Una breve riflessione sul Dharma e sulle sue letture "moderniste"

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    CITAZIONE (Cuore di Pietra @ 30/3/2024, 18:31) 
    Il fatto è che ho letto qualcosa di Sumedho, per sbaglio, e lui distingue reincarnazione da rinascita e siccome mi pare di aver capito che questo signore sia ********* allora ho deciso di allinearmi e usare questi termini.

    Non ho capito: Ajahn Sumedho è... cosa?

    CITAZIONE
    Tu, mi pare di aver capito, che addirittura estendi il concetto di rinascita ad altri piani di esistenza, ok.
    Ma non capisco la differenza tra la metempsicosi platonica e i concetti di vinnasota e cittasantana che si reincarnano, in sostanza non è la stessa cosa?

    Non sono io a estendere il concetto di rinascita a diversi piani d'esistenza, ma a farlo è la stessa tradizione buddhista, che elenca sei gati, "destini" o "destinazioni": esistenza celeste come deva, esistenza come semidio (asura), esistenza in uno dei purgatori (niraya), esistenza come essere umano (manussa), esistenza come animale (tiracchāna), esistenza come fantasma (peta).

    Per quanto riguarda la differenza tra metempsicosi platonica e viññāṇasota/cittasantāna, il nocciolo della questione sta nel fatto che nel buddhismo pāli il continuum mentale non è assimilabile all'anima platonica, che è di natura eterna, ma si tratta invece di un flusso condizionato. Come tale, è impermanente, insoddisfacente e privo di un sé sostanziale. Quando, poi, manchino le condizioni che ne consentono l'esistenza, esso si arresta. Ciò avviene nel saññāvedayitanirodha e nell'anupādisesa-nibbāna. Il Buddha è chiaro nel Pañcattaya-sutta e nell’Upaya-sutta nel sostenere la dipendenza del viññāṇa da tutti gli altri khandha, ovvero rūpa, vedanā, saññā e saṅkhāra. Poiché nel saññāvedayitanirodha si arrestano (temporaneamente) saññā e vedayita (quest'ultimo interpretato nei commentari come sinonimo di vedanā), la coscienza, citta o viññāṇa (per Buddhaghosa si tratta di sinonimi), non può manifestarsi. Nell'anupādisesa-nibbāna avviene qualcosa di ancora più radicale, poiché a cessare, stavolta definitivamente, sono tutti i khandha, ragion per cui nei commentari il nibbāna finale è noto anche come khandha-parinibbāna.
     
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    CITAZIONE (Fantasia @ 30/3/2024, 18:10) 
    CITAZIONE (eizo @ 30/3/2024, 11:02) 
    non so se hai letto la sua vita, ma buddhadasa visse in periodo di estrema politicizzazione e relativa corruzione del clero buddhista thailandese.
    in questo senso, oltre che modernista, fu un vero e proprio riformista in ambito theravada.
    anche da qui il suo rifiuto per qualsiasi tipo di identificazione religiosa: credo che avesse visto di quante porcherie fossero capaci i cosiddetti "buddhisti" stessi per potersi classificare e definire come uno di loro

    Confesso di non conoscere adeguatamente la biografia di Buddhadāsa e ti ringrazio per avermene dato qualche elemento. Mi sembra di capire che la sua presa di distanza dalle identificazioni religiose dipendesse dalle contingenze storico-politiche cui assistette, e in questa luce il suo "ecumenismo" fosse conforme alla volontà di appianare le divergenze nel tentativo di costruire una sorta di "fratellanza" universale, di là dalla faziosità che troppo spesso storicamente si è accompagnata alle religioni maggiori. Il che è lodevole sul piano delle intenzioni, ma quanto realizzabile concretamente? Torno a ripetere che esistono, piaccia o meno, differenze irriducibili tra le religioni maggioritarie, motivo per cui gli "esperimenti" di dialogo interreligioso alla fin fine non vanno molto oltre un generico "volemose bene".

    ma grazie e a te, figurati :)
    buddhadasa non promosse alcun tipo di ecumesismo, si limito' semplicemente a dialogare con esponenti di altre religioni, tra cui anche studiosi.
    si dedico' peraltro alla pratica di una forma di buddhismo molto semplice che comprendeva anche lo studio e la ricerca in particolare riguardo gli antichi testi pali.
    tutto qui
     
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    Fantasia scrive:
    <<A me sembra, invece, che senza l'idea di rinascita il Dharma si riduca a una sorta di "psicologia" per vivere bene in questa unica vita, senza alcuna pretesa di trascendenza>>.





    Vorrei aggiungere alcune informazioni sulla nascita del cosiddetto “buddhismo modernista”, che altro non è che un neo-buddhismo.
    Va subito precisato che per “buddhismo modernista” non si intende un buddhismo che vive nell’epoca moderna, ma di un vero e proprio nuovo buddhismo che non esisteva nel buddhismo praticato nel periodo pre-moderno o quello che si usa chiamare “buddhismo tradizionale”.
    Il tedesco Heinz Bechert è stato il primo a stabilire in ambito accademico come categoria di studio il concetto di “buddhismo modernista” (si è ispirato alla francese nonché teosofista David-Néel che per prima a usato la definizione di “buddhismo modernista”). Nel suo libro “Buddhismus, Staat und Gesellschaft” , Bechert descrive il “buddhismo modernista” (per esempio R. Gombrich e G. Obeyesekere sottolineando la forte influenza cristiana sul fenomeno, amano invece parlare di “buddhismo protestante”) come un movimento di rinascita, di reinterpretazione di un buddhismo che procede in modo razionale che quindi pone l’accento sulla ragione umana, sulla meditazione e sulla riscoperta dei testi canonici (naturalmente letti in chiave razionale). Questo modernismo ha praticamente rifiutato i rituali sia quelli exoterici (sutra) che soprattutto quelli esoterici (tantra e esoterismo buddhista), il culto delle immagini come avvenivano nei templi sacri; per quanto riguarda le pratiche “popolari” vengono bellamente ignorate, tutte le conoscenze sulla magia, la magia che viene considerata come una cosa da evitare se non da distruggere, mentre si da grandissimo spazio alle riforme sociali e spesso vengono associate in Asia ai vari nazionalismi.
    Vi è una forte volontà di demitizzazione, oserei dire un odio verso i miti tradizionali , e soprattutto verso la cosmologia tradizionale (spesso interpretata in chiave psicologica) che ha permesso ai modernisti di presentarsi e presentare il buddhismo come una “religione scientifica” prendendo così le distanze dalla altre religioni che loro considerano dogmatiche e basate sulla fede e credenze non razionali. Infatti insistono moltissimo nel presentare il buddhismo come una filosofia o una scienza piuttosto che un credo o una religione o una magia, inoltre gli autori (che siano monaci o laici asiatici o simpatizzanti euro/americani) insistono molto sull’ottimismo del buddhismo per contrastare la visione pessimistica dei primi accademici occidentali), sono molto preoccupati sul lavoro sociale, la democrazia e l’uguaglianza in tutte le sue forme, l’ecologia ecc ecc, tutti i temi che il Dalai Lama (attualmente il più famoso esponente del “buddhismo modernista” vivente) narra nei sui tantissimi libri.

    Tutti i “modernisti” sono in perfetto accordo nel considerare la “meditazione” quella democratica aperta a tutti e resa popolare dai “centri di meditazione” (la tradizione prevedeva al contrario una lunga preparazione e qualificazioni precise all’intero di una ritualità importante prima di affrontare le pratiche meditative), come il cuore della pratica buddhista e strumento per rivitalizzare i testi canonici.

    Questo è il “buddhismo modernista” (naturalmente vi sarebbe moltissimo altro da chiarire) e se ci si riconosce non si deve pensare di essere gli unici esponenti del “vero buddhismo” finalmente riformato e purificato grazie all’ausilio di conoscenze umane, rifacendosi semplicemente ad una lettura di parte dei Sutra canonici o al seguito di qualche “modernista”, ma essere coscienti che il buddhismo è altro ancora e ancora e ancora, un universo ampissimo dalle conoscente inarrivabili alla nostra piccola psiche umana. Occorre altro, molto altro per avvicinare il Dharma anche solo superficialmente. Ci troviamo davanti ad un gigante non ad un nostro amico o vicino di casa.
     
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    Grazie del tuo pertinente contributo alla discussione.

    Mi permetto di aggiungere anch'io qualche altro elemento. Innanzitutto, non è soltanto il buddhismo a essere stato letto e reinventato in chiave scientifica, ma, tra le religioni di origine indiana, anche, ad esempio, l'Advaita Vedānta. Se da un lato si può essere d'accordo sulla necessità da parte di ogni religione di confrontarsi con la modernità, dall'altro bisognerebbe evitare che questo confronto porti a una rivistazione talmente radicale delle tradizioni religiose da renderle irriconoscibili. Per riprendere il tuo esempio, la cosmologia buddhista, all'interno perlomeno della tradizione pāli, ha sì una connotazione psicologica (in relazione ai jhāna), ma al contempo rappresenta i diversi piani d'esistenza in cui è davvero possibile rinascere. Ritenere che sia soltanto "psicologica" vorrebbe dire snaturarla e perdere in parte il concetto di rinascita, nella misura in cui verrebbe meno la sua possibilità all'interno dei piani celesti, grazie al "merito" accumulato in virtù della meditazione di tipo samatha.

    Ai giorni nostri, c'è chi intende il Dharma come una sorta di "scienza della mente", ma se la scienza è quell'approccio che, in generale, ha a che fare con l'osservazione sistematica, la misurazione, la replicabilità degli esperimenti etc., ottenendo ovunque nel pianeta gli stessi effetti in presenza delle stesse condizioni, allora è ardito dire che il buddhismo rappresenti un esempio di questa disciplina. Poiché, pur dandosi le stesse condizioni favorevoli al conseguimento dell'effetto meditativo desiderato, non si può prevedere quando e come questo si manifesterà. Chi può dire, ad esempio, che pur in presenza di una circostanza adeguata alla meditazione si sperimenteranno i jhāna? La difficoltà dipende anche dal fatto che c'è grande dibattito su come intendere gli stadi di "assorbimento", per cui il modo d'interpretarli cambia a seconda del maestro laico o monaco. Non essendoci pieno accordo neppure sulla loro definizione, quello che per un insegnante è questo o quel jhāna, per un altro potrebbe non esserlo. Mentre nella scienza - ammesso che si possa parlarne così, in astratto - un aspetto importante è proprio quello della definizione, che dovrebbe essere la più rigorosa ed elegante possibile.

    Il discorso potrebbe proseguire molto a lungo, ma anch'io mi fermo.
     
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    CITAZIONE (SER GIO @ 31/3/2024, 10:54) 
    Fantasia scrive:
    <<A me sembra, invece, che senza l'idea di rinascita il Dharma si riduca a una sorta di "psicologia" per vivere bene in questa unica vita, senza alcuna pretesa di trascendenza>>.





    Vorrei aggiungere alcune informazioni sulla nascita del cosiddetto “buddhismo modernista”, che altro non è che un neo-buddhismo.
    Va subito precisato che per “buddhismo modernista” non si intende un buddhismo che vive nell’epoca moderna, ma di un vero e proprio nuovo buddhismo che non esisteva nel buddhismo praticato nel periodo pre-moderno o quello che si usa chiamare “buddhismo tradizionale”.
    Il tedesco Heinz Bechert è stato il primo a stabilire in ambito accademico come categoria di studio il concetto di “buddhismo modernista” (si è ispirato alla francese nonché teosofista David-Néel che per prima a usato la definizione di “buddhismo modernista”). Nel suo libro “Buddhismus, Staat und Gesellschaft” , Bechert descrive il “buddhismo modernista” (per esempio R. Gombrich e G. Obeyesekere sottolineando la forte influenza cristiana sul fenomeno, amano invece parlare di “buddhismo protestante”) come un movimento di rinascita, di reinterpretazione di un buddhismo che procede in modo razionale che quindi pone l’accento sulla ragione umana, sulla meditazione e sulla riscoperta dei testi canonici (naturalmente letti in chiave razionale). Questo modernismo ha praticamente rifiutato i rituali sia quelli exoterici (sutra) che soprattutto quelli esoterici (tantra e esoterismo buddhista), il culto delle immagini come avvenivano nei templi sacri; per quanto riguarda le pratiche “popolari” vengono bellamente ignorate, tutte le conoscenze sulla magia, la magia che viene considerata come una cosa da evitare se non da distruggere, mentre si da grandissimo spazio alle riforme sociali e spesso vengono associate in Asia ai vari nazionalismi.
    Vi è una forte volontà di demitizzazione, oserei dire un odio verso i miti tradizionali , e soprattutto verso la cosmologia tradizionale (spesso interpretata in chiave psicologica) che ha permesso ai modernisti di presentarsi e presentare il buddhismo come una “religione scientifica” prendendo così le distanze dalla altre religioni che loro considerano dogmatiche e basate sulla fede e credenze non razionali. Infatti insistono moltissimo nel presentare il buddhismo come una filosofia o una scienza piuttosto che un credo o una religione o una magia, inoltre gli autori (che siano monaci o laici asiatici o simpatizzanti euro/americani) insistono molto sull’ottimismo del buddhismo per contrastare la visione pessimistica dei primi accademici occidentali), sono molto preoccupati sul lavoro sociale, la democrazia e l’uguaglianza in tutte le sue forme, l’ecologia ecc ecc, tutti i temi che il Dalai Lama (attualmente il più famoso esponente del “buddhismo modernista” vivente) narra nei sui tantissimi libri.

    Tutti i “modernisti” sono in perfetto accordo nel considerare la “meditazione” quella democratica aperta a tutti e resa popolare dai “centri di meditazione” (la tradizione prevedeva al contrario una lunga preparazione e qualificazioni precise all’intero di una ritualità importante prima di affrontare le pratiche meditative), come il cuore della pratica buddhista e strumento per rivitalizzare i testi canonici.

    Questo è il “buddhismo modernista” (naturalmente vi sarebbe moltissimo altro da chiarire) e se ci si riconosce non si deve pensare di essere gli unici esponenti del “vero buddhismo” finalmente riformato e purificato grazie all’ausilio di conoscenze umane, rifacendosi semplicemente ad una lettura di parte dei Sutra canonici o al seguito di qualche “modernista”, ma essere coscienti che il buddhismo è altro ancora e ancora e ancora, un universo ampissimo dalle conoscente inarrivabili alla nostra piccola psiche umana. Occorre altro, molto altro per avvicinare il Dharma anche solo superficialmente. Ci troviamo davanti ad un gigante non ad un nostro amico o vicino di casa.

    ti ringrazio anch'io :)

    se apriamo un qualsiasi recente libro sulle origini delle religioni, vediamo che c’è un punto sul quale tutti gli autori concordano. Concordano sul fatto che la religione nel mondo è sorta per la paura. L’uomo primitivo temeva i tuoni e i lampi, l’oscurità e le tempeste, e tutte le cose che non era in grado di comprendere o di controllare. Il suo metodo per evitare i pericoli che intravedeva in questi fenomeni naturali consisteva nel mostrare umiltà e sottomissione, come pure rispetto e reverenza, a seconda di quello che percepiva come più appropriato.
    in seguito, con lo svilupparsi della conoscenza e della comprensione, la paura per la forza della natura si modificò in paura per i fenomeni più difficili da capire. Le religioni fondate su rispetto e timore nei riguardi dei fenomeni naturali, come pure di spiriti ed esseri celesti giunsero a essere ritenute irragionevoli e ridicole. La paura degli esseri umani divenne ancor più raffinata, e si trasformò in paura per la sofferenza, quella sofferenza che non può essere mitigata da alcun mezzo materiale. Arrivarono a temere la sofferenza insita nella nascita, nell’invecchiamento, nel dolore e nella morte, nel dispiacere e nella disperazione connessi al desiderio, all’ira e alla stupidità, una sofferenza che non può essere alleviata da alcun potere o ricchezza. Molto tempo fa in India, un territorio nel quale viveva un gran numero di pensatori e investigatori, le persone intelligenti invece di rendere omaggio a esseri soprannaturali iniziarono a cercare i mezzi per vincere la nascita, la vecchiaia, la sofferenza e la morte, i mezzi per eliminare l’avidità, l’odio e le illusioni. Da questa ricerca nacque il buddhismo, un’elevata religione basata sulla visione interiore profonda, un modo per vincere la nascita, la vecchiaia, la sofferenza e la morte, un metodo per distruggere le contaminazioni della mente. Il buddhismo ha le sue origini in quest’ultimo genere di paura, proprio come fanno tutte le religioni fondate sull’intelligenza. Il Buddha scoprì come sconfiggere del tutto ciò di cui l’uomo ha paura: scoprì un metodo pratico, ora chiamato buddhismo, per eliminare la sofferenza


    (ajahn buddhadasa)

    e qui mi fermo
     
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    Per quanto mi riguarda qui si affronta un argomento molto interessante. Molte riletture "moderniste" del buddhismo sono frutto di una rilettura occidentalizzata e razionalista del Dharma, che vorrebbe spogliare l'insegnamento del Buddha di tutti quegli elementi estranei alla cultura occidentale, riducendolo a una sorta di "filosofia" o sofisticata psicoterapia. La stessa cosa avviene anche con tutte quelle pratiche devozionali che si sono sviluppate nel buddhismo tradizione, specialmente Mahayana, che vengono in Occidente etichettate come "superstizione". Però, come disse Stefano Bettera in un'intervista che ho ascoltato recentemente, la risposta di Siddhartha al problema di dukkha fu di tipo religioso, non psicologico.
    Il problema più grande non è tanto la rilettura modernista in sé, che ha anche una sua utilità per certi versi, ma quando si pretende che la propria rilettura sia quella più "veritiera" o aderente alle intenzioni del Buddha storico, etichettando ogni lettura tradizionale come superstiziosa.
     
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    CITAZIONE (Fantasia @ 30/3/2024, 19:53) 
    CITAZIONE (Cuore di Pietra @ 30/3/2024, 18:31) 
    Il fatto è che ho letto qualcosa di Sumedho, per sbaglio, e lui distingue reincarnazione da rinascita e siccome mi pare di aver capito che questo signore sia ********* allora ho deciso di allinearmi e usare questi termini.

    Non ho capito: Ajahn Sumedho è... cosa?

    erudito, scusa ma non mi veniva il termine
    CITAZIONE (Fantasia @ 30/3/2024, 19:53) 
    CITAZIONE
    Tu, mi pare di aver capito, che addirittura estendi il concetto di rinascita ad altri piani di esistenza, ok.
    Ma non capisco la differenza tra la metempsicosi platonica e i concetti di vinnasota e cittasantana che si reincarnano, in sostanza non è la stessa cosa?

    Non sono io a estendere il concetto di rinascita a diversi piani d'esistenza, ma a farlo è la stessa tradizione buddhista, che elenca sei gati, "destini" o "destinazioni": esistenza celeste come deva, esistenza come semidio (asura), esistenza in uno dei purgatori (niraya), esistenza come essere umano (manussa), esistenza come animale (tiracchāna), esistenza come fantasma (peta).

    Certo era chiaro che ti riferissi al Buddhismo.
    Comunque, per quanto ne abbia capito io e so davvero poco circa le scritture, ho sempre inteso questi mondi come mondi della mente, nel senso che una persona umana può essere un'animale o un deva, mentalmente.
    CITAZIONE
    Per quanto riguarda la differenza tra metempsicosi platonica e viññāṇasota/cittasantāna, il nocciolo della questione sta nel fatto che nel buddhismo pāli il continuum mentale non è assimilabile all'anima platonica, che è di natura eterna, ma si tratta invece di un flusso condizionato. Come tale, è impermanente, insoddisfacente e privo di un sé sostanziale. Quando, poi, manchino le condizioni che ne consentono l'esistenza, esso si arresta. Ciò avviene nel saññāvedayitanirodha e nell'anupādisesa-nibbāna. Il Buddha è chiaro nel Pañcattaya-sutta e nell’Upaya-sutta nel sostenere la dipendenza del viññāṇa da tutti gli altri khandha, ovvero rūpa, vedanā, saññā e saṅkhāra. Poiché nel saññāvedayitanirodha si arrestano (temporaneamente) saññā e vedayita (quest'ultimo interpretato nei commentari come sinonimo di vedanā), la coscienza, citta o viññāṇa (per Buddhaghosa si tratta di sinonimi), non può manifestarsi. Nell'anupādisesa-nibbāna avviene qualcosa di ancora più radicale, poiché a cessare, stavolta definitivamente, sono tutti i khandha, ragion per cui nei commentari il nibbāna finale è noto anche come khandha-parinibbāna.

    Non c'ho capito molto😅
    Vabbè, lo rileggerò con calma.
    Ma sto arrivando alla conclusione che, per capire bene il buddhismo, non posso farmelo spiegare sul forum, ma dovrei indagare i sutra etc... come fate voi e al momento non è possibile.
     
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    QUOTE (Cuore di Pietra @ 4/6/2024, 11:34 AM) 
    Ma sto arrivando alla conclusione che, per capire bene il buddhismo, non posso farmelo spiegare sul forum, ma dovrei indagare i sutra etc... come fate voi e al momento non è possibile.

    In attesa che Fantasia (te) lo spieghi in termini meno tecnici, sempre se vorrà, farei solo un'osservazione. Penso che sui forum possano uscire molte cose e soprattutto sintesi che sui libri non troveranno mai posto. Da questo punto di vista Internet è davvero un gran mezzo che permette cose altrimenti molto più difficili. Per motivi generazionali ricordo benissimo il maninframe della facoltà a schede perforate, ricordo che non era scontato poter fare anche semplici fotocopie (file lunghe, pochi luoghi dove ci fossero le macchine) e crearsi la sintesi di un qualsiasi argomento richiedeva un po' di lavoro.

    Per esempio tempo fa ho trovato i PDF in inglese di un ex monaco che ha scritto un testo di Dharma a carattere generale esattamente come avrei voluto impostarlo io (chiaramente non con la stessa dottrina, stile e contenuti: parlo solo dell'impostazione). Ce ne sono centinaia di testi di quel tipo ma con quella particolare scelta dei temi, che per forza di cose non sono mai tutti, impaginazione e tutto il resto c'è solo quello. Intendo dire che oggi non solo abbiamo tutto il materiale ma possiamo anche scegliere il taglio dell'esposizione che riteniamo più adatta. In un forum tutto questo vale ancora di più.
     
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    Ma sto arrivando alla conclusione che, per capire bene il buddhismo, non posso farmelo spiegare sul forum, ma dovrei indagare i sutra etc...

    la ritengo senz'altro la scelta più opportuna
     
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    Comunque, per quanto ne abbia capito io e so davvero poco circa le scritture, ho sempre inteso questi mondi come mondi della mente, nel senso che una persona umana può essere un'animale o un deva, mentalmente.

    In realtà sono vere entrambe le cose. La rinascita è un processo di trasformazioe continua che avviene ogni singolo istante, sia nel corso di una singola esistenza sia dopo la morte. Quello che avviene dopo la morte non è nient'altro che un'estensione di ciò che sta avvenendo già in vita.
     
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    CITAZIONE (Alessio Rando @ 6/4/2024, 12:19) 
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    Comunque, per quanto ne abbia capito io e so davvero poco circa le scritture, ho sempre inteso questi mondi come mondi della mente, nel senso che una persona umana può essere un'animale o un deva, mentalmente.

    In realtà sono vere entrambe le cose. La rinascita è un processo di trasformazioe continua che avviene ogni singolo istante, sia nel corso di una singola esistenza sia dopo la morte. Quello che avviene dopo la morte non è nient'altro che un'estensione di ciò che sta avvenendo già in vita.

    Certo, possono essere vere entrambe

    eizo 🙏🏻🙏🏻🙏🏻
    swami chandraramabubu sfigananda concordo che i forum siano utilissimi, soprattutto per discutere, ma in questo caso non c'è niente da discutere con me, solo spiegarmi tutto il buddhismo😂😂😂
     
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    CITAZIONE (Cuore di Pietra @ 6/4/2024, 15:15) 
    CITAZIONE (Alessio Rando @ 6/4/2024, 12:19) 
    In realtà sono vere entrambe le cose. La rinascita è un processo di trasformazioe continua che avviene ogni singolo istante, sia nel corso di una singola esistenza sia dopo la morte. Quello che avviene dopo la morte non è nient'altro che un'estensione di ciò che sta avvenendo già in vita.

    Certo, possono essere vere entrambe

    Il Buddha chiaramente insegnava la rinascita dopo la morte. Tant'è vero che questo è lo scopo ultimo della pratica buddhista: la liberazione dal samsara, dal ciclo dell'esistenza.
    Negare la rinascita dopo la morte secondo me pone due problemi principali al modo in cui viene concepito il Dharma. In primis, riduce il Dharma a una sorta di psicoterapia, riducendo lo scopo stesso della pratica: a che serve praticare se tanto con la morte finisce tutto? Perché sforzarsi per cercare la liberazione, il nirvana, per se e per gli altri se tanto con la morte è tutto finito? Allora basterebbe fare come dice Paolo in 1Corinzi 15, 32: «mangiamo e beviamo, perché domani moriremo».
    In secondo luogo, come si può considerare Siddartha Gautama come il Risvegliato, l'Illuminato, se poi vi sono errori nel suo insegnamento? Il Buddha insegnava la rinascita dopo la morte, quindi vuol dire che si è sbagliato? Allora forse non ha realmente compreso la realtà del funzionamento dei fenomeni; allora forse non era poi così illuminato. Oppure semplicemente dobbiamo anche ammettere che vi possono essere cose che non riusciamo a comprendere razionalmente, ma non per questo sono meno vere.
    Se nel 1500 avessi fatto una videochiamata mi avrebbero arrestato per essere uno stregone, mentre oggi sappiamo che è una cosa che rientra pienamente nel funzionamento del mondo.
     
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    Il Buddha chiaramente insegnava la rinascita dopo la morte. Tant'è vero che questo è lo scopo ultimo della pratica buddhista: la liberazione dal samsara, dal ciclo dell'esistenza.
    Negare la rinascita dopo la morte secondo me pone due problemi principali al modo in cui viene concepito il Dharma. In primis, riduce il Dharma a una sorta di psicoterapia, riducendo lo scopo stesso della pratica: a che serve praticare se tanto con la morte finisce tutto? Perché sforzarsi per cercare la liberazione, il nirvana, per se e per gli altri se tanto con la morte è tutto finito? Allora basterebbe fare come dice Paolo in 1Corinzi 15, 32: «mangiamo e beviamo, perché domani moriremo».

    chi è che negherebbe la rinascita dopo la morte e ridurrebbe il Dharma ad una psicoterapia?
    fonti, per favore

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    In secondo luogo, come si può considerare Siddartha Gautama come il Risvegliato, l'Illuminato, se poi vi sono errori nel suo insegnamento? Il Buddha insegnava la rinascita dopo la morte, quindi vuol dire che si è sbagliato? Allora forse non ha realmente compreso la realtà del funzionamento dei fenomeni; allora forse non era poi così illuminato. Oppure semplicemente dobbiamo anche ammettere che vi possono essere cose che non riusciamo a comprendere razionalmente, ma non per questo sono meno vere.
    Se nel 1500 avessi fatto una videochiamata mi avrebbero arrestato per essere uno stregone, mentre oggi sappiamo che è una cosa che rientra pienamente nel funzionamento del mondo.

    chi è che negherebbe il valore degli insegnamenti del Buddha?
    fonti, per favore
     
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    QUOTE (eizo @ 4/6/2024, 03:38 PM) 
    chi è che negherebbe la rinascita dopo la morte e ridurrebbe il Dharma ad una psicoterapia?

    Come mi aspettavo, tra il materiale di Buddhismo sinogiapponese che ho a portata di mano è stato difficile trovare qualcosa al riguardo. C'è il famoso passo all'inizio del cap. 3 dello Shòbògenzò, ho solo un'edizione inglese e questo è il testo:

    Ash exists in the place of ash in the Dharma. It has a past and it has a future. The firewood, after becoming ash, does not again
    become firewood. Similarly, human beings, after death, do not live again. At the same time, it is an established custom in the Buddha-Dharma not to say that life turns into death.


    A quanto vedo dalla rete viene spesso citato come esempio di negazione della rinascita almeno in alcune scuole. Intanto è molto interessante quello che viene dopo quel passaggio: è molto difficile capire se Dogen accetta o meno la rinascita come intesa nel Buddhismo antico, ovvero in senso letterale. Lo sviluppo di quel concetto è davvero bello e non ho capacità né tempo di commentarlo ma mi pare chiaro sia ingiusto citare quel passaggio a supporto della tesi della negazione della rinascita almeno per Dogen senza citare ampia zona di contesto attorno a quelle frasi.

    Ma una cosa si nota, ovvero che quel testo sembra proprio diretto a una mente totalmente diversa da quella occidentale marcatamente dicotomica (per chi non sapesse come la penso, per lo zero che frega, per me è un complimento: è quell'approccio alla realtà che ci permette tra altre cose di incontrarci tramite un PC anche se siamo separati da centinaia di km). Le parole si capiscono ma chiaramente la decodifica necessaria è tanta e lascia sempre con la domanda così tipica del mondo romano, intendo quello di oggi: "aho, ma 'sto Dogen ce crede o no a 'sta rinascita [intesa in senso letterale]"? La mia impressione è che quelle parole rimandino ad altro, qualcosa che può afferrare solo la meditazione o poco ci manca, e renda la domanda priva di senso un po' come chiedersi se la domenica è più alta o meno del Cervino.

    Per quel tipo di universo culturale va benissimo, perché semplicemente mettono il problema sullo sfondo pur senza - a quanto ne so - negare né affermare esplicitamente. Ma per noi? Posso solo ripetere quello che dico sempre alla noia, a noi arriva uno Zen o almeno parte del Buddhismo sinogiapponese, completamente monco. Non solo non abbiamo la loro mentalità ma nemmeno l'ambiente umano in cui queste tradizioni si percepirebbero probabilmente molto più vicine al Buddhismo antico.

    Io ricordo benissimo l'Alessio Rando prima maniera profugo da non ricordo quale contesto cristiano, e che aveva una profonda avversione per la rinascita come intesa nel Buddhismo antico. Se posso dirlo ricordo che difendeva il punto di vista metaforico (il "si muore e rinasce a ogni istante", per capirci) fino quasi all'integralismo e non è una critica. E ora? Semplicemente a quanto scrive mi pare che il suo punto di vista sia che le cose possono benissimo convivere.

    Ma quanti fanno un percorso come il suo? Pochi; secondo me pochi e fortunati se mettiamo in palio una comprensione generale con i criteri interni al Dharma stesso. Secondo me l'insistenza sull'esperienza diretta e lo scarso valore della lettera, da farmaco si trasforma in veleno. Forse hanno contato motivi storici, e anche pratici perché i molti che non possono o a cui non piace studiare, ci si buttano a pesce (NB, non ho conflitti di interesse dato che non sono uno studioso). Poi queste persone parlano, scrivono, si confrontano tra loro e con potenziali interessati e così facendo presentano una media globale della ricezione del Buddhismo sinogiapponese che grossomodo è: "non c'è niente da capire e se vedi un libro usalo come carta igienica o brucialo". Quante volte queste frasi compaiono anche qui sul forum se pure citate?

    QUOTE (eizo @ 4/6/2024, 03:38 PM) 
    chi è che negherebbe il valore degli insegnamenti del Buddha? fonti, per favore

    Difficile dire chi. Ma come sopra, a furia di leggere testi in cui si usano i testi di Dharma come carta igienica (e no, non mi chiedere le fonti perché questa è semplicemente la realtà come recepita da larghi strati di praticanti) si avvelena anche il pensiero.

    Ovvio che la spiegazione esiste, è un altro modo, diverso - ma non meno valido - dal tetralemma & soci, per far riflettere sulla insostanzialità di quel che ci appare reale. Un modo come un altro ma sradicato dal suo mondo i risultati sono evidenti. Il fatto che questo argomento sia stato proposto come problema in questa sezione del topic mi pare significativo al riguardo.

    Per riassumere: sono sicurissimo che ci saranno poche fonti di quelle a cui ti riferisci, ma la natura particolare dell'approccio estremorientale, così olistico e lontano dalla nostra mentalità produce una serie di problemi. La fonte dice poco se non si considera nel suo rapporto con come il messaggio è recepito in media.

    Infine spesso non è tanto importante quello che i testi dicono ma quello che non dicono. Sono sicuro che se faccio una bella analisi dei testi sinogiapponesi su un campione vasto e rappresentativo del panorama generale - escludendo le copie del canone conservate e rispettate da qualsiasi monastero Zen che si rispetti - troverò pochissimi passaggi in cui la rinascita "fisica" viene asserita senza ambiguità; intendo una specie di analisi lessicografica estesa a frasi e concetti, e poi valutata con una percentuale sul totale. E secondo me anche questa è una fonte a pari importanza di quelle di cui stiamo discutendo. Si può negare qualcosa negando direttamente o anche non parlandone, o comunque ci manca poco.
     
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    piccolo haijin

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    chi è che negherebbe la rinascita dopo la morte e ridurrebbe il Dharma ad una psicoterapia?

    Come mi aspettavo, tra il materiale di Buddhismo sinogiapponese che ho a portata di mano è stato difficile trovare qualcosa al riguardo. C'è il famoso passo all'inizio del cap. 3 dello Shòbògenzò, ho solo un'edizione inglese e questo è il testo:

    Ash exists in the place of ash in the Dharma. It has a past and it has a future. The firewood, after becoming ash, does not again
    become firewood. Similarly, human beings, after death, do not live again. At the same time, it is an established custom in the Buddha-Dharma not to say that life turns into death.

    A quanto vedo dalla rete viene spesso citato come esempio di negazione della rinascita almeno in alcune scuole. Intanto è molto interessante quello che viene dopo quel passaggio: è molto difficile capire se Dogen accetta o meno la rinascita come intesa nel Buddhismo antico, ovvero in senso letterale. Lo sviluppo di quel concetto è davvero bello e non ho capacità né tempo di commentarlo ma mi pare chiaro sia ingiusto citare quel passaggio a supporto della tesi della negazione della rinascita almeno per Dogen senza citare ampia zona di contesto attorno a quelle frasi.

    Ma una cosa si nota, ovvero che quel testo sembra proprio diretto a una mente totalmente diversa da quella occidentale marcatamente dicotomica (per chi non sapesse come la penso, per lo zero che frega, per me è un complimento: è quell'approccio alla realtà che ci permette tra altre cose di incontrarci tramite un PC anche se siamo separati da centinaia di km). Le parole si capiscono ma chiaramente la decodifica necessaria è tanta e lascia sempre con la domanda così tipica del mondo romano, intendo quello di oggi: "aho, ma 'sto Dogen ce crede o no a 'sta rinascita [intesa in senso letterale]"? La mia impressione è che quelle parole rimandino ad altro, qualcosa che può afferrare solo la meditazione o poco ci manca, e renda la domanda priva di senso un po' come chiedersi se la domenica è più alta o meno del Cervino.

    Per quel tipo di universo culturale va benissimo, perché semplicemente mettono il problema sullo sfondo pur senza - a quanto ne so - negare né affermare esplicitamente. Ma per noi? Posso solo ripetere quello che dico sempre alla noia, a noi arriva uno Zen o almeno parte del Buddhismo sinogiapponese, completamente monco. Non solo non abbiamo la loro mentalità ma nemmeno l'ambiente umano in cui queste tradizioni si percepirebbero probabilmente molto più vicine al Buddhismo antico.

    premesso che ciò che chiedo ad Alessio non riguarda il buddhismo sinogiapponese ma e' una domanda piu' generale, il passo dello Shobogenzo (tratto dal Genjokoan) a cui ti riferisci non e' affatto una negazione della rinascita, e chi lo interpreta cosi, mi spiace dirlo, ma ha capito davvero ben poco. al limite potrebbe essere letto come un implicito invito a non attaccarsi al concetto di rinascita, cosa che peraltro dogen ribadisce in diversi altri passi della sua opera, tra cui in particolare lo Shoji.
    non è comunque questa la sede adatta per discuterne, sempre che non si voglia considerare anche dogen un "modernista", cosa alquanto improbabile credo

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    Io ricordo benissimo l'Alessio Rando prima maniera profugo da non ricordo quale contesto cristiano, e che aveva una profonda avversione per la rinascita come intesa nel Buddhismo antico. Se posso dirlo ricordo che difendeva il punto di vista metaforico (il "si muore e rinasce a ogni istante", per capirci) fino quasi all'integralismo e non è una critica. E ora? Semplicemente a quanto scrive mi pare che il suo punto di vista sia che le cose possono benissimo convivere.

    Ma quanti fanno un percorso come il suo? Pochi; secondo me pochi e fortunati se mettiamo in palio una comprensione generale con i criteri interni al Dharma stesso. Secondo me l'insistenza sull'esperienza diretta e lo scarso valore della lettera, da farmaco si trasforma in veleno. Forse hanno contato motivi storici, e anche pratici perché i molti che non possono o a cui non piace studiare, ci si buttano a pesce (NB, non ho conflitti di interesse dato che non sono uno studioso). Poi queste persone parlano, scrivono, si confrontano tra loro e con potenziali interessati e così facendo presentano una media globale della ricezione del Buddhismo sinogiapponese che grossomodo è: "non c'è niente da capire e se vedi un libro usalo come carta igienica o brucialo". Quante volte queste frasi compaiono anche qui sul forum se pure citate?

    rispetto Alessio e il suo percorso così come quello di chiunque altro qui dentro.
    ma che c'entra con ciò che gli chiedo?

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    chi è che negherebbe il valore degli insegnamenti del Buddha? fonti, per favore

    Difficile dire chi.

    allora anche la sua domanda in proposito mi sembra un po' campata in aria.
    in ogni caso aspetto che Alessio mi risponda,
    intanto grazie a te :)

    Edited by eizo - 6/4/2024, 17:28
     
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