio TANTO soprattutto) esseri con deformazioni del tutto non funzionali, prima che uno di questi esseri (su centinaia di milioni di suoi simili? Di miliardi? Di centinaia di miliardi?) abbia per caso la prima, o la seconda, o la centesima delle mutazioni graduali giuste per dargli la quasi-zampa. Dove sono tutti questi esseri deformi e non funzionali? E dove sono quelli con la quasi-zampa MOLTO raffazzonata? Non parlo di una struttura fatta bene ma magari non particolarmente sviluppata, che poi è mutata in una struttura diversa fatta altrettanto bene e magari più complessa (che è esattamente tutto quello che osserviamo nei viventi), io mi chiedo dove sono quelli con gli aborti di zampa a malapena funzionante, che dovrebbero essere la norma, per lo meno per la maggior parte della storia antica dei viventi. Anche solo nei fossili, considerando che ci sono fossili anche di microrganismi, dovrebbe essere pieno (ma tanto pieno, stiamo parlando di cose fatte dal maledetto caso) di organismi con deformazioni inutili o aberrazioni a malapena funzionali. O semplicemente con disfunzioni dannose. Considerando che quelle dannose spesso sono molto pericolose, come minimo diminuiscono le possibilità di riproduzione, come accennavo sopra, ma fanno anche di peggio. Se sono le mutazioni "ad minchiam" il motore evoluzionistico, perché la deformità è un'eccezione, e non una regola, soprattutto agli inizi? E invece al massimo abbiamo e abbiamo avuto sempre e solo organismi più semplici, ma non semi-aborti, se non raramente, come eccezione.
    Nel caso invece di mutazioni "a grandi salti" subito funzionanti, non sarebbero troppo rare, anche in centinaia di milioni di anni? E se anche fossero un tipo di mutazione comunque frequente, non dovrebbe presentarsi lo stesso problema di prima, ovvero una profusione enorme di deformità? Su poche o tante mutazioni che con un salto modificano radicalmente una parte del corpo e una funzione (tra l'altro, perché? Se avvengono a caso, come fanno a coinvolgere contemporaneamente più tessuti, più funzioni, ecc.?), la maggior parte (essendo a caso) dovrebbero produrre comunque tanti esseri con grandi differenze inutili e disfunzionali, come nel caso precedente, l'unica differenza è che non occorrerebbero molte generazioni. Dove sono questi esseri (che dovrebbero essere la maggior parte, rispetto a quelli che ottengono in un colpo una quasi-zampa abbastanza funzionale e ben fatta), che in breve tempo passano da una pinna ad una quasi-zampa schifosa? Non sto parlando di malattie, di deformità saltuarie, ecc., parlo di esseri che, nonostante siano formati da atomi e molecole che funzionano con "leggi" specifiche, dovrebbero comunque avere dei corpi che sono, almeno in certe fasi della storia dei viventi, non soltanto semplici, ma proprio degli abbozzi, dei catorci, soprattutto quando le forme hanno cominciato a farsi più complesse: sono il frutto di uno stramaledetto caso!

    Edited by Daao - 20/7/2023, 14:24
     
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    Titolo della discussione ovviamente da cambiare.

    Se la discussione rimarrà comparativa tra la filosofia indiana e mondo scientifico ci può stare, ma attenzione agli interventi troppo OT e a far mantenere la discussione sui binari
     
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    QUOTE (Daao @ 7/20/2023, 11:43 AM) 
    A) se crediamo valida anche solo un po' la caUSalità dell'originazione interdipendente buddista, come possiamo accettare una caSUalità nelle mutazioni genetiche?

    Non c'è relazione tra le due cose, perché dovrebbero essere collegate da un nesso logico? Non mi metto a discutere in presenza di quelli che considero pregiudizi perché sono cause perse. Non devo convertire nessuno a convincersi (non "credere") che l'Evoluzione è una teoria scientifica solida.

    Ma una cosa la vorrei dire, ovvero che quello che ho quotato è inconsistente. Caso e Causa possono convivere a meno di non rifugiarsi nell'universo meccanico di Laplace il quale - se non erro è lui - credeva che se si potesse conoscere lo stato di ciascuna particella dell'Universo si sarebbe potuto prevedere il futuro. Oggi sappiamo che non è possibile nemmeno in linea di principio. Per la conoscenza che aveva in mente Laplace servirebbe conoscere lo stato delle particelle che però implica una misura e... il resto si sa :)

    Chi volesse rendersi conto della complessità del problema può cercare in rete con "caos doppio pendolo" e "sistemi fortemente dipendenti dalle condizioni iniziali". Parliamo di due aste con un peso attaccato, non dell'Universo o della biologia. Se si legge qualcosa su questi argomenti senza pregiudizi si capisce che la distinzione tra caso e caos è praticamente irrilevante e soprattutto molto complessa anche solo da inquadrare per due zeppi connessi da una cerniera, non per un "semplice" paramecio.

    Nello specifico, esattamente come per il doppio pendolo che è proprio una spiegazione visibile con gli occhi di come funziona il karma, caso e causa è una distinzione che perde significato almeno nel contesto del Buddhismo. Per questo penso che non si possa invocare tutto quanto afferisce al tema, in ambito buddhista, come argomento a supporto.

    Edited by swami chandraramabubu sfigananda - 7/20/2023, 01:35 PM
     
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    Parvatah:
    sai dirmi se il titolo è da cambiare a causa di un divieto di usare titoli ironici (in questo caso non era sarcasmo contro qualcuno)? Se è così, posso modificarlo direttamente io (non ho trovato la funzione di modifica del titolo)?

    Swami chandra:
    Per quanto riguarda la teoria in sé non l'hai mai spiegata nei punti che ho indicato qui in modo ancora più sistematico, avevi solo analizzato le mie frasi tanto da far perdere il punto dei discorsi, e con molti approcci problematici alla fisica fondamentale, che ho cercato di chiarire, ma adesso non ha importanza, qui ci limitiamo alle conseguenze che dovrebbero esserci con una "teoria" del caso (che non è sinonimo di teoria del caos) nell'evoluzione, e soprattutto che attinenza abbia con il Buddismo: e da questo punto di vista, il caos di cui hai portato l'esempio è deterministico (so che esiste anche il concetto di caos non deterministico, ma non è comunque sinonimo di caso), quindi che attinenza ha con una presunta perdita di distinzione tra causa e caso nel Buddismo? Forse intendi dire che, essendo molto complesso, questo caos caUSale è un buon esempio per mostrare che il caso nel Buddismo è solo apparenza? (Cioè il caso di questo tuo esempio e della dottrina Buddista, sarebbe solo una nostra incapacità di poter trovare un filo di causa ed effetti). In ogni caso, è comunque "solo" un modello matematico, e come tutti i modelli, anche i più adattabili, si tratta pur sempre di una descrizione indiretta, che non prende in considerazione altri aspetti che possono essere descritti solo da altre formulazioni (come hai ben accennato tu in un altro esempio, se volessimo artificiosamente seguire ogni "particella" del sistema non potremmo appunto usare questa descrizione; avremmo dovuto usare la già accennata caoticità non deterministica, il cui risultato finale comunque, che in ogni modo non prende in considerazione le singole particelle, non è sinonimo di assoluto caso o non correlazione; la sfida sta però nel trovare descrizioni che abbraccino in qualche modo più contesti, e non negare tale necessità, come secondo me la teoria dell'evoluzione sta attualmente facendo, pretendendo di non aver bisogno di ulteriori formulazioni, e credendo al massimo di dover risolvere solo qualche parte non ancora spiegata di sé stessa; se la fisica classica avesse fatto lo stesso e si fosse accontentato di descrivere l'elettromagnetismo, ora avremmo una modernità a vapore - molto Steampunk in effetti).
    Se intendevi questo, con l'esempio caotico-deterministico dei pendoli, il caso (stavolta senza nessun filo tra causa ed effetto, e non semplicemente difficile da seguire) tra mutazione biologica e buona applicazione funzionale di quest'ultima, sarebbe tutt'altra cosa, sarebbe comunque non accostabile alla causalità caotica propria del Buddismo (Karma, ecc.).

    Edited by Daao - 20/7/2023, 17:54
     
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