Cosa pensare del Buddhismo Americano

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    Lemure archivista ex fiancheggiatore del Dharma

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    Non vedo l'ora che arrivi il turno del mio Buddhismo preferito! Odio i bignami, li brucerei tutti, ma scrivi! :) Scherzo! Ma sul serio è veramente interessante.
     
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    Grazie tante! Poi sono curioso di sapere il tuo parere sullo zen americano, però continua con il tuo lavoro ecceslo prima di rispodermi.
     
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    piccolo haijin

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    Joshu Sasaki e Eido Tai Shimano... Hakuyu Taizan Maezumi... Richard Baker

    scandalosi tutti quanti, in realta', non il solo Baker... :rolleyes:

    CITAZIONE
    Credo di aver detto tutto quello che può servire per avere una visione più precisa del contemporaneo zen americano e dei suoi possibili sviluppi futuri.

    hai taciuto, immagino volutamente, sulle nefandezze dei nomi di cui sopra. in fondo meglio così.
    per il resto grazie :)
     
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    Mi sento Buddhista, sono Buddhista, e non ci sono interpretazioni, c'è solo il fatto.
     
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    piccolo haijin

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    CITAZIONE (perla lunare @ 29/1/2024, 12:45) 
    Mi sento Buddhista, sono Buddhista, e non ci sono interpretazioni, c'è solo il fatto.

    per quanto da certi buddhisti - del genere di Baker & co., ad esempio, giusto per non fare nomi :lol: -, sarebbe quantomeno opportuno tenersi piuttosto lontani... e soprattutto voi donne... :rolleyes:
    ciao perla, un caro saluto :)
     
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    Premesso che personalmente mi occupo di Dharma e dei suoi lignaggi e della loro trasmissione rituale, non mi occupo degli individui che insegnano, praticano o divulgano il Dharma in Occidente ma anche in Asia.

    Passiamo al vero motivo della mia attuale risposta alle affermazioni di eizo. L’autorevole ezio afferma senza nessun dubbio che sono <<scandalosi tutti quanti>>, con questa semplice affermazione spazza via quasi l’intero fenomeno dello zen americanizzato. Personalmente non sono minimamente coinvolto nello zen americano né provo alcuna affinità con loro, ma il fenomeno va comunque interpretato correttamente.
    Eizo si riferisce agli scandali conosciuti come gli “scandali degli anni ottanta”, un decennio di confusione e grandi problematiche: i centri coinvolti sono essenzialmente tre (più un centro tibetano), il primo è il Centro Zen di San Francisco allora diretto da Richard Baker Roshi, il secondo il Los Angeles Zen Center diretto da Maezumi Roshi e il terzo New York Zen Center guidato da Eido Roshi.

    Naturalmente non posso approfondire i tre scandali quindi mi riferisco principalmente allo scandalo del centro diretto da Maezumi, il più importante dei tre centri, basandomi non su resoconti giornalistici né su notizie trovate nella rete in qualche sito di anti-sette. Mi baso sullo studio dell’universitario Dale S. Wright. Quindi uno studio accademico che si spera preciso.
    Per prima cosa vorrei rispondere a quello che scrive eizo:
    <<hai taciuto, immagino volutamente, sulle nefandezze dei nomi di cui sopra>>.

    Siccome eizo è un poeta sa usare le parole e se scrive “nefandezza” (sinonimi: infamia, obbrobrio, ignominia, empietà, vergogna, abominio, turpitudine, scelleratezza) sa di cosa si intende.

    Quindi esaminiamo le “nefandezze” di Maezumi (1931-1995). Il boom del suo centro ZCLA cresce durante gli anni settanta, per arrivare al suo più grande sviluppo agli inizi degli anni 80. Durante questo periodo ordinò sessantotto sacerdoti e trasmise il dharma a dodici dei suoi discepoli più intimi, tutto questo in un centro con un centinaio di residenti fissi. In quel periodo era il maestro zen più famoso degli Stati Uniti. Cosa successe nel 1983 al culmine del suo successo? Avvennero due cose, due accuse che eizo dichiara “nefande”. La prima è quella che era andato a letto con alcune o molte studentesse del centro. A dispetto dell’amore libero degli anni settanta vi furono molti discepoli che rimasero scioccati che avesse tradito la moglie. Infatti giustamente la moglie e i tre figli se ne andarono dal centro.
    Contemporaneamente alla prima accusa si rese improvvisamente pubblico il segreto ( che tutti conoscevano benissimo e fino ad allora era generalmente accettato ) che Maezumi amava bere, si ubriacava spesso e volentieri. Queste due cose, sesso ed alcol, per molte “anime belle” puri come gigli, fu uno scandalo insormontabile, si infuriarono contro Maezumi che gli aveva rotto il giocattolo del maestro divino, perfetto, casto e puro, privo di difetti e altamente realizzato. Furono, a loro dispetto, costretti a prendere atto che Maezumi era un essere umano in carne ed ossa. Una volta che l’aura magica della loro idea di maestro cadeva questi scapparono alla velocità della luce. Tutto questo a prescindere dagli insegnamenti dottrinali ricevuti. Per loro la morale era il fondamento della dottrina perciò non ebbero dubbi di sorta.

    Maezumi con il capo cosparso di ceneri arrivò fino a farsi ricoverare in un centro specializzato per la cura dell’alcolismo.

    L’alcolismo in Giappone non era considerato una “malattia” come nell’Occidente e quindi bisognoso di cure mediche. Infatti in seguito Maezumi ebbe modo di affermare che “il saké è una cosa e lo zazen è un’altra. Non hanno niente a che fare l’uno con l’altro.”
    Ma a quanto pare nel 1984 a Los Angeles le questioni relative alla condotta sessuale tra adulti consenzienti (se eri sposato tutto peggiorava) era considerato una nefandezza imperdonabile se era aggravata dall’uso smodato di alcol, era lo scandalo per eccelenza. In buona sostanza Maezumi veniva condannato dai suoi discepoli come un alcolista che non riusciva più a vedere con discernimento le cose immorali (sesso tra adulti) che aveva fatto.
    Senza mai rimettersi interamente dal colpo dello scandalo nella notte del 15 maggio del 1995, dopo dodici anni passati come astemio negli Stati Uniti, Maezumi si recò in Giappone in visita dei familiari e annegò nella vasca da bagno del fratello completamente ubriaco. Maezumi Roshi aveva 64 anni.

    Eizo se tu hai altre fonti fammi o meglio facci sapere.
    Saluti
     
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    piccolo haijin

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    Premesso che personalmente mi occupo di Dharma e dei suoi lignaggi e della loro trasmissione rituale, non mi occupo degli individui che insegnano, praticano o divulgano il Dharma in Occidente ma anche in Asia.

    giustamente

    CITAZIONE
    L’autorevole ezio afferma senza nessun dubbio che sono <<scandalosi tutti quanti>>, con questa semplice affermazione spazza via quasi l’intero fenomeno dello zen americanizzato.

    ti ringrazio per l' "autorevole", troppo buono... :lol:
    ma per quanto autorevole tu appunto mi definisca, non sono nessuno e non credo proprio di poter spazzare via nulla, tantomeno lo zen americano... per il quale del resto certo non simpatizzo, questo senz'altro

    CITAZIONE
    Siccome eizo è un poeta sa usare le parole e se scrive “nefandezza” (sinonimi: infamia, obbrobrio, ignominia, empietà, vergogna, abominio, turpitudine, scelleratezza) sa di cosa si intende.

    autorevole e per giunta poeta... così mi fai proprio arrossire, pero'! :ops: :lol:

    CITAZIONE
    Quindi esaminiamo le “nefandezze” di Maezumi (1931-1995). Il boom del suo centro ZCLA cresce durante gli anni settanta, per arrivare al suo più grande sviluppo agli inizi degli anni 80. Durante questo periodo ordinò sessantotto sacerdoti e trasmise il dharma a dodici dei suoi discepoli più intimi, tutto questo in un centro con un centinaio di residenti fissi. In quel periodo era il maestro zen più famoso degli Stati Uniti. Cosa successe nel 1983 al culmine del suo successo? Avvennero due cose, due accuse che eizo dichiara “nefande”. La prima è quella che era andato a letto con alcune o molte studentesse del centro. A dispetto dell’amore libero degli anni settanta vi furono molti discepoli che rimasero scioccati che avesse tradito la moglie. Infatti giustamente la moglie e i tre figli se ne andarono dal centro.
    Contemporaneamente alla prima accusa si rese improvvisamente pubblico il segreto ( che tutti conoscevano benissimo e fino ad allora era generalmente accettato ) che Maezumi amava bere, si ubriacava spesso e volentieri. Queste due cose, sesso ed alcol, per molte “anime belle” puri come gigli, fu uno scandalo insormontabile, si infuriarono contro Maezumi che gli aveva rotto il giocattolo del maestro divino, perfetto, casto e puro, privo di difetti e altamente realizzato. Furono, a loro dispetto, costretti a prendere atto che Maezumi era un essere umano in carne ed ossa. Una volta che l’aura magica della loro idea di maestro cadeva questi scapparono alla velocità della luce. Tutto questo a prescindere dagli insegnamenti dottrinali ricevuti. Per loro la morale era il fondamento della dottrina perciò non ebbero dubbi di sorta.

    Maezumi con il capo cosparso di ceneri arrivò fino a farsi ricoverare in un centro specializzato per la cura dell’alcolismo.

    L’alcolismo in Giappone non era considerato una “malattia” come nell’Occidente e quindi bisognoso di cure mediche. Infatti in seguito Maezumi ebbe modo di affermare che “il saké è una cosa e lo zazen è un’altra. Non hanno niente a che fare l’uno con l’altro.”
    Ma a quanto pare nel 1984 a Los Angeles le questioni relative alla condotta sessuale tra adulti consenzienti (se eri sposato tutto peggiorava) era considerato una nefandezza imperdonabile se era aggravata dall’uso smodato di alcol, era lo scandalo per eccelenza. In buona sostanza Maezumi veniva condannato dai suoi discepoli come un alcolista che non riusciva più a vedere con discernimento le cose immorali (sesso tra adulti) che aveva fatto.
    Senza mai rimettersi interamente dal colpo dello scandalo nella notte del 15 maggio del 1995, dopo dodici anni passati come astemio negli Stati Uniti, Maezumi si recò in Giappone in visita dei familiari e annegò nella vasca da bagno del fratello completamente ubriaco. Maezumi Roshi aveva 64 anni.

    chiariamo, anche perche' non vorrei certo passare per il moralista di turno che in realta' proprio non sono... quando parlo di "nefandezze" non mi riferisco tanto al fatto che Maezumi bevesse o andasse a letto con le sue allieve pur essendo sposato e via dicendo... era un uomo come me e te, dopotutto.
    il problema e' che tanto lui quanto i suoi succitati colleghi, molestavano e letteralmente costringevano le proprie allieve a fare sesso con loro... e perdipiu' lo facevano nientepopodimeno che nel nome del dharma.
    il sesso con le studentesse non è una violazione dei precetti buddhisti. fornicare con una studentessa è farle un favore. la vera conoscenza del Dharma è che non esistono bene e male, sosteneva Eido Shimano.
    non so tu, ma oltre che nefando io lo trovo anche a dir poco vergognoso...


    CITAZIONE
    Eizo se tu hai altre fonti fammi o meglio facci sapere.
    Saluti

    le fonti piu' dirette sono i libri di Kornfield, di Dawning, di Van der Weterin e altri, chi e' interessato puo' fare riferimento a quelli...
    intanto io ricambio il saluto e ti ringrazio davvero per i complimenti e per la stima che perlatro e' del tutto reciproca, ciao :)
     
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    CITAZIONE (eizo @ 29/1/2024, 17:43) 
    CITAZIONE (perla lunare @ 29/1/2024, 12:45) 
    Mi sento Buddhista, sono Buddhista, e non ci sono interpretazioni, c'è solo il fatto.

    per quanto da certi buddhisti - del genere di Baker & co., ad esempio, giusto per non fare nomi :lol: -, sarebbe quantomeno opportuno tenersi piuttosto lontani... e soprattutto voi donne... :rolleyes:
    ciao perla, un caro saluto :)

    Caro, ho comprato un delizioso Buddha, gli ho dedicato un angolo riservato ma in vista, un faretto gli illumina il sorriso dolce e gli ho posto fiori in grembo. Eizo, ho messo un morbido contenitore nel suo ambiente e lì ci sono già riflessioni deliziose come: nessuno mi conosce, mi conosce solo la primavera.
    Sono felice!!!!
     
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    CITAZIONE (perla lunare @ 2/2/2024, 18:47) 
    CITAZIONE (eizo @ 29/1/2024, 17:43) 
    per quanto da certi buddhisti - del genere di Baker & co., ad esempio, giusto per non fare nomi :lol: -, sarebbe quantomeno opportuno tenersi piuttosto lontani... e soprattutto voi donne... :rolleyes:
    ciao perla, un caro saluto :)

    Caro, ho comprato un delizioso Buddha, gli ho dedicato un angolo riservato ma in vista, un faretto gli illumina il sorriso dolce e gli ho posto fiori in grembo. Eizo, ho messo un morbido contenitore nel suo ambiente e lì ci sono già riflessioni deliziose come: nessuno mi conosce, mi conosce solo la primavera.
    Sono felice!!!!

    e io sono molto felice per te, cara perla! :)
    accarezzero' di certo il pancione del mio piccolo budai di giada - lo presi apposta di pietra e non di legno per sfuggire alla tentazione di dargli fuoco! :lol: - augurandoti ancora piu' felicita' di quanta tu gia' non provi...
    di nuovo un carissimo saluto! :)

    p.s. : e stai ben lontana dagli stalker del dharma :lol: tipo Eido Shimano, mi raccomando, perche' stai ben certa che non c'erano solo negli anni 70 e 80 ma purtroppo pullulano anche oggi... e tutto cio' anche per non andare ancora piu' off topic di quanto gia' non siamo! :lol:
     
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    Dopo l’americanizzazione del buddhismo Shin, del buddhismo di Nichiren e del buddhismo Zen è tempo di passare al buddhismo tibetano (Lamaismo) americanizzato.

    Come si è diffuso il Lamaismo negli USA? Gli accademici vedono almeno tre percorsi ben precisi, e li giudicano come le vere cause dell’adattamento del buddhismo tibetano alla mentalità americana.

    Vediamo quali sono questi tre percorsi.

    Negli USA e in genere nel mondo occidentale tutto ha inizio dal momento che i militari cinesi ALP a ottobre del 1950 entrarono in Tibet e dopo la resistenza coraggiosa dei nazionalisti i guerrieri khampa, i cinesi entrarono infine a Lhasa era il settembre del 1951. In pieno periodo della resistenza di Combo Tashi il Dalai Lama, era la notte del 17 marzo del 1959, decide di abbandonare il Potala e scappare, raggiunse la frontiera con l’India, è a questo punto che intervenne la CIA, i suoi agenti (in realtà erano due agenti) erano gli unici a sapere dove era il Dalai Lama. Nel pomeriggio del 31 marzo del 1959 il Dalai Lama lasciava per sempre il Tibet e il suo popolo. Fu la CIA che obbligò un recalcitrante Nehru ad accogliere il Dalai Lama e il suo seguito. Da quel momento la stampa internazionale occidentale comincia a parlare, in piena guerra fredda, del Tibet e del suo leader più famoso come di un’icona dell’anticomunismo o meglio dell’antimaoismo. A giugno dello stesso anno cominciarono a giungere in India i primi esuli in fuga dal Tibet.
    Quindi il primo percorso è principalmente politico: la campagna per un Tibet libero.
    Il secondo percorso è la campagna di preservazione dei testi religiosi tibetani
    per diffonderli in Occidente.
    Il terzo percorso è la creazione di una rete di centri per la pratica con i Lama.

    Vediamo il primo percorso.
    Al centro di tutto vi era e vi è Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama.
    Il suo alto profilo pubblico era allora intimamente legato alla nonviolenza, e gli americani lo hanno elevato allo status di Gandhi. I sui grandi sforzi per la causa tibetana, gli valsero il Premio Nobel per la pace nel 1989. Poi trasmise la grande iniziazione del Kalachakra aprendola a tutti. In seguito collaborerà con medici, scienziati, filosofi e divenne attivo nel dialogo tra religioni. A livello politico vanno segnalate le marce per il Tibet libero organizzate da Thubten J. Norbu, fratello maggiore del Dalai Lama oppure i gruppi musicali nei vari Concerts for a Free Tibet o il coinvolgimento degli studenti alla causa Tibet libero.
    Andrebbero segnalate numerose organizzazioni come il Rangzen, il movimento internazionale per l'indipendenza del Tibet, il Los Angeles Friends of Tibet (LAFT), o come l’importante Tibet House a New York, il cofondatore era il celebre Robert Thurman ,e tante altre organizzazioni politiche molto attive e ampiamente diffuse dai media.

    Questa visione politica è al giorno d’oggi terribilmente datata, in questa epoca si sta assistendo a sviluppi veramente drammatici e cambiamenti inimmaginabili anche solamente qualche anno fa, bisogna che gli ammiratori politici del buddhismo tibetano ne prendano atto.
    A differenza degli americani va detto che non tutti i tibetani della diaspora sono in sintonia con la “politica” del Dalai Lama, ma di questo i lettori medi non ne sanno praticamente nulla e perciò possiamo passare oltre.

    Non va dimenticato l’importante azione di propaganda, quindi squisitamente politica, di Hollywood. Film come “Red Corner” interpretato dal buddhista americano Richard Gere, il famoso “Seven Years in Tibet “ con il divo superpagato Brad Pitt o il famosissimo film di Martin Scorsese, “Kundun, una storia sull'infanzia del Dalai Lama, e altri film. In quello stesso periodo il tibetano Penor Rinpoche, capo della scuola Nyingma, annunciò di aver riconosciuto l’attore americano Steven Seagal come un tulku.
    Quello che fece la beat generation per lo Zen americanizzato Hollywood lo fece per il Tibet americanizzato.

    Passiamo ora al più interessante secondo percorso di diffusione del buddhismo tibetano americano, quello dello studio e conservazione del patrimonio culturale e spirituale del Tibet.

    Alla prossima.
     
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    Grazie SerGio, una considerazione, come giustamente fai notare, questa posizione politica e politicizzata del Buddhismo tibetano poteva avere un senso (politico non religioso) negli anni 50 e 60. Viene però meno con l'avvicinamento della Cina a seguito delle trattative gestite da Kissinger e dal celebre incontro tra Nixon e Mao e i vari altri incontri di vertice avuti in quella celebre settimana dal 21 al 28 agosto.

    Una delle più importanti e azzeccate mosse di politica internazionale / geopolitica (e anche economica) degli USA.

    Per quanto Hollywood e alcuni politici americani siano andati avanti negli anni a pompare la politicizzazione della causa tibetana più che altro per moda o per fini di comunicazione politica interna, dopo quell'incontro l'interesse effettivo della politica americana per il Tibet era scemato e non si cercò più di utilizzare la carta tibetana per minare l'unità cinese.

    Al giorno d'oggi, considerata la potenza economica, militare, tecnologica e politica della Cina, la causa per un Tibet libero è completamente fuori dalle possibilità di azione politica. Personalmente ritengo che i leader tibetani debbano avviarsi verso una pacificazione con la Cina e una coesistenza, come in passato il Tibet fece in periodi di evidente impossibilità di una azione indipendente (conquista mongola, dinastia Yuan, dinastia Qing). Considerata la potenza attuale della Cina, servirebbe un bagno di realismo per trattare margini di autonomia religiosa e culturale all'interno della Repubblica Popolare Cinese ed eventualmente puntando a diffondere il Vajrayana presso il resto della Cina, post pacificazione con il governo centrale. Si consideri che in passato il buddhismo Vajrayana, seppur minoritario rispetto ad altre scuole, era più diffuso in Cina, sia con una corrente più tipicamente ed etnicamente Han, sia nella forma Tibetana. Ad esempio, a Pechino e alla corte imperiale, erano presenti dei Lama in vari periodi storici.
     
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    CITAZIONE (Mjölnir @ 5/2/2024, 18:45) 
    Grazie SerGio, una considerazione, come giustamente fai notare, questa posizione politica e politicizzata del Buddhismo tibetano poteva avere un senso (politico non religioso) negli anni 50 e 60. Viene però meno con l'avvicinamento della Cina a seguito delle trattative gestite da Kissinger e dal celebre incontro tra Nixon e Mao e i vari altri incontri di vertice avuti in quella celebre settimana dal 21 al 28 agosto.

    Una delle più importanti e azzeccate mosse di politica internazionale / geopolitica (e anche economica) degli USA.

    Per quanto Hollywood e alcuni politici americani siano andati avanti negli anni a pompare la politicizzazione della causa tibetana più che altro per moda o per fini di comunicazione politica interna, dopo quell'incontro l'interesse effettivo della politica americana per il Tibet era scemato e non si cercò più di utilizzare la carta tibetana per minare l'unità cinese.

    Al giorno d'oggi, considerata la potenza economica, militare, tecnologica e politica della Cina, la causa per un Tibet libero è completamente fuori dalle possibilità di azione politica. Personalmente ritengo che i leader tibetani debbano avviarsi verso una pacificazione con la Cina e una coesistenza, come in passato il Tibet fece in periodi di evidente impossibilità di una azione indipendente (conquista mongola, dinastia Yuan, dinastia Qing). Considerata la potenza attuale della Cina, servirebbe un bagno di realismo per trattare margini di autonomia religiosa e culturale all'interno della Repubblica Popolare Cinese ed eventualmente puntando a diffondere il Vajrayana presso il resto della Cina, post pacificazione con il governo centrale. Si consideri che in passato il buddhismo Vajrayana, seppur minoritario rispetto ad altre scuole, era più diffuso in Cina, sia con una corrente più tipicamente ed etnicamente Han, sia nella forma Tibetana. Ad esempio, a Pechino e alla corte imperiale, erano presenti dei Lama in vari periodi storici.

    Pienamente d'accordo con questo post.

    Va detto però che la diffusione del Buddhismo Vajrayana in Cina sta già avvenendo senza particolari intoppi o ostruzioni da parte del Governo Centrale. Sono tantissimi i cinesi che praticano il Buddhismo Tibetano, e tra questi anche personaggi facoltosi che finanziano la tradizione.
     
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    CITAZIONE (**Destiny** @ 6/2/2024, 21:25) 
    Pienamente d'accordo con questo post.

    Va detto però che la diffusione del Buddhismo Vajrayana in Cina sta già avvenendo senza particolari intoppi o ostruzioni da parte del Governo Centrale. Sono tantissimi i cinesi che praticano il Buddhismo Tibetano, e tra questi anche personaggi facoltosi che finanziano la tradizione.

    Lo so e confermo.
    E sicuramente il Vajrayana avrebbe ancora più margini di manovra se venissero appianati gli attriti politici.
     
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    Gli studi americani sul lamaismo ebbero inizio non da un tibetano ma da un ghese russo, originario della Calmucchia (nato ad Astrachan', una delle principali città della parte meridionale della Russia europea) Geshe Wangyal.
    Sarebbe interessante narrare la storia di Geshe-la (Wangyal) e del suo maestro il russo della Buriazia, Lama Agvan Dorjiev, (uno degli attori del cosiddetto “Grande Gioco” tra inglesi e russi), alcuni autori hanno suggerito che dopo la presa di rifugio di Thurman dalle mani del Dalai Lama, questi avesse ricevuto le iniziazioni da parte di Ghese Wangyal e che quindi vi sia una linea diretta tra Dorjiev (lignaggio di Yamāntaka?) e il suo successore Thurman. Ma questo, pur essendo molto interessante, ci porterebbe in meandri difficili da sbrogliare in quattro parole, ci allontanerebbe dal buddhismo americano in generale. Vorrei citare anche la tesi che è rifiutata da moltissimi, ma vi è una minoranza di studiosi non dei più ingenui e sprovveduti, che affermano che Dorjiev (Dordjieff) sia la stessa persona di George Gurdjieff. Fu a New York nel 1924 che un agente dei servizi segreti inglesi Ahmed Abdullah (incaricato venti anni prima di tenere d’occhio Dorjiev) in un ricevimento vide Gurdjieff e affermò : “Questo uomo è Dordgieff”. I fautori contrari a questa affermazione pongono come prova due fotografie completamente differenti di questi due misteriosi personaggi. Questa tesi è negata anche dai numerosi discepoli di Gurdjieff. Non sapremo mai la verità sul perché Ahmed Abdullah fece e riconfermò nel tempo la sua convinzione. Lascio questo mondo dei servizi segreti e la magia come strumento politico per lidi meno segreti ed oscuri. Lascio ad altri questa incombenza.

    Un libro che cavalca in parte questi argomenti in senso negativo è sicuramente il libro di Victor und Victoria Trimondi, THE SHADOW OF THE DALAI LAMA ,Sexuality, Magic and Politics in Tibetan Buddhism tradotto dal tedesco e liberamente consultabile on line.

    Quindi dicevamo che gli americani si posero l'arduo compito di raccogliere, conservare, tradurre e diffondere testi tibetani, per questo scopo usarono l’accademia e lo stile accademico. Il più importante dicevamo era Ghese Ngawang Wangyal che fondò il “Lamaist Buddhist Monastery of America” (ora “Tibetan Buddhist Learning Center”) il primo monastero aperto agli americani. Due dei suoi più celebri studenti furono sicuramente Robert Thurman e Jeffrey Hopkins. Vennero quindi incoraggiati ad intraprendere carriere e studi accademiche sul buddhismo. Per esempio l’accademico Hopkins dall’Università della Virginia formò una squadra di discepoli che sono attivi nella divulgazione e studio del buddhismo tibetano nelle varie univertà americana. La cosa principale ai miei occhi è la convinzione che l’accademia e l’insegnamento accademico potesse prendere in Occidente il posto dei monasteri in Tibet. Una schiera di studenti intrapresero questa avventura. Thurman lo ha scritto chiaramente: <<l’unica istituzione laica in America paragonabile al monachesimo è l’università, quindi alla fine mi orientai verso la professione accademica>>. Pur non essendo minimamente in accordo su questa impostazione la cito ugualmente essendo un tratto distintivo dello sviluppo del buddhismo tibetano targato USA.
    Sarebbe a questo punto inutile citare i vari accademici ma molto più interessante citare le varie case editrici impegnate nella pubblicazione degli studi che produssero questi lama tibetani e loro discepoli americani.
    Per non rendere noioso il mio proseguire rimando tutto al prossimo intervento.

    A presto.
     
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    Buddha era un uomo che aveva dichiarato categoricamente di non volere essere ricordato con monumenti o salmi ma col trasmettere il pensiero e il benefico comportamento che lui insegnava. Per questo lo amo.
     
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